Surfisti
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Info su questo ebook
Un thriller noir che si snoda lungo le buie strade italiane.
Surfisti è stato pubblicato per la prima volta dalla Effedue Edizioni di Piacenza nel 2001. Questa è la versione rimasterizzata nel 2021.
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Anteprima del libro
Surfisti - Fabio Paoletti
Capitolo 1
" la mia età è un fuoco freddo
nato qui, vivo e non credo in niente, credo in niente"
(Senza vento, Timoria)
" Hey Mama! Look at me!
I’m on the way to the promised land
I’m on highway to hell."
(Highway to hell, AC/DC)
" We are wasting our lives...
… Modern Times..."
(Modern Times, Extrema)
Verde
Verde. Sfumature di verde. Quante sfumature di verde esistono? Voi quante ne vedete? Quante ne avete viste? Io le vedo tutte. Vedo solo quello.
Ho una malformazione alla retina. Acromatopsìa. Acromatopsìa totale. Vedo tutto dello stesso colore. Esiste il chiaro e lo scuro. Niente giallo, rosso, azzurro e viola.
O chiaro o scuro.
O tutto verde.
Basta scegliere. Così mi disse il dottore ad otto anni. Odioso in quel suo camice verde chiaro, macchiato di verde caffè vicino alla tasca piena di penne colorate che andavano dal verde sabbia di mare al verde cielo. Una, quella che gli rubai, era di un acceso colore verde sangue. Impossibile resistere alla tentazione.
Ricordo il dottore chinato a scrutarmi negli occhi con una lampadina fatta di luce accecante. Il suo alito puzzava di biscotto e caffelatte. Disgustoso. Ero pronto a vomitargli nel taschino del camice, quando la penna verde sangue attrasse la mia attenzione. Mi dimenticai del vomito e disegnai nella mia mente un semplice ma audace piano di furto. Non la faccio tanto lunga, sappiate solo che alla fine nella tasca del dottore è apparso il vomito e nella mia e finita la penna. Uno stupido gioco figlio della noia. Piccola evasione da una quotidianità fatta di ambulatori, dottori, infermieri e specialisti della specialità. Una penna verde sangue rubata ed una carriera iniziata. La più classica delle storie, se lo è, la storia di una persona monocromatica. Monocromatico. Non è un suono brutto. Mono. Meglio mono che poli. Policromatico, poliedrico, politico, poliomielitico. Meglio mono, lo preferisco.
Una penna verde sangue ed io sono diventato un grande ladro fino ai diciassette anni poi è successo. Aggiungi il furto finale
È successo che ero in riformatorio e mi hanno accoltellato. Sono sopravvissuto e questo non è mirabile visto che la ferita allo stomaco non era profonda più di cinque centimetri. Brutta da vedere ma per niente profonda. Per la mia persona quella coltellata ha avuto lo stesso effetto della penna del dottore. Per Vincenzo, il mio assalitore, invece sì che ha avuto effetti strepitosi.
Gli ho sfondato il cranio con la sua radio stereo una notte di luna piena.
La vista del mio sangue non mi ha mai impressionato, figurati se poteva farlo quello del Vincenzo. Sono solo sfumature di verde. Quel giorno ho capito cosa fare nella vita.
Uccidere è difficile a causa dell’estetica stessa dell’omicidio. Una testa aperta a martellate, una gola tagliata, un colpo di pistola in bocca. Tutte immagini forti che possono far perdere la concentrazione o terrorizzare. Per me è facile, sono tutte sfumature di verde. Non vedo una gran differenza. Vengo anche pagato.
Sembra che sia arrivato il momento. Il mirino della mia carabina Sako TRG-21, un gioiello della hi-tech finlandese, sta inquadrando l’obiettivo. Lo seguo mentre fa manovra. Non mi stacco da lui. Devo essere lui. Devo diventare lui. Ecco ancora in istante. Perfetto. Ora sono lui.
Non so chi sia, né come si chiami. Di sicuro non sarà un bambino o una gestante. Niente persone sotto i diciotto anni e niente donne incinte. È una delle poche regole che ho stabilito durante la mia carriera. Chi mi conosce lo sa.
Ora la macchina è ferma.
Scendono in due. Il primo è l’autista. Corporatura media, vestito con un paio di jeans che non vedono la lavatrice da settimane ed una camicia a righe aperta su un medaglione di bronzo appeso ad un collo ricoperto di peli. Gli occhi sono nascosti da un paio di larghe lenti da sole. Nella mano sinistra oscillano le chiavi della macchina, dalla destra pende una pistola automatica Desert Eagle calibro 50. Scenografica ma scomoda. Il secondo non porta occhiali da sole e comprime un revolver in acciaio fra la cintura dei pantaloni di velluto e il ventre obeso. È mancino. L’impostazione del calcio della pistola parla per lui.
Costeggiando la Lancia Thema con la quale sono arrivati, si avvicinano al mio bersaglio principale: la persona, mi chiedo se sarà un uomo, chiusa nel bagagliaio.
Ma sono, anzi siamo , in attesa di qualcun altro.
Dalla mia postazione, il quinto piano di uno scheletro di cemento mai ultimato, non riesco a scorgere cos'altro c’è nel magazzino. Il capannone che sto osservando dall’alto verso il basso, si è ridotto ad una sola finestra. I vetri rotti appesi al telaio di ferro corroso sono il mio passe-partout con il quale raggiungere i personaggi di questa strana telenovela.
È arrivata un’altra vettura. Deve aver usato un'entrata diversa dalla prima. Il portone da cui è passata la Thema è sotto il mio campo visivo. C’è un altro accesso e mi pento di non aver controllato prima. Pazienza. Vorrei sentire il fumo di una Camel bruciarmi la gola ma non posso. Ho deciso di smettere di fumare e non tornerò indietro. La voglia però rimane ed è come una lama infuocata fra le costole.
La seconda auto è una Fiat Brava. Scendono tre persone, il guidatore, il navigatore e il terzo, in completo elegante, esce dallo sportello posteriore con in mano una valigetta di pelle. Tutti barricati dietro occhiali da sole e baffi. Il navigatore ha in mano una mitraglietta Uzi. Sono tutti molto plateali e convinti della loro parte. Attori di una soap-opera sbiadita e già vista. Stanno bene loro.
Un saluto appena accennato. Il panzone della Thema guarda nella valigetta e fa un cenno all'uomo col medaglione. Non vedo il contenuto ma non mi importa. Il medaglione oscilla sopra il