La vita delle persone tenui
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La vita delle persone tenui - Andrea von Felten
Andrea von Felten
LA VITA DELLE PERSONE TENUI
Elison Publishing
© 2021 Elison Publishing
Tutti i diritti sono riservati
www.elisonpublishing.com
ISBN 9788869632709
CAPITOLO I
Quel venerdì mattina uscii di casa alla solita ora. La città si stava mettendo in moto, via XXII Luglio era piena di traffico ma aveva piovuto e l’aria era comunque fresca e sapeva ancora di pulito. Un passante mi urtò e proseguì per la sua strada senza battere ciglio, lo guardai un paio di secondi poi mi girai e continuai per la mia. Il traffico del centro storico strisciava sui cubetti di porfido a passo d’uomo facendo rimbombare di un cupo muggito le pareti alte e strette della vecchia strada. Il mio umore era un misto di aspettative sul lavoro e disappunto indotto dall’atmosfera autunnale. Ricordai che da ragazzo, durante alcuni lavori stradali erano emersi degli scheletri davanti ad una chiesa più avanti, erano marroni di fango bagnato. Guardai uno spicchio di cielo, Il dolce ottobre di Parma se n’era già andato e ormai eravamo entrati in quell’inverno umido e grigio che la città si regala tutti gli anni. Entrai nel bar all’angolo. Ero preda di una certa inquietudine e quattro chiacchiere con il barista mi avrebbero aiutato a superare il momento di nervosismo che si presenta tutte le volte che devo concludere un contratto con un cliente in videoconferenza.
Anche se di solito non facevo colazione lì, conoscevo di vista i soliti tre o quattro clienti che a quell’ora frequentavano il locale. Mi accomodai su uno sgabello, non trovai il giornale al solito posto e mi voltai per cercarlo. Fui colpito da un personaggio che non avevo mai visto prima. Una donna tra i 40 e i 45 anni, capelli neri, rossetto rosso, abito elegante, con un foulard forse fuori moda. Leggeva la gazzetta. Rimasi a guardarla e Matteo il barista se ne accorse.
«È il terzo giorno che viene, non parla molto, si legge la Gazzetta dall’inizio alla fine, sembra che sia molto interessata alla cronaca locale.»
Io abbozzai. Forse la stavo fissando come un marpione ed ero stato beccato ma non commentai. Fissando la tazza di caffè americano e dimenticando il mio proposito di scambiare due battute cominciai a ripassare a mente gli elementi della negoziazione. Inutile cercare di chiacchierare con Matteo, ero già entrato in modalità lavoro. Lui forse se ne accorse e mi lasciò sospirando. La donna voltò rumorosamente la pagina ed io alzai ancora lo sguardo su di lei. Levò gli occhi dal giornale e incrociò il mio sguardo, erano di un nero profondo. Sorrisi cortesemente ma fu come se fossi trasparente; sembrava guardasse in un vuoto visibile solo a lei. Poi, come se si risvegliasse da un sogno ad occhi aperti, mi notò. Mi fissò per un secondo con uno sguardo triste, quasi commosso.
Mi sentii a disagio, come quando si incrociano certi sguardi senza nome al cimitero, luci di dolori sconosciuti. Lentamente abbassò gli occhi e si rimise leggere il giornale.
Turbato da quell’immagine enigmatica finii il caffè e pagai Matteo poi uscii. Il telefono vibrò nella mia tasca. Un collega, Pietro, mi ricordava di portare una bottiglia adeguata per la cena fra amici che quella sera si sarebbe svolta in una casa in campagna. Chiamai la mia enoteca di fiducia e mi feci riservare un Bordeaux che sicuramente l’organizzatore della cena non avrebbe apprezzato a sufficienza, ma che avrebbe fatto bella figura con i formaggi che la padrona di casa metteva sempre in tavola. Il cielo tuonò e affrettai il passo. Svoltai in via Repubblica e dopo qualche centinaio di metri entrai nell’ampio cortile di un palazzo in stile rinascimentale da poco ristrutturato e adibito a uffici.
Nel cortile incontrai Santi, il mio datore di lavoro che fumava. Sembrava non aver dormito molto. Possibile. Girava voce che i rapporti tra lui e sua moglie non fossero più dei migliori. Era appassionato di trekking oltre che di lavoro; aveva una casa sull’appennino, la moglie preferiva il circolo sportivo fuori città e la vita mondana.
Dopo venti anni di matrimonio, la liste delle cose in comune era andata assottigliandosi e i nodi stavano venendo al pettine.
Una volta ero stato con lui a camminare sul monte Caio, nell’Appennino tosco-emiliano. Se da un lato avevo apprezzato l’invito e la camminata era stata piacevole, mi ero reso conto che lo schema datore di lavoro/dipendente non funzionava fuori dall’ufficio. Lo aveva capito anche lui e l’invito non si era ripetuto.
Rimasi con lui per due convenevoli poi prendemmo lo scalone che portava al primo piano, sede dell’agenzia.
«La sala conferenza è pronta Christian, Se fossi in te lo chiamerei subito, così in base a come è andata possiamo reagire già questa mattina.»
«Bene.» replicai. «Procedo immediatamente.» In realtà non c’era tutta questa fretta ma volevo evitare di discutere con lui, soprattutto sapendo la sua situazione personale o perlomeno intuendola, e poi, me lo ero sudato quel lavoro; inutile cercare di imporre il mio ritmo quando lui faceva pesare il grado. Era l’unico imprenditore tendenzialmente pessimista che avessi mai incontrato ma gli riconoscevo coraggio e tenacia. L’agenzia che aveva fondato comprava e vendeva in tutto il mondo ingredienti per l’industria alimentare, io lavoravo con due altri colleghi nelle vendite in nord Europa.
Entrai in laboratorio per salutare la collega che si dedicava alle analisi dei campioni ricevuti dai fornitori. Seduta al computer, stava radunando le schede tecniche in modo da avere tutto sotto mano al momento giusto. Mi guardò e si alzò facendo torreggiare la sua figura di ex giocatrice di basket, era molto più alta di me con un caschetto biondo che (non glielo avevo mai detto) la faceva sembrare un corazziere con l’elmo sbagliato.
«Il capo vuole che ci sbrighiamo e che cominciamo subito, sei pronta?» Federica annuì.
«Prendo le certificazioni e arrivo, tutto bene?»
«Sì, sì», abbozzai e istintivamente mi lisciai la camicia. Chissà perché il mio aspetto le suggeriva qualcosa fuori posto.
«Sarebbe meglio che non ci dimostrassimo così ansiosi di chiudere questo contratto ma la prossima produzione sarà piuttosto abbondante quindi i prezzi scenderanno. Strategicamente è meglio essere prudenti e chiudere subito almeno uno o due contratti minori e poi attender.» Lei si avviò verso la sala riunioni senza commentare e io la seguii. Da brava chimica non era interessata più di tanto alle mie valutazioni sul nostro posizionamento sul mercato. In realtà, il pensiero di quei tristi occhi neri mi ronzava nella testa.
Salutai il cliente in contatto in Olanda e il suo responsabile qualità, presentai Maria e cominciai a parlare del cattivo tempo e di come facesse bene ai raccolti di verdure cruciformi e di come questo avrebbe reso la qualità della prossima produzione assolutamente conforme. In breve la discussione andò sul tecnico e Federica subentrò nel ruolo principale. Riflettei per l’ennesima volta sul fatto che le specifiche tecniche, in tutte le attività economiche, sono la base di partenza di ogni possibile sviluppo con