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Il Profeta
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E-book251 pagine3 ore

Il Profeta

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Info su questo ebook

Non posso salvarmi dal Monastero, e forse non sarò mai in grado di farlo. Il Profeta diventa sempre più pericoloso. Dalla sua lucida follia gronda sangue innocente e, se non presto la massima attenzione, prima o poi quel sangue sarà anche il mio. Nonostante i rischi sempre maggiori, continuo a cercare la verità, ma ho paura che quel cammino tortuoso alla fine possa ritorcersi contro Adam, i cui occhi scuri traboccano di sensi di colpa. So che in lui c’è molto più di un mostro senza cuore, ho intravisto la sua anima, ma a volte è così difficile raggiungerla. Quando sono venuta qui, sapevo che avrei dovuto combattere, solo non mi ero resa conto che avrei dovuto portare avanti quella guerra su svariati fronti.


Secondo capitolo della trilogia (finale aperto). Il romanzo rientra nel genere dark. Alcune scene e descrizioni possono urtare la sensibilità del lettore.
LinguaItaliano
Data di uscita8 mar 2021
ISBN9788855312684
Il Profeta
Autore

Celia Aaron

Celia Aaron is the self-publishing pseudonym of a published romance and erotica author. Dark to light, angsty to funny, real to fantasy--if it's hot and strikes her fancy, she writes it. Thanks for reading. Sign up for my newsletter at aaronerotica.com to get information on new releases. (I would never spam you or sell your info, just send you book news and goodies sometimes). ;) You can find me on: Twitter: @AaronErotica Facebook: facebook.com/aaronerotica Instagram: celia_aaron

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    Anteprima del libro

    Il Profeta - Celia Aaron

    Capitolo 1

    Delilah

    Un’altra goccia d’acqua. Sussulto.

    Goccia. Goccia. Goccia.

    Voci. Suoni lontani di voci umane, ma nessuna di esse ha senso. Soprattutto perché so che i proprietari di quelle voci non sono affatto umani, ma dei mostri.

    Goccia.

    So che la gocciolina arriverà. Scatto di nuovo.

    Da quanto sono qui? Questo posto è senza tempo, almeno, non un tempo che posso contare. Devo essere qui da almeno un giorno, forse due. Mi sono pisciata addosso più volte di quelle che ricordo, ma almeno non ho fatto l’altra cosa... ancora.

    Ho mani e piedi legati, la testa fissata al tavolo con una cinghia e in bocca mi hanno infilato un bavaglio, collegato a una catena tesa. O, almeno, credo sia una catena. L’ho vista prima che spegnessero la luce, prima che mi lasciassero in un buio così completo che mi domando se non sono stata sepolta viva.

    Non riesco a voltare la testa. È posizionata in modo preciso, per ricevere le gocce d’acqua. La parte posteriore del cranio è diventata insensibile da un pezzo, e chissà se sarà piatta quando uscirò da qui. Se uscirò da qui.

    Goccia.

    «Vaffanculo!» grido da sotto il bavaglio, ma il suono non va da nessuna parte. Proprio come me. L’unico movimento in questa stanza è quello delle gocce costanti, che mi martellano il centro della fronte, per scivolare poi lungo le tempie e riempirmi le orecchie, prima di rotolare tra i capelli umidi.

    Serro gli occhi, ma, quando lo faccio, vedo lui. Adam. Mi ha catturata e portata in questa camera delle torture. Non so cosa sia successo alle altre che hanno cercato di scappare, e non riesco a smettere di pensare a quello che accadrà a me.

    Goccia.

    Adam appare di nuovo: mi sbatte sul retro di un furgone bianco e mi tiene stretta in una morsa di ferro, mentre un altro tizio guida attraverso il Recinto.

    «Ti faranno del male.» Strano che il suo sussurro suoni gentile persino mentre mi tiene imprigionata con crudele facilità. «Ma non lasciare che ti spezzino. Promettimi che non lo farai. Non permettere loro di ridurti a una nullità.» Con un sospiro, mi stringe a sé. «Ti avrei lasciata andare, Agnellino. Se fossi stato da solo nel bosco, ti avrei lasciata andare. Anche se lo avrei rimpianto. Anche se mi avrebbe ucciso come un milione di piccoli tagli.»

    Tremo mentre il furgone mi trascina verso un destino ancora più oscuro. La mia voce si è come congelata in gola e riesco a malapena a comprendere le sue parole, figurarsi a rispondere.

    «Ti aspetterò.» Mi bacia i capelli quando ci fermiamo di fronte a un anonimo edificio in calcestruzzo, senza finestre e, come scoprirò in seguito, senza speranza. Adam rimane in piedi all’ingresso, e qualcuno mi afferra da dietro per trascinarmi in questo nuovo inferno, mentre grido e scalcio.

    Da allora, sono rinchiusa qui. Niente cibo. Niente acqua, a parte le sporadiche gocce dall’alto che, di tanto in tanto, riescono a passare oltre la palla del bavaglio – o forse, quelle sono intenzionali. Quanto può durare un essere umano senz’acqua? Sembra una di quelle cose che avrei dovuto imparare all’università. Forse l’ho fatto e me ne sono dimenticata.

    Provo a dormire, per fare in modo che questo luogo da incubo si dissolva.

    Goccia.

    Ogni schizzo gelato mi fa svegliare di soprassalto.

    Adam. Vedo il suo volto. Ho dei flashback diversi ogni volta che riprendo conoscenza. La prima volta che l’ho visto, la notte del falò, il modo in cui i suoi occhi scuri mi hanno assaporato, prendendo molto più di quello che ero pronta a offrire. Il peso del suo corpo su di me. La sensazione delle sue labbra sulla pelle. L’accenno dell’uomo celato sotto il mostro.

    Goccia.

    Ma solo un mostro avrebbe potuto condurmi in questo luogo oscuro. Sono stata una stupida a pensare che lui potesse essere qualcosa di diverso da quello che è: il figlio del Profeta. Per lui sono solo un agnello sacrificale. Nulla di più. "Dove credi di andare, Agnellino." La sua voce si insinua nelle mie orecchie, e mi sforzo di guardare nell’oscurità che mi circonda. Ma lui non è qui.

    Un grido squarcia il silenzio e poi muore. Suoni di agonia vanno e vengono, come i moscerini estivi che si appoggiano, ti pizzicano e poi volano via.

    I miei pensieri corrono e inciampano, per poi cadere a picco nella disperazione. Flash di ricordi mi colpiscono, come tizzoni che prendono fuoco nella mia mente. Eve è stata presa prima di me. Susannah era intrappolata in cima alla recinzione, con gli spunzoni che le si conficcavano nella carne mentre lottava. Ma forse Sarah ce l’ha fatta. E anche Chastity. Era quasi arrivata in cima quando Adam mi ha trovata, strappandomi a forza dalla libertà. Una fiamma di speranza prende vita finché... goccia. E quella fiammella arancione crepita e si estingue sotto il peso schiacciante dell’acqua.

    Mi abbandono alla corrente di un mare infinito, dove il sonno è appena oltre l’onda successiva. Ma non ci arrivo mai. Per quanto il languido oceano mi plachi e mi prometta riposo, non riesce a concedermelo. Non qui, in questa oscurità soffocante, con la presenza costante delle gocce d’acqua. E chi lo sapeva che qualcosa di così semplice potesse far impazzire una persona? Una risata secca mi si conficca in gola mentre considero l’idea di scrivere una lettera dai toni forti, indirizzata ai Ministeri della Città Celeste, riguardo ai loro metodi di tortura. Il riso soffocato si scioglie in pianto, ma non so dire se l’umidità nei miei occhi siano lacrime o gocce... gocce... gocce.

    Tirare le catene è inutile, ma ogni tanto lo faccio, solo per risvegliare appena gli arti insensibili. La parte superiore del braccio mi fa male nel punto in cui ho estratto il microchip. Ma mi trasmette anche una strana sensazione, come se l’avessero ricucito. Non ricordo cos’è successo subito dopo che mi hanno trascinata qui dentro. Ricordo solo questa stanza, e questo spazio vuoto e nero.

    Mi chiedo se ora ci sia un microchip nuovo di zecca, nel mio braccio. Non che ne abbiano bisogno. Sono in Canonica e non ne uscirò più.

    Altri rumori. Forse dei passi? Mi tendo con sforzo verso il suono, sperando in una sospensione della pena. Forse Adam, finalmente, viene a prendermi!

    Qualcosa cigola e una luce filtra nella stanza.

    Sbatto gli occhi più e più volte; la vista mi duole mentre si adegua alla nuova semi oscurità.

    «Prendetela.» La voce di una donna.

    Mani rudi mi afferrano i polsi, e sospiro quando i ceppi vengono allentati. I muscoli mi dolgono mentre qualcuno mi trascina a sedere. Con il viso nell’ombra, la Filatrice Capo, Grace, mi slega le gambe e qualcun altro rimuove il bavaglio. Mi lecco le labbra e la lingua sembra carta vetrata. Asciugo l’acqua che cola sulle tempie e sulle orecchie e la succhio dalle dita. Niente ha mai avuto un sapore così dolce, ne sono certa.

    Con uno strattone, vengo tirata giù dal letto e trascinata in corridoio; sotto i miei piedi, il pavimento di cemento è freddo e bagnato. Grace mi afferra l’altro braccio e le due Filatrici mi costringono a marciare di fronte ad altre stanze, le cui porte chiuse celano misteri su cui non posso indagare. Riesco a malapena a tenere la testa alzata e i piedi sembrano aver dimenticato come debbano funzionare.

    Alle Filatrici non dispiace quando inciampo, mi trascinano finché non raggiungiamo una porta alla fine del corridoio. Mi conducono dentro una stanza e mi lasciano cadere in un mucchietto informe ai piedi del Profeta. Un tappeto logoro mi separa dal gelido pavimento di cemento, mentre il Profeta siede su una sedia imbottita, dal tessuto di un acceso rosso scuro. Lo guardo con gli occhi socchiusi. Lui mi rivolge un sorriso benevolo e liquida le Filatrici con un cenno della mano. Quando escono, chiudono la porta dietro di loro.

    «Mia cara bambina.» Si allunga e mi solleva il mento con dolcezza, così che sono costretta a guardarlo negli occhi. «Cosa ti hanno fatto?» Mi esamina il volto, poi lascia cadere lo sguardo altrove. Un’espressione sconcertata gli striscia tra le pieghe della bocca. «Grace!» Il suo grido mi fa sobbalzare.

    La porta si apre alle mie spalle. «Sì, Profeta?»

    «Non ti ho detto di trattare questa fragile figlia di Dio come una femmina sacra?» le ringhia contro.

    «Sì, Profeta.»

    «Portale immediatamente acqua e cibo!»

    È una farsa. Deve esserlo per forza. Lui sa bene cosa accade in questo luogo. È lui che mi ci ha messa. Potrebbe liberarmi, se lo volesse.

    «Sì, Profeta.»

    Pochi secondi dopo, Grace appoggia un vassoio accanto a me, sul tappeto lercio. Frutta, acqua, piccoli tramezzini tagliati a triangolo; è tutto lì a tentarmi. E funziona. Non riesco a fare a meno di allungarmi verso il vassoio, nonostante sappia che il cibo è avvelenato.

    «Tu sei benedetta tra tutte le Ancelle, Delilah. Prescelta. Preziosa. Favorita tra tutte le altre.» Mi accarezza i capelli mentre prendo un bicchiere d’acqua e bevo con avidità. «Non tutta in una volta.» Posa una mano alla base del bicchiere. «Non vogliamo che tu stia male. Prova con dell’uva.»

    Prendo un acino. So che è drogato. So che tutto questo è solo un’enorme trappola. Ma sono così affamata che non m’importa. Il mio corpo non mi permette di resistere. Divoro un grappolo intero, poi bevo altra acqua, mentre il Profeta continua ad accarezzarmi i capelli.

    «Conosco il tuo cuore, mia preziosa creatura. So che non avresti mai lasciato la sicurezza del Monastero, se non fosse stato per il serpente che cercava di traviarti.»

    Bevo ancora e mangio un tramezzino. Ho come la sensazione che dentro ci sia un arcobaleno, non lo vedo, ma ne sento l’energia. A ogni boccone, mi riempio di colori.

    «Lei verrà punita e ripulita, finché il serpente non dimorerà più nel suo cuore.» Mi rivolge un sorriso e non posso fare a meno di ricambiare.

    «Sei al sicuro, Delilah. Ti proteggerò da tutti i mali. Il Signore ti ha portata a me come un dono benedetto e, come tale, ti custodirò.»

    Annuisco, perché quello che dice è vero. La luce che ricopre le sue dita mi rivela che lui è un vero Profeta. E il cibo stesso mi illumina. E tutto questo grazie a lui.

    «Grazie, Profeta.» Appoggio il capo sul suo grembo, mentre lui mi accarezza la schiena.

    «Sei sul cammino giusto.» Mi spinge in bocca un altro acino d’uva e le sue dita indugiano sulle mie labbra crepate. «Il Signore è molto soddisfatto di te.»

    «È solo grazie a te.» L’uva pare danzare sul piatto, vibrando di energia positiva. Ne afferro un’altra manciata, gelosa di come gli acini ondeggiano e brillano.

    «Ora devo andare, mia cara.» Si alza e io gli afferro la mano. «Ma tornerò presto per controllare come stai.» Si china per baciarmi il capo.

    «Rimani» lo imploro, cercando di afferrargli la gamba dei pantaloni.

    «Presto, figlia mia. Ci vedremo molto presto.» Se ne va, portandosi via l’ardente energia.

    Appena esce, la luce pare smorzarsi e vorrei seguirlo, ma sono come ancorata al tappeto. Non so per quanto tempo rimango lì a pensare a lui, prima che la porta si apra.

    Grace entra insieme a un’altra Filatrice, entrambe coi manganelli in mano.

    Le mie grida sembrano fuoriuscire dalla bocca di qualcun altro, mentre mi trascinano di nuovo all’interno di un’oscurità senza fine.

    Capitolo 2

    Adam

    Tre giorni. È lì dentro da tre giorni interi e nessuno mi dice un cazzo di niente.

    «Mi stai ascoltando, figliolo?» Mio padre chiude con uno scatto l’accendino e tira una boccata profonda dalla sigaretta.

    «Sì.» Cerco di rilassare le spalle e assumere un’aria disinvolta. «Le Ancelle si stanno rimettendo in riga.»

    «Esatto.» Lascia quella parola sospesa per aria. «Ma.» Sembra quasi uno sparo. «Dobbiamo discutere di Craig. In quanto Protettore di Sarah, è lui il responsabile per quello che è successo. Stiamo punendo le Ancelle, ma è arrivato anche per lui il momento di affrontare le conseguenze.»

    Finalmente, io e mio padre siamo d’accordo su qualcosa. Craig è un cazzo di animale e, come tale, meriterebbe di essere abbattuto.

    «Cos’avevi in mente?» Io ho un sacco di idee.

    «La frusta non è abbastanza, ma la croce è troppo severa.» Batte le nocche sulla scrivania.

    «Il fiume?» domanda Noah con voce esitante, mentre suggerisce la tortura.

    Mio padre sorride. «Credo sia proprio quello che gli ci vuole.» Si volta verso di me. «Dobbiamo discutere anche della tua punizione, Adam.»

    Non reagisco. Immaginavo che mi avrebbe sottoposto a un altro giro di frustate. Se un’Ancella disobbedisce e, soprattutto, se arriva a tentare la fuga, il suo Protettore viene punito. Agli occhi di mio padre è come se non stessimo facendo il nostro lavoro. Le ragazze dovrebbero già essere spezzate, oramai, senza altro anelito se non quello di servire il Profeta.

    «Anche io subirò la tortura dell’annegamento?» Sostengo il suo sguardo di ghiaccio.

    «All’inizio, pensavo che le frustate sarebbero state la cosa migliore per te.» Tira un’altra boccata di fumo. «Ma poi mi sono reso conto che ti serve qualcosa di più.»

    «Aghi di bambù sotto le unghie? Magari, ratti che mi rosicchiano le dita dei piedi e delle mani?» Spero sia uno di questi. Qualsiasi cosa intenda fare per punirmi, voglio che la faccia a me. Ma lo scintillio nel suo sguardo mi dice che non andrà in questo modo.

    «Portatela qui!» La sua voce fende l’aria nella stanza.

    Castro spinge le porte dell’ufficio e fa entrare mia madre. Io e Noah scattiamo in piedi.

    Noah comincia: «Papà, non puoi...»

    «Siediti, perdio, Noah!» Il suo ruggito intimorisce mio fratello, ma non me.

    Lo fisso con sguardo irremovibile «Questo non riguarda lei.»

    «Tutto ciò che ha a che fare con voi riguarda lei.» Mio padre schiocca le dita e mia madre zoppica verso di lui, lanciandomi uno sguardo di supplica mentre procede. Non vuole che io interferisca. Come sempre, cerca di proteggermi. Una gamba rotta e molteplici lividi e cicatrici non l’hanno mai fermata dal tentare di tenere me e Noah al sicuro.

    «No.» Stringo i pugni e faccio un passo verso la scrivania.

    Sento qualcosa d’acciaio premere sulla nuca.

    Mio padre sogghigna. «Se fa una mossa, premi il grilletto.»

    «Sì, signore.» Castro spinge ancora di più la bocca della pistola contro la mia pelle e mi afferra per la spalla con la mano libera, spingendomi a sedere sulla sedia.

    Mi infilo le unghie nel palmo. «Castro. Te lo giuro. Un giorno farò colare il tuo lurido sangue caldo sulle mie mani. E non vedo l’ora.»

    «Staremo a vedere.» Fa ancora l’impertinente, ma presto mi assicurerò di fargli esalare l’ultimo respiro.

    «Rachel, amore mio.» Mio padre le afferra la mano e la tira verso di sé.

    Noah si agita e Castro dà un calcio alla gamba della sua sedia. «Muoviti e ti faccio saltare il cervello.»

    «Profeta.» Rachel non lo guarda negli occhi.

    «Ti sono mancato?»

    «Mi manca mio marito, sì.» Le sue parole sono dure, nonostante lui abbia provato infinite volte a spezzare la sua volontà.

    «Ti andrebbe di dimostrarlo?» Tira un’altra boccata di sigaretta e le soffia il fumo in faccia.

    «Come?»

    «Se stai dicendo la verità, non ti accadrà nulla. Ma se non sei in assoluta obbedienza, mi dispiace, sentirai molto dolore.» Le afferra un braccio e tira su la manica della camicia bianca.

    Lei non si muove. Quando lui le preme la sigaretta accesa sulla carne, nella parte inferiore del braccio, mia madre emette un flebile suono, deglutendo.

    La presa di Castro sulla mia spalla si intensifica. Com’è possibile? Di tutte le cose che mio padre ha commesso in sua presenza, questa gli ha dato fastidio?

    «Oh, Rachel.» Sposta la sigaretta ed emette un suono di disappunto. «Quindi stavi mentendo. Non ti sono mancato e non sei in assoluta obbedienza. Ecco perché hai sentito dolore. Ma tesoro...» cerca di assumere un’espressione costernata, senza riuscirci. Il suo godimento sadico di fronte al dolore umano è troppo estremo. «... Sai che questo ferisce molto più me che te.»

    Sarei in grado di afferrare la pistola di Castro prima che lui prema il grilletto? Sarei capace di uccidere lui e poi mio padre senza attirare altri Protettori? La mia mente frulla nel tentativo disperato di risolvere questo dilemma. Nel frattempo, mia madre rabbrividisce; l’odore della carne bruciata impregna l’aria, mentre mio padre la marchia, più e più volte. Noah stringe i braccioli della sedia fino a far diventare bianche le nocche, e io non posso fare altro che guardare.

    Da anni, sono consapevole che prima o poi avrei ucciso mio padre, ma solo ora comprendo quanto sia imminente quel momento. L’ultima volta che ha torturato mia madre, ero troppo giovane e troppo scioccato per poter fare qualcosa. Lei ancora si trascina dietro la gamba zoppa, a causa di una frattura non curata. E, quando ha lasciato morire Faith, ero troppo perso nel dolore per sfogare la mia rabbia. Ma questa volta è diverso. Ora so quello che devo fare, per mia madre, per Noah, per Faith e Delilah.

    E lo farò, molto presto.

    La Canonica è buia e ci sono guardie all’ingresso con fucili d’assalto. Mi aggiro furtivo tra gli alberi vicini, con i sensi sintonizzati sull’edificio scuro in cui Delilah sta soffrendo. Tre giorni e tre notti di tormenti. Cazzo.

    Mi appoggio a un vecchio pino, mentre qualcosa si muove velocemente tra gli arbusti, a circa una decina di metri da me. La luna fa capolino dalle nuvole che si spostano rapide, poi sparisce di nuovo, portando la luce via con sé.

    Provare a salvarla non è un’opzione. Non con le guardie armate e tutti in estrema allerta. Sebbene non sia la prima volta, quest’ultimo tentativo di fuga delle Ancelle è stato l’unico a essere andato quasi a buon fine. Ci sono molti più uomini a guardia del Recinto, adesso,

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