Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Schiavi delle Sensazioni
Schiavi delle Sensazioni
Schiavi delle Sensazioni
E-book401 pagine5 ore

Schiavi delle Sensazioni

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

In un mondo che nega le emozioni, dove gli Psy al potere puniscono qualsiasi segno di desiderio, Sascha Duncan deve nascondere tutto ciò che prova e che la bolla come imperfetta. Rivelare i suoi sentimenti, infatti, significherebbe condannarsi all’orrore della “riabilitazione”: la completa cancellazione psichica di tutto ciò che è stata.
Metà umano metà animale, Lucas Hunter è un Mutaforma, affamato di quelle stesse sensazioni che gli Psy rinnegano. Dopo secoli di difficile coesistenza, le due razze si ritrovano sull’orlo di una guerra a causa di una serie di brutali omicidi, di cui sono state vittime diverse donne Mutaforma. Lucas è determinato a trovare l’assassino, appartenente alla razza Psy, che ha massacrato una sua compagna di Branco e Sascha è il suo biglietto per entrare nella loro società strettamente sorvegliata. Presto, però, Lucas scopre che quella gelida Psy è capace di “sentire” e provare passione, e l’animale che è in lui ne è affascinato.
Intrappolati tra i loro due mondi in conflitto, Lucas e Sascha dovranno scegliere se rimanere legati alle loro identità, o sacrificare tutto per assaporare la tentazione più oscura...
 
LinguaItaliano
Data di uscita5 dic 2020
ISBN9788855312363
Schiavi delle Sensazioni

Correlato a Schiavi delle Sensazioni

Titoli di questa serie (4)

Visualizza altri

Ebook correlati

Narrativa romantica paranormale per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Schiavi delle Sensazioni

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Schiavi delle Sensazioni - Nalini Singh

    Capitolo 1

    Sascha Duncan non era riuscita a leggere una sola riga del rapporto che riempiva lo schermo del suo palmare. Un velo di paura le annebbiava la vista, isolandola dalla fredda efficienza che regnava nell’ufficio di sua madre. Perfino la voce di Nikita, che stava concludendo una telefonata, penetrò a malapena nella sua mente intorpidita.

    Era terrorizzata.

    Quella mattina si era svegliata ritrovandosi a piagnucolare, rannicchiata nel letto. In genere, uno Psy non si lamentava e non mostrava alcuna emozione, semplicemente non ne provava. Ma Sascha sapeva fin dall’infanzia di non essere normale. Era riuscita con successo a nascondere per ventisei anni la propria anomalia, ma ora le cose stavano prendendo una brutta piega. Molto, molto brutta.

    La sua mente si stava deteriorando a un ritmo così accelerato che aveva iniziato a sperimentare effetti fisici collaterali: spasmi muscolari, tremori, un ritmo cardiaco anomalo e quelle lacrime estenuanti, dopo sogni che non ricordava mai. Presto sarebbe diventato impossibile nascondere che la sua psiche era distrutta. La conclusione sarebbe stata la sua reclusione nel Centro. Ovviamente nessuno la chiamava prigione. Definita struttura di riabilitazione, forniva agli Psy un modo brutalmente efficiente per eliminare i deboli dalla mandria.

    Una volta finito con lei, se fosse stata fortunata sarebbe diventata un disastro sbavante senza facoltà di parola. Se non fosse stata così fortunata, avrebbe conservato sufficienti processi mentali da diventare un drone, nelle vaste reti aziendali degli Psy, un robot con abbastanza neuroni funzionanti per archiviare la posta o spazzare i pavimenti.

    La sensazione della sua mano che stringeva il palmare la riportò alla realtà. Se c’era un posto in cui non poteva abbattersi, era lì, seduta di fronte a sua madre. Nikita Duncan poteva avere il suo sangue, ma era anche un membro del Consiglio degli Psy. Sascha non era sicura che, qualora fosse stato necessario, Nikita non avrebbe sacrificato sua figlia per mantenere il proprio posto nell’organo più potente del mondo.

    Con cupa determinazione, iniziò a rafforzare i firewall psichici che proteggevano i corridoi segreti della propria mente. Era l’unica cosa in cui eccelleva ed entro la fine della telefonata di sua madre Sascha mostrava la stessa emozione di una scultura scolpita nel ghiaccio artico.

    «Abbiamo un incontro con Lucas Hunter tra dieci minuti. Sei pronta?» Gli occhi a mandorla di Nikita non mostravano altro che un freddo interesse.

    «Certo, Madre.» Si sforzò di incontrare quello sguardo diretto senza battere ciglio, cercando di non chiedersi se il proprio fosse altrettanto rivelatore. L’aiutava il fatto che, a differenza di Nikita, lei avesse gli occhi del cielo notturno di uno Psy Cardinal, un campo infinito di nero disseminato di puntini, di freddo fuoco bianco.

    «Hunter è un mutaforma alfa, non sottovalutarlo. Lui pensa come uno Psy.» Nikita si voltò verso lo schermo piatto del computer, che sbucava dalla superficie della scrivania.

    Sascha visualizzò i dati rilevanti sul suo palmare. Conteneva tutti gli appunti di cui avrebbe avuto bisogno per la riunione ed era abbastanza compatto da poterlo infilare in tasca. Se Lucas Hunter fosse stato coerente con ciò che sapeva della sua razza, si sarebbe presentato con delle copie cartacee di tutto.

    Secondo le informazioni che aveva a disposizione, Hunter era diventato, a ventitré anni, l’unico alfa dominante nel branco dei leopardi DarkRiver. Nei dieci anni successivi, i DarkRiver avevano consolidato il loro potere su San Francisco e sulle zone limitrofe, al punto che ora erano i predatori dominanti nell’area. I mutaforma non appartenenti a quel branco che volevano lavorare, vivere o giocare nel territorio dei DarkRiver, dovevano ottenere il loro permesso. Se non succedeva, entrava in vigore il diritto territoriale dei mutaforma e le conseguenze erano feroci.

    Ciò che aveva fatto spalancare gli occhi di Sascha, alla prima lettura di quel materiale, era che i DarkRiver avevano stretto un patto di non aggressione reciproca con gli SnowDancers, il branco di lupi che controllava il resto della California. Poiché gli SnowDancers erano noti per essere feroci e spietati con chiunque osasse salire al potere nel loro territorio, si era meravigliata di quel rapporto civilizzato con i DarkRiver. Nessuno era mai sopravvissuto ai lupi giocando secondo le regole.

    Risuonò un lieve rintocco.

    «Andiamo, Madre?» Niente nella relazione tra Nikita e Sascha era, o era mai stato, materno, ma, come da protocollo, si rivolgeva a lei utilizzando l’appellativo di parentela.

    Nikita annuì e si tirò su in tutto il suo grazioso metro e settantacinque. Vestita con un tailleur pantalone nero abbinato a una camicia bianca, sembrava in tutto e per tutto la donna di successo che era, i capelli tagliati appena sotto le orecchie, in uno stile schietto che le si adattava. Era bella. Ed era letale.

    Sascha sapeva che, quando camminavano fianco a fianco, come stavano facendo in quel momento, nessuno le avrebbe mai prese per madre e figlia. Erano della stessa altezza, ma la somiglianza finiva lì. Nikita aveva ereditato gli occhi asiatici, i capelli lisci e la pelle di porcellana dalla madre, per metà giapponese. Quando quei geni erano stati trasmessi a Sascha, tutto ciò che era sopravvissuto era una minima influenza nella forma degli occhi.

    Invece del luminoso e liscio caschetto nero blu di Nikita, Sascha aveva folti capelli color ebano, che assorbivano la luce come inchiostro e si arricciavano così selvaggiamente che ogni mattina era costretta a tirarli indietro in una severa treccia. La sua pelle, più che avorio, era color miele scuro, contributo evidente dei geni del padre sconosciuto. I documenti di nascita di Sascha lo indicavano come di origini anglo-indiane.

    Ebbe un attimo di esitazione man mano che si avvicinavano alla porta della sala riunioni. Odiava gli incontri con i mutaforma e non a causa della generale repulsione degli Psy per la loro aperta emotività. Aveva la sensazione che loro sapessero. Come se in qualche modo potessero percepire che lei non era come gli altri, che era imperfetta.

    «Signor Hunter.»

    Lei sollevò lo sguardo al suono della voce di sua madre. E si ritrovò a distanza ravvicinata dal maschio più pericoloso che avesse mai visto. Non c’erano altre parole per descriverlo. Alto ben più di un metro e ottanta, mostrava in pieno la macchina da combattimento che era per sua natura, tutto muscoli e resistenza.

    I capelli neri gli sfioravano le spalle, ma non c’era niente di docile in lui. Al contrario, erano evidenti la passione sfrenata e la fame oscura del leopardo, che gli scorrevano sotto la pelle. Non vi era alcun dubbio che fosse in presenza di un predatore.

    Poi, lui voltò la testa e lei vide il lato destro del suo viso. Quattro linee frastagliate, che ricordavano i segni degli artigli di una bestia enorme, segnavano l’oro pallido della sua pelle. I suoi occhi erano di un verde ipnotico, ma furono quei segni ad attirare la sua attenzione. Non era mai stata così vicina a un cacciatore mutaforma prima.

    «Signora Duncan.» La sua voce era bassa e un po’ ruvida, come se fosse sul punto di ringhiare.

    «Questa è mia figlia, Sascha. Sarà lei l’intermediario per questo progetto.»

    «Piacere, Sascha.» Piegò la testa verso di lei, e gli occhi indugiarono un secondo più del necessario.

    «Piacere mio.» Riusciva a sentire il battito agitato del suo polso? Era vero che i sensi dei mutaforma erano di gran lunga superiori a quelli di qualsiasi altra razza?

    «Prego.» Lucas fece loro segno di sedersi al tavolo con il ripiano in vetro e rimase in piedi finché non lo ebbero fatto. Quindi scelse una sedia, esattamente di fronte a Sascha.

    Si costrinse a ricambiare il suo sguardo, ma la gentilezza di lui non bastò a farle abbassare la guardia. I cacciatori erano addestrati a fiutare le prede vulnerabili. «Abbiamo esaminato la vostra offerta» iniziò Sascha.

    «Cosa ne pensate?» I suoi occhi erano straordinariamente limpidi, calmi come l’oceano più profondo. Ma non c’era niente di freddo o pratico in lui, niente che smentisse la sua prima impressione di trovarsi di fronte a una entità selvaggia, che veniva a malapena tenuta al guinzaglio.

    «Deve sapere che le alleanze commerciali tra Psy e mutaforma di rado funzionano, a causa di esigenze contrapposte.» La voce di Nikita suonava completamente priva di tono rispetto a quella di Lucas.

    Il sorriso che lui le rivolse in risposta era così pericoloso che Sascha non riuscì a distogliere lo sguardo. «In questo caso, penso che le nostre esigenze coincidano. Voi avete bisogno di aiuto per progettare e realizzare alloggi che attirino i mutaforma. Io voglio una posizione di vantaggio sui nuovi progetti degli Psy.»

    Sascha sapeva che non poteva essere tutto lì. Loro avevano bisogno di lui, ma lui non aveva bisogno di loro, non quando gli interessi commerciali dei DarkRiver erano abbastanza ampi da competere con quelli degli Psy. Il mondo stava cambiando sotto il naso degli Psy, la razza umana e quella dei mutaforma non si accontentavano più di essere al secondo posto. Ma la maggior parte della sua gente era talmente arrogante da continuare a ignorare quel lento spostamento di potere.

    Seduta così vicina alla furia contenuta che Lucas Hunter rappresentava, si meravigliò della cecità dei suoi fratelli. «Qualora decidessimo di avere a che fare con lei, pretenderemo lo stesso livello di affidabilità che otterremmo affidandoci a un’impresa di costruzioni e design degli Psy.»

    Lucas guardò la gelida perfezione di Sascha Duncan e desiderò sapere cosa ci fosse in lei che lo stava tormentando. La bestia che era in lui ringhiava e camminava su e giù per la gabbia della sua mente, pronta a balzare fuori e ad annusare il suo ordinato tailleur grigio scuro. «Certo» rispose, affascinato dai minuscoli guizzi di luce bianca che andavano e venivano nell’oscurità degli occhi della Psy.

    Raramente si era trovato così vicino a uno Psy Cardinal. Erano abbastanza rari da non mescolarsi con le masse, infatti ricevevano alti incarichi nel Consiglio non appena raggiungevano l’età adulta. Sascha era giovane, ma non c’era niente di inesperto in lei. Sembrava spietata, insensibile e fredda, come il resto della sua razza.

    Avrebbe potuto essere un’assassina.

    Ognuno di loro poteva esserlo. Era per questo che i DarkRiver stavano sorvegliando gli Psy di alto rango da mesi, cercando un modo per penetrare all’interno della loro società. Il progetto Duncan forniva questa incredibile possibilità. Nikita non solo era potente di per sé, ma era anche un’esponente della loro cerchia più importante: il Consiglio degli Psy. Una volta che Lucas avesse ottenuto l’accesso al loro mondo, sarebbe stato suo compito scoprire l’identità del sadico Psy che aveva rubato la vita a una delle donne dei DarkRiver. E giustiziarlo.

    Nessuna pietà. Nessun perdono.

    Di fronte a lui, Sascha fissò il sottile palmare che teneva in mano. «Siamo disposte a offrirle sette milioni.»

    Si sarebbe accontentato anche di un solo centesimo, se questo lo avesse portato nei corridoi segreti del mondo degli Psy, ma non poteva permettersi di renderle sospettose. «Signore.» Riempì quella singola parola di sensualità, che era parte di lui tanto quanto la bestialità.

    La maggior parte dei mutaforma e degli umani avrebbe mostrato una reazione di fronte alla promessa di piacere, implicita nel suo tono, ma quelle due rimasero impassibili. «Sappiamo sia io sia voi che questo contratto vale non meno di dieci milioni. Non perdiamo tempo.» Avrebbe potuto giurare di aver visto una luce scintillare negli occhi cielo notturno di Sascha, una luce che parlava di una sfida accettata. La pantera dentro di lui ringhiò sommessamente in risposta.

    «Otto. E vogliamo la facoltà di approvare ogni fase del lavoro, dalla progettazione alla messa in opera.»

    «Dieci.» Lui mantenne il proprio tono liscio come la seta. «E la vostra richiesta causerà un considerevole ritardo. Non posso lavorare in modo efficiente se dovrò venire qui ogni volta che dovremo apportare un piccolo cambiamento.» Magari più visite avrebbero potuto permettergli di raccogliere più informazioni sulla pista del freddo assassino, ma non ne era sicuro. Difficilmente Nikita avrebbe lasciato in giro documenti sensibili del Consiglio.

    «Ci dia un momento.» La donna più anziana guardò la più giovane.

    I corti peli sulla nuca gli si sollevarono. Succedeva sempre in presenza di Psy che utilizzavano in maniera attiva i loro poteri. La telepatia era solo uno dei loro tanti talenti e quello che, doveva ammetterlo, tornava più utile durante le trattative d’affari. Ma le loro capacità li rendevano anche parzialmente ciechi. I mutaforma avevano imparato da tempo a trarre vantaggio dal senso di superiorità degli Psy.

    Quasi un minuto dopo, Sascha parlò di nuovo. «Per noi è importante avere il controllo su ogni fase.»

    «Vostri i soldi, vostro il tempo.» Mise le mani sul tavolo e unì le dita, notando come gli occhi di lei vi si posavano sopra. Interessante. Secondo la propria esperienza, gli Psy non mostravano mai alcuna consapevolezza del linguaggio del corpo. Erano esclusivamente cerebrali, chiusi nel mondo delle loro menti. «Ma se insistete su un coinvolgimento così alto, non posso promettere che rispetteremo il calendario. Anzi, vi garantisco che non sarà possibile.»

    «Abbiamo una proposta per rimediare.» Gli occhi cielo notturno incontrarono i suoi.

    Sollevò un sopracciglio. «Sto ascoltando.» E così anche la pantera dentro di lui. Sia l’uomo sia l’animale trovavano Sascha Duncan accattivante in un modo che nessuno dei due riusciva a comprendere. Una parte di lui avrebbe voluto accarezzarla... e l’altra parte morderla.

    «Ci piacerebbe lavorare fianco a fianco con i DarkRiver. Per agevolare la cosa, le chiedo di fornirmi un ufficio nel vostro edificio.»

    Ogni nervo gli si irrigidì. Gli era stato appena concesso l’accesso a una Psy Cardinal, quasi ventiquattro ore al giorno, sette giorni su sette. «Vuoi stare al mio fianco, tesoro? Va bene.» I suoi sensi percepirono un cambiamento nell’aria, ma così sottile che scomparve prima che potesse identificarlo. «Avrai l’autorità per approvare le eventuali modifiche?»

    «Sì. Ma anche se dovessi consultarmi con mia madre, non avrò bisogno di lasciare il sito.» E con questo gli ricordò che lei era una Psy, un membro di una razza che aveva sacrificato la propria umanità, molto tempo prima.

    «Fino a dove può arrivare uno Psy?»

    «Abbastanza lontano.» Spinse qualcosa sul suo minuscolo schermo. «Quindi, ci accordiamo per otto?»

    Lui sorrise al suo tentativo di coglierlo alla sprovvista, divertito da quell’astuzia quasi felina. «Dieci, o vado via e vi dovrete accontentare di qualcosa di qualità inferiore.»

    «Non è l’unico esperto riguardo ai gusti dei mutaforma, là fuori.» Si sporse in avanti di qualche centimetro.

    «Vero.» Incuriosito da quella Psy che sembrava usare il corpo tanto quanto la mente, fece deliberatamente eco a quel movimento. «Ma io sono il migliore.»

    «Nove.»

    Non poteva permettersi che gli Psy lo considerassero debole: rispettavano solo il genere di forza più fredda e crudele. «Nove, e la promessa di un altro milione se tutte le case saranno state già vendute al momento dell’inaugurazione.»

    Ancora silenzio. I peli sulla sua nuca si sollevarono di nuovo. Nella sua mente la bestia si scagliò in aria, come a voler cercare di catturare quelle scintille di energia. La maggior parte dei mutaforma non poteva sentire le tempeste elettriche generate dagli Psy, ma il suo era un talento che aveva una certa utilità.

    «Siamo d’accordo» disse Sascha. «Presumo che lei abbia con sé dei contratti cartacei?»

    «Ovviamente.» Aprì un raccoglitore e fece scorrere le copie su carta dello stesso documento che le due donne avevano di sicuro sui loro schermi.

    Sascha le raccolse e ne passò una a sua madre. «Il digitale è molto più vantaggioso.»

    Lo aveva sentito cento volte da un centinaio di Psy diversi. I motivi per cui i mutaforma non seguivano l’onda della tecnologia erano dovuti in parte alla pura testardaggine, ma soprattutto alla sicurezza: la sua razza aveva hackerato i database degli Psy per decenni. «Mi piace ciò che posso tenere, toccare e annusare, qualcosa che soddisfi tutti i miei sensi.»

    Era un’insinuazione che lei doveva aver colto, senza alcun dubbio, ma era la sua reazione che Lucas voleva valutare. Niente. Sascha Duncan era una Psy fredda come non ne aveva mai incontrate; eppure Lucas avrebbe dovuto impegnarsi a scongelarla, quanto bastava per ottenere informazioni sulla possibilità che tra gli Psy ci fossero dei serial killer.

    Si trovò stranamente attratto dal pensiero di darsi da fare con quella particolare Psy, anche se fino a quel momento non li aveva considerati nient’altro che macchine insensibili. Poi lei sollevò lo sguardo per incontrare il suo e la pantera che era in lui aprì la bocca in un ringhio muto.

    La caccia era iniziata. E Sascha Duncan era la preda.


    Due ore dopo, Sascha chiuse la porta del suo appartamento ed eseguì una perlustrazione mentale delle stanze. Niente. Situato nello stesso edificio dei loro uffici, l’alloggio aveva un eccellente impianto di sicurezza, ma Sascha aveva usato le proprie capacità di schermatura per circondare ogni vano con un ulteriore livello di protezione. Le ci era voluta molta della sua scarsa forza psichica, ma aveva bisogno di sentirsi al sicuro da qualche parte.

    Soddisfatta che l’appartamento non fosse stato violato, passò a controllare in maniera sistematica tutte le sue personali serrature interne, necessarie a tener fuori dalla sua mente la vastità della PsyNet. Erano tutte attive. Nessuno poteva entrare nei suoi pensieri senza che lei lo sapesse.

    Solo allora si lasciò cadere sul tappeto azzurro ghiaccio e avvertì un brivido di freddo. «Computer. Aumenta la temperatura di cinque gradi.»

    «Eseguo.» La voce era priva di inflessione, ma c’era da aspettarselo. Non era altro che una risposta automatica del potente computer che gestiva l’edificio. Le case che avrebbe costruito con Lucas Hunter non sarebbero state dotate di quei sistemi informatici.

    Lucas.

    Il respiro le uscì in un sussulto, mentre lasciava che la sua mente si riempisse di tutte le emozioni che aveva dovuto seppellire durante l’incontro.

    Paura.

    Divertimento.

    Fame.

    Lussuria.

    Desiderio.

    Bisogno.

    Aprendo il fermaglio all’estremità della treccia, infilò le mani nei riccioli per allargarli, prima di sfilarsi la giacca e gettarla da parte. I seni le dolevano, tesi contro le coppe del reggiseno. Non voleva altro che spogliarsi e strofinarsi contro qualcosa di caldo, duro e maschile.

    Un gemito le sfuggì dalla gola, mentre chiudeva gli occhi e si dondolava avanti e indietro, cercando di controllare le immagini che la martellavano. Non sarebbe dovuto accadere. Non importava quanto fosse andata fuori controllo prima di allora, non era mai stato così tremendo, così... sessuale. Nel momento in cui lo ammise, la valanga sembrò rallentare e Sascha trovò abbastanza forza per sfuggire alla morsa della fame che la artigliava.

    Alzatasi da terra, andò in cucina e si versò un bicchiere d’acqua. Mentre deglutiva, colse il proprio riflesso nello specchio ornamentale che pendeva accanto al frigorifero. Era stato un regalo di un consulente mutaforma di un altro progetto e lei lo aveva conservato, nonostante l’espressione accigliata di sua madre. La sua scusa era stata che stava cercando di capire l’altra razza. In verità le piaceva quella cornice follemente colorata.

    Eppure, in quel momento, avrebbe voluto non averlo in casa. Mostrava con estrema chiarezza ciò che lei non voleva vedere. Il groviglio in cui versavano i suoi capelli parlava di passione e di crudo desiderio, di cose che nessuno Psy doveva conoscere. Il suo viso era arrossato, come se avesse la febbre, le sue guance erano rigate di rosso e gli occhi... Signore, pietà, i suoi occhi erano pura oscurità.

    Posò il bicchiere e si scostò i capelli. Ma non si era sbagliata. Non c’era luce in quei due pozzi neri. Quella cosa sarebbe dovuta accadere solo quando uno Psy stava consumando una grande quantità di potere psichico.

    A lei non era mai successo.

    I suoi occhi potevano contrassegnarla come una Cardinal, ma i suoi poteri erano deboli in maniera umiliante. Così deboli, che non era ancora stata cooptata tra i ranghi di coloro che lavoravano direttamente per il Consiglio.

    L’assenza in lei di un vero potere psichico aveva disorientato gli istruttori che l’avevano addestrata. Tutti avevano sempre detto, però, che nella sua mente c’era un incredibile potenziale grezzo, che non si era mai manifestato.

    Fino a quel momento.

    Scosse la testa. No. Non aveva speso alcuna energia psichica, quindi doveva essere stato qualcos’altro a causare quell’oscurità nei suoi occhi, qualcosa di cui gli altri Psy non erano a conoscenza, perché non erano in grado di sentirlo. Il suo sguardo andò alla consolle di comunicazione incassata nel muro, accanto all’angolo cottura. Una cosa era chiara: non poteva uscire finché fosse rimasta così. Chiunque l’avesse vista, l’avrebbe mandata in riabilitazione in un batter d’occhio.

    La paura l’afferrò, cruda e potente.

    Fintanto che riusciva a non farsi notare, avrebbe potuto continuare a cercare un modo per scappare, un modo per tagliare il suo legame con la PsyNet senza che il suo corpo subisse la paralisi o la morte. Oppure avrebbe potuto persino scoprire un modo per correggere il difetto che la marchiava. Ma, qualora fosse stata inserita nel Centro, il suo mondo sarebbe subito diventato oscurità. Un’oscurità infinita e silenziosa.

    Con mani attente, tolse il coperchio dalla consolle di comunicazione e armeggiò con i circuiti. Solo dopo aver riposizionato il coperchio, digitò il codice di Nikita. Sua madre viveva nell’attico, parecchi piani sopra al suo.

    La risposta arrivò pochi secondi dopo. «Sascha, il tuo schermo è spento.»

    «Non lo sapevo» mentì Sascha. «Aspetta.» Facendo una pausa per rendere la cosa credibile, prese un respiro cauto. «Penso che si tratti di un malfunzionamento. Lo farò controllare da un tecnico.»

    «Perché hai chiamato?»

    «Temo di dover annullare la nostra cena. Ho ricevuto alcuni documenti da Lucas Hunter che vorrei iniziare a esaminare, prima di incontrarlo di nuovo.»

    «Tempestivo per essere un mutaforma. Ci vediamo domani pomeriggio per un aggiornamento. Buona notte.»

    «Buonanotte, Madre.» Ma stava già parlando da sola. Nonostante il fatto che Nikita non fosse mai stata per lei una madre, non più del computer che le controllava l’appartamento, una simile freddezza la feriva. Ma quella sera quel dolore era sepolto da emozioni molto più pericolose.

    Aveva appena iniziato a rilassarsi quando la consolle suonò per una chiamata in arrivo. Poiché la funzione di identificazione del chiamante era stata disabilitata insieme allo schermo, non aveva modo di sapere chi fosse. «Sascha Duncan» disse, cercando di non farsi prendere dal panico nel caso Nikita avesse cambiato idea.

    «Ciao, Sascha.»

    Le sue ginocchia quasi cedettero al suono di quella voce dolce come il miele: le ricordava più delle fusa che un ringhio. «Signor Hunter.»

    «Lucas. Dopotutto siamo colleghi.»

    «Perché mi chiama?» La semplice praticità era l’unico modo in cui poteva affrontare le sue emozioni da montagne russe.

    «Non riesco a vederti, Sascha.»

    «È un malfunzionamento dello schermo.»

    «Non molto efficiente.» Era divertimento quello che sentiva?

    «Presumo che non abbia chiamato per chiacchierare.»

    «Volevo invitarti a un incontro a colazione domani, con il team di progettazione.» Il suo tono era pura seta.

    Sascha non sapeva se le parole di Lucas suonassero sempre come un invito al peccato o se lo stesse facendo per turbarla. Quel pensiero in effetti la turbò. Se avesse sospettato anche minimamente che c’era qualcosa che non andava in lei, allora Sascha avrebbe firmato la sua condanna a morte. L’internamento al Centro, d’altronde, non era altro che una morte vivente.

    «Orario?» Si strinse le braccia intorno alle costole e costrinse la propria voce a uniformarsi. Gli Psy erano molto, molto attenti a non mostrare mai al mondo i loro errori, i loro difetti. Nessuno era mai riuscito a opporsi al Consiglio, dopo essere stato programmato per la riabilitazione.

    «Sette e mezza. Va bene per te?»

    Come riusciva a far suonare un invito di lavoro come una tentazione? Forse era tutto nella sua mente: stava cedendo. «Luogo?»

    «Il mio ufficio. Sai dov’è?»

    «Ovviamente.» I DarkRiver avevano allestito un centro per i loro affari vicino al caotico trambusto di Chinatown, rilevando un edificio che conteneva uffici di medie dimensioni. «Ci sarò.»

    «Ti aspetto.»

    Ai suoi sensi acuti, sembrò più una minaccia che una promessa.

    Capitolo 2

    Lucas si aggirava nei dintorni del proprio ufficio, osservando i vicoli stretti che portavano a quell’esplosione sensoriale che era Chinatown, con la mente rivolta agli occhi color cielo notturno di Sascha Duncan. La sua natura animale aveva annusato qualcosa in lei che sembrava fuori luogo, che non era del tutto... giusto. Eppure, non aveva l’odore malaticcio della follia, ma un profumo deliziosamente allettante, in contrasto con il fetore metallico della maggior parte degli Psy.

    «Lucas?»

    Non ebbe bisogno di voltarsi per identificare chi fosse. «Che c’è, Dorian?»

    Dorian gli si avvicinò. Con i suoi capelli biondi e gli occhi azzurri, sarebbe potuto passare per un surfista in cerca dell’onda giusta. Fatta eccezione per il tocco selvatico in quegli occhi. Dorian era un leopardo latente. Qualcosa era andato storto nel grembo materno ed era nato mutaforma in tutto e per tutto, tranne che per una cosa: gli mancava la capacità di cambiare forma. «Com’è andata?»

    «Ho un’assistente Psy.» Guardò un’auto scivolare sulla strada buia; le celle energetiche che la alimentavano non lasciavano tracce del suo passaggio. Celle create dai mutaforma. Senza la loro razza, il mondo sarebbe da tempo sprofondato in un pantano di inquinamento.

    Gli Psy si credevano i leader del pianeta, ma erano i mutaforma quelli in sintonia con il battito del cuore terrestre, i mutaforma quelli che vedevano intrecciarsi i flussi della vita. I mutaforma e, sporadicamente, qualche umano.

    «Pensi di poterci ricavare qualcosa?»

    Lucas si strinse nelle spalle. «È come il resto di loro. Ma è andata, sono dentro. Ed è una Cardinal.»

    Dorian si dondolò sui talloni. «Se uno di loro sa dell’assassino, lo sanno tutti. La loro rete li tiene tutti in contatto.»

    «La chiamano PsyNet.» Lucas si sporse in avanti e spinse i palmi contro il vetro, godendo del senso di fresco al tatto. «Non sono sicuro di come funzioni.»

    «È una dannata mente alveare. In quale altro modo potrebbe funzionare?»

    «Sono estremamente gerarchici: se fosse come dici, sarebbe consentito l’accesso a tutto anche alle masse, e ne dubito molto. Di sicuro non sono democratici.» Il mondo degli Psy, fatto di fredda e impassibile sopravvivenza del più forte, era crudele come nient’altro che avesse mai visto.

    «Ma la Cardinal lo saprebbe.»

    In quanto figlia di un Consigliere, ed essendo lei stessa una mente potente, era quasi certo che Sascha fosse un membro della cerchia superiore. «Sì.» E aveva tutte le intenzioni di scoprire quello che sapeva.

    «Mai andato a letto con una Psy?»

    Lucas finalmente si voltò a guardare Dorian, divertito. «Stai dicendo che dovrei sedurla, per ottenere da lei le informazioni?» L’idea avrebbe dovuto turbarlo, ma sia l’uomo sia la bestia in lui erano incuriositi.

    Dorian rise. «Già, e probabilmente il tuo cazzo si congelerebbe.» Qualcosa di luminoso e arrabbiato brillò in quegli occhi azzurri. «In realtà, stavo per dirti che non sentono nulla. Sono andato a letto con una di loro quando ero giovane e stupido. Ero ubriaco e lei mi aveva invitato nella sua stanza del dormitorio.»

    «Insolito.» Agli Psy piaceva starsene per conto loro.

    «Penso di essere stato una specie di esperimento per lei. Era una studentessa di scienze. Facemmo sesso, ma giuro che fu come farlo con un blocco di cemento. Nessuna vita, nessuna emozione.»

    Lucas lasciò che l’immagine di Sascha Duncan gli attraversasse la mente. I suoi sensi di pantera si placarono, annusando l’eco del suo ricordo. Era di ghiaccio ma era anche qualcosa di più. «Possiamo solo compatirli.»

    «Si meritano i nostri artigli, non la nostra pietà.»

    Lucas si voltò a guardare la città. Lui riusciva a nasconderla meglio, ma la sua rabbia era profonda quanto quella di Dorian. Erano insieme quando avevano scoperto il corpo di Kylie, sei mesi prima. La sorella di Dorian era stata massacrata. Freddamente. Clinicamente. Senza pietà. Il suo sangue era stato versato senza alcun riguardo per la donna bellissima e vivace che era stata.

    Non c’era alcun odore animale sulla scena, ma Lucas aveva captato il fetore metallico degli Psy. Gli altri mutaforma avevano visto la brutale efficienza dell’uccisione e avevano capito perfettamente quale tipo di mostro ne fosse stato responsabile. Ma il Consiglio degli Psy aveva affermato di non saperne nulla, e le autorità avevano fatto così poco che sembrava quasi non volessero trovare l’assassino.

    Dopo che i DarkRiver avevano iniziato a indagare, avevano scoperto diversi altri omicidi con la stessa firma. Tutto sepolto così in profondità che poteva esserci dietro solo un’organizzazione potente. Il Consiglio degli Psy era come un ragno, e ogni stazione di polizia del paese era intrappolata nella sua ragnatela.

    I mutaforma ne avevano abbastanza. Era arrivato il momento di dire basta all’arroganza degli Psy. Basta alla loro politica. Basta alle loro manipolazioni. Decenni di risentimento e rabbia si erano accumulati come in una polveriera, che gli Psy avevano inconsapevolmente acceso con la loro ultima atrocità.

    Sarebbe stata guerra.

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1