Una proposta per sedurti: Harmony Destiny
Di Leanne Banks
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Info su questo ebook
Leanne Banks
È una delle scrittrici più conosciute nel panorama degli autori dei romanzi d'amore, ne ha scritti più di quaranta. Durante tutta la sua carriera ha ricevuto diversi riconoscimenti tra cui quello del Romantic Times Career Achievement Awards nella categoria "Sensualità, amore e risate". I suoi libri sono molto apprezzati per le storie fortemente connotate dal punto di vista delle emozioni. I personaggi, poi, appaiono talmente reali, sfaccettati e calati nella realtà quotidiana che ogni lettore è in grado di ritrovarvi un po' di se stesso e della propria vita. Leanne è convinta che i lettori del genere rosa siano i migliori, perché hanno capito che l'amore è il miracolo più grande di tutti. Ed è questo che la spinge a scrivere a ritmo serrato prendendo spunto da tutto ciò che la circonda. Nonostante la grande popolarità, Leanne non ha mai voluto lasciare la sua amata Virginia dove vive con il marito e i due figli adolescenti. La scrittura non è la sua sola passione: il cioccolato, la musica e l'amore per l'avventura seguono a ruota rendendo la sua vita completa e appagata.
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Una proposta per sedurti - Leanne Banks
Prologo
Mister Paga sempre in contanti e lascia una bella mancia: Bella St. Clair aveva dato un nome all’affascinante sconosciuto dai capelli scuri e dall’aria sofisticata seduto nell’angolo dell’affollato ristorante; era comparso quattro sere su dieci che lei era stata di turno al Monahan’s. Sempre educato, qualche volta aveva scambiato due chiacchiere con lei, facendola sentire una persona invece che una semplice cameriera. Nonostante il fatto che in termini di romanticherie il suo cuore fosse più defunto di una statua di marmo, e che fosse assillata dagli ultimi problemi della zia, a quella vista Bella sentì volar via una frazione del peso che le incombeva sulle spalle.
Lui le rivolse un cenno e lei si avvicinò. «Buonasera. Come sta?» gli domandò posando un tovagliolino di carta sul tavolino.
L’uomo esitò un istante prima di alzare le spalle. «Sono stato meglio» ammise infine.
Provò un moto di simpatia. Lo capiva fin troppo bene: era passato un mese esatto da quando avevano dovuto cedere l’impresa della zia alle banche, e Bella sapeva che, almeno in parte, la colpa era sua. «Mi dispiace» offrì. «Magari l’atmosfera del locale riuscirà a distrarla. Tra poco si esibirà un musicista jazz. Cosa posso portarle?»
«Un Maclellan single malt.»
Sollevando un sopracciglio, accennò col capo. «Scelta eccellente, sia per rimettere sui giusti binari una brutta giornata sia per celebrare. Vuole anche qualcosa da mangiare?»
«No, grazie. Stasera gli avventori sono piuttosto chiassosi» osservò quindi accennando all’ampio tavolo nel centro del locale. «Dev’essere la neve.»
Bella si voltò verso le vetrine. «Sono stata così occupata, da quando sono arrivata, che non me n’ero accorta. Ho sentito le previsioni, ma è raro che nevichi qui ad Atlanta. Crede che sarà solo una spolverata?» domandò speranzosa.
Lo sconosciuto scosse il capo. «Abbiamo già passato questo stadio. In un’ora le strade saranno ricoperte.»
«Grandioso» borbottò lei. «La mia macchina apprezzerà senz’altro il ritorno a casa.»
«Che macchina ha?» le chiese l’altro con un riflesso di curiosità negli occhi.
«Un maggiolone.»
Lui ridacchiò. «Sempre meglio di una moto.»
«Grazie per l’incoraggiamento» replicò divertita. «Le porto subito il whisky.»
Attese il bicchiere dal barista e avanzò cauta tra la folla, facendo ben attenzione a non versare nemmeno una goccia: quello scotch costava cinquanta dollari al bicchiere.
Si chiese quale fosse la causa della sofferenza che aveva intravisto in quegli occhi scuri. Quell’uomo emanava una sicurezza e una sorta di elettricità dinamica che la trascinava fuori dalla penombra in cui si era ritrovata nell’ultimo mese.
Posò il whisky davanti a lui. «Ecco qui.» Incrociò il suo sguardo, e provò una scintilla sorprendente. Dovette sbattere le palpebre: da dov’era venuta fuori? Ormai era convinta di essersi persa tutte le opportunità per fare scintille.
Lo osservò portarsi il bicchiere alle labbra e bere un sorso. Il movimento attirò il suo sguardo su quella bocca, sensuale e decisa. Sentì una sensazione bruciante sulle proprie labbra, e si sorprese di nuovo di una simile reazione.
«Grazie» offrì lui.
Lei annuì, ammaliata.
«Ehi, bambola» si alzò una voce dietro di lei. «Vogliamo un altro giro.»
Il richiamo la riscosse da quell’annebbiamento temporaneo. «Ops, devo andare. Ha bisogno di altro?»
«Un bicchier d’acqua, quando può» rispose lui. «Grazie, Bella» ripeté quindi con una voce che le fece sprofondare lo stomaco.
Si voltò, dandogli le spalle. «Wow» sospirò tra sé. Quanto avrebbe voluto conoscere il suo nome. A giudicare dalla propria reazione, uno avrebbe potuto pensare che fosse lei quella che stava bevendo il whisky. Follia, pensò, prima di dedicarsi agli altri clienti.
Un altro vicolo cieco. Alle volte aveva l’impressione che fosse la sua maledizione: non riuscire mai a trovare il fratello. Troppo inquieto per sopportare il silenzio di casa, Michael Medici aveva optato per un angolo appartato in uno dei diversi locali che possedeva ad Atlanta.
Di solito preferiva le serate tranquille dopo giornate particolarmente lunghe, ma quella volta era diverso. Il rumore di fondo della gente lo distraeva dalla frustrazione e dal dolore che si erano impossessati di lui.
Michael trascorse l’ora successiva concedendosi il lusso di osservare Bella. Dopo le notizie deludenti dell’investigatore privato, aveva bisogno di distrarsi. Per l’ennesima volta si chiese se avrebbe mai scoperto cos’era successo davvero al fratello tanti anni prima o se era condannato a rimanere nel limbo dell’ignoranza per il resto della vita.
Costringendosi ad allontanare la mente dal quel filo di pensieri, prese a scrutare la ragazza, godendosi il modo in cui lei si mordicchiava il labbro quando i loro sguardi si incrociavano. Sentendo la tensione crescere tra loro, intrattenne l’idea di portarsela a casa. Qualcuno avrebbe potuto definirlo arrogante, considerato che l’aveva appena conosciuta, ma Michael di solito otteneva ciò che voleva dagli affari e dall’altro sesso.
Con lo sguardo percorse il suo corpo sinuoso. La divisa – camicetta bianca e gonna nera – rivelava due seni rotondi, una vita sottile e dei fianchi invitanti. Anche le gambe non erano male.
Quando depose un bicchier d’acqua sul tavolo davanti a lui, prese l’iniziativa. «Le piace questo posto?» le domandò.
Bella esitò prima di guardarlo negli occhi. «Per ora mi va bene. Sono stata via per un anno, mi sto riabituando all’idea di essere una comune americana.»
«A me non sembra comune» protestò lui. «Che cosa faceva fuori dal paese?»
«Volontariato nelle zone disastrate.»
«Ah» commentò con un cenno del capo. Una brava ragazza. Adesso si spiegava quella sua aura ultraterrena. «E com’è la transizione?»
«Dissestata» rispose con un sorriso che gli parve piuttosto un pugno allo stomaco.
Non aveva l’abitudine di rimorchiare le cameriere, soprattutto quelle che lavoravano nei suoi locali, ma quella in particolare lo intrigava. Si chiese se fosse il tipo di donna da rimanere impressionata dalla sua ricchezza – per gioco, decise di mantenere segreta la propria identità ancora per un po’. Gli piaceva l’idea di non vedere il segno del dollaro brillare negli occhi di chi gli stava di fronte. Era comparso nelle riviste di Atlanta piuttosto spesso, quindi era raro che incontrasse qualcuno che non sapeva chi fosse. E quanto successo avesse, soprattutto.
«Non vedo un anello al dito, Bella» considerò.
I suoi occhi mostrarono un’ombra di tristezza. «È vero. Non lo vede.»
«Posso darle un passaggio a casa? Penso che il mio SUV sia più attrezzato per affrontare le strade innevate.»
I suoi occhi si allargarono appena per la sorpresa, e Michael la vide fermarsi un secondo per l’indecisione. «Non dovrei fraternizzare con i clienti.»
«Una volta usciti da quella porta, non sarò più un cliente» le fece presente, conoscendo bene la regola.
Bella appariva sia tentata sia riluttante. «Non so neanche come si chiama.»
«Michael. Resterò qui ancora un po’» le assicurò quindi, divertito dal fatto che quasi avesse rifiutato il suo invito. Cercò invano di ricordare l’ultima volta che era successo.
Restando a osservarla dal proprio angolo, notò un uomo che si tendeva verso di lei. Bella si tirò indietro e l’uomo si alzò in piedi. Michael strinse gli occhi.
L’avventore la prese per il braccio e l’attirò a sé. «Andiamo, bambola, sei così bollente. E fuori fa freddo...» Cominciò a far scivolare la mano verso il suo fondoschiena.
Già in piedi, Michael raggiunse la scena e costrinse l’uomo a risedersi. «Direi che hai bevuto troppo.» Guardandosi intorno, individuò il manager, Jim, e gli fece un rapido cenno col capo.
Jim arrivò in pochi secondi, inciampando sulle parole. «Me ne occupo io, signor...»
Michael però lo interruppe con un altro cenno. «Grazie. Forse lo staff ha bisogno di una pausa.»
«Puoi andare, Bella» confermò allora il manager annuendo.
Il viso pallido, lei esitò. «Ma...»
«Le do un passaggio, quando vuole andare» ribadì Michael. «Possiamo trovare un posto più tranquillo.»
Bella incontrò il suo sguardo e lui vide un lampo di fiducia in quegli occhi, come se anche lei sentisse quello strano senso di connessione che provava lui. Esitò ancora una frazione di secondo, poi annuì. «D’accordo.»
Più di un’ora dopo, Bella si rese conto di aver raccontato metà della propria vita al fusto che l’aveva salvata al lavoro. Gli aveva raccontato di essere stata cresciuta dalla zia Charlotte. Gli aveva persino vagamente menzionato il fallimento della propria vita affettiva. Ogni volta che ripensava a Stephen, veniva trafitta dal senso di perdita. Sapeva che non l’avrebbe mai superato, mai. La cosa peggiore, però, era il senso di colpa per non essere stata accanto alla zia mentre si sottoponeva alla chemioterapia.
Anche se non aveva fatto nomi, era stupita di aver rivelato tanto. «Ho parlato solo io» osservò allora portandosi le mani al volto. «E non posso neanche dar la colpa all’alcol, perché ho bevuto solo un Mangoti-ni. Hai sentito abbastanza di me, ora tocca a te. Spiegami perché è stata una giornata da dimenticare.»
«Non sono d’accordo sull’aver sentito anche troppo su di te» contestò lui con un mezzo sorriso che gli danzava sulle labbra. A Bella balenò in mente la considerazione che quelle labbra, quel viso, avrebbero dovuto essere scolpiti nel marmo ed esposti in un museo. Poi gli cadde lo sguardo sulle spalle ampie e il corpo atletico. Forse anche tutto il resto, considerò.
«Sei gentile» replicò. «Ma tocca sempre a te.»
Michael ridacchiò, roco, gli occhi scuri colmi di mistero. «Non sono molti quelli che mi hanno definito gentile, ma se insisti» buttò lì bevendo un sorso d’acqua.
«Insisto» confermò allora Bella.
«I miei genitori morirono quando ero piccolo, perciò neanch’io sono stato allevato da loro. È una cosa che abbiamo in comune.»
«Chi ti ha cresciuto?»
«Non sono stato così fortunato da avere una zia Charlotte» spiegò. «Non c’è bisogno di compassione, però.»
«Oh.» Bella studiò il suo volto, l’interessante combinazione di forza e pragmatismo. «Dev’essere stato duro.»
«Lo è stato» confermò annuendo, quindi si fermò per un istante. «L’incidente smembrò la mia famiglia. Continuo a chiedermi se avrei potuto fare qualcosa...»
Seguì un altro silenzio, e Bella sentì crescere dentro di sé un’ondata di comprensione. La forza di quell’emozione avrebbe dovuto sorprenderla, ma in realtà era fin troppo facile, per lei, identificarsi con la profondità di una tale sensazione. Posò una mano sulla sua. «Ti senti in colpa, vero?»
«Ogni giorno» confermò abbassando gli occhi sulle loro mani vicine. «Probabilmente è stupido...»
«Ti capisco» lo interruppe però lei in un sussurro, il cuore stretto in una morsa.
Michael le strofinò il pollice sul dorso della mano. «Non sei solo attraente, sei anche perspicace.»
Bella non si sarebbe definita attraente – e in effetti, Stephen era stato l’unico a chiamarla così. Al ricordo, le si chiuse lo stomaco. Lui non l’avrebbe mai più definita attraente, ora che si era innamorato di un’altra.
«Eccoti di nuovo, a fare il gentile.»
«Hai le idee confuse: tu sei quella gentile. Non riesco a credere che tu non debba scacciare gli uomini come mosche.»
«Queste sono lusinghe» replicò. «A meno che non consideri quelli che hanno bevuto troppo al bar.» Sapeva di avere un aspetto insolito. Il contrasto tra i capelli scuri,