Libertà di opinione e censure di governo: Il giornale diocesano L'Ortobene durante il regime fascista
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Anteprima del libro
Libertà di opinione e censure di governo - Priamo Marratzu
Ringraziamenti
Prefazione: un giornale battagliero
di Salvatore Marruncheddu
"Può lo studente chiarire alla Commissione un passaggio contenuto nel suo lavoro, e cioè dopo una fase di manifesta, o malcelata, opposizione al regime fascista, nel 1935 L’Ortobene sembra assumere improvvisamente un atteggiamento di simpatia e di consenso dinanzi ad alcune realizzazioni del regime, e in particolare voglio riferirmi all’impresa coloniale in Etiopia".
Con simili parole, nel corso della discussione delle tesi di laurea, rivolsi questa domanda all’Autore del volume che in questo momento tenete fra le mani.
Era una mattina di fine luglio, afosa come lo sono certe giornate d’estate nella nostra Isola, che riescono a mitigare neppure le vicine montagne del Limbara: ci trovavamo infatti a Tempio, nella sede dell’ISSR Euromediterraneo. Dopo un attimo di riflessione, Priamo dava la sua risposta. Lo faceva, anche se al momento tradito da una giustificabile emozione, con la perizia di chi sa padroneggiare la materia, nel linguaggio e nei contenuti, dopo avere a lungo indagato, riflettuto e valutato.
Da parte mia, avevo letto la sua tesi in qualità di revisore. L’avevo letta proprio tutta, pagina dopo pagina, dalle note introduttive fino alla bibliografia conclusiva. L’avevo fatto, in primo luogo per scrupolo di coscienza professionale
come viene richiesto a chi deve ricoprire simile ruolo; poi per rispetto della fatica e del lavoro profuso per giorni e giorni dallo studente che avevo dinanzi ai miei occhi. Ma sopra ogni cosa, avevo letto la sua tesi tutta per intero perché da subito mi sono sentito coinvolto nella lettura, preso da interesse per gli argomenti che trattava e dal modo con cui venivano esposti.
A questo proposito, si veda il capitolo sulla necessità e l’utilità dei mezzi di informazione (religiosa e non solo) in Sardegna, sul loro retto uso nel rispetto delle leggi morali e i diritti e la dignità dell’uomo, tanto nella ricerca delle notizie quanto nella loro divulgazione
.
Si leggano le pagine che trattano del lungo cammino – quasi cento anni di vita – fatto dal periodico L’Ortobene con i suoi direttori, da Giovanni Prina a Salvatore Delogu fino a Francesco Mariani passando per Salvatore Bussu. E insieme con loro, non possiamo dimenticare i vescovi che nel frattempo si sono succeduti nel governo della diocesi nuorese, a partire dal fondatore Maurilio Fossati. Il quale, nel fare il bilancio del primo anno di vita della sua creatura editoriale scriveva con soddisfazione: Con una tiratura mensile di 1600 copie … questo piccolo foglio un po’ di bene l’ha fatto
. Ma su tutti emerge la figura di Giuseppe Cogoni, il vescovo che nel corso del suo episcopato, dal marzo 1931 al novembre 1938, trasformò il giornale da piccolo e striminzito bollettino mensile fondato da monsignor Fossati, in un vero giornale dal piglio sicuro e battagliero
. Uomo di estrema sensibilità, cultura e coraggio, Giuseppe Cogoni è stato la vera anima de L’Ortobene di quegli anni difficili e tristi, prima di abbandonare Nuoro per divenire arcivescovo di Oristano. La sua figura è ampiamente tratteggiata dall’Autore ed emerge dal munito corredo di articoli pubblicati durante il suo episcopato.
E ancora, merita un’attenzione speciale tutta l’esposizione che prende in esame la vita del giornale durante il ventennio fascista. Da un lato i tentativi di ingerenza da parte delle autorità, dall’altro la necessità di indipendenza. Sul filo del rasoio stava il rischio di chiusura totale del periodico, sorte all’epoca riservata a numerosi organi di stampa non allineati con le direttive del regime. Articoli censurati, dimezzati, strappati addirittura alla censura politica, - avrebbe ricordato anni dopo Salvatore Delogu - numeri sequestrati e tentativi di soppressione perquisizioni e devastazioni della tipografia
. Pur sottoposto a tante pressioni e a simili atti intimidatori, il giornale decideva di non piegarsi. Ciò che poteva fare – ha scritto Salvatore Bussu - era quello di ignorare il regime o per lo meno minimizzarlo più che si poteva […]. Era la tattica che mons. Cogoni usava anche nei suoi discorsi e che dava tanto fastidio ai federali di allora
.
Ora, la ricerca di Priamo sta per essere data alle stampe ed il sottoscritto, prima di stendere queste righe, ha ritenuto opportuno leggerla nuovamente. Repetita iuvant, dicevano gli antichi latini.
Salvatore Marruncheddu è docente di Storia della Chiesa presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose Sassari-Tempio Ampurias-Euromediterraneo della Pontificia Facoltà della Sardegna.
Introduzione
Nel 1929 lo Stato Italiano porta a conclusione l’annoso contenzioso con la Santa Sede con la firma dei Patti Lateranensi. Tuttavia i rapporti tra i due stati non tardano a deteriorarsi, soprattutto a causa dell’evidente volontà del regime fascista di monopolizzare le organizzazioni giovanili che sfuggono al controllo del sistema propagandistico ed educativo del partito unico.
Monsignor Maurilio Fossati, giunto nella sede di Nuoro nel 1924, dopo appena quindici mesi fonda L’Ortobene, bollettino diocesano ideato per promuovere la pastorale unitaria della chiesa nuorese, che prende il nome dalla montagna più cara ai nuoresi. Con il passare degli anni da mensile diventa quindicinale e poi settimanale, fino a diventare uno dei più longevi e autorevoli periodici diocesani dell’isola.
Questa ricerca si propone due obiettivi fondamentali. Il primo di carattere generale, intende ricostruire a grandi linee la storia de L’Ortobene nel panorama informativo regionale che, pur con tutte le difficoltà legate alla crisi dell’editoria, rappresenta ancora oggi una imprescindibile fonte di notizie, non solo per la comunità diocesana nuorese ma anche per buona parte del Centro Sardegna come dimostrano i numeri della diffusione (oltre cinquemila copie settimanali vendute secondo la Federazione Italiana Settimanali Cattolici 2020). Il secondo intento, non meno importante, è di valutare in qual modo il giornale diocesano si comporta nel contesto della stampa isolana nel momento di più grave minaccia alla