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Quasi un diario...
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E-book152 pagine2 ore

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Info su questo ebook

Nata a Milano nel 1958, scrive e dipinge da quando aveva 7 anni. Si sposa due volte senza fortuna, lei stessa dirà che la cosa più importante e bella del suo primo matrimonio sono i figli, mentre per quanto riguarda il secondo marito dal quale è fuggita costretta dalla violenza dello stesso, afferma che deve ringraziarlo per aver capito di amare più gli animali con la coda dietro che quelli con la coda davanti. Vive a Bée, un piccolo paese in provincia di Verbania, dove si sente "finalmente a casa".
LinguaItaliano
Data di uscita30 set 2021
ISBN9791220357227
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    Anteprima del libro

    Quasi un diario... - Mirella Michela Bernini

    Il vigile maiale

    Il signor Pietro si diede un'altra occhiata allo specchio, notò con la coda dell'occhio se la moglie era nei pressi, ed esplose con la solita frase: Mamma, perché mi hai fatto così bello?. Come aveva previsto, la moglie si stizzì... quelle frasi la seccavano, le riteneva insulse e piene di narcisismo, peraltro inutili, perché il marito era bello davvero.

    Ci pensò la bimba a evitare l'alterco: Andiamo, papà?

    Di domenica, se era libero dal servizio, al signor Pietro piaceva immensamente portare la figlia a fare un giro per Milano, lasciarle dare il mais ai piccioni, farsi tiranneggiare un po' coi suoi piccoli ricatti: Mi compri la cicca?, Sai che la mamma non vuole..., ... e io mi siedo per terra!. E lui cedeva! Ma tanto avrebbe ceduto ugualmente. La sua secondogenita era quella che preferiva, quella che lo adorava. Una bambina taciturna, con le antenne sempre ritte... sensibile ed introversa, ma capace di azioni che lo lasciavano interdetto, come quella volta che si era tagliato e lei gli aveva ripulito la ferita con un fazzoletto bagnato, senza dir nulla e senza arretrare alla vista del sangue. Una bambina di cinque anni che amava la poesia. Un giorno la moglie aveva letto un'ode dal Corriere della Sera e lei ne era rimasta affascinata.

    Vincendo la timidezza che le faceva evitare molti contatti con la madre, l'aveva pregata di rileggerla. Non era una poesia adatta ad un bambino, ma guardandola il signor Pietro s'era accorto che gli occhi di sua figlia brillavano, poi lei gli aveva confidato: Un giorno scriverò poesie..., e lui non l'aveva messo in dubbio, ma contemporaneamente aveva avvertito un brivido. La sua bimba che donna sarebbe stata? Avrebbe portato con sé, durante gli anni, quella timidezza, quella sensibilità che poteva esporla al rischio di soffrire? E quale uomo avrebbe conquistato quella testina che già pensava tanto a cinque anni? E sarebbe stato un uomo degno? Per la prima volta il signor Pietro affrontò il pensiero che un giorno quella bimba che ora si appendeva alla sua mano sarebbe stata donna, che non l'avrebbe più chiamato al mattino di domenica per fare il giretto in centro... anzi, forse avrebbe atteso la telefonata di un estraneo. Corrugò la fronte al pensiero del giovane che gliela avrebbe portata via, perché i padri sono così: non riescono del tutto ad accettare che la figlia li lasci, che preferisca a loro un altro, seppur fidanzato, seppur marito. Dove l'aveva letto? Freud, forse... Rise tra sé e sé... non voleva diventare un padre geloso, caspita! Però...

    Salendo in auto esordì: "Ora ti recito una filastrocca, vediamo se la impari subito:

    Un giorno il Calabrone

    andando in bicicletta

    pregò la Luccioletta

    di fargli da lampione.

    Ma il Vigile Maiale

    che stava di fazione

    gli fe’ contravvenzione

    scrivendo sul verbale:

    LA LEGGE NON PERMETTE,

    PER SUE QUESTIONI INTERNE,

    SU CARRI E BICICLETTE

    LUCCIOLE PER LANTERNE!

    Ti piace?"

    La bimba rise, se la fece ripetere, poi la recitò senza sbagliare una virgola. Il signor Pietro storse il naso... pure intelligente, chissà quanti pretendenti, un giorno!

    Intanto erano arrivati all'incrocio, e il signor Pietro frenò automaticamente, aspettando il segnale di via libera del vigile, quando la bimba si riscosse, e tutta felice, a voce altissima, urlò: Papà, papà... è quello il Vigile Maiale?

    Il signor Pietro sbiancò, rivolse un sorriso di circostanza al vigile che aveva sentito e guardava lui non proprio benevolmente, alzò le spalle e spiegò, mentre gli passava accanto: ha cinque anni... sì sì, come no? rispose il vigile.

    Durante il breve tragitto spiegò alla bimba che dare del maiale ad una persona non era un

    complimento, ma lei lo guardava interrogativamente: Allora perché mi hai insegnato la filastrocca? Cosa risponderle? Che con quella sciocca poesiola voleva destare iblei la bambina?[y1] Che si era quasi spaventato a vederla affascinata davanti ad una poesia di D'Annunzio? Difficile dirglielo, ma lei lo sapeva già Vuoi farmi sembrare una dell'asilo? Poi

    tornò seria seria a guardarsi intorno.

    Sì, si disse il signor Pietro con rammarico, diventerà una donna singolare e la perderò... Forse l'ho già persa, ma diamine: È MIA FIGLIA!

    E d'improvviso si sentì felice.

    La ragazza del lago

    La mattina si presentava sotto i migliori auspici: il clima era caldo al punto giusto, una leggerissima brezza accarezzava le onde del lago... Il traghetto stava arrivando in quel momento e Roberto restò ad osservare le manovre d'attracco, pensando che erano sempre uguali, non erano cambiate da quando se n'era andato tanti anni prima. Due cigni poco lontano emisero il loro orrendo verso: creature tanto eleganti e parecchio stonate, per un capriccio cattivo della natura, che da un lato regala e dall'altro ruba. Un raggio di sole lo colpì al volto e Roberto istintivamente si girò, non era più abituato alle celie di quel sole lacustre, che aveva amato e poi detestato al punto di fuggire, con la scusa di cercare lavoro e fortuna in una terra che, tutto sommato, non gli aveva dato quasi nulla. Oh, sì! Aveva trovato lavoro, era emerso, ma non solo grazie alle sue capacità delle quali ora dubitava... il matrimonio con Karen lo aveva portato ai vertici dell'azienda del suocero e si era fatto onore, ma si domandava se fosse stata la stessa cosa se non avesse sposato la figlia del principale. Pensò alla sua splendida moglie, ora invecchiata come lui, ma sempre elegante e impeccabile, mai un capello fuori posto, mai un'unghia rotta, mai che l'avesse vista con un abitino da casa, né con un grembiule da cucina. Del resto non ne aveva bisogno, nella loro dimora in Canada stipendiavano uno stuolo di personale che si occupava di tutto: cucina, pulizie, riparazioni... Roberto ripensò al periodo in cui, da ragazzo, era lui a riparare lo scarico del lavandino intasato, a potare gli alberi del piccolo giardino dei genitori, a vangare l'orto insieme a suo padre e raccoglierne i frutti. Quella vita che lo aveva stancato al punto di andarsene, ora riemergeva dai ricordi, struggente come non mai, bucava il suo cuore nello stesso modo in cui l'aveva bucato nel piccolo cimitero, davanti alla tomba dei genitori che erano spariti senza più rivederlo se non nelle foto che lui inviava in Italia.

    Si affacciò sul lago, e l'acqua gli rimandò la sua immagine deformata dallo sciabordio delle piccole onde: un uomo di 65 anni, dalla pelle chiara e dai capelli ormai bianchi... la confrontò con l'immagine dei suoi ricordi: capelli bruni, sempre spettinati, colorito abbronzato dal sole, muscoli elastici. Che differenza da allora, e non solo per il tempo trascorso! Si pentì di essere tornato, i ricordi fanno male e lo sapeva, ma qualcosa l'aveva spinto a prendere quell'aereo, a raggiungere il fratello e i suoi luoghi d'origine, con la scusa di sistemare una volta per tutte l'eredità dei genitori... ma ora tutto il passato gli era saltato addosso, come se l'avesse sempre aspettato, e Roberto provò un senso di soffocamento, forse di panico.

    Si alzò dalla panchina sulla quale si era lasciato cadere, era quasi l'ora dell'appuntamento col fratello. I ricordi non volevano andarsene, e ancora una volta si detestò per non aver tenuto contatti più stretti coi suoi familiari.

    Quella rabbia che lo aveva spinto così lontano aveva annebbiato tutto ciò che sino ad un certo momento era stato importante... aveva saputo vagamente che il fratello si era sposato, ma non aveva neppure chiesto il nome della cognata, o se aveva avuto figli, forse non voleva provare assurde gelosie. Già, lui non era diventato padre, e proprio per colpa sua: la Ferrari regalatagli dal suocero, che lui guidava sempre al limite della temerarietà, un giorno non aveva tenuto la strada, forse a causa del ghiaccio, forse della sua stupidità. Si erano risvegliati in ospedale, lui e Karen, miracolati, a dire dei medici... ma mentre lui aveva subito la frattura di un braccio e di un perone, Karen aveva ferite molto più serie, e una volta uscita dal coma, le era stato detto che aveva perso il bimbo che da poco portava in grembo e non avrebbe più potuto concepirne altri. Ricordava ancora la sentenza, le lacrime di Karen che si stringeva a lui, chiedendogli perdono di non potergli dare figli... LEI A LUI! Lui che aveva tutta la responsabilità dell'incidente! Aveva abbracciato la moglie con tenerezza... no, non l'aveva sposata per amore, sebbene la bellezza e l'intelligenza di Karen l'avessero colpito, ma ora non poteva restare indifferente all'amore infinito che lei gli donava. Amore, già... quella cosa che ti distrugge, per la quale faresti ogni pazzia e che spesso ti lascia con l'amaro in bocca... un'indigestione che, una volta passata, finisce in vaga nausea. Questo aveva sempre pensato dell'amore, da quando aveva lasciato la sua terra e, in un certo senso, Barbara. In un certo senso, sì, perché dopo il loro amore travolgente, Barbara un giorno era sparita... aveva chiesto di lei agli amici, che sbigottiti non ne sapevano nulla: scomparsa e basta. Poi si era spinto sino a casa dei genitori di lei, aveva suonato il campanello conscio del fatto che il padre non lo vedeva di buon occhio, e infatti l'uomo l'aveva accolto con stizza, dicendogli brutalmente che la figlia non c'era e non ci sarebbe stata più, che era stata felice di entrare in un lussuoso collegio e lui doveva evitare di cercarla, Barbara meritava di meglio! Da lì quella rabbia, un'offesa al suo orgoglio: perché Barbara non gli aveva detto che lo lasciava, che preferiva la vita da collegiale? Non una parola, non uno scritto, da parte sua... e Roberto aveva iniziato a detestare il paese, il lago, a pensare come e dove andarsene.

    Una voce che riconobbe subito lo riscosse dai suoi pensieri: A parte la criniera, non sei cambiato affatto!

    Si voltò e Carlo, il fratello, gli aprì le braccia... si strinsero con emozione, anche se il suo disagio era palpabile.

    Roberto allontanò da sé il fratello, scrutandolo incuriosito... lui no, non era cambiato per niente: conservava sorprendentemente quei capelli castano scuro, interrotti solo da qualche filo bianco, e il volto era tuttora liscio sebbene maturo. Ma lo sorprese il luccichio degli occhi: Carlo era indubbiamente felice! Avvertì una leggerissima punta di invidia, scoprendo a chiedersi se lui poteva affermare la stessa cosa.

    Vieni, ho prenotato un tavolo... mi spiace che tu non voglia venire a casa, mia moglie è una cuoca sopraffina, ma rispetto la tua scelta.

    Vero, Carlo non aveva mai giudicato nessuno, accettava sempre le idee altrui anche quando non le approvava... molto diverso da lui che perorava le sue cause a testa bassa e a volte si imbastiva in discussioni interminabili. Carlo lo aveva invitato a trascorrere il periodo in cui sarebbe rimasto sul lago nella casa dei genitori che ora abitava con la sua famiglia, ma Roberto aveva ricusato categoricamente l'invito, spiegando che non se la sentiva di affrontare i ricordi. Capì in quel momento che, per essere sinceri, non aveva il coraggio di trovarsi davanti ai rimorsi. Già, perché la sua era stata una fuga vile... per una delusione, sebbene cocente, aveva mollato i genitori che avevano bisogno anche di lui, e mai una volta da oltre oceano aveva chiesto se potessero essere in difficoltà, se avesse

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