La Scarpetta di Vetro
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Anteprima del libro
La Scarpetta di Vetro - Gigliola Foglia
scoprirlo.
Parte Prima
La reflex caricata a pellicola ultrasensibile scattò con un suono d'altri tempi, non del tutto sovrastato dalla musica. Paga di aver immortalato il balzo acrobatico con quelle luci radenti, Fabia lasciò ricadere lungo il fianco la pesante Olympus e sollevò la fotocamera digitale che aveva a tracolla.
Con un'eccitazione che era quasi sensuale si portò verso l'ultima quinta, camminando leggera per non far scricchiolare le vecchie tavole del palcoscenico, e riprese a scattare. Osò perfino spingersi sul fondale, tenendosi con le spalle radente al grande telone, per realizzare alcuni arditi controluce.
Sostò un minuto tra le quinte di destra a riposare gli occhi torturati dai potenti riflettori, mentre il primo ballerino faceva interrompere la musica per impartire alcune istruzioni agli altri danzatori; poi si accorse di avere ormai poche pose. Tornò sull'altro lato, passando per lo stanzone del retropalco per non intralciare il lavoro della compagnia, spazzolò via con la mano alcune tracce di ragnatele dai pantaloni kaki ampi e comodi e dalla camicia di lino bianco che portava con le maniche rimboccate a tre quarti, e si accosciò accanto alla borsa a scomparti che aveva lasciato presso un pilastro di sostegno.
Mentre cambiava la memoria della macchina digitale, si sentì addosso gli occhi del ballerino voltatosi per dare l'avvio alla musica, e d'istinto sollevò una mano a ravviarsi i capelli raccolti in una grossa treccia scambiata. Poi lui riprese le sue piroette e lei rimase a guardarlo trasognata, dimentica del lavoro per cui era venuta.
I ballerini convergevano a fargli corona in una suggestiva scena d'insieme, e l'istinto della professionista riaffiorò presentandole alla mente come una serie di fermo-immagine degli istanti che avrebbe voluto immortalare. Fu così che l'improvvisa uscita di scena di metà del corpo di ballo la colse di sorpresa.
Ebbe appena il tempo di appiattirsi contro la quinta per evitare di essere investita da un danzatore impegnato nel classico salto del cervo, ma così facendo urtò uno sgabello lì accanto che si rovesciò con rimbombo infernale.
Il ballerino terminò il suo slancio nello spazio tra due pilastri, mentre il primo interprete faceva cenno di sospendere la prova. Mortificata, la fotografa raddrizzò lo sgabello, vi posò sopra gli abiti che ne erano caduti, e si voltò ad affrontare il suo destino.
Si aspettava uno scoppio d'ira, invece si trovò addosso due luminosi occhi azzurri, lievemente ironici.
- Mi dispiace, non volevo far danni - disse compita.
Il giovane le scoccò un sorriso altrettanto luminoso degli occhi. - Non importa, avevo già deciso di concedere una pausa. Lei è un reporter? -
La ragazza sollevò le sopracciglia. - No, il fotografo ufficiale della serata, a quanto sembra. Lo studio per cui lavoro ha vinto l'appalto. - Notò che il giovane cercava di leggere il tesserino identificativo che portava appeso al collo, seminascosto dalla macchina fotografica, e si affrettò ad aggiungere: - Fabia Marano, di Butti Photostudio -.
- Valeriano Severi. Sarei il solista della compagnia, ma il Maestro Pitti non viaggia volentieri e la Tolstova non lo vuole lasciare, così in tournée devo fare anche da maître de ballet. -
Il tono era quasi di scusa, e Fabia fu spinta a puntualizzare: - Le viene benissimo -.
- Grazie. - Si strinsero la mano. Quella del giovane ballerino era grande e forte, come la mano di un guerriero. Ma strinse le dita delicate di Fabia come avrebbe maneggiato un fiore. - Mi dispiace non sia una prova in costume. -
Lei scosse la testa. - No, è giusto così. Volevo riprendere il work in progress, e il movimento puro, senza decori. Per la forma scenica ci sarà tempo stasera. -
Lui si voltò un istante battendo le mani per attirare l'attenzione dei compagni: - Ragazzi, dieci minuti! -. Poi le scoccò di nuovo quel sorriso. - Venga mezz'ora prima dello spettacolo, potrà fare delle foto nei camerini. Soltanto, per favore, niente flash da vicino durante la performance. -
Lei annuì, con un sorriso tirato: - Questo lo so -. Anche lei era stata ballerina.
Ma non lo disse.
Fabia scagliò a terra il giornale, accartocciandone le pagine finali; poi restò aggrappata all'orlo del tavolo, respirando forte.
Odiava quegli scoppi d'ira. La facevano sentire in torto, invidiosa e meschina, e assai poco signorile.
Ma era davvero soltanto invidia, quella, o non piuttosto la rabbia per tutto ciò che la vita le aveva negato, e senza sua colpa?
Si costrinse a raccogliere dal pavimento i fogli sparsi, ricomponendo sul tavolo il quotidiano pagina per pagina. Si costrinse a lisciarne con le mani la pagina degli spettacoli, e a rileggere l'articolo dalla prima all'ultima riga. Era un rigirare il coltello nella piaga, quasi masochistico.
Danza, Riflessi sul lago
titolava La Provincia.
Approda oggi per la prima volta sulle rive del lago di Como il Balletto Pizzi di Romagna, una delle compagnie di punta della danza classica contemporanea in Italia. Fondato un lustro fa dal Maestro Arnaldo Pizzi, fin dalla sua costituzione può contare sulle coreografie liriche e allo stesso tempo potenti di Tamara Tolstova (la Tolstova
, come la chiamano indifferentemente allievi e maestri, fans e detrattori), émigréé di rango che sulle sponde dell'Adriatico pare aver trovato la propria dimensione artistica e umana. Suoi anche i quattro brani di stasera, riuniti sotto il titolo Reflets
(Riflessi) e dedicati ai quattro elementi naturali. I diciotto danzatori si alterneranno in varie formazioni, dagli assolo ai duetti, dai pas de trois e de quatre ai pezzi d'insieme. Il medesimo programma verrà presentato anche domani sera, con speciali facilitazioni per le scuole di danza, ma c'è da scommettere che i ballettomani e non della Como-bene non vorranno perdersi la prima con l'evento a essa collegato. Per l'occasione infatti Valeriano Severi, storico primo ballerino di Pitti e Tolstova, si concederà in un passo a due con la ballerina comasca Alexia Pessina. La notizia è trapelata soltanto ieri dalla segreteria del teatro, la cui direttrice artistica Donella Azzi è stata paziente tessitrice di questo esaltante connubio. Da molti anni non calco le scene
avrebbe ammesso Alexia Pessina (figlia del noto imprenditore), fin dai primi tempi del mio sfortunato matrimonio. Desideravo tanto un ritorno in grande stile, ed ecco che si è presentata questa fantastica occasione.
Un sogno lungamente accarezzato, dunque, che potrebbe perfino configurarsi, stando a voci sempre più insistenti raccolte nell'ambiente del teatro, come il gran balzo della nostra Alexia nel mondo dell'arte. Un progetto che sembrava aver accantonato a favore degli affetti familiari, e la cui realizzazione ora è lì, a portata di mano: poiché se anche non ha mai fatto della danza una professione, di Alexia non si può certo dire che sia una dilettante. Ha tutte le carte in regola per ben figurare e, perché no, se lo vorrà, diventare una stella.
Fabia richiuse il giornale, piegandolo con cura, e lo posò su una sedia, quasi a nasconderlo. Poi sparecchiò, appoggiando il piatto accanto all'acquaio.
Sospirò profondamente una volta, poi un'altra. Sferrò un pugno nell'anta che chiudeva lo scolapiatti, facendo rimbombare la struttura metallica, quindi nascose sotto l'ascella la mano dolorante. Meglio così, piuttosto che piangere.
- Andiamo bene - proclamò ad alta voce. - Andiamo proprio bene! -
E così, Alexia era una povera vittima, che aveva rinunciato alla carriera e alla fama per l'amore ed era rimasta fregata? Stavano cercando di farla passare per un angelo del focolare e insieme per una ballerina fuori del comune, e Fabia sapeva che non era né l'uno né l'altro. Era stata sfortunata, poverina, ed ora il destino le stava offrendo la giusta rivincita?! No, non il destino, più semplicemente la sua amica Donella. E la sua degna compare Margherita Terenghi, la cronista, che stava debitamente montando la faccenda dalle pagine del quotidiano locale.
In quanto a lei, Fabia, nessuno avrebbe mai pensato che meritasse dal destino una qualche rivincita?
Basta. Andò difilato in bagno e per un paio di minuti tenne sotto l'acqua fredda le nocche contuse. Poi chiuse il rubinetto e alzò gli occhi allo specchio, vecchio e macchiato. Basta piangersi addosso, decise.
Si presentò all'ingresso degli artisti un'ora prima dello spettacolo, con l'inseparabile borsone grigio per i ferri del mestiere e indosso un completo pantalone in shantung grigio perla, molto elegante, acquistato di seconda mano l'estate prima all'annuale banco benefico delle Vincenziane. Era quasi troppo pesante per quel maggio insolitamente caldo.
Fabia posò sul gradino la borsa a scomparti e si aprì la giacca sulla canotta di seta lavata. Cercò di specchiarsi nel vetro della porta interna. Portava i capelli intrecciati soltanto dalla fronte alla nuca e lì fermati da un nastro di raso in tinta con l'abito, per ricadere in una coda fin sotto la vita. Ai piedi le solite Superga, ma in versione vezzosamente argentata. Comprate in saldo, erano di un numero troppo piccole e le irritavano la