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Il richiamo della notte
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Il richiamo della notte
E-book285 pagine3 ore

Il richiamo della notte

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Info su questo ebook


Ogni incubo sembra sempre più vero a Chris, che va dritto per la sua strada, con l’unico scopo di soccombere a seguito della morte di sua moglie, dopo avere speso tutti i loro averi nella costruzione di un orfanotrofio.
Deve solo iniziare i lavori, abbattere la villa abbandonata in collina appena acquistata all’asta, proprio quella dove da tempo immemore girano voci tutt’altro che lusinghiere. Tutto per colpa dei vecchi proprietari scomparsi nel nulla. La gente del posto gli sta ancora alla larga, quasi che sia un luogo infestato, ma lui no, vi incontra l’impresa edilizia a cui affidare i lavori, poi senza saperne il motivo si appisola, forse perché richiamato da qualcosa. Dal giorno passa alla notte che gli narra una storia, quella di una bambina rimasta sola. Ed ecco l’ennesimo segnale, tra le pagine di quel libro ritrovato, le memorie di una perfetta sconosciuta che lo spinge sempre di più a cedere alla pazzia, a credere all’impossibile, a lasciarsi andare a un gioco di seduzione che non gli è dato comprendere, che lo condurrà sempre di più verso le tenebre.
 
LinguaItaliano
Data di uscita18 giu 2021
ISBN9788869632846
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    Il richiamo della notte - Luigi De Bellis

    Luigi De Bellis

    IL RICHIAMO DELLA NOTTE

    Elison Publishing

    © 2021 Elison Publishing

    Tutti i diritti sono riservati

    www.elisonpublishing.com

    ISBN 9788869632846

    1

    CHRIS

    Al momento Chris si trovava sopra un sentiero in mezzo ad un campo fiorito. Sapeva che stava sognando, eppure non ne era del tutto convinto.

    Sembrava quasi che la pace che sentiva dentro non gli appartenesse, tuttavia questa lo faceva stare bene, o almeno così credeva.

    Eppure c’era qualcosa in quell’aria rarefatta, qualcosa che gli mancava.

    All’improvviso la testa incominciò a girargli, a confondere le acque, questo finché la sua stessa voce non gli diede la risposta che cercava.

    «Mary.»

    Per un attimo quel nome fu capace di fermare il battito insistente del suo cuore.

    Sapeva che era importante.

    «Non ricordare

    Le note che aveva appena udito non avevano nulla di umano, tanto che penetrarono la sua mente come mille aghi ghiacciati, solo ed esclusivamente per deturpargli la ragione.

    Si guardò intorno, cercando la persona che gli aveva appena rivolto la parola.

    Non era certo la prima volta che sentiva quella voce spettrale, e sapeva anche che non sarebbe stata l’ultima.

    «Non ricordare

    Chi c’era lì con lui?

    Chiunque fosse era capace di sussurrargli nelle orecchie, di avvicinarsi senza farsi vedere.

    Ben presto scoprì un altro sentiero che conduceva su una collina, che poco ma sicuro prima non c’era. Sopra era posizionata una porta, che non sapeva bene come, riusciva a stare in equilibrio da sola.

    Si vedeva chiaramente che dietro non vi era niente, ciononostante sentiva il bisogno di aprirla, di vedere al suo interno.

    «Non andare

    Si girò alla sua destra, per scorgere finalmente la figura sconosciuta che di tanto in tanto gli rivolgeva la parola, che adesso rimaneva lì in disparte, come aveva sempre fatto nei suoi incubi peggiori.

    Era vestita completamente di nero. Il cappello da cowboy che portava sulla testa faceva sì che il suo volto rimanesse costantemente nascosto da un ombra ambigua, multiforme, stranamente viva.

    Non gli era mai capitato di vederlo in faccia.

    Stava lì in piedi, poco fuori dal sentiero, tra i colori vivaci dei fiori, che poco ma sicuro erano in netto contrasto con l’oscurità che questo individuo portava addosso. S’inchinava di volta in volta per raccoglierne uno con la mano destra, per poi metterlo nel mazzo che reggeva con la sinistra. La cosa strana era che si seccavano dopo appena qualche secondo, non appena li toccava, tanto che tutti quelli che aveva raccolto finora erano morti tra le sue mani.

    Camminava con estrema lentezza, trascinandosi dietro una sorta di mantello logoro e lercio, lungo quanto il velo di un abito nuziale.

    Era solo un sogno, solo questo.

    Aspettò qualche minuto, per vedere se quel tizio si sarebbe girato verso la sua direzione, ma non lo fece.

    In passato Chris aveva anche provato ad avvicinarsi a lui, ma quel tipo scompariva ancora prima che potesse raggiungerlo.

    Continuava a raccogliere i fiori come se niente fosse, ignorando completamente ciò che succedeva loro.

    Fu tentato di gridargli qualcosa, ma poi si trattenne, perché intanto non sarebbe servito a niente, quindi ritornò a guardare il nuovo sentiero, la collina e la porta che lì in cima.

    Doveva raggiungerla.

    Avanzò, fissando solo la sua destinazione, correndo a più non posso.

    La porta continuava a rimanere in equilibrio, a dondolare vagamente a secondo della forza del vento.

    I fiori intanto si richiudevano al suo passaggio, quasi come se non volessero guardarlo camminare, senza contare l’improvviso temporale, che accorciava le distanze a man mano che lui si avvicinava.

    Si voltò indietro un momento, per prendere fiato, giusto per vedere la strada che aveva appena percorso avvolta dalle tenebre.

    Notò che ora quell’individuo aveva smesso di raccogliere i fiori e sembrava fissarlo.

    Ritornò a salire la collina di corsa, appoggiando le mani sul terreno in varie occasioni, solo con l’intento di andare più veloce.

    Il respiro diveniva ansante, la tensione superava ogni logica, mentre il cuore sembrava sempre più intenzionato a scoppiargli nel petto.

    «Fermati

    Finalmente giunse a destinazione, di fronte la porta.

    «Non aprirla

    La sua mente era strana. Sapeva e non sapeva, e così facendo ogni minimo pensiero deviava una parte della sua ragione, che scompariva lentamente in una nebbia fitta quanto la cenere.

    Posò la mano destra sulla maniglia, preparandosi a qualcosa che aveva già visto, già sentito.

    «No

    I tuoni incominciarono a vibrare nel cielo, a far tremare la terra che aveva sotto i piedi.

    «Fermati

    Quella figura misteriosa continuava a parlargli, a fare le veci del Diavolo, a comporre note asessuate pari solo a quelle degli angeli.

    Chris non volle pensarci, aprì la porta e basta.

    Venne subito avvolto da una luce accecante, che tuttavia non gli fece chiudere gli occhi nemmeno per un istante, nemmeno quando si sentì avvolgere da una serenità magica, da una completezza e una pace che a parole non si poteva spiegare.

    «Non ricordare

    Non tremava più. Ora si lasciava solo andare ad un amore folle, celestiale, mentre un tepore senza eguali incominciava a penetrargli nel petto, a togliergli il gelo che aveva dentro.

    All’improvviso il nulla di diradò, lasciando spazio ad una voce stupenda, ad un profumo che conosceva fin troppo bene.

    «Chris.»

    Era lei, sì, era lei. Lo stava chiamando, e lui incominciò subito a cercarla con lo sguardo.

    L’aveva dimenticata, mio Dio l’aveva dimenticata.

    «Ti posso dare un bacio?»

    Si guardava intorno mentre la luce si abbassava, sollevato di sentirla ancora parlare.

    «Dove sei?» disse agitato, sempre più frustrato.

    La tranquillità di un attimo prima se ne stava già andando via, ma non la speranza, il desiderio di saperla lì a casa.

    Era in procinto di chiamarla ancora, ma alla fine non lo fece, perché finalmente incominciò a vederla.

    Inutile dire che rimase con la bocca aperta, con le parole come cedute sulla punta della lingua.

    La fissò con tutto se stesso, studiando ogni più piccolo particolare, come ad esempio la pelle bianca e le labbra rosa così vive, ma ancor di più quei suoi lunghi capelli biondi che le cadevano sulle spalle, che ornavano in questo modo un’opera d’arte di inestimabile valore.

    «Mary.»

    La vide sorridere maliziosa, quasi a volergli fare intendere che tutto quello che era successo finora era stato solo il frutto di un banalissimo scherzo.

    Cercava di capire, mentre si vedeva riflesso nei suoi occhi azzurri, in un volto ancora più perfetto di quello conservato da sempre nella sua memoria.

    Rammentava di quando gli chiedeva i baci come una bambina, per poi nell’intimità prendere completamente l’iniziativa.

    Fu lei a raggiungerlo, lui non ne era in grado, le gambe gli tremavano.

    «Tesoro, Stai bene?»

    La vide alzare la mano destra, fargli una carezza. Un semplice gesto di affetto che peggiorò solo le cose.

    «Stai tremando.»

    Sembrava preoccupata.

    «Ho fatto un incubo.» le disse. «Tu eri morta.»

    Si mise a ridere. In un certo senso sembrava prendersi gioco di lui, poi di punto in bianco lo baciò sulle labbra, un attimo prima di diventare seria, impassibile come una bambola.

    Il dolce profumo che aveva addosso venne di colpo sostituito da un odore maleodorante di marcio. Ora anche il suo candore era cambiato, tanto da farla invecchiare di dieci anni.

    «Infatti è così amore mio. Io sono morta.»

    Il respiro gli si fermò in gola, la ragione iniziò a perdere nuovamente il controllo, mentre il volto di Mary iniziava velocemente ad appassire come i fiori di quel tizio.

    «No.»

    Il piacere si tramutò in orrore, il suo corpo sembrava perdere colore, ma non per questo smise di fissarlo, di tracciare involontariamente un accusa di omicidio.

    L’afferrò per le spalle, pensando come uno stupido di fermare così l’inevitabile.

    Non voleva lasciarla andare, neanche quando vide quello squarcio inconfondibile apparire sulla sua guancia destra, dove ben presto incominciò a mancare un pezzo di carne, che lasciava in bella mostra una parte delle gengive e della mascella.

    «Ti prego, non mi abbandonare.»

    La vedeva già distesa in una bara, tempestata di lividi e graffi.

    Sentì le lacrime rigargli le guance, la rabbia per la donna che lo aveva lasciato, che pure sapeva non aveva mai avuto alcuna scelta.

    «Smettila.»

    Il buio prese il posto della luce, portandola via da lui, e all’improvviso si ritrovò con le mani sospese a mezz’aria, a non toccare praticamente nulla.

    Dopo un attimo di fermo, di ragione e cedimento, si mise a gridare con quanto fiato aveva in gola, senza mai smettere di schiaffeggiarsi la faccia con tutta la forza che avevo in corpo.

    «Io te lo avevo detto

    Strinse i denti, grugnì come un animale, per poi aprire gli occhi e vedere la realtà dei fatti, per risvegliarsi da un incubo e finire dentro ad un altro.

    Guardò il soffitto sopra di lui col fiato corto, con la tensione ancora alle stelle, la gola secca e la mente altrove.

    Era sul suo letto, stava solo dormendo. Alzò il busto, facendo così scivolare le lenzuola dal suo petto nudo e sudato. Sentiva caldo, anche se entrambe le finestre della sua stanza erano spalancate.

    Provò a darsi un contegno, a far passare la paura, ad accumulare tutto l’ossigeno di cui aveva bisogno, che puntualmente sembrava sfuggirgli dalla bocca.

    Doveva calmarsi, domare l’ansia.

    Si mise a sedere sul letto, senza smettere di affogare, di sentire i muscoli contorcersi nello stomaco, nelle braccia e nelle gambe.

    Sapeva bene che era solo la sua mente a creare questo disturbo, ma pur sapendolo non riusciva comunque a fare nulla per impedirglielo.

    Gli avevano prescritto dei farmaci, dei calmanti, degli antidepressivi. Tuttavia non li aveva mai presi, forse perché questi gli avrebbero proibito di rivederla, com’era appunto accaduto quella notte stessa.

    Così però rischiava di impazzire, sempre che questo non era già successo.

    Si toccò la guancia destra, che sentiva pizzicare, solo per scoprire le lacrime che aveva versato durante il sonno, la veglia, insomma, qualsiasi cosa fosse.

    Doveva resistere solo un altro anno, sì, solo un altro anno. Eppure il dolore peggiorava ogni giorno di più, come un male incurabile che lentamente lo stava divorando dall’interno.

    Si premette la testa con entrambe le mani, fermando così la fitta che era appena iniziata alla tempia, poi chiuse gli occhi, per scacciare in un qualche modo il caos che lì dentro regnava sovrano.

    I suoi sogni finivano sempre allo stesso modo, erano capaci di risollevarlo come di farlo cadere più a fondo.

    Basta.

    Riaprì gli occhi e si alzò di scatto dal letto, e per questo subì un capogiro tremendo, che per poco non lo fece finire lungo disteso a terra, come del resto era già successo in più di un’occasione.

    Negli ultimi mesi non era mai completamente lucido, e non certo per colpa dell’alcool o di qualche altra sostanza, visto che non si era mai ubriacato e né tanto meno drogato. Era solo perché non dormiva abbastanza.

    Provò a ricacciare indietro i ricordi, i discorsi inutili che lei era solita fare su Dio. Quello stesso Dio che lui adesso odiava più di ogni altra cosa al mondo.

    A sentire lei ogni essere umano faceva parte di uno scopo, di un disegno più grande.

    Già. Forse perché ancora non sapeva che lei era destinata a crepare.

    Strinse i pugni con forza, tanto da graffiarsi i palmi delle mani a causa delle unghie troppo lunghe. Non si curava dal funerale, perfino il bagno lo faceva di rado.

    Raccolse i vestiti dal pavimento ed incominciò ad indossarli lentamente. Aveva perso la voglia di fare qualsiasi cosa, ma ciononostante continuava ad andare avanti, o meglio, ad aspettare. Sì, perché in ballo aveva un progetto molto importante, un tipo di progetto che tra circa un anno lo avrebbe lasciato senza più il becco di un quattrino.

    I – LA STORIA DI CHRIS

    2

    CHRIS

    Era sveglio da molte ore quando il sole finalmente fece capolinea in cielo.

    Si trovava seduto in mezzo al divano della sala, a fissare la televisione spenta lì davanti a lui.

    Teneva le mani spalancate sulle cosce e non si muoveva di un millimetro, le labbra secche ma nessuna intenzione di bere dell’acqua dal frigorifero.

    Pensava a tutto e a niente. A quello che era appena successo, a quello che doveva ancora accadere, e mentre lo faceva ripercorreva i passi della propria vita.

    Era nato in una famiglia come tante altre, aveva anche una sorella di cinque anni più grande, sposata con due figli. Non si parlavano da anni, ed era meglio così.

    L’unica persona che teneva a lui era sua madre, che aveva sopportato il carattere irascibile ed egoista del padre da quando aveva memoria. Era un uomo disgustoso, e quando lei divorziò e si trovò un nuovo compagno, questa volta una brava persona, Chris non poté fare a meno di dargli ragione.

    Diceva che lui e sua sorella erano le uniche cose buone uscite da quella relazione, eppure confidò le sue intenzioni solo a lui.

    Se ne andò poco dopo di lei. Non poteva più stare in quella casa. Con ogni probabilità sua madre lo sapeva, infatti lo invitò a stare da lei, ma lui preferì cavarsela da solo. Naturalmente all’inizio venne aiutato economicamente, almeno finché non trovò un lavoro e non riuscì a pagarsi l’affitto del mini appartamento che aveva trovato fuori città da solo.

    Fu costretto ad abbandonare gli studi, ma questo non gli importava. Sua madre se ne rammaricò e cercò in tutti i modi di fargli cambiare idea, ma su questo punto lui fu irremovibile. Non voleva farsi mantenere da lei, perché a conti fatti è questo che sarebbe successo, visto e considerando che suo padre aveva pensato bene di non allungargli mai niente.

    In un certo senso lui da solo stava bene, o almeno era quello che credeva in quel momento, soprattutto perché era stanco di sentirsi un estraneo in casa propria.

    Rammentava sua sorella, sempre ossessionata dai soldi. Il suo unico scopo era quello di arruffianarsi il padre, che economicamente stava più che bene, e che come lei, faceva il santo a destra e a manca, soprattutto dinanzi ai parenti e alla gente estranea. Naturalmente cercavano sempre di passare per le vittime, soprattutto suo padre, che se lo si sentiva parlare non si poteva fare a meno di dargli ragione, almeno chi non lo conosceva a fondo, per chi non sapeva che una volta si era portato perfino l’amante in casa.

    In Chris vedevano la madre, e forse proprio per questo lo avevano sempre detestato. I parenti materni tuttavia non erano certo migliori, visto e considerando il loro modo di parlare, l’invidia che sotto sotto sembravano covare senza alcun motivo.

    Lui era sempre stato un ragazzo abbastanza chiuso, senza nessun talento particolare. Non era bravo nello sport e nemmeno a studiare, a differenza dei cugini che le care zie cercavano di mettere costantemente sul podio. Erano arrivate perfino a consigliargli di portarlo da uno psicologo, come se lui avesse qualche problema mentale.

    Ogni volta che le sentiva parlare in quel modo sua madre ci stava male, anche se non lo dava a vedere.

    Era un modo come un altro per farlo scendere un gradino più in basso del podio, per umiliare entrambi.

    Sorrise vagamente, come se avesse appena pensato a qualcosa di divertente, e chissà, forse era così.

    Gli diceva sempre che lui era speciale, che era destinato a fare qualcosa d’importante. Cercava di dare un senso alla sua timidezza, agli attacchi di panico sempre più frequenti.

    Era l’unica persona con cui era rimasto in contatto. Insomma, aveva il suo numero di telefono, il suo indirizzo. Adesso viveva in Germania in un grande casa, con un nuovo marito.

    Lo chiamava ogni giorno.

    Soprattutto adesso che ogni cosa era finita.

    Voleva solo aspettare.

    La testa gli faceva male, eppure continuava a pensare.

    Mary abitava nel mini appartamento accanto al suo, certe volte s’incrociavano sulle scale, dove si scambiavano appena il buongiorno e la buonasera.

    Era stupenda, gli piaceva, eppure non riusciva a dirgli altro, almeno finché un giorno ritornando dal lavoro non la vide ferma sul corridoio di casa.

    Sembrava che stesse aspettando qualcuno.

    Erano vicini alle feste natalizie, ricordava bene che quella sera la neve cadeva in abbondanza. Il corridoio in questione, che portava agli appartamenti, era in parte scoperto, quindi lì fuori si gelava.

    Mary si teneva le braccia strette al petto, come per rafforzare il calore del giaccone che aveva addosso.

    Fu lì che Chris gli rivolse veramente la parola. Gli chiese se aveva qualche problema. Scoprì così che aveva perso le chiavi del suo appartamento.

    A quanto pare stava aspettando la padrona di tutta la palazzina, una donna anziana e molto ricca che passava tutte le serate al bingo.

    Prima di mezzanotte non sarebbe rientrata, e Chris questo lo sapeva bene.

    Ancora adesso non riusciva a spiegarsi dove avesse trovato il coraggio d’invitarla a casa sua. Rammentava perfettamente la reazione che vide apparirgli sul volto, quella reticenza che per fortuna svanì dopo appena dieci secondi.

    L’appartamento era in un disordine veramente disarmante. In un certo senso si pentì anche di averla fatta entrare.

    Le disse di sedersi, mentre lei continuava a ringraziarlo per l’ospitalità.

    Non era minimamente preoccupata, anche se forse si sentiva un po’ a disagio, come del resto anche lui.

    Quella sensazione di estraneità durò veramente poco, perché appena incominciarono a parlare entrambi finirono col dire più del necessario.

    Lei lavorava in uno studio legale, praticamente stava facendo la gavetta. Era molto affezionata ai suoi genitori, ma adesso era costretta a stare lontano da loro per qualche mese, giusto per completare questa sorta di stage. Dopo aggiunse che era stata adottata all’età di cinque anni, forse non voleva neanche dirlo, ma chissà perché si sentì il dovere di riferirglielo.

    Chris non era abituato a confidarsi con qualcuno, ma con lei lo fece, e così gli raccontò tutto, della sua famiglia, di sua madre.

    Può sembrare banale, ma quella notte in loro scattò qualcosa, trovarono ciò che inconsapevolmente cercavano da sempre, e cioè l’amore.

    Iniziarono a frequentarsi, poi si fidanzarono. Ben presto andarono a vivere insieme. Lei gli fece conoscere i suoi genitori, che lo accolsero subito come un figlio.

    Essendo una famiglia molto ricca credeva

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