Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Una proposta sconveniente: eLit
Una proposta sconveniente: eLit
Una proposta sconveniente: eLit
E-book149 pagine2 ore

Una proposta sconveniente: eLit

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

IMPROPER SERIES - Vol. 3. Inghilterra, 1869 - Dopo essere rimasta vedova, Caroline Boothroyd trascorre le sue giornate scrivendo un manuale di economia domestica per giovani spose intimidite dalle responsabilità che gestire una casa comporta. Ma quando lo propone a un editore, l'affascinante Thomas Cathcart-Ross la convince ad affrontare piuttosto lo spinoso tema delle relazioni matrimoniali e dei doveri coniugali. Così, pensando a come spiegare alle sue lettrici che il sesso con il marito può essere estremamente piacevole, la giovane scopre che indulgere in certe fantasie ha risvegliato la sua sensualità... e che pensare a quel prestante editore le fa venire voglia di scrivere un secondo capitolo della sua vita erotica. Ma dal fantasticare all'innamorarsi il passo è breve, e Caroline si rende conto che se mai quell'uomo la invitasse nel proprio letto gli donerebbe volentieri anche il proprio cuore.

I romanzi della serie:

1) Una relazione sconveniente

2) Un accordo sconveniente

3) Una proposta sconveniente

LinguaItaliano
Data di uscita30 set 2015
ISBN9788858943717
Una proposta sconveniente: eLit

Leggi altro di Juliana Ross

Correlato a Una proposta sconveniente

Ebook correlati

Narrativa romantica storica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Una proposta sconveniente

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Una proposta sconveniente - Juliana Ross

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Improper Proposals

    Carina Press

    © 2014 Juliana Ross

    Traduzione di Sandra Benincà

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2015 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-371-7

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    Ottobre 1869

    Aston Tirrold

    Berkshire, England

    Mi trovavo nel salotto, la stanza più grande della canonica, assieme agli altri abitanti del paese. Giovani e vecchi, gente comune e d’alto lignaggio, erano tutti venuti a porgere l’ultimo saluto al vicario, deceduto tre giorni prima a causa della febbre. Non era solo il loro vicario, ma anche mio marito, il mio adorato John.

    Per poterli accogliere, gran parte del mobilio era stata spostata, a esclusione della sedia su cui sedevo, posizionata di fronte alla grande finestra. Sul tavolino accanto era posata una tazza di tè che non avevo ancora sfiorato. Di fronte alla mia, una seconda seduta accoglieva amici e vicini che erano venuti a porgermi di persona le condoglianze.

    A uno a uno, a turno, mi sfilarono davanti tutte le persone di buon cuore della parrocchia. John era sempre stato presente nei momenti difficili della loro vita: si era seduto in prossimità del loro capezzale, tenendo loro la mano, cercando di alleviarne la sofferenza con qualche parola saggia. Ora che se ne era andato, ognuno avrebbe voluto ricambiare l’affetto ricevuto. E ne ero grata, nel profondo. Davvero. Ma iniziavo a sentirmi stanca e a confondere i visi. Mi sembrava che le parole di cordoglio si mischiassero alle conversazioni di sottofondo che riempivano la stanza. Il desiderio di essere lasciata sola e tranquilla era così forte che ne sentivo quasi il sapore in bocca.

    Quando Mr. Thomson si alzò, fu sostituito subito da Mrs. Petrie, una donna di recente entrata a far parte della nostra comunità. La giovane, che non doveva avere più di vent’anni, si stava avvicinando al termine della seconda gravidanza.

    Mi prese la mano e la strinse forte con gli occhi pieni di lacrime. «Non sono mai riuscita a ringraziarlo come avrei voluto» mi confidò.

    «Sono certa che lui...»

    «Ci è stato molto vicino quando il nostro piccolino ci ha lasciati l’anno scorso. Sapete, mi sedeva accanto e mi ascoltava per ore. Ci è stato di grande conforto. Se solo potessi aiutarvi allo stesso modo.»

    «La vostra presenza mi consola» risposi. Ed era vero, non mi stancavo mai di ascoltare i racconti della gente sulla generosità di mio marito.

    «In realtà sono venuta anche per ringraziare voi, Mrs. Boothroyd. Non dimenticherò mai come mi avete accolta quando arrivai ad Aston Tirrold. Rammentate la prima volta che veniste a trovarmi? Vi servii biscotti bruciacchiati e tè freddo lamentandomi e piangendo.»

    «Eravate sopraffatta dai doveri di moglie, come quasi tutte le spose.»

    «Ho fatto tesoro dei vostri consigli e custodisco gelosamente il manuale che avete scritto per me. Si fa un gran parlare del libro di Mrs. Beeton e di quanto sia d’esempio, ma le vostre indicazioni sono state mille volte più preziose. Se mai potessi restituirvi la cortesia o esservi d’aiuto in qualunque modo, vi prego di venire da me.»

    Non ricordo cosa le risposi, ma di sicuro la ringraziai a lungo augurandomi di incontrarla presto in circostanze migliori. La sedia fu presto occupata da un’altra persona, e poi da un’altra ancora e così via fino a quando il sole non si levò nel cielo ambrato d’autunno e l’ultimo ospite si congedò.

    Mi ritirai in camera da letto, mentre la governante e le cameriere finivano di riordinare. Non appena vi entrai non feci nulla, se non togliermi le scarpe con un calcio, per poi buttarmi sul letto, ancora vestita a lutto, con lo sguardo fisso al soffitto. Che strano, pensai, non avevo mai fatto caso alle crepe dell’intonaco e agli strani disegni che formavano.

    Non che mi capitasse spesso di rimanere a letto dopo l’alba, c’era sempre tanto da fare. Perfino ora, dopo una giornata difficile, avrei voluto immergermi nelle attività quotidiane, scacciare i pensieri malinconici buttandomi a capofitto nel lavoro.

    Avrei dovuto fare una lista di commissioni da sbrigare prima di lasciare la canonica. Tra due settimane sarebbe arrivato il nuovo vicario assieme alla moglie e ai figli. Mi sarei trasferita in un cottage in paese, a poca distanza dalla chiesa. Era già stato organizzato tutto.

    Conoscevo il posto, perché ero andata spesso a trovare la precedente inquilina, Mrs. Moreton, un’adorabile vecchietta che si era occupata della casa tenendola in ordine fino a quando la malattia se l’era portata via l’anno precedente. Il cottage era una costruzione graziosa e solida, le cui pareti di mattoni erano ricoperte da una cortina di rose damascene che fiorivano in estate. Aveva il tetto in paglia e le finestre che rientravano sulle pareti.

    Il cottage era delizioso, ma minuscolo: il piano terra era occupato da sala e cucina mentre il piano superiore ospitava due camerette. Dato che non c’era molto spazio, avrei dovuto lasciare in canonica la maggior parte dei mobili che possedevo, compreso il letto: il mio letto nuziale, il talamo coniugale. Su questo letto avevo dormito gli ultimi undici anni, ed era qui che John mi era spirato tra le braccia, portato via dalla febbre nell’arco di pochi giorni.

    Cosa avrei fatto senza di lui? Tutta la mia vita era incentrata su John, sul lavoro che aveva svolto presso la parrocchia di St. Michael e sul mio in quanto moglie del vicario. Tutto questo, ormai, faceva parte del passato ed era finito per sempre. Presto un’altra donna si sarebbe trasferita ad Aston Tirrold e avrebbe occupato il mio posto.

    Non c’era più nessuno che avesse bisogno di me ora: mio marito era morto e sepolto, non avevo figli, i miei genitori erano deceduti e l’unico fratello che avevo viveva in India. Ero rimasta sola al mondo.

    Cosa avrei fatto? Di cosa mai mi sarei potuta occupare?

    2

    Luglio 1870

    Londra, Inghilterra

    Era stato un errore venire qui. Cosa sapevo di Thomas Cathcart-Ross? In pratica, niente. Lui e il mio defunto marito si erano frequentati fin dai tempi di Cambridge. Io, invece, non l’avevo mai incontrato. Di certo doveva trattarsi di una frequentazione occasionale e non credo che lui e John avessero una grande stima l’uno dell’altro: come spiegare altrimenti il fatto che mi avesse lasciato in attesa per più di un’ora?

    Mi ero portata dietro la lettera che ora giaceva nella reticella, ma non ebbi bisogno di rileggerla. Era stato chiaro. Mi avrebbe incontrata per parlare del manoscritto martedì 19 luglio alle tre in punto del pomeriggio. Se l’orologio alla parete funzionava erano già le quattro e un quarto.

    Cercai di resistere, per la milionesima volta, alla tentazione di alzarmi dalla sedia e spostare la veletta per tamponare le goccioline di sudore che, dopo un’attesa che sembrava interminabile, mi erano scese lungo il collo fino a inzupparmi il colletto del vestito. Per venire a Londra avevo indossato il mio abito migliore. Era lo stesso che avevo portato al funerale di John, un anno prima: un abito di bambagina nero quasi nuovo. Non era ancora passato di moda e vantava un sellino modesto, più semplice da portare rispetto alle ingombranti crinoline che avevo messo da giovane. Tuttavia la tonalità del vestito, o per meglio dire la totale assenza di colore, mi conferiva un aspetto malato. Era in netto contrasto con la tonalità chiara dei capelli e quella ancor più pallida dell’incarnato. Sapevo, naturalmente, che tutto ciò aveva poca importanza; ero vedova, e da me ci si aspettava solo un abbigliamento decoroso.

    Quando si sarebbe degnato di ricevermi lo sciagurato? In tutta la mia vita non mi era mai capitato di fare aspettare qualcuno tanto a lungo senza nemmeno il conforto di una tazza di tè o qualcosa da leggere. Trovai insopportabile quella totale mancanza di buona educazione.

    «Mrs. Boothroyd?»

    Era il segretario, di nuovo.

    «Sì?»

    «È pronto a ricevervi. Seguitemi, vi faccio strada.»

    Raccolsi la reticella e la cartella in pelle che conteneva il prezioso manoscritto, mi lisciai le gonne e lo seguii per un lungo corridoio. Oltrepassammo una serie di uffici occupati da scrivanie, scaffali straripanti di libri e uomini accigliati al lavoro e infine giungemmo in fondo al corridoio.

    Il segretario bussò due volte, aprì la porta e con un cenno del mento mi invitò a entrare.

    La stanza era proprio come me l’aspettavo. Appartenendo al proprietario di una casa editrice di successo, era ampia e luminosa con un’intera parete ricoperta da scaffali che arrivavano fino al soffitto. Il centro della stanza era occupato da un’enorme scrivania su cui erano impilati talmente tanti fogli, scatole e volumi rilegati in pelle che non riuscii a capire se ci fosse qualcuno seduto dietro.

    Ma la cosa che mi sorprese di più fu l’enorme cane addormentato sul pavimento accanto alla scrivania: una creatura grigia e pelosa, con zampe grandi quanto un piatto da portata. Rimasi immobile a osservarlo, senza trovare il coraggio di fare un passo, poi il bestione spalancò gli occhi e si drizzò sulle zampe. I cani non mi dispiacevano, ma mi innervosivo parecchio quando non li conoscevo e, soprattutto, se mi trovavo davanti un esemplare grande come un lupo. Indietreggiai di un passo e poi di un altro ancora. Il bestione si limitò ad annusarmi la mano per poi gettarsi a terra pancia all’aria.

    «Siete voi, Mrs. Boothroyd?» mi salutò una voce che sembrava provenire da dietro o forse sotto la scrivania.

    «In persona. Potrei sapere con chi sto parlando? Avevo sperato di incontrare

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1