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I draghi del signore del tempo: Le cronache perdute Volume III
I draghi del signore del tempo: Le cronache perdute Volume III
I draghi del signore del tempo: Le cronache perdute Volume III
E-book459 pagine6 ore

I draghi del signore del tempo: Le cronache perdute Volume III

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Info su questo ebook

Il mondo celebra l’Alba di Primavera. La Guerra delle Lance sta volgendo al termine, nel bene e nel male.
Il mago Raistlin Majere tesse i suoi intrighi con la Regina delle Tenebre. Takhisis ha in programma di distruggere gli dei della magia nella Notte degli Occhi, quando tutti i maghi si riuniranno presso la Torre di Wayreth.
Raistlin deve trovare un modo per sventare la trama, anche se questo significa combattere contro la sorella, la Signora dei Draghi Kitiara, e il suo terrificante alleato, il cavaliere della morte, Lord Soth.
Ma Raistlin deve ancora sconfiggere il suo ultimo nemico: l’arcimago Fistandantilus, che, a sua volta, cerca di uccidere Raistlin e di rubargli l’anima.
Il futuro di Krynn sembra ormai scritto. Tutti pensano di sapere come andrà a finire la storia, ma una sola notte e una fatidica decisione di Raistlin Majere potrebbero rimettere tutto in gioco.
LinguaItaliano
EditoreArmenia
Data di uscita15 gen 2021
ISBN9788834436219
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    Anteprima del libro

    I draghi del signore del tempo - Margaret Weis

    l’ironia.

    Cantico del Drago

    di Michael Williams

    Date ascolto al saggio, mentre il suo canto scende

    come pioggia celeste o simile a lacrime,

    e lava via gli anni, la polvere di molte storie

    dalla Grande Saga di Dragonlance.

    In epoche remote, perse nella memoria e nelle parole,

    nel primo fiorire del mondo,

    quando le tre lune si levarono dal grembo della foresta,

    draghi, terribili e immensi,

    mossero guerra a questo mondo di Krynn.

    E tuttavia dall’oscurità dei draghi,

    dalle nostre implorazioni che chiedevano luce,

    librandosi dinanzi al volto vacuo della luna nera,

    una luce sopita divampò in Solamnia.

    Un cavaliere forte di verità e potere,

    che chiamò a sé gli stessi dei

    e forgiò la possente Lancia dei Draghi, trapassando la loro anima

    dei draghi, scacciando l’ombra delle loro ali

    dalle rischiarate rive di Krynn.

    Così Huma, Cavaliere di Solamnia, Portatore di Luce, Primo Lanciere,

    seguì la sua luce fino ai piedi dei Monti Khalkist,

    fino ai piedi di pietra degli dei,

    al quieto silenzio del loro tempio.

    Invocò i Creatori delle Lance, fece suo

    il loro enorme potere per schiacciare un’indescrivibile malvagità,

    per ricacciare la sinuosa oscurità

    giù per la caverna della gola di un drago.

    Paladine, il Grande Dio del Bene, luminosa presenza al fianco di Huma,

    infuse vigore al suo forte braccio destro.

    E Huma, avvolto nella luce fiammeggiante di cento lune,

    bandì la Regina delle Tenebre,

    bandì lo sciame delle sue orde urlanti,

    ricacciandoli nel torpido regno della morte, dove le loro maledizioni

    si abbattevano sul nulla,

    nelle profondità sottostanti la terra rischiarata.

    Così finì nel tuono l’Era dei Sogni,

    ed ebbe inizio l’Era del Potere,

    quando Istar, regno della luce e della verità, sorse nell’est,

    dove minareti di aureo candore

    si levavano verso il sole e la sua gloria,

    annunciando la fine del male,

    e Istar, generando e nutrendo lunghe estati benevole,

    risplendeva come una meteora,

    nei bianchi cieli dei giusti.

    E tuttavia, nella pienezza della luce del sole,

    il Re Sacerdote di Istar vedeva annidarsi le ombre;

    di notte vedeva gli alberi come creature armate di daga, i ruscelli

    anneriti e addensati sotto la luna silenziosa.

    Cercò nei libri la via seguita da Huma,

    cercò pergamene, segni e incantesimi,

    in modo da potere a sua volta evocare gli dei e ottenere

    il loro aiuto per i suoi sacri intenti,

    e purgare il mondo dal peccato.

    Giunse poi il tempo dell’oscurità e della morte,

    quando gli dei volsero le spalle al mondo.

    Come una cometa, una montagna di fuoco si abbatté su Istar,

    la città si spaccò come un teschio in fiamme,

    montagne sorsero da valli un tempo fertili,

    e mari si riversarono sulla tomba delle montagne,

    i deserti sussurrarono sul letto prosciugato dei mari,

    le grandi strade di Krynn esplosero

    e divennero i sentieri dei morti.

    Cominciò così l’Era della Disperazione.

    Le strade erano confuse,

    venti e tempeste di sabbia dimoravano nei gusci vuoti delle città,

    pianure e montagne erano divenute la nostra casa.

    A mano a mano che gli antichi dei persero il loro potere,

    ci appellammo al cielo vuoto,

    cercando in quel freddo grigiore l’orecchio di nuovi dei.

    Il cielo era calmo, silenzioso, immoto.

    Dovevamo ancora ricevere risposta.

    Poi nell’est, nella Città Sprofondata

    sfregiata dalla sua perdita della luce azzurra,

    giunsero gli Eroi, i Compagni della Taverna, eredi dei fardelli,

    emersi dalle loro gallerie e dalle alte foreste,

    dalle basse pianure e dalle capanne nelle vallate,

    dalle misere fattorie sottomesse ai signori della guerra e all’oscurità.

    Giunsero servendo la luce,

    le fiamme sopite del risanamento e della grazia.

    Da laggiù, inseguiti dagli eserciti,

    dalle fredde e scintillanti legioni, essi giunsero

    portando il bastone fra le braccia della città devastata,

    dove sotto le erbacce e il canto degli uccelli,

    sotto i vallenwood, sotto l’infinito,

    sotto la stessa oscurità dominante,

    un buco nel buio invocava la fonte della luce,

    attirando ogni chiarore al nucleo della luce,

    per realizzare la pienezza del suo divino splendore.

    Prefazione

    Questo volume, I draghi del Signore del Tempo, conclude la serie delle Cronache Perdute . Lo scopo che ci siamo prefissi con questi libri è stato quello di narrare storie precedentemente taciute e ignote relative ai Compagni della Locanda, verificatesi durante la Guerra delle Lance, un periodo narrato dalle Cronache di Dragonlance. Anche se questi libri possono essere letti indipendentemente, i lettori scopriranno di avere una migliore comprensione di cosa stia accadendo a chi, dove e perché, se leggeranno la serie completa delle Cronache di Dragonlance prima di leggere le Cronache Perdute .

    La narrazione della fine della Guerra delle Lance è stata stilata da Astinus di Palanthas in un volume ora noto come I draghi dell’alba di primavera; in quel libro, si narrano le avventure degli Eroi delle Lance – Tanis Mezzelfo, Flint Fireforge, Tasslehoff Burrfoot, Caramon Majere – e quelle dei loro amici Laurana, il Generale Dorato, Tika Waylan, Riverwind e Goldmoon, e si racconta come abbiano infine sconfitto la Regina delle Tenebre.

    Questo libro parla di uno degli Eroi delle Lance, Raistlin Majere, la cui storia non è mai stata narrata, ma senza il quale gli altri Eroi non avrebbero mai potuto trionfare.

    Se desiderate seguire la sua storia in maniera completa, Astinus vi suggerisce di leggere prima I draghi dell’alba di primavera, e solo in seguito di accostarvi a questo volume; se invece vi interessa soltanto condividere le oscure e pericolose avventure di Raistlin, continuate semplicemente la lettura.

    Nel momento in cui questa storia ha inizio, gli Eroi delle Lance sono stati separati dalla guerra. Tanis, Caramon e Raistlin, insieme a Tika, Riverwind e Goldmoon, si recano nella terra da incubo di Silvanesti, e da lì a Floatsam. Laurana, Sturm Brightblade, Flint e Tasslehoff vanno invece alla Muraglia di Ghiaccio, e da lì alla Torre del Sommo Chierico, dove Sturm sacrifica la propria vita per la causa della Luce. Laurana contribuisce a sconfiggere Kitiara e il suo esercito di draghi nella Battaglia della Torre del Sommo Chierico, poi lei, Flint e Tas vanno a Palanthas, dove Laurana diviene il Generale Dorato, a capo delle forze congiunte di umani ed elfi che stanno ora lottando contro Takhisis.

    Una volta giunto a Floatsam, Tanis incontra la sua amante di un tempo, Kitiara, e rimane sconvolto dalla scoperta che lei è adesso una Signora dei Draghi del malvagio esercito di Takhisis; anche se lei è schierata dalla parte del male, tuttavia, Tanis non riesce a resistere al suo sorriso in tralice e ai suoi occhi scuri, e i due tornano a essere amanti.

    Kitiara incita Tanis a unirsi al suo esercito, ma lui non può abbandonare i suoi amici e la causa della Luce. Lacerato dai sensi di colpa, lascia Kitiara e con i suoi amici si imbarca su una nave che sta fuggendo da Floatsam. A bordo c’è anche Berem Everman, l’Uomo Eterno, ricercato dalla Regina delle Tenebre. Venendo a sapere che Everman è a bordo, Kitiara si lancia all’inseguimento della nave sul suo drago, e nel disperato tentativo di sfuggirle, Berem dirige l’imbarcazione verso un maelstrom.

    Ritenendo che la nave sia condannata, Raistlin Majere si salva ricorrendo al magico Globo dei Draghi che si è procurato a Silvanesti, lasciando che suo fratello gemello e i suoi amici vadano incontro alla morte. La magia da lui operata lo conduce alla Grande Biblioteca di Palanthas, ma lo sforzo causato dall’incantesimo risulta eccessivo per le sue forze e lui sta per morire, quando Astinus gli fornisce accidentalmente la chiave che non solo lo riporta in vita, ma svela anche il mistero della sua anima divisa.

    Raistlin arriva a Palanthas nel ventiseiesimo giorno del Mese di Rannmont. Questa storia comincia parecchi giorni più tardi, nel primo giorno del Mese di Mishamont.

    Astinus, autore della Storia di Krynn, scrive:

    Nel ventiseiesimo giorno del Mese di Mishamont, dell’Anno 352 AC, nella città di Neraka, crolla il Tempio di Takhisis. La Regina di Draghi viene bandita dal mondo, e i suoi eserciti incontrano la sconfitta.

    Gran parte del merito di questa vittoria è attribuito agli Eroi delle Lance, che combatterono con coraggio per le Forze della Luce. La storia dovrebbe tuttavia evidenziare il fatto che la Luce sarebbe stata condannata alla sconfitta, se non fosse stato per un singolo uomo che aveva scelto di camminare nell’Oscurità.

    Prologo

    Due leggende di Krynn sono essenziali per la comprensione della trama. È possibile reperirne svariate versioni, perché ogni bardo le racconta in maniera un po’ diversa; noi abbiamo scelto le due che seguono perché sono quelle che più si avvicinano a quanto è realmente accaduto anche se, come accade per la maggior parte delle leggende, forse non si saprà mai la verità effettiva.

    Estratti da Un giardino per bambini di storie di Krynn, tradotto dall’elfico da Quivalen Soth.

    La storia di Berem e Jasla,

    ovvero una storia di amore e di sacrificio.

    Molto tempo fa, alla fine della Seconda Guerra dei Draghi, il coraggioso cavaliere Huma Dragonsbane, Flagello dei Draghi, ricacciò la Regina Takhisis nell’Abisso, costringendola a giurare al cospetto del Dio Supremo che non sarebbe tornata nel mondo a sconvolgere il delicato equilibrio fra il bene e il male. Gli dei ritenevano che un giuramento fatto al cospetto del Dio Supremo fosse tanto potente che neppure la Regina delle Tenebre avrebbe osato infrangerlo. Purtroppo, si sbagliavano.

    Trascorse del tempo. I Re Sacerdoti di Istar, agendo in nome degli Dei della Luce e con la loro benedizione, salirono al potere. Il mondo era in pace, ma purtroppo un uomo può essere accecato in pari misura dalla luce come dall’oscurità: nel guardare il sole, l’ultimo Re Sacerdote non vi scorse che la propria gloria, e osò autoproclamarsi un dio.

    Con loro dolore, gli Dei della Luce si resero conto che a quel punto erano loro a minacciare l’equilibrio che continua a far girare il mondo, e cercarono l’aiuto degli altri dei, inclusa la Regina Takhisis, giungendo alla conclusione che per ripristinare l’equilibrio, e insegnare l’umiltà alla razza umana, avrebbero dovuto causare un grande Cataclisma. Prima di agire, essi inviarono molteplici ammonimenti al Re Sacerdote, incitandolo a cambiare, ma lui e i suoi seguaci non li ascoltarono e, seppur con estremo rammarico, gli dei scagliarono su Krynn una montagna di fuoco.

    L’esplosione rase al suolo la città di Istar, la scaraventò nel mare e distrusse il Tempio degli Dei della Luce… o almeno questo fu ciò che credettero gli dei. Anche se il Tempio di Istar giaceva in rovina sul fondo del mare, tuttavia, la Pietra Angolare su cui esso era stato eretto era ancora intatta, perché essa era ed è il fondamento della fede.

    Dopo il Cataclisma, gli dei sperarono che gli uomini riconoscessero le proprie colpe e cercassero il loro aiuto. Con loro dolore, però, gli uomini li incolparono delle loro sofferenze, e si diffuse la voce che gli dei avessero abbandonato la loro creazione. Il mondo sprofondò nel caos, e la morte prese ad aggirarsi per tutte le terre.

    Takhisis, Regina delle Tenebre, era ancora imprigionata nell’Abisso, e tutte le uscite erano sorvegliate: se avesse cercato di liberarsi, gli altri dei se ne sarebbero accorti e l’avrebbero fermata. Lei però non aveva mai smesso di cercare un modo per tornare nel mondo, e un giorno il suo inquieto girovagare la portò a imbattersi in un grande tesoro: scoprì la Pietra Angolare. Gli altri dei ignoravano che essa esistesse ancora, e lei si rese conto di potersene servire per tornare nel mondo.

    Naturalmente, nel farlo avrebbe infranto il proprio giuramento al Dio Supremo, ma era astuta, e contava sul fatto che il mondo fosse già in pericolo. Gli uomini avevano perso la speranza: pestilenze, carestie e guerre avevano ucciso milioni di persone; in questa situazione, lei sarebbe potuta rientrare nel mondo, avrebbe svegliato i draghi malvagi e scatenato la sua guerra. Una volta che avesse conquistato Krynn, sarebbe stata così potente che gli altri dei non avrebbero osato punirla.

    Avvolta nell’oscurità, Takhisis sgusciò nel mondo attraverso la porta lasciata socchiusa dalla Pietra Angolare, risvegliò i draghi malvagi e ordinò loro di rubare le uova dei draghi buoni, che dormivano nelle loro tane, poi si preparò a riprendere la guerra facendo appello a tutto il suo potere. Un giorno, tuttavia, scoprì che la sua via di accesso al mondo mediante la Pietra Angolare era stata bloccata.

    Un uomo di nome Berem e sua sorella Jasla stavano passeggiando insieme quando si erano imbattuti nella Pietra Angolare e avevano stentato a credere alla loro fortuna, in quanto gemme rare e preziose, incastonate nella pietra, scintillavano della luce della creazione. Berem era povero, e anche una sola di quelle gemme avrebbe potuto salvare la sua famiglia dalla povertà. Pensando che l’assenza di una singola gemma, di un perfetto smeraldo, non sarebbe stata notata in mezzo a tante pietre preziose, Berem si era messo all’opera per rimuoverlo.

    Inorridita da quel furto, sua sorella Jasla lo aveva afferrato e aveva cercato di fermarlo, ma Berem si era infuriato e l’aveva spinta lontano, con forza. Cadendo, Jasla aveva sbattuto la testa contro la Pietra, macchiandola del proprio sangue, ed era morta.

    Poiché amava sua sorella, Berem era rimasto sgomento di fronte al proprio crimine, e aveva avuto paura, perché nessuno gli avrebbe creduto se avesse detto che l’uccisione di sua sorella era stata un incidente. Di certo sarebbe stato giustiziato come assassino. Di conseguenza, invece di confessare il proprio peccato e di chiedere perdono, lui era fuggito… e in quel momento lo smeraldo che aveva cercato di rubare si era staccato dalla Pietra Angolare e gli si era incastonato nel petto.

    Berem era pervaso dal terrore. Dolendosi per lui, lo spirito di sua sorella gli aveva garantito che lo amava ancora, ma lui si era rifiutato di ascoltarlo. Aveva cercato di estrarre la gemma con le dita; poi, sempre più disperato, era arrivato a tagliarsi la carne con un coltello, ma lo smeraldo era rimasto parte di lui, a ricordargli per sempre la sua colpa. Coprendo la gemma con la camicia, Berem era fuggito, chiudendo gli orecchi alle suppliche della sorella che lo implorava di chiedere perdono, come lei lo aveva perdonato.

    Takhisis era stata testimone di quella tragedia, e aveva goduto della caduta nel peccato di Berem… finché non aveva cercato di attraversare la Pietra Angolare, trovando l’ingresso sbarrato da una catena forgiata dall’amore. Lo spirito di Jasla le stava bloccando il passo, e a quel punto lei poteva proiettare su Krynn soltanto la sua ombra, il che riduceva il suo potere sugli uomini. D’ora in poi avrebbe dovuto fare affidamento sui mortali per portare avanti la guerra.

    Takhisis doveva trovare Berem, perché se lo avesse distrutto, lo spirito di sua sorella se ne sarebbe andato e lei sarebbe stata nuovamente libera, ma doveva essere cauta nelle sue ricerche perché, se lui fosse tornato dalla sorella e si fosse redento, il suo accesso al mondo sarebbe stato bloccato per sempre.

    Di conseguenza, incaricò in segreto uno dei suoi servitori più fidati perché cercasse un uomo di nome Berem, che aveva una gemma verde incastonata nel petto… un uomo con gli occhi giovani e il volto di un vecchio, perché la gemma gli conferiva l’immortalità, e lui non sarebbe potuto morire finché non si fosse redento, o la sua anima fosse stata perduta per sempre.

    Berem era in movimento costante, in fuga non soltanto dalle Forze dell’Oscurità, ma anche dal proprio senso di colpa, e ripetutamente gli sforzi di Takhisis per catturarlo furono frustrati. Lei scatenò la sua guerra, che divenne poi nota come la Guerra delle Lance, senza che ancora Berem fosse stato trovato. Ormai, però, la sua storia cominciava a essere conosciuta da un numero sempre maggiore di persone, e prima o poi avrebbe finito per attirare l’attenzione degli avversari della Regina Takhisis.

    Berem Everman poteva diventare la più grande speranza degli uomini, o il loro peggior timore.

    La storia di Fistandantilus,

    ovvero un racconto edificante

    Molto tempo fa viveva un mago potente di nome Fistandantilus. Era così potente che giunse a convincersi che le regole e le leggi che governavano altri uomini, a lui inferiori, non gli si potessero applicare, comprese quelle del suo ordine magico, l’Ordine delle Vesti Nere. Lasciato l’Ordine, Fistandantilus divenne un rinnegato, condannato a morte dagli altri maghi.

    Lui però non li temeva, perché aveva accumulato tanto sapere e tanto talento magico da poter distruggere chiunque si fosse presentato per cercare di assoggettarlo alla giustizia, e la paura e il rispetto che incuteva perfino negli altri maghi erano tali che ben pochi si cimentarono nel tentativo.

    Fistandantilus arrivò addirittura a prendere presso di sé degli apprendisti, sbandierando il proprio potere davanti al Conclave. Quello che nessuno sapeva era che lui si stava nutrendo dei suoi allievi, risucchiandone la forza vitale e usandola per estendere la propria. A questo scopo aveva creato una gemma magica, una pietra del sangue, che premeva sul cuore della vittima per prosciugarne la vita.

    A mano a mano che il suo potere aumentava, crebbe anche la sua arroganza, e lui decise di penetrare nell’Abisso per spodestare la Regina delle Tenebre e prendere il suo posto. Per farlo, modellò uno dei più potenti e complessi incantesimi che fossero mai stati creati, ma la sua arroganza risultò essere la sua rovina. Nessuno sa per certo cosa successe. Alcuni affermano che Takhisis scoprì le sue intenzioni e che la sua ira gli fece rovinare addosso la sua stessa fortezza, altri sostengono che il grande incantesimo da lui forgiato sfuggì al suo controllo e fece saltare in aria la fortezza. Quale che ne fosse la causa, comunque, il corpo fisico di Fistandantilus morì.

    Non così, però, la sua anima.

    Essa si rifiutò di lasciare Krynn, e il mago malvagio rimase sospeso sul piano etereo. La sua esistenza era precaria, perché era costantemente assediato da Takhisis, che continuava a volerlo distruggere, e si teneva in vita sottraendo la forza vitale alle sue vittime, pur continuando a sperare di poter trovare un giorno un corpo umano in cui potersi insediare, tornando a vivere.

    Fistandantilus era riuscito a conservare il possesso della pietra del sangue, di cui si serviva nell’attendere al varco le vittime, cercando in prevalenza giovani utilizzatori di magia, soprattutto quelli che propendevano verso l’Oscurità, perché era più probabile che cedessero alla tentazione.

    Il Conclave dei Maghi sapeva che Fistandantilus era in caccia di prede, ma era impotente a fermarlo. Ogni volta che un giovane aspirante mago si sottoponeva alla temuta Prova, nella Torre dell’Alta Magia, il Conclave sapeva che esisteva la possibilità che Fistandantilus si impadronisse di lui. Molti di coloro che morivano nel corso della Prova erano ritenuti essere sue vittime.

    Cinque anni prima dell’inizio della Guerra delle Lance un giovane mago, accompagnato dal suo gemello, si presentò alla Torre per sottoporsi alla Prova. Prevedendo che un tempo di guerra e di malvagità stava per abbattersi su Krynn, il Capo del Conclave, Par-Salian sperava che quel giovane mago, che nel corso dei suoi studi si era rivelato molto promettente, avrebbe contribuito a sconfiggere l’Oscurità.

    Il giovane mago era però arrogante e ambizioso, e sebbene portasse la veste rossa, il suo cuore e la sua anima propendevano per l’Oscurità, così come le sue scelte, che lo portarono a stringere un patto con Fistandantilus. Naturalmente, il mago malvagio non intendeva rispettare la sua parte dell’accordo, ed era deciso a prosciugare la vita del giovane.

    Raistlin Majere non era però come gli altri che lo avevano preceduto, ed era a suo modo abile quanto Fistandantilus stesso nell’uso della magia. Quando il mago malvagio cercò di afferrargli il cuore e di strapparglielo dal petto, Raistlin fu pronto ad afferrare a propria volta il suo.

    «Puoi prendere la mia vita», gli disse, «ma in cambio mi servirai».

    Il giovane sopravvisse alla Prova, ma ne uscì con il corpo devastato, perché Fistandantilus continuava a prosciugare la sua forza vitale per sostentarsi sul proprio piano magico; in cambio, però, era costretto a tenere Raistlin in vita e a venire in suo aiuto fornendogli conoscenze magiche che sarebbero state troppo avanzate per un mago della sua età.

    Incapace di ricordare qualcosa della Prova, o dell’accordo fatto, Raistlin era convinto che l’ordalia vissuta gli avesse rovinato la salute, e Par-Salian non gli spiegò come stavano invece le cose.

    «Conoscerà la verità soltanto quando arriverà a conoscere la verità su se stesso, ad affrontare e ad ammettere l’oscurità che ha dentro di sé», affermò.

    Nonostante tutta la sua saggezza, tuttavia, nel pronunciare quelle parole Par-Salian non poteva sapere in che modo, alla fine, si sarebbe risolta quella strana e oscura alleanza.*

    *Questa storia viene narrata in L’alba del male (The Soulforge) di Margaret Weis.

    Libro Primo

    1.

    La scelta della tintura.

    Un incontro inatteso

    2o Giorno, Mese di Mishamont, Anno 352 AC

    La città di Palanthas era rimasta sveglia per quasi tutta la notte, impegnata com’era a prepararsi alla guerra. Non c’era panico, perché le antiche dame dell’aristocrazia, alle quali Palanthas poteva essere paragonata, non cedevano mai al panico; piuttosto, sedevano rigide sul loro elaborato seggio intagliato, stringendo in mano un fazzolettino di pizzo e aspettando con il volto sereno e la schiena diritta che qualcuno venisse ad avvisarle se, in caso di guerra, essa sarebbe stata tanto scortese da scombussolare i loro progetti per la cena.

    Correva voce che le forze della temuta Dama Azzurra, la Signora dei Draghi Kitiara, stessero marciando alla volta della città. Esse erano state sconfitte alla Torre del Sommo Chierico, che sorvegliava il passo sulle montagne da cui si scendeva verso Palanthas, ma non essendo abbastanza forte da poter resistere a un altro attacco, il piccolo gruppo di cavalieri e di soldati che aveva difeso la torre dall’assalto iniziale si era lasciato alle spalle la fortezza e le tombe dei caduti, per ritirarsi nei confini della città.

    Che non ne era stata affatto contenta. Se quei militanti cavalieri guerrafondai non fossero entrati fra le sue mura, infatti, Palanthas sarebbe stata lasciata in pace, perché di certo gli eserciti dei draghi non avrebbero osato attaccare un luogo così antico e venerabile. I più saggi, però, sapevano che non era così, e che quasi tutte le altre importanti città di Krynn erano già cadute di fronte alla potenza degli eserciti dei draghi. Adesso gli occhi minacciosi dell’Im­peratore Ariakas erano puntati su Palanthas, sul suo porto, sulle sue navi e sulle sue ricchezze: la città scintillante, gemma di Solamnia, sarebbe stata il più splendido ornamento della sua Corona del Potere.

    Il Signore di Palanthas inviò le sue truppe sui bastioni, i cittadini cercarono riparo nelle loro case sprangando le finestre; negozi e botteghe vennero chiusi e la città ritenne di essersi preparata al peggio, e che se esso fosse giunto, come si era abbattuto su altre città, come Solace e Tarsis, Palanthas sarebbe stata pronta a combattere con valore, perché c’era coraggio nel cuore di quella vecchia, nobile dama, la cui rigida schiena era fatta di acciaio.

    Ma non venne messa alla prova, il peggio non giunse, perché le forze della Dama Azzurra erano state messe in rotta alla Torre del Sommo Chierico ed erano in ritirata. I draghi che quel mattino vennero avvistati mentre volavano alla volta delle mura non erano i temibili draghi rossi che esalavano fiamme o quelli azzurri che emettevano scariche di energia crepitante: il sole del mattino scintillava su scaglie argentee. I draghi d’argento avevano lasciato le loro dimore nelle Isole dei Draghi per venire in difesa di Palanthas.

    O almeno quello era ciò che essi sostenevano.

    Dal momento che la guerra non era giunta, i cittadini di Palanthas lasciarono le loro case, riaprirono le botteghe e si riversarono nelle strade, parlando e discutendo. Il Signore di Palanthas li rassicurò, garantendo che i nuovi draghi erano dalla parte della Luce, che adoravano Paladine e Mishakal e gli altri Dei della Luce, e che avevano acconsentito ad aiutare i Cavalieri di Solamnia, protettori della città.

    Alcuni gli credettero, altri no, e sostennero che non ci si poteva fidare dei draghi, di qualsiasi colore fossero, che essi erano venuti soltanto per indurre nella gente un falso senso di sicurezza e che avrebbero poi attaccato nel cuore della notte, divorandoli tutti nei loro letti.

    «Stolti!» borbottò più di una volta Raistlin, nel farsi largo a fatica fra la folla, o meglio, mentre veniva urtato, sballottato e quasi travolto da un carretto.

    Se avesse indossato le vesti rosse che lo identificavano come mago, la gente di Palanthas lo avrebbe guardato in tralice e lasciato rigorosamente in pace, facendo di tutto per evitarlo; abbigliato invece con la semplice veste grigia di un Esteta della Grande Biblioteca di Palanthas, veniva spinto, pestato e calpestato.

    I palanthiani non amavano i maghi, neppure quelli dalla veste rossa che in quella guerra erano neutrali, o le Vesti Bianche, votate alla Luce. Entrambi quegli Ordini dell’Alta Magia avevano lavorato duramente e fatto sacrifici per ottenere il ritorno dei draghi di metallo ad Ansalon. Il capo del loro ordine, Par-Salian, sapeva che la vista dell’alba primaverile che faceva rilucere ali d’oro e d’argento sarebbe stata come un pugno nello stomaco per l’Imperatore Ariakas, il primo colpo che sarebbe riuscito a penetrare la sua armatura di scaglie di drago. Per tutta la durata della guerra, le ali dei draghi malvagi di Takhisis avevano oscurato i cieli, ma adesso i cieli di Krynn risplendevano di una luce che si andava intensificando, e l’Imperatore e la Regina cominciavano a nutrire dei forti timori.

    Gli abitanti di Palanthas non sapevano che i maghi avevano lavorato per proteggerli, e se pure lo avessero sentito dire, non ci avrebbero creduto, perché a loro parere l’unico mago buono era un mago che vivesse in un posto che non era Palanthas.

    Raistlin Majere non indossava la veste rossa perché essa era chiusa in un fagotto che teneva sotto il braccio, e al suo posto portava la veste grigia «presa a prestito» da uno dei monaci della Grande Biblioteca.

    Presa a prestito. Pensare a quell’espressione gli fece venire in mente Tasslehoff Burrfoot: quel kender dalla mano lesta e dal cuore allegro non «rubava» mai niente, e quando veniva sorpreso con addosso beni sottratti ad altri, sosteneva sempre di aver «preso a prestito» la zuccheriera, di essersi «imbattuto» nel candelabro, o che «stava giusto venendo a restituire» la collana di smeraldi. Nel suo caso, Raistlin si era «imbattuto» nella veste da Esteta che quella mattina si trovava su un letto, ordinatamente ripiegata, e aveva ogni intenzione di restituirla entro un paio di giorni.

    Assorti nelle loro discussioni, i più lo ignoravano mentre avanzava a fatica nelle strade affollate, ma di tanto in tanto qualche cittadino lo fermava per chiedergli cosa ne pensasse Astinus dell’arrivo dei draghi di metallo, i draghi della Luce.

    Raistlin non sapeva cosa ne pensasse Astinus, e neppure gli importava. Tenendo il cappuccio tirato in avanti, per nascondere il fatto che la sua pelle aveva un bagliore dorato sotto la luce del sole, e che le pupille dei suoi occhi avevano la forma di una clessidra, borbottava una scusa di qualche tipo e si affrettava a proseguire, augurandosi acidamente che gli operai che si trovavano dove era diretto stessero effettivamente lavorando, invece di essere sulla strada a spettegolare.

    Stava rimpiangendo di aver pensato a Tasslehoff, perché il ricordo del kender aveva fatto affiorare anche quello dei suoi amici e di suo fratello, o forse avrebbe dovuto dire dei suoi defunti amici e del suo defunto fratello: Tanis Mezzelfo, Tika, Riverwind, Goldmoon e Caramon. Tutti morti. Soltanto lui era sopravvissuto, e questo perché era stato abbastanza furbo da presagire il disastro e da prevedere una via di uscita; ora doveva affrontare il fatto che Caramon e gli altri erano morti e smetterla di essere ossessionato dalla cosa. Mentre si ripeteva che doveva piantarla di pensare a loro, tuttavia, continuava comunque a farlo.

    Fuggendo davanti agli eserciti dei draghi, a Floatsam, lui, suo fratello e i loro amici avevano cercato di lasciare la città imbarcandosi su una nave pirata, la Perechon, ma erano stati inseguiti da un Signore dei Draghi, che era poi risultato essere la sua sorellastra, Kitiara, e il timoniere impazzito aveva deliberatamente diretto l’imbarcazione verso il temuto maelstrom del Mare di Sangue. La nave aveva cominciato ad andare in pezzi, con gli alberi che crollavano e le vele che si laceravano, mentre le onde si abbattevano violente sul ponte, e lui si era trovato davanti a un’alternativa: poteva morire con gli altri, oppure poteva andarsene. La scelta sarebbe apparsa ovvia a chiunque avesse avuto un po’ di cervello… escluso suo fratello. Essendo in possesso del magico Globo dei Draghi che era appartenuto un tempo allo sventurato Re Lorac, si era servito della magia che racchiudeva per salvarsi. Certo, avrebbe potuto prendere con sé i suoi amici e salvarli tutti, o avrebbe almeno potuto salvare suo fratello.

    Dal momento che però aveva appena cominciato a studiare i poteri del Globo dei Draghi, non aveva avuto la certezza che esso avesse la capacità di salvare gli altri, quindi aveva pensato a se stesso… e all’altro. A quell’altro che era sempre con lui, anche ora che si stava facendo largo fra la calca, nelle strade di Palanthas. Un tempo, quell’«altro» era stato una voce che gli sussurrava nella mente, ignota, misteriosa e tormentosa, ma adesso il mistero era stato risolto, e lui poteva abbinare un volto orribile a quella voce priva di corpo, dare un nome a chi gli parlava.

    «La tua decisione è stata logica, giovane mago», commentò Fistandantilus, e con un sogghigno aggiunse: «Il tuo gemello è morto, ma è meglio così. Caramon ti indeboliva, ti impoveriva. Adesso che ti sei liberato di lui, andrai lontano. Ci penserò io».

    «Tu non penserai a niente!» ribatté Raistlin.

    «Prego?» domandò un passante, fermandosi. «Signore, stavi parlando con me?».

    Raistlin borbottò qualcosa e continuò a camminare, ignorando lo sguardo offeso dell’uomo. Era stato costretto ad ascoltare il blaterare di quella voce per tutta la mattina, arrivando ad avere perfino l’impressione di poter vedere lo spettro di quell’arcimago dalla veste nera che lo pedinava, e cominciava amaramente a chiedersi se fosse valsa davvero la pena di stipulare il suo accordo con quel mago malvagio.

    «Senza di me, saresti morto nell’affrontare la Prova nella Torre dell’Alta Magia di Wayreth», gli ricordò Fistandantilus. «Grazie al nostro patto, ne sei uscito abbastanza bene: un po’ della tua vita in cambio del mio sapere e del mio potere».

    Ciò che Raistlin aveva temuto non era stata la morte, ma il fallimento, e quello era il vero motivo del suo accordo con quel vecchio: non avrebbe potuto tollerare di fallire, non avrebbe sopportato di vedere la compassione sul volto del fratello, o di dover dipendere dal suo più forte gemello per il resto dei suoi giorni.

    Il solo pensare a quella sanguisuga di mago non-morto che gli succhiava la vita come fosse stata il succo di una pesca fu sufficiente a causargli un accesso di tosse. Lui era sempre stato fragile e malaticcio, ma il suo patto con Fistandantilus, che aveva permesso allo spirito dell’arcimago di rimanere vivo sul suo oscuro piano di torturata esistenza, e a lui di salvarsi la vita, aveva avuto un prezzo. I suoi polmoni sembravano sempre pieni di lana, dandogli una sensazione soffocamento, e andava soggetto di continuo ad accessi di tosse che lo facevano quasi piegare su se stesso, come gli stava accadendo anche in quel momento.

    Fu costretto a fermarsi e a sorreggersi appoggiandosi a un edificio, mentre si asciugava il sangue dalle labbra con una manica della veste grigia trafugata. Si sentiva più debole del solito, perché utilizzare la magia del Globo dei Draghi per trasportarsi dall’altra parte del continente gli era costato più energie di quanto avesse previsto. Quando era arrivato a Palanthas, quattro giorni prima, era mezzo morto, tanto debole che era crollato sui gradini della Grande Biblioteca, dove i monaci avevano avuto compassione di lui e lo avevano trasportato all’interno. In quel momento si era ripreso almeno in parte, ma ancora non stava bene… non sarebbe stato bene mai più, finché non avesse posto fine a quel suo patto.

    Fistandantilus pareva pensare che avrebbe avuto la sua anima come ricompensa, ma sarebbe rimasto deluso, perché non intendeva consegnargli qualcosa che, in ultima analisi, apparteneva esclusivamente a lui.

    A suo parere Fistandantilus aveva ricavato un notevole vantaggio dall’accordo che aveva stipulato con lui nella Torre, perché stava ancora prosciugando una parte della sua forza vitale per aggrapparsi alla sua miserevole esistenza, ma per quanto lo riguardava loro due erano pari, ed era tempo di troncare l’accordo. L’unico problema era che non sapeva come fare senza che Fistandantilus lo sapesse e lo fermasse. Il vecchio era costantemente in agguato e ascoltava di soppiatto i suoi pensieri, ma ci doveva essere un modo per chiudere la porta e le finestre della sua mente.

    Finalmente si riprese abbastanza da poter riprendere il cammino, e si avviò nuovamente lungo la strada, seguendo le indicazioni fornitegli dai passanti, lasciandosi ben presto alle spalle la parte centrale della Città Vecchia e, con essa, anche la folla, per addentrarsi nella parte in cui erano ubicate le attività lavorative, dove le strade erano note in base al lavoro che vi si svolgeva. Oltrepassò la Via dei Ferramenta, la Strada dei Macellai, il Vicolo della Fiera dei Cavalli e quello dei Gioiellieri, diretto alla strada dove i mercanti di lana avevano le loro botteghe. Ne stava cercando una in particolare quando, lanciando un’occhiata in un vicolo, notò un’insegna contrassegnata dal simbolo di tre lune, una rossa, una argento e una nera. Era un negozio di articoli magici.

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