Casa di bambola
Di Henrik Ibsen
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Info su questo ebook
Henrik Ibsen
Born in 1828, Henrik Ibsen was a Norwegian playwright and poet, often associated with the early Modernist movement in theatre. Determined to become a playwright from a young age, Ibsen began writing while working as an apprentice pharmacist to help support his family. Though his early plays were largely unsuccessful, Ibsen was able to take employment at a theatre where he worked as a writer, director, and producer. Ibsen’s first success came with Brand and Peter Gynt, and with later plays like A Doll’s House, Ghosts, and The Master Builder he became one of the most performed playwrights in the world, second only to William Shakespeare. Ibsen died in his home in Norway in 1906 at the age of 78.
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Anteprima del libro
Casa di bambola - Henrik Ibsen
DIGITALI
Intro
Rappresentato per la prima volta a Copenaghen nel dicembre del 1879, Casa di bambola scandalizzò la borghesia benpensante dell’epoca. Infatti la protagonista Nora, viste cadere tutte le sue illusioni, si rende conto che il proprio ruolo nel suo matrimonio è stato quello di una semplice e bella marionetta costretta a vivere in una casa di bambola
e decide di lasciare il marito e la famiglia in cerca della propria vera identità, per «riflettere col mio cervello e rendermi chiaramente conto di tutte le cose».
CASA DI BAMBOLA
DRAMMA IN TRE ATTI
PERSONAGGI
Torvaldo Helmer, avvocato
Nora, sua moglie
Dottor Rank
Signora Linde
Krogstad
Marianna, bambinaia di Helmer
Elena, cameriera di Helmer
Ivar, Bob, Emmy, bambini di Nora e Torvaldo
Un facchino
L’azione si svolge in casa di Helmer in Norvegia
ATTO PRIMO
Una stanza ammobiliata comodamente e con gusto ma senza lusso. Una porta nel fondo a destra mena nel corridoio d’entrata. Un’altra porta nel fondo a sinistra nello studio di Helmer. Fra queste due porte un pianoforte; in mezzo alla parete sinistra una porta e un po’ più avanti una finestra. Vicino alla finestra una tavola tonda con seggiolone e piccolo sofà. Nella parete destra, un po’ indietro, una porta. Nella stessa parete, più verso il davanti, una stufa di porcellana; qualche seggiolone e una poltrona a dondolo. Fra la stufa e la porta un tavolino. Quadri di incisioni in rame alle pareti. Un’étagère con porcellane e piccoli oggetti d’arte, una vetrina di libri in legature di lusso. Tappeto. Nella stufa arde il fuoco. È inverno.
SCENA I - NORA, un FACCHINO, ELENA, poi HELMER
(Si sente suonare il campanello dal corridoio, poi aprire la porta delle scale. Nora entra in scena cantarellando lietamente. È vestita come venendo di fuori e con una quantità d’involti in braccio; posa la roba sulla tavola a destra, lascia aperta la porta del corridoio, dove si vede un facchino che porta un albero di Natale e una paniera e li dà a Elena che ha aperto).
NORA. Badate di nascondere bene l’albero di Natale, Elena, perché i bambini non possano vederlo prima di stasera quando sarà messo su. ( Al facchino, tirando fuori il portamonete) Quanto?
FACC. Mezza corona.
NORA. Ecco una corona... Tenetela tutta.
FACC. ( ringrazia e va via).
NORA ( chiude la porta, continua a sorridere di contentezza fra sé, mentre posa cappello, manicotto e mantello, poi leva di tasca un cartoccio di mandorlati e ne mangia qualcuno, quindi va cautamente alla porta di Helmer e ascolta). Sì, è in casa. ( Ricomincia a cantarellare mentre va alla tavola a destra).
HELM. ( dalla sua stanza). È la mia lodoletta quella che sento gorgheggiare?
NORA ( occupata ad aprire alcuno degli involti). Sì.
HIELM. È il mio scoiattolo che armeggia qui?
NORA. Sì.
HELM. Da quando a casa?
NORA. Son tornata or ora. ( Mette in tasca il cartoccio dei mandorlati e si pulisce la bocca col disopra della mano). Vieni Torvaldo, e guarda che cosa ho comprato.
HELM. Non distrarmi per ilmomento! ( Poco dopo apre la porta e guarda in scena con la penna in mano) «Comprato» tu dici? tutta quella roba? Il mio spensierato lucherino ha dunque sciupato degli altri quattrini?
NORA. Ma, Torvaldo, quest’anno bisogna bene che noi facciamo un po’ di festa. È il primo Natale che non abbiamo bisogno di far economia.
HELM. Ma non si può neanche sciupare.
NORA. Sì, Torvaldo, un pochino si può anche sciupare, non è vero? Ma soltanto un pochino, pochino! Ora tu avrai un bello stipendio e guadagnerai molto... molto denaro.
HELM. Sì, dal primo dell’anno. Ma bisogna che passi un trimestre prima di riscuotere.
NORA. Baah! Intanto ci si fanno prestare!
HELM. Nora! ( Va da lei e la prende scherzando per l’orecchio) Sempre leggera la mia lodoletta!... Ammesso che oggi io mi faccia prestare mille franchi, e tu, durante la settimana di Natale li sperperi, se la sera di S. Silvestro mi casca una tegola sulla testa e...
NOIR. ( chiudendogli la bocca). Eh via! Perché tu dici certe brutte cose?
HELM. Ma ammesso che succedesse un caso simile, e allora?!
NORA. E allora mi sarebbe proprio indifferente aver dei debiti o no.
HELM. Ma coloro che mi avessero prestato il denaro?
NORA. Coloro?... Chi se ne occupa!... Coloro non sarebbero che degli estranei.
HELM. Nora Nora! Sul serio, mia carina, tu sai come io la pensi a questo riguardo: niente debiti! Mai imprestiti! Fondare una casa sugli imprestiti, sui debiti è una specie di schiavitù... e per conseguenza una brutta via! Giacché noi due abbiamo resistito valorosamente fino ad oggi, continuiamo così per questo breve periodo che ci manca a raggiungere il trimestre.
NORA ( andando alla stufa). Sì, sì, come vuoi, Torvaldo.
HELM. Cara la mia lodoletta ( seguendola) tu non devi subito buttar giù le ali... Come?... Delle smorfie? ( Tira fuori il portamonete). Nora, cosa credi che ci abbia qui?
NORA ( voltandosi lesta). Denaro!
HELM. Ecco. ( Le dà qualche biglietto). Oh Dio, lo so che a Natale ce ne voglion parecchi!
NORA ( camminando). Dieci, venti, trenta, quaranta... oh grazie, grazie, Torvaldo! Ora sto bene per un pezzo.
HELM. Lo spero, Nora.
NORA. Sì, sì, per molto tempo. Ora vieni un po’ a vedere tutto quello che ho comprato e come a buon mercato, sai? Guarda: questi son vestitini nuovi per Ivar, e gli ho comprato anche una sciabola. Questo è un cavallino e questa una trombettina per Bob. E questa una bambola e un letto da bambola per Emmy! È una cosina semplice semplice, ma tanto lei la sciupa subito. Questi son dei vestiti e degli scialli per Elena e Marianna... la povera Marianna veramente meriterebbe di più, ma!...
HELM. E in quell’involto cosa c’è?
NORA ( gridando). No! quello non lo devi vedere, fino a stasera.
HELM. Ah, ecco, ma ora dimmi un po’, piccola sprecona, che regalo ti sei fatta per te?
NORA. Baah! Per me? Io non desidero niente.
HELM. Sì, sì, dimmi un po’ che cosa ti piacerebbe di avere, ma qualche cosa di ragionevole.
NORA. No, veramente non saprei... cioè... sì!... Senti, Torvaldo...
HELM. Ebbene?
NORA. ( Gingillandosi coi bottoni di Helmer senza guardarlo). Se tu volessi darmi qualche cosa, tu potresti... tu potresti...
HELM. Andiamo... via...
NORA. ( presto) Tu potresti darmi dei quattrini, Torvaldo, soltanto quelli che ti avanzano. Allora, in seguito mi comprerei qualche cosa.
HELM. Ma Nora...
NORA. Ah, sì, fallo, Torvaldo. Ti prego fervidamente! Vedi allora attaccherei all’albero di Natale, delle monetine involtate in tante belle cartine dorate... Non ti piace l’dea?
HELM. Come si chiamano quegli uccellini che sperperano tutto?
NORA. Sì, sì, lucherini spensierati, lo so! Ma fammi questo piacere, Torvaldo; così ho tempo di pensare di che cosa ho veramente bisogno. Non ti par ragionevole questo. Come?
HELM. ( sorridendo). Ma sì, cara mia, cioè, se ti riuscisse proprio di serbare questo denaro che ti do per comprare, a suo tempo, qualche cosa per te!... Ma tutto va per la casa... per ogni sorta di inutili bazzecole, e allora io son costretto di nuovo a metter mano alla tasca.
NORA. Ma Torvaldo!...
HELM. Lo puoi negare, Nora? ( La cinge col braccio). La mia lodoletta è una creaturina preziosissima, ma ha bisogno di un gran mucchio di quattrini. Pare impossibile che un tale uccellino debba costar così caro!
NORA. Ma ti pare, Torvaldo, di dirmi certe cose?! Io risparmio, credilo, tutto quel che posso.
HELM.