Breve storia dei capelli rossi
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Incuriosito lui per primo dalla questione, l’autore ha voluto indagare da dove provengano, geneticamente, le teste ramate, quanto siano diffuse nel mondo, a quali altre caratteristiche fisiche questo colore sembri misteriosamente legato (per esempio, l’odore della pelle o la soglia del dolore); ma si è anche divertito a ricercare nella storia, nell’arte e nel mondo della moda e dello spettacolo tutti i più celebri «pel di carota» raccontandoci come abbiano – più o meno orgogliosamente – sfoggiato la propria sfumatura naturale, talvolta al punto da farne una vera icona di stile.
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Anteprima del libro
Breve storia dei capelli rossi - Giorgio Podestà
GIORGIO PODESTÀ
Breve storia
dei capelli rossi
I edizione, ottobre 2020
© 2020 Graphe.it Edizioni di Roberto Russo
via della Concordia, 71 – 06124 PERUGIA
tel +39 075.37.50.334 – fax +39 075.90.01.407
www.graphe.it • graphe@graphe.it
ISBN 978-88-9372-112-7
PROPRIETÀ LETTERARIA RISERVATA
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I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica,
di riproduzione e di adattamento totale o parziale,
con qualsiasi mezzo (compresi microfilm e copie fotostatiche),
sono riservati per tutti i paesi.
INDICE
Introduzione
Uno sguardo alla storia dei capelli rossi
Alcuni personaggi famosi con i capelli rossi
Il rosso nell’arte e nella letteratura
I capelli rossi nell’arte
Lo sguardo della letteratura sui capelli rossi
Quando la moda vede rosso
La riscossa dei rossi
Cosa dice la scienza sui capelli rossi
Conclusioni
APPENDICE
Non solo Milva: italiane e italiani rossi e famosi
Bibliografia, sitografia
Breve storia
dei capelli rossi
INTRODUZIONE
Mentre a destra e a manca si esalta la bellezza di Henry, duca di Sussex, beltà resa ancora più particolare dall’essere di un rosso che ricorda molto quello di suo nonno Filippo di Edimburgo alla sua età¹, sulle reti televisive italiane va in onda una réclame di un decongestionante nasale che, a detta dei creatori, ha effetti straordinari. E a dimostrazione di quanto sia potente la signora che l’ha usato, pur avendo il raffreddore, riesce a percepire il cattivo odore proveniente dalle ascelle di un fattorino che incrocia in ascensore. L’uomo ha barba e capelli rossi.
Ci sembra la sintesi perfetta di come viene percepito il rutilismo², non solo ai nostri giorni, ma anche nella storia. Le persone con i capelli rossi sono percepite come belle, ma anche come poco affidabili (la storia giovanile di Harry sta proprio lì a confermarlo). Del resto basta uno sguardo a quella che (spesso a torto) viene definita saggezza popolare per rendersene conto.
Già il latino ha delle espressioni che inquadrano la questione³:
In russa pelle, vix est animus sine felle.
Rufos esse minus fidelis.
Rufum et barbatam a longe saluta.
Rufus homo raro bonus.
Nella tradizione italiana⁴ i rossi – la cui diffusione è testimoniata dall’ampia presenza sul nostro territorio di cognomi quali Rossi e Russo con tutte le loro varianti – non se la passano bene:
Barba rossa e capelli neri sono indizi di perfida natura.
Barba rossa e mal colore, sotto il cielo non è peggiore.
Pelo rosso e cattivo colorito, o brigante o traditore.
Pelo rosso, non confidarti se non lo conosci.
Rosso, mal pelo.
Uomo rosso e cane lanuto, meglio morto che conosciuto.
Uomo rosso e femmina barbuta, da lontan tre miglia li
saluta.
Ancora più feroci sono i proverbi dialettali:
Barbe rosse pêl di diaul (Friuli).
Ce u russe fosse fedèle, pure u diòuue fosse senggère (Puglia).
De pei rosso manco bonn-a vitella (Liguria).
Di pelo rosso, ‘un è bòno nemmen l’agnello (Toscana).
E il ciel ne guardi dalla tosse, e da quei che ha il pelo rosso
(Toscana).
Pei rôs, cativa bestia (Piemonte).
Pilu rusciu e pecora pezzata tàgliaji la testa appena nata
(Abruzzo).
Rosso de mal pel, cento diavoli per cavel (Istria).
Rosso mar pelo, schizza veleno (Lazio).
A cosa è dovuto questo disprezzo per chi è rosso di capelli? Come sono stati visti i rossi e le rosse nel corso della storia e come sono visti oggi?
UNO SGUARDO ALLA STORIA DEI CAPELLI ROSSI
Sappiamo ormai con una certa sicurezza come l’Africa sia stata la grande culla dell’umanità. In quell’immenso continente dalla folta vegetazione, dove i deserti allora fiorivano e verdeggiavano come insidiosi paradisi, nacquero e si svilupparono i nostri primi, lontani antenati. Una popolazione modesta per quantità e dimensioni che, secondo le stime più ottimistiche, non doveva neppure superare le cinquemila unità.
Un inizio, dunque, incerto e malsicuro, ma destinato a dare vita alla grande, irresistibile avventura dell’uomo sul piccolo pianeta azzurro.
Milioni di anni, di violentissimi mutamenti climatici ci dividono ormai dall’Homo erectus, l’ominide avventuroso che per primo e senza bagaglio lasciò il continente africano. Un primo, grande esodo fuori dall’Africa¹, seguito poi a distanza di anni da una seconda ondata migratoria di cui questa volta fu però protagonista il nostro più diretto antenato: l’Homo sapiens. Fu lui una volta raggiunto il medio-oriente a ibridarsi circa cinquanta/ottantamila anni fa con l’uomo di Neanderthal, l’ominide a cui fino a poco tempo fa si credeva dovessimo il gene del capello rosso e con cui l’uomo moderno condivide ancora oggi una percentuale del proprio DNA, in ragione dell’1-4% (temi e argomenti di cui parleremo più in dettaglio nel capitolo specificatamente dedicato alla genetica²).
Un convincimento, questo del gene rosso, minato ormai in profondità da una serie di nuovi e più accurati studi. Una ricerca su un campione di DNA scozzese ha rivelato, infatti, ben tre varianti del gene responsabile del rutilismo. Due asiatiche risalenti a ben settantamila anni fa e una europea databile a trentamila anni