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Caccia all'assassino: eLit
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Caccia all'assassino: eLit
E-book213 pagine3 ore

Caccia all'assassino: eLit

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Info su questo ebook

Colpevole o innocente fino a prova contraria? Quando Liz Chase vede sulla soglia della porta il suo quasi ex marito Alex, fuori dal carcere, vorrebbe fuggire il più lontano possibile. Reo confesso dell'omicidio dello zio Devon, Alex è stato rilasciato per mancanza di prove, e adesso lei non sa cosa fare. Dovrebbe riprenderlo in casa fidandosi delle sue parole oppure la sua è solo l'interpretazione ben riuscita di un pazzo omicida? La sera in cui Devon è stato ucciso, però, altre persone erano presenti nella casa. Senza contare che lo sceriffo a capo dell'inchiesta ha sempre odiato Alex e la sua famiglia...

LinguaItaliano
Data di uscita30 set 2015
ISBN9788858937624
Caccia all'assassino: eLit

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    Anteprima del libro

    Caccia all'assassino - Alice Sharpe

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    For The Sake Of Their Baby

    Harlequin Intrigue

    © 2003 Alice Sharpe

    Traduzione di Laura Cinque

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    © 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5893-762-4

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    14 maggio

    Devon Hiller accese il sigaro cubano e si appoggiò allo schienale della poltrona della sua scrivania. Nonostante il suo medico gli avesse proibito di fumare, bere e stancarsi, si compiaceva di fare tutte e tre le cose. Diavolo, non era ancora morto, no?

    Era bello avere di nuovo la casa tutta per sé. La mattina seguente sarebbe arrivata una squadra di domestici per ripulire e riordinare tutto, ma per il momento gli bastava essersi liberato di tutta quella gente. Compresa sua nipote Elisabeth, anche se l’ultimatum che le aveva posto era stato il pezzo forte della serata. Di suo marito non gliene importava un accidente. Certo, era una bomba a orologeria, ma lui non poteva farci un granché.

    Mentre beveva un sorso di cognac, gli sembrò di sentire un rumore nell’atrio. Si raddrizzò, posò il sigaro nel pesante portacenere di cristallo, e si voltò verso la porta che si stava aprendo silenziosamente.

    «Chi è?» abbaiò.

    Una figura si mosse nell’ombra.

    «Sei tu, Elisabeth? Sei tornata, eh? Sapevo che mi avresti dato retta!»

    La sagoma che entrò nel cono di luce non era Elizabeth.

    «Come diavolo hai fatto a entrare?» domandò lui, allarmato dall’espressione di quella persona. E la pistola era nella cassaforte, maledizione!

    Afferrò l’antico tagliacarte che teneva sempre sul ripiano e si alzò lentamente. «Mi sembrava di averti detto che non ho nessuna intenzione di avere a che fare con te» disse girando intorno alla scrivania e, solo in quel momento, notò che fra le mani guantate quella persona tendeva un pezzo di stoffa verde.

    Fece un balzo indietro e cercò di afferrare il telefono...

    Un attimo dopo si ritrovò sul tappeto persiano, la stoffa verde avvolta intorno al collo, sempre più stretta, finché non sentì la lama del tagliacarte entrargli dolorosamente nel petto.

    Morì pensando che le cattive abitudini alla fine l’avevano avuta vinta su di lui.

    Liz fu svegliata di colpo dal trillo imperioso del campanello. Rimase immobile sulla sedia a dondolo per un minuto buono cercando di ricordare cosa stava sognando, ma non riuscì a recuperare nulla.

    Il campanello suonò di nuovo. Mettendo sul tavolino il libro che stava leggendo quando si era addormentata, si alzò col suo pancione e mormorò: «Sto arrivando». Accoccolato accanto al camino spento Sinbad, il suo gatto siamese, aprì un occhio azzurro e miagolò due o tre volte.

    Attraverso le tende scostate vide un camioncino che ripartiva. Dovevano essere quasi le dieci. A chi diavolo era venuto in mente di farle una visita inaspettata a quell’ora? Chi aveva congedato il proprio accompagnatore prima di accertarsi che lei fosse in casa?

    Rimpiangendo di non aver messo una catenella alla porta, accese la luce esterna e aprì con cautela.

    Per un attimo non credette ai suoi occhi. Stava facendo uno di quei sogni in cui si è convinti di essere svegli? «Alex?» sussurrò incredula.

    Lui sbatté le palpebre per via della luce improvvisa. Lei rabbrividì per la folata di vento freddo che la investì portando con sé alcune foglie morte. Alex indossava dei jeans e un giaccone pesante, e aveva un aspetto migliore di quanto non meritasse.

    «Liz...» le disse dopo qualche attimo passandosi una mano nei capelli. «Che bello rivederti!»

    «Io pensavo che... Come...»

    «Un attimo. Dammi solo un attimo.»

    Col cuore che le batteva forte, lei guardò oltre le sue spalle e, nella strada deserta, colse solo le luci del suo vicino. Guardò lo spiazzo buio davanti alla casa in cerca...

    Di cosa? Dello sceriffo Kapp e dei suoi agenti? Lì c’erano solo le sagome degli alberi da frutto coi rami nudi agitati dal vento, e il rumore delle onde dell’oceano che si avventavano più sotto contro la scogliera.

    Alex si schiarì la gola. «Posso entrare?»

    Lei strinse maggiormente la maniglia. L’istinto le diceva di non farlo, di bloccarlo sulla soglia.

    «Mi sono fatto dare un passaggio da Dave Sullivan» le spiegò vedendola titubante nel sentire il nome del collega di lui. «Non volevo farti uscire di notte con questo tempo. Non nelle tue condizioni.»

    «Credo... che dovresti andartene» gli disse alla fine lei, accennando a richiudere la porta.

    Alex la bloccò con una mano. «Aspetta. Ho bisogno di parlarti. È importante.»

    A parte alcune occhiate di sfuggita quando aveva testimoniato al processo, Liz non lo aveva più visto dalla notte in cui lui aveva ucciso suo zio, e pensava che non lo avrebbe rivisto mai più. Non era quello che lui stesso aveva voluto?

    «Ti prego» le disse. Nel frattempo aveva quasi oltrepassato la soglia. Liz lasciò la porta e gli premette le mani contro il petto per respingerlo. Lui gliele prese fra le sue e le strinse. «Liz!»

    Per la prima volta lei lo guardò in faccia, e capì che non aveva dormito né mangiato bene. Era pallido in modo innaturale. Era stata la prigione a ridurlo così, pensò, cercando di immaginare che aspetto avrebbe avuto dopo dieci, vent’anni dietro le sbarre.

    «Sono tornato a casa, Liz» le disse con dolcezza.

    Lei si sentì le lacrime agli occhi. Si sforzò di ignorare l’effetto carezzevole della sua voce, il dolore improvviso che le aveva procurato la sua presenza; un dolore che per mesi aveva cercato di combattere.

    «Io non...»

    «Sono a casa, Liz» le ripeté lui, il viso a pochi centimetri dal suo, il respiro caldo. «A casa

    Sentendo la pressione delle sue mani strette intorno alle proprie, il calore del suo corpo così vicino, lei sentì ogni residuo di orgoglio abbandonarla. Terrorizzata dalla propria debolezza, scoppiò in lacrime e si aggrappò a lui.

    Stringendosela contro il fianco, Alex richiuse la porta lasciando fuori il mondo esterno e il freddo.

    È stato tutto un errore terribile, Liz, le disse il cuore. Non lo hai forse saputo per tutto il tempo? Lui è tuo marito, e adesso è a casa.

    Per la prima volta dopo mesi e mesi, la Terra aveva ripreso a girare sul suo asse.

    «Sei davvero tu, in carne e ossa» sussurrò lui mentre le asciugava le lacrime con le dita. Liz era convinta che non avrebbe mai più sentito le sue carezze, mai più...

    Alex abbassò il viso e la baciò.

    Quante notti Liz aveva sognato che la baciasse? Quante volte aveva sognato la sua bocca sensuale premuta contro la propria, le sue grandi mani che le prendevano il viso, le sue labbra intente a baciarle la fronte, gli occhi, il collo? Liz si strinse a lui più forte che poté, temendo che potesse sparire da un momento all’altro come tante volte era successo nei suoi sogni.

    Ma questa volta Alex era reale. Un milione di domande si rincorsero nella sua mente, ma non le espresse. Per il momento le bastava abbandonarsi alle sensazioni che stava provando, e che le stavano dicendo che tutto quello che aveva pensato di suo marito nei mesi passati era inequivocabilmente, decisamente, sbagliato. Nonostante i fatti. Nonostante la sua confessione. Nonostante il modo in cui era uscito dalla sua vita e l’aveva chiusa fuori dalla propria.

    Alex. Suo marito.

    Ma le cose non erano così semplici. Aveva fatto molta strada negli ultimi sei mesi, più di quanta lui non immaginasse. Non aveva avuto scelta. «Cosa ci fai qui?» gli sussurrò scostandosi.

    «Sono venuto per te.» Alex la prese per mano e la condusse nel cono di luce di una lampada. «Per vederti.» Il suo sguardo passò dal suo viso alla rotondità del suo ventre. Lo accarezzò come se volesse salutare il suo bambino e, di fronte a quel gesto così intimo, lei chiuse un attimo le palpebre.

    «Tutto questo mi è mancato molto» le disse lui guardandola dritto negli occhi; e, in quel momento, la sua espressione era così serena e distesa che a lei sembrò di avere di nuovo di fronte il ragazzo di cui si era innamorata dodici anni prima.

    «Sai di che sesso è?»

    «No» rispose Liz con la voce che le tremava. Aveva lottato duramente per sradicare il senso di irrealtà che aveva dominato la sua esistenza negli ultimi mesi, e adesso tutto le sembrava di colpo surreale.

    Lui la stava scrutando da capo a piedi lasciandola senza respiro, rievocando in lei ricordi che aveva disperatamente cercato di dimenticare. Alex dopo un incendio, sano e salvo. Alex a letto, che allungava una mano verso di lei e poi faceva l’amore...

    «Ti sei tagliata i capelli» le disse accarezzandole le bionde ciocche arruffate. «Stai bene. Mi piaci. Avanti, vieni a sederti. Sembra che tu abbia visto un fantasma.»

    Riprendendo il controllo di sé, Liz sbottò: «Non mi muovo di qui finché non mi avrai detto come mai un uomo che dovrebbe essere in prigione adesso si trova qui».

    «Hai ragione di essere sorpresa.»

    «Più che sorpresa!»

    Alex si guardò intorno nel soggiorno e si tolse il giaccone, rivelando una camicia nera che lei non gli aveva mai visto. Gli stava stretta ed era corta di maniche, notò; poi lui vide il gatto che, accucciato sulle zampe posteriori, lo stava fissando coi suoi occhi azzurri a mandorla e, prendendolo in braccio, esclamò: «Sinbad, vecchio diavolo! Come stai?».

    La bestiola strusciò la testa contro il suo mento in una dimostrazione di affetto e fiducia, e Liz pensò che per un gatto la vita era molto più facile.

    Alex posò Sinbad a terra e il giaccone sopra lo schienale di una poltrona. Fissò un attimo il camino spento, poi la guardò e le disse con un tono gentile: «Ancora non accendi il fuoco nel camino, vero?».

    Liz si strinse nelle spalle. Alex si diresse alla porta con quella grazia inconsapevole che prima di tutto il resto l’aveva attratta ai tempi della scuola. Lei era una timida matricola, allora. Alex la star della squadra di basket, il ragazzaccio locale di quattro anni più grande di lei. Ed era stato amore a prima vista.

    Lui chiuse a chiave la porta e accostò tutte le tende chiudendo fuori la notte nera e senza luna.

    Da cosa, o da chi, si stava nascondendo?

    Dopo essersi arrotolato le maniche della camicia, la guardò di nuovo. Era più controllato, più magro di qualche mese prima, ma ancora incredibilmente intrepido e simile all’uomo che lei aveva giurato di amare per l’eternità.

    «Perché mi stai fissando a quel modo?» gli chiese.

    «Perché non riesco ancora a credere di essere qui. Pensavo che non ti avrei più rivista.» Le si avvicinò e le disse: «Ci sarà un nuovo processo».

    Liz provò un senso di sollievo incredibile. Le gambe presero a tremarle, e tutto quello che riuscì a pensare fu che un nuovo processo significava che dovevano essere saltate fuori nuove prove, che nel primo ci dovevano essere stati degli errori.

    «Ti prego siediti, prima di cadere a terra» le disse Alex prendendola per un braccio.

    Lei si lasciò andare finalmente su una poltrona. «Sto bene» lo rassicurò, contenta che lui facesse un paio di passi indietro. Pensare con lucidità in sua presenza non le era facile, e ancor meno formulare dei pensieri coerenti quando fra loro c’era un contatto fisico.

    Un nuovo processo?, rifletté finalmente. Come poteva essere? Sapeva che il caso di suo marito era stato sottoposto alla giuria due giorni prima. La radio e la televisione si erano occupate di poco altro, i giornali non avevano fatto che proporre di chiuderlo in prigione e buttare via la chiave. Lei si era rifiutata di guardare o leggere qualsiasi cosa riguardasse il processo. Cosa poteva aspettarsi, dal momento che lui aveva confessato?

    No, Alex l’aveva chiusa fuori dalla sua vita e ormai faceva parte del suo passato.

    Lui spostò un’altra poltrona in modo da sedersi di fronte a lei, si posò le mani sulle gambe e si tese in avanti. «La giuria non è riuscita a raggiungere un verdetto» spiegò.

    «No?» ribatté attonita lei.

    Alex scosse la testa.

    Liz intrecciò le mani in grembo. Quella vecchia casa era sempre fredda, e la tensione che le aveva stretto il petto la stava facendo rabbrividire.

    «Come può essere, dal momento che hai confessato?»

    «Il mio avvocato è stato molto bravo.»

    «Vale a dire?»

    «Gli avevo chiesto di non montare una difesa, ma lui ha detto che non lo poteva fare perché la cosa avrebbe creato i presupposti di un annullamento per vizio di procedura. Ha prodotto una serie di testimoni, insinuato abbastanza dubbi sul modo in cui era stata ottenuta la mia confessione, e raccolto delle prove sufficienti a gettare il seme del dubbio nella mente di alcuni giurati. Il procuratore distrettuale ha deciso che ci sarà un altro processo e mi ha concesso la libertà provvisoria.»

    Mentre cercava di assimilare tutte quelle notizie, Liz prese a tremare come una foglia. Alex si alzò, prese il suo giaccone e glielo mise sulle spalle.

    «Allo sceriffo Kapp è venuta la bava alla bocca» riprese. «Mi ha detto che mi starà alle costole. È per questo che sono venuto qui. Per avvertirti. È necessario che forniamo la stessa versione dei fatti. Kapp farà di tutto per uscirne a testa alta. Tra poco ci saranno le elezioni, e lui farebbe qualsiasi cosa per essere rieletto.»

    Il giaccone aveva ancora il suo calore, e Liz se lo strinse maggiormente addosso. «Vuoi che menta per te?» gli chiese.

    Lui aggrottò le sopracciglia. Lei si rese conto di aver nutrito la speranza che fosse successo un miracolo, che Alex fosse innocente e che qualche membro della giuria se ne fosse reso conto.

    «Non è cambiato niente...» sussurrò.

    «È cambiato tutto, invece» ribatté lui sedendosi di nuovo. «Pensavo che tu fossi al sicuro, ma purtroppo adesso non lo sei più. È questo che sono venuto a dirti. È per questo che sono venuto qui.»

    «Voglio che te ne vada. Subito.»

    Lui la guardò sconcertato. «Come puoi...»

    «Non hai il diritto di venire qui, e cercare di farmi sentire...»

    «Sentire come?» la interruppe lui.

    Liz borbottò qualcosa di incomprensibile.

    Alex si alzò di scatto. «Immagino che questo spieghi la richiesta di divorzio che mi hai spedito in prigione» le disse gelido.

    «Uccidendo mio zio hai ucciso anche noi» ribatté Liz posandosi una mano sulla pancia. «Hai ucciso tutto quello che provavo per te. E il nostro futuro. E lo hai fatto per i soldi. Era il suo denaro la ragione per cui mi hai sposata? Lo zio Devon aveva ragione su di te?»

    Alex rimase a fissarla con uno sguardo glaciale, i pugni stretti. Lei ne ebbe quasi paura. Rimase immobile sulla poltrona trattenendo il respiro, finché lui non le si inginocchiò accanto.

    «Tu sai perché ti ho sposata» le disse con la voce che gli tremava per l’emozione. «Nel tuo cuore sai benissimo che la ragione per cui ti ho sposata non ha

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