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Lo scrittore fantasma
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E-book201 pagine2 ore

Lo scrittore fantasma

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Info su questo ebook

Sono passati due anni da quando Francesco ha deciso di essere una sorta di moderno Mattia Pascal: un uomo che scompare dalla circolazione da un giorno all'altro e che crede di poter cancellare il proprio passato facendo finta che non sia mai esistito. Sono passati due anni dall'ultima volta che i suoi occhi azzurri hanno guardato gli occhi azzurri di Vittoria. Sono passati due anni da quando ha assistito al seppellimento della bara di Gabriella in una piccola cappella del cimitero. Ed è proprio in questa cappella che Francesco capisce che il suo passato è ancora vivo. Scrive qualcosa su un foglio del suo inseparabile taccuino e lo strappa, lasciandolo sopra il marmo bianco della tomba. Prende un taxi ma non ritorna a casa. Va in un posto che conosceva bene. Ma qui, qualcosa è cambiato. Anzi, qualcuno. Francesco realizza così che deve pagare il prezzo di ciò che ha fatto. E tra rivelazioni psicologiche, canzoni melodiose, amarezze d'amore e subdole paure, Francesco decide di fare qualcosa che avrebbe dovuto fare tempo fa. Prima che sia troppo tardi.
LinguaItaliano
Data di uscita16 feb 2021
ISBN9791220321716
Lo scrittore fantasma

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    Anteprima del libro

    Lo scrittore fantasma - Giulia Cappello

    633/1941.

    1.

    Cosa stai scrivendo?

    Francesco alzò il capo dal taccuino su cui stava scrivendo, osservando sorpreso una ragazza dai corti capelli corvini sorridergli.

    La ragazza posò un piatto con sopra un muffin con gocce di cioccolato sul tavolino dove lui era seduto.

    Francesco posò la penna, guardando pensieroso il foglio bianco davanti a sé.

    Sinceramente non lo so. Quando inizio a scrivere qualcosa è perché voglio dimenticarne un’altra rispose.

    La ragazza gli rivolse uno sguardo profondo.

    Quindi stai scrivendo qualcosa che non ti faccia pensare a quello che vorresti realmente scrivere? replicò.

    Francesco spostò gli occhi azzurri su di lei, colpito.

    Sì, esatto. Hai capito. È che... se scrivessi quello che realmente vorrei scrivere... soffrirei. Sembra insensato, lo so rispose.

    La ragazza continuò a sorridere.

    Non poi così tanto. Tutti noi ci riempiamo la giornata di cose da fare per evitare il dolore osservò.

    Francesco annuì, ricambiando il sorriso.

    Hai un bel modo di pensare, Serena commentò. Posso farti una domanda?.

    Serena lo guardò sorpresa.

    Sì, certo rispose.

    Francesco ricambiò lo sguardo con attenzione.

    Qual è il tuo sogno? domandò.

    Serena arrossì, stringendosi le mani in un gesto imbarazzato.

    Oh. Wow. Io... è strano, nessuno me l’ha mai chiesto. Davvero vuoi saperlo? replicò.

    Francesco rimase a fissarla per qualche istante.

    Nessuno te lo ha mai chiesto? ripeté. Perché?.

    Serena si strinse nelle spalle.

    Non lo so... penso perché a nessuno è mai interessato saperlo mormorò.

    E a te interessa? chiese Francesco.

    Serena annuì.

    Certo. Ma... proprio perché non interessa a nessuno, a volte mi dimentico che esiste sussurrò.

    Francesco continuò ad osservarla.

    Lo capisco. Ma è il tuo sogno. Non dimenticarlo mai disse. Chiuse il taccuino con delicatezza e sorrise. E comunque, a me interessa. Mi piacerebbe sapere qual è.

    Serena ricambiò il sorriso mentre un uomo la chiamava da un altro tavolo.

    Devo andare, purtroppo. In questo momento mi viene complicato spiegartelo si scusò.

    Francesco annuì.

    Tranquilla, vai. Magari ne riparliamo meglio un’altra volta rispose.

    Serena continuò a sorridere.

    Va bene. Mi farebbe piacere disse.

    Francesco sorrise di nuovo. Continuò a guardarla mentre la ragazza si dirigeva verso il tavolo dove l’avevano chiamata. Prese il taccuino su cui prima aveva iniziato a scrivere e lo aprì. Afferrò la penna e scrisse:

    È così facile scrivere le vite degli altri.

    Riguardò a lungo quelle parole. Poi chiuse il taccuino e mangiò il muffin che ormai si era raffreddato.

    Pioveva leggermente quando salì sul primo taxi che riuscì a bloccare.

    Buongiorno. Direzione? salutò il tassista.

    Francesco chiuse la portiera, guardando il vetro appannato dall’acqua di fronte a sé.

    Cimitero rispose.

    Il tassista attivò il tassametro e partì. Il taxi procedeva lento tra le macchine. Le voci di due deejay alla radio raccontavano di come cucinare dolci senza usare uova.

    Esistono le torte all’acqua, cari ascoltatori! Sono una variante delle nostre solite torte, e invece di prepararle con le uova e il burro, si preparano con acqua e olio. Sono buone e anche facili da preparare se non siete....

    Il tassista staccò di colpo la trasmissione, spostando la radio su un altro canale.

    Tutte queste stronzate sul mangiare. Ormai se ne inventano una al giorno brontolò.

    Francesco continuò a guardare il vetro bagnato riflettere le luci sfocate delle altre macchine. Non disse nulla.

    La musica che riempì l’autovettura gli permise di non dover fare conversazione.

    Quant’è?

    Sette euro.

    Francesco aprì il portafoglio e diede i soldi alla signora davanti a sé. Era bassina e corpulenta, con un paio di occhi color ghiaccio. In cambio gli diede un mazzo di garofani di tutti i colori. E tre rose rosse a parte.

    Stia attento, al cimitero disse la signora mentre posava i soldi in una cassa arrugginita.

    Francesco si fermò a guardarla, sorpreso.

    Perché?.

    La signora lo fissò a lungo.

    È più triste, dopo che ha piovuto.

    Francesco ricambiò lo sguardo senza rispondere.

    La signora si voltò verso il bancone e prese una sigaretta. La accese.

    Posso farle una domanda? domandò Francesco dopo qualche istante.

    La donna annuì guardandolo incuriosita.

    Perché fa questo lavoro?.

    La signora aspirò abbondantemente.

    Beh, perché ho sposato mio marito e lui ha sempre fatto questo lavoro. Io l’ho conosciuto proprio qui, quando ero ragazzina. Ogni giorno andavo al cimitero con mia mamma per andare a trovare mio padre. Era muratore ed è morto mentre costruiva la parete esterna di un palazzo. Mio marito lavorava qui con suo padre ed io e mia madre andavamo da loro a comprare i fiori. Una mattina, avevo all’incirca sedici anni, mio marito mi seguì dentro il cimitero. Io ero andata da sola perché mia madre era con mia nonna a fare commissioni. Mi sedetti davanti la tomba di mio padre come tutti i giorni e cominciai a pregare, quando vidi questo ragazzo che mi fissava da lontano. Mi spaventai. Mi alzai e cercai di andarmene il più in fretta possibile, ma lui mi fermò. Mi disse che mi era caduta una rosa. Non era vero. Quel giorno non avevo comprato fiori. Lui però era lì, la teneva in mano, e me la porse. Gli dissi grazie, ma che non era mia. E lui mi disse: No, questa rosa è tua. È proprio tua. È tua e di nessun’altro. Mi diede la rosa e se ne andò. Rimasi lì, ferma, in mezzo al cimitero, con quella rosa in mano. Era la prima volta che qualcuno mi regalava una rosa. Era la prima volta che pensai che anche io, anche io che ero viva, meritavo un fiore. E da allora... beh, da allora mio marito mi ha ricordato che molte persone meritano un fiore nella vita, e non soltanto nella morte.

    Francesco rimase immobile, continuando ad osservarla.

    Lei porta spesso i fiori di suo marito nella sua tomba? domandò piano.

    La signora sorrise, espirando un pò di fumo di ciò che restava della sigaretta.

    Ogni tanto. Non credo che faccia così tanta differenza. Lui mi diceva che i morti non se ne fanno niente dei nostri fiori, ormai che non ci sono più. È da vivi che dovremmo regalarglieli. Buttò la cicca della sigaretta in un posacenere lì vicino. E per fortuna quando era vivo gliene ho regalati abbastanza.

    Abbastanza in che senso? chiese Francesco.

    Abbastanza da ricordargli di essere vivo rispose la signora.

    Francesco sorrise amaramente. Alzò il braccio e guardò i fiori che risplendevano colorati e ordinati davanti a sé.

    Non ho mai dato abbastanza fiori alle persone a cui sto portando questi, quando erano in vita. Anzi, gliene ho dati veramente pochi. Chiuse gli occhi per un istante, prendendo fiato. Li riaprì. È ipocrita che io adesso vada da loro e glieli dia, adesso che non ha più senso. Avrei dovuto farlo prima, come diceva suo marito.

    La signora sorrise di nuovo, con sguardo pieno di comprensione.

    È quello che mi dicevo anche io quando andavo alla tomba di mio padre tutti i giorni. Pensavo a tutte le volte che non lo avevo sopportato, a tutte le volte che lo avevo criticato. Ma quando venivo qui, con quei fiori in mano, era come se gli chiedessi scusa per tutto quello che non avevo fatto con lui quando era vivo. È questo quello che ci fa soffrire, quando veniamo qui. Non è la morte. Non è il silenzio. È tutto il tempo sprecato. Tutte le emozioni mancate. Tutto quello che non possiamo più fare con loro, per loro. È il rimpianto, come sempre. E siamo noi che chiediamo scusa, con quei fiori, con le nostre preghiere. Siamo noi che abbiamo bisogno di essere perdonati. A loro non cambia nulla. Non più ormai disse.

    Francesco annuì, stringendo i denti. Una lacrima solitaria scese dai suoi occhi azzurri. Fece un cenno di saluto e si voltò verso un grande cancello nero, aperto a metà.

    Stava per iniziare a camminare quando la signora parlò di nuovo:

    Se non fossi andata tutti i giorni da mio padre a portargli quei fiori, pensando che era troppo tardi, non avrei mai conosciuto mio marito. Non lo avrei mai amato e non sarebbero nati i nostri tre figli. Un gesto d’amore può sembrare inutile quando è troppo tardi, ma non lo è. Non è mai inutile.

    Francesco rimase fermo qualche istante a guardare il cancello nero davanti a sé. Si voltò verso la signora e sorrise. Lei lo guardò con dolcezza. Si voltò di nuovo e sotto il rumore di un tuono cominciò a camminare verso il cimitero.

    Non pioveva quando arrivò alle tombe. Dentro il vaso della prima tomba vi erano dei gigli bianchi non ancora appassiti, un pò piegati dalla pioggia precedente, e una rosa. Francesco si inginocchiò e li spostò, inserendo alcuni dei suoi garofani. Prese per ultimo la rosa e la sistemò accanto a quella che già era lì. Il loro rosso riluceva forte a contrasto coi gigli bianchi.

    Guardò per qualche attimo la tomba, poi si voltò verso quella accanto. Dentro il vaso vi erano sempre dei gigli, stavolta rosa, e un’altra rosa. Posò i suoi garofani e la sua rosa anche lì e riprese a camminare. A qualche metro di distanza vide una piccola cappella. Si fermò. Inspirò abbondantemente e si avvicinò.

    All’interno c’era una tomba bianca con una elegante lastra intarsiata. Sopra di essa un busto di donna con lunghi e morbidi capelli ricci sorrideva ad occhi chiusi. Sotto la statua vi era scolpita una tavolozza.

    Francesco si inginocchiò e sfiorò la lastra bianca. Il marmo era congelato e leggermente umido. Strinse i denti e socchiuse gli occhi. Lacrime silenziose scesero dal suo viso. Prese gli ultimi garofani rimasti e li poggiò dentro il vaso, che conteneva altri garofani colorati e un’altra rosa. Inserì accanto ad essa la sua. Si sedette sulla panchina di fronte la tomba mentre un altro tuono rimbombava. Alcune gocce di pioggia cominciarono a scendere rapidamente.

    Francesco rimase a guardare il busto in silenzio. Lesse mentalmente le parole della lastra bianca.

    GABRIELLA ROMANI

    NATA 20/2/1985

    MORTA 2/5/2017

    I am certain of nothing but the holiness of the heart’s affections, and the truth of imagination.

    J.Keats

    Un altro tuono esplose. Prese il taccuino dalla tasca con all’interno la penna e lo aprì. Voltò pagina e scrisse:

    Sarebbe bello

    Se ogni tanto

    Non fosse tutto

    Così ridicolo.

    Strappò il foglio e si alzò. Lo posizionò accanto al busto e se ne andò, sotto la pioggia battente.

    In un altro taxi, il tassista era una donna che non aveva aperto bocca.

    Francesco chiuse gli occhi. La radio stava trasmettendo l’oroscopo mentre la pioggia colpiva delicatamente il tettuccio del veicolo.

    Pesci: settimana intensa, lavoro un pò altalenante ma potrebbero esserci cambiamenti inaspettati, in amore periodo un pò piatto. Ariete: settimana stressante....

    La donna cambiò stazione e una musica jazz invase l’auto.

    Francesco aprì gli occhi di colpo e disse: No.

    La tassista lo guardò dallo specchietto retrovisore con curiosità.

    Voleva sentire l’oroscopo? domandò, premendo di nuovo la stazione precedente. La voce stava descrivendo il segno del Toro.

    Francesco abbassò lo sguardo sulle sue mani.

    Non importa. Grazie comunque mormorò.

    La tassista tornò alla stazione con musica jazz.

    Sono anche io dell’Ariete e le posso dire che è un periodo di merda senza nemmeno ascoltare l’oroscopo commentò.

    Francesco sorrise.

    Io non sono dell’Ariete disse.

    La tassista gli lanciò un’occhiata sorpresa.

    Ma come? Allora perché voleva ascoltare l’oroscopo di questo segno? chiese.

    Francesco guardò fuori dal finestrino con aria malinconica.

    Perché... ho un’amica che è di questo segno rispose a voce bassa.

    La tassista girò su una strada laterale. Francesco intravide un sorriso dallo specchietto.

    Anni fa leggevo l’oroscopo di un uomo di cui sono stata innamorata. Non potevo vederlo sempre e non sapendo come gli andasse la giornata, leggevo il suo oroscopo. Era il mio modo di sentirlo più vicino.

    Francesco notò che i suoi occhi erano diventati un pò lucidi.

    Mi interessava ovviamente la parte dell’amore. Volevo sapere come era la sua vita amorosa e se c’erano cambiamenti importanti in arrivo. E lo confrontavo con il mio.

    Si fermarono ad un semaforo rosso. La tassista guardò fuori con sguardo lontano.

    Tempi andati. Vorrei avere ancora quella leggerezza commentò.

    Francesco rimase in silenzio per qualche attimo.

    Posso chiederle perché non potevate vedervi sempre? domandò.

    La donna lo guardò di nuovo dallo specchietto.

    Non lo immagina? Mi guardi, non sono stata al mare tutto il giorno rispose indicandosi.

    Francesco osservò il colore della sua carnagione.

    Era un uomo bianco constatò.

    La tassista annuì.

    E sopratutto ricco. Io adesso ho un taxi e riesco a mantenere gli studi di mia figlia, ma anni fa... beh, ho fatto tanti lavori, alcuni anche pesanti. Non pensi male, non ho mai aperto le gambe o la bocca se non per chi volevo davvero disse.

    Francesco sorrise.

    Per me poteva anche averlo fatto, non l’avrei giudicata. È la sua vita. E immagino che probabilmente in questo taxi salgono anche uomini che credono che lei sia a loro disposizione rispose.

    Il taxi ripartì dolcemente

    Sì, mi capita. Ma anche le donne non scherzano. Loro sono anche più sprezzanti o più ambigue degli uomini, a volte. E poi si parla di femminismo, di aiutarci l’un l’altra. Di essere tutti uguali. Stronzate. L’uomo di cui le parlavo prima andava a letto con me ma si è sposato con una bianca ricca come lui. E crede che a quella bianca ricca interessano i miei diritti perché siamo entrambi donne? Quelle come lei quando entrano nel mio taxi sono sempre al telefono a parlare di lavoro o a chiedere alla tata di tenere i figli o di vedersi con le amiche in qualche posto dove una bottiglia d’acqua costa cinque euro. Devono dimostrare chi sono loro, costantemente. Sa, si parla sempre più spesso di solidarietà femminile contro certi tipi di uomini che fanno cose orribili a noi donne, ed è una cosa sacrosanta. Ma, e mi dispiace dirlo, mi accorgo che in troppe situazioni il nemico di una donna non è un uomo ma un’altra donna.

    Francesco annuì con un leggero sorriso.

    "Si vede che lei

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