Titivillus: Il demone dei refusi
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Anteprima del libro
Titivillus - Julio Ignacio Gonzáles Montañés
JULIO IGNACIO GONZÁLEZ MONTAÑÉS
Titivillus
Il demone dei refusi
Titolo originale: Tutivillus. El demonio de las erratas
© Copyright by Julio Ignacio Gonzáles Montañés 2015
traduzione italiana di ROBERTO RUSSO
I edizione italiana, giugno 2018
© 2018 Graphe.it Edizioni di Roberto Russo
via della Concordia, 71 – 06124 PERUGIA
tel +39 075.96.97.410 – fax +39 075.96.91.473
www.graphe.it • graphe@graphe.it
ISBN 978-88-9372-042-7
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INDICE
Introduzione
Il nome
Demone grammatico e scrittore
Storia dell’exemplum
Comparsa del nome
I ruoli di Titivillus
1. Notaio di parole vane
2. Censore di chierici distratti
3. Raccoglitore di peccati
4. Colui che confonde gli scrivani?
5. Demone degli stampatori
6. Araldo dell’inferno
Titivillus nel teatro
Titivillus nell’arte
1. Romanico
2. Gotico
3. Rinascimento
4. Barocco
5. Arte bizantina
Titivillus in Italia
Appendice iconografica
Bibliografia
Fragmina verborum, Titivillus colligit horum.
Sicque die, mille vicibus se sarcinat ille.
Titivillus raccoglie i frammenti delle parole [omesse nelle Ore].
E così, mille volte al giorno, riempie il suo sacco.
INTRODUZIONE
Sul finire del secolo XII nella letteratura medievale europea, soprattutto nell’omiletica, compare un demone – al principio senza nome ma conosciuto come Titivillus da Guglielmo d’Alvernia – la cui funzione è quella di annotare su una pergamena le sillabe e le parole omesse dai chierici durante la messa, la recita delle Ore e nel canto liturgico, per poi presentarle a Dio come prova incriminante nei loro confronti nel giorno del Giudizio.
Ben presto Titivillus amplia le sue funzioni, incaricandosi anche di annotare le parole inutili (ociosa verba, vaniloquia…) dei fedeli in chiesa e, soprattutto, delle donne, considerate pettegole e maldicenti di natura. Dinanzi all’ingente numero di mancanze, il demone si vede costretto ad allungare la pergamena con i propri denti in modo da avere maggior spazio per scrivere. Il che, in alcune versioni dell’exemplum, dà vita a una situazione comica, visto che a causa dell’eccessivo allungamento la pergamena finisce per rompersi e il diavolo sbatte la testa contro un muro o sul pavimento, provocando le risate di quanti possono vederlo.
Dal secolo XIX gli è attribuito anche il ruolo di distraente nei confronti degli amanuensi negli scriptoria medievali per indurli in errore, fatto che avrebbe fornito una giustificazione facile ai copisti – e in seguito ai tipografi – per gli errori, di cui unico responsabile sarebbe risultato sempre Titivillus. Ho già avuto modo di segnalare in alcuni lavori sull’argomento che questo aspetto di Titivillus non figura nei testi medievali e non figura nell’arte del Medioevo: è una creazione francese della seconda metà del secolo XIX a partire da un’associazione di idee di Victor Le Clerc diffusa nei dizionari dell’epoca e resa popolare da Anatole France. Tuttavia, a oggi, è un luogo comune considerarlo come il diavolo patrono degli scribi e degli stampatori: una convinzione dura a morire perché è verosimile e si ricollega a un’antichissima tradizione che attribuisce ai demoni le abilità di grammatici e scrittori associandoli ai libri.
Gli exempla medievali sull’operato di Titivillus si connettono a una credenza delle origini del cristianesimo (le Apocalissi di Giovanni e Sofonia, il Discorso sull’Incarnazione di Proclo di Costantinopoli), che sostiene l’esistenza di Libri della Vita in cui angeli e demoni annotano le opere buone e i peccati di ogni essere umano per poi presentarli, alla loro morte, come prove nel Giudizio universale. Tuttavia, in nessuno degli oltre cento testi dei secoli XII-XVII in cui si menziona Titivillus o la sua leggenda c’è il benché minimo riferimento all’attività di colui che confonde gli scribi e sembra chiaro che, almeno nel Medioevo, nessuno lo abbia considerato patrono della calligrafia e che nemmeno nel Rinascimento sia stato visto come