La Confraternita
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In uno scenario visionario e irreale, si alternano personaggi disparati che recitano le loro parti come in una commedia dell’arte. Le vite degli altri si intrecciano in questa vicenda, surreale e grottesca, con le esitazioni e le antiche insicurezze personali dell’ispettore, “non tutto della sua azienda” come gli si chiede, ma nemmeno libero nelle scelte, professionali e personali.
Nel risolvere l’intricato mistero affioreranno le memorie della banca, i suoi più sordidi e miseri segreti, e finanche un immenso busto bianco del Duce.
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Anteprima del libro
La Confraternita - Salvatore Savoia
professore
Palermo, anni '80
I terminali della Banca dell’Isola trasmisero, quella mattina, ad ogni agenzia ed ufficio di Sicilia e del Continete un messaggio insolito, per argomento e per ricercatezza stilistica, frutto di una elaboratissima cura delle sfumature e delle metafore, arti nelle quali gli uomini dell’ufficio del personale erano da sempre abili, ma che questa volta erano riusciti ad utilizzare in un campo del tutto nuovo ed imprevisto.
La Direzione Generale della Banca dell’Isola si stringe alla famiglia del Prof. Ludovico Leone, colpito a morte da mano ignota ieri mattina al tavolo di lavoro, e ne ricorda l’impegno, le capacità professionali e lo spirito di servizio profusi in lunghi anni di attività. Il personale della Banca è invitato a collaborare alla ricerca della verità, e, comunque, ad agevolare le indagini degli Organi Inquirenti nel rispetto del decoro e del prestigio aziendale
.
La comunicazione elettronica, malgrado l’apparente modernità dello strumento, ideato come evoluzione della classica circolare, continuava a passare, prima di raggiungere i destinatari, attraverso i secolari sistemi di distribuzione delle carte della banca, primo fra tutti la vacchetta, la cartellina (ogni impiegato amava spiegare come un tempo fosse stata fatta di pelle di vacca) nella quale venivano annotati, a cura di un ufficio che serviva solo a questo, chiamato Apertura Corriere, il tipo di messaggio e la firma di ricezione del destinatario.
Il sogno di un tempo reale si era incarnato nella deliziosa indistruttibilità di un altro tempo, irreale ed eterno. Tutto ciò, se vanificava il progetto di modernizzazione originario, assicurava la sopravvivenza e l’autorità del sistema di informazioni della banca, che amava manifestarsi sempre e in ogni circostanza con gradualità e moderazione, come fa la Chiesa
, si amava dire negli uffici del personale. Anche perché sulla gradualità e sulla moderazione delle informazioni si reggeva gran parte dell’amministrazione, e si giustificavano interi uffici, intere carriere, intere vite.
Così, il messaggio di quella mattina, abilmente confezionato per dire e non dire, e nello stesso tempo aver l’aria di non nascondere nulla, esprimendo disponibilità, piena apertura ad ogni accertamento e facendo pure leva sull’orgoglio aziendale, si tradusse in una normale comunicazione amministrativa. Che, in quanto tale, a tutto poteva tendere, tranne che ad approfondire l’indagine su un omicidio. L’omicidio di un direttore.
A quello doveva pensarci il Corpo Ispettivo.
«Si muova come se si trattasse di una rapina o di una malversazione». Era così che veniva considerato l’episodio dal Capo del Corpo Ispettivo, ed era così che si sarebbe mosso Pietro Messina, ricevendo l’incarico di fare un sopralluogo in via Ingham.
Gli fu consegnata la regolamentare carpettina in pelle fornita di serratura, personalizzata con nome e grado in piccole lettere dorate, nella quale erano stati accuratamente inseriti:
la lettera di credenziali, con la quale poteva accedere alla sede di via Ingham (mod.cdz.1a)
il fascicolo del Norma et Vigila
, fondamentale vademecum per gli ispettori della banca (mod.Isp.4) una copia di alcune memorie scritte dai grandi ispettori del passato, possibile traccia per future relazioni su casi di qualche analogia, dalle grandi rapine agli episodi più rari o più insoliti di follia o di violenza avvenuti in banca, raccolti in un volumetto in dotazione agli ispettori: un mondo riservatissimo di stranezze, follie, suicidi, del quale in casi speciali si dava notizia ai funzionari incaricati di un’indagine.
E uscì ad affrontare il caso. Un caso diverso, raro, e purtroppo anche uno scandalo pubblico.
Prese la macchina, pur sapendo di dover percorrere solo cinquecento metri. Il caldo - si giustificò - lo smog, la mancanza di parcheggi, il traffico, divenuto nella fattispecie causa invece di effetto.
Secondo un’antica consuetudine, gli impiegati della Banca dell’Isola posteggiavano dentro il cortile del convento di Sant’Anna, affidando le macchine al commesso di un vicino negozio di stoffe che divideva gli incassi con il sacrestano della chiesa.
Si fermò solo un attimo, nel districarsi tra le cento macchine ammassate tra le colonne, a guardare in alto, verso
le finestre buie del chiostro, incantato dall’insolito silenzio e dal fresco ancora più insolito che usciva da quel luogo, e fu di nuovo in strada.
All’ingresso del palazzo di via Ingham, anch’esso avvolto da un tappeto di macchine sin quasi ai gradini della scala, c’era una piccola folla.
A posto siamo
pensò Messina attribuendo alla notizia dell’omicidio il brusìo e la confusione caotica sulla porta della banca.
«No, niente - gli spiegò il commesso - la solita storia di ogni mese. Gli è piaciuto di pigliarsi i pagamenti degli indigenti del Comune? Ormai ci facciamo la croce il cinque di ogni mese. Si deve figurare che prima di aprire il portone, leviamo le piante, perché se le rubano, e chiamiamo la polizia sennò questi si arrampicano fino al primo piano dai balconi». La polizia, appunto. Due agenti contenevano a stento la folla ma permisero all’ispettore - accreditato e spinto dal custode - di farsi largo sino all’ascensore.
Il palazzo anni 30 della Banca era stato a suo tempo e a modo suo una bella cosa. Forse bella non è la parola giusta, ma a Palermo, si sa, fierezza e decadenza sono sinonimi di bellezza. Per di più il vago senso di abbandono con il quale la costruzione, originariamente bianchissima ed ora quasi nera, si presentava, non attribuibile ad una sola ragione ma a troppi anni di disinteresse, la rendeva ancora più palermitana.
Sulla facciata dell’edificio i bassorilievi che rappresentavano le provincie ove la banca aveva sede sembravano illustrare battaglie napoleoniche: Caltanissetta come Ulma, Siracusa come Rivoli.
Salì rapido, sempre spinto dentro dal commesso, lo scalone di destra, quello riservato alla Direzione, quello che veniva considerato un po’ iettatorio, probabilmente perché illuminato dalle lampade votive dedicate agli impiegati caduti in guerra. Al secondo piano c’erano gli uffici del Direttore.
L’anticamera della Direzione era affollata più del solito.
Via Ingham
Messina era stato mille volte in quella stanza, un tempo come impiegato di quegli uffici, poi in veste ispettiva o in una delle rituali visite natalizie, alla ricerca spasmodica, cioè, di agende da distribuire a parenti e conoscenti che le aspettavano o le pretendevano. Si ricordava tutto di quell’atmosfera, degli odori di legno e di fumo, del rumore che facevano i passi sul parquet di rovere, del cigolio della enorme porta ricoperta di pelle.
Ma anche queste sensazioni, pure coltivate, forse addirittura evocate, ebbero vita breve, come tutte le piccole esplosioni di fantasia o nostalgia che gli nascevano dentro e morivano troppo presto, condannate senza appello da mille vecchi sensi di colpa confusi ed arcaici, pronti tuttavia ad emergere persino quando il reato commesso era solo una piccola immersione nella memoria o nella fantasia. Concretezza, Pietro, non sogni
. Glielo avevano detto tutti, a casa, a scuola, nel lavoro. Sempre.
Ed ecco che l’incanto imprevisto avvenuto dieci minuti prima davanti ad una finestra nell’alto di un convento, e poi ancora la riflessione sulla vecchia sede della banca, o il piacere di giocare con la nostalgia degli anni di gioventù passati nell’anticamera di una direzione si trovavano costretti ad una precipitosa ritirata.
Pietro, è terribile quello che è successo
, fu la prima cosa che gli disse Elvira Riccobono, segretaria del defunto, ed estrema, quasi simbolica rappresentante della categoria delle cosiddette signorine della banca. Quando era stata assunta in banca - o forse era stata assunta per questo - era stata considerata una brava persona, aggettivo perfetto per descrivere la prevalenza in lei di emozioni tranquille, medie, decorose, mai eccessive. E tranquillo, medio, decoroso era stato il decorso della sua vita in via Ingham: mai nessun rimprovero da qualcuno, mai riconoscimenti eccezionali. Ma anche mai passioni impossibili o esternazioni fuori dalle righe in nessun campo.
Carina sempre, aveva imparato nel corso di una vita a non scegliere niente, né un mobile nella sua casa né un amante nel suo letto. E, proprio quando era riuscita a raggiungere il più elevato dei livelli possibile - in quanto donna ed in quanto non dotata di competenze speciali - quello di responsabile della segreteria del direttore Leone, le era scoppiata tra le mani questa brutta storia.
«È terribile quello che è successo» ripeteva continuamente Elvira, abbracciando Messina, che non se lo aspettava proprio. Si trovò a consolarla, forse stringendola un po’ troppo, e troppo apprezzando il profumo ed il sudore che si mischiavano