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Ogni inizio è solo un seguito
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E-book288 pagine4 ore

Ogni inizio è solo un seguito

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Info su questo ebook

Mentre Julia e Luisa trascorrono una piacevole vacanza a Chiavari, in Liguria, l’annuncio della visita improvvisa di Isabelle, che in viaggio dalla Bolivia ha una proposta per Julia, dà occasione a quest’ultima di fare i conti con i ricordi e i significati di quella che per lei è stata la “sua prima vita”: i trentacinque anni trascorsi tra Cochabamba e le Ande, nel suo paese natale, la Bolivia, prima di sposare Mauro e trasferirsi definitivamente in Italia.
I ricordi evocati spaziano tra i paesaggi boliviani e un amore complicato, e col filo rosso di suggestioni poetiche che accompagnano i dialoghi, si ricompongono le relazioni tra Julia e i personaggi, si dipanano i nodi, intravedendo nuove, insospettate possibilità. 
LinguaItaliano
Data di uscita1 ott 2021
ISBN9788855391627
Ogni inizio è solo un seguito

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    Anteprima del libro

    Ogni inizio è solo un seguito - Laura Valera

    PREFAZIONE

    Ci sono luoghi che fanno parte dell’immaginario personale, li portiamo con noi, ci appartengono. Così è per me la Bolivia. Delle due sorelle di mia mamma, una è missionaria in Bolivia e la mia infanzia è stata accompagnata dai racconti che lei faceva, quando periodicamente tornava in Italia, a tutta la famiglia, ai parenti e spesso anche alla comunità in cui vivevamo allora. Erano occasioni in cui la casa si trasformava in una specie di cinema, con convenuti assiepati in ogni cantuccio disponibile, per vedere insieme, rigorosamente al buio, la fiumana di diapositive che la zia commentava appassionatamente, per spiegare come viveva la gente là e immergerci nell’atmosfera boliviana.

    E poi ricordo le sue lettere, che mia nonna leggeva, ad alta voce, a me e mia sorella, sedute attorno a lei in religioso silenzio, quasi come un rito.

    Mi affascinavano quelle narrazioni, che sembravano incarnarsi e dare un’anima ai tanti oggetti che trovavo per casa: statuette di lama che abbellivano le mensole di mia nonna, un bracciale intagliato d’argento, che mia mamma metteva la domenica, il poncho di alpaca regalato a me, intonato al cappello di lana grezza e ruvida col paraorecchie, la tovaglia variopinta tessuta a mano, sul tavolo in sala e così via. Quei racconti e quegli oggetti aprivano la mia mente a diversi modi possibili di vivere, relativizzando le mie abitudini quotidiane di bimba.

    Forse in quelle emozioni, che rivivo ripensandoci, c’è il seme della curiosità verso le altre culture che mi ha portato, se non a viaggiare, a intessere amicizie con persone provenienti da luoghi altri: occasioni straordinarie per ampliare la mia mappa del mondo, addentrandomi in modi diversi di rappresentare la vita.

    Ogni persona è un mondo e noi siamo chi incontriamo.

    Così è nata questa storia, di cui invano si cercherebbero tracce nella realtà, e al cui cuore c’è un dialogo, una relazione tra due amiche. Una di loro, Julia, la protagonista, ha vissuto una parte della sua vita in Bolivia e l’altra in Italia. Fa da cesura la sua scelta di lasciare il proprio paese, per vivere in quello dell’uomo che ha conosciuto in Bolivia e sposato. Ma le scelte, specie quelle radicali, forti, di rottura, non nascono mai a caso. Ogni inizio è solo un seguito, come suggerisce la poetessa polacca Zymbroska, e un’altra scelta è al centro della vita di Julia.

    Ma tutto quel che si vive non si perde, e continua a lavorare dentro, nel magma sotterraneo che ci abita e per vie spesso sorprendenti si trasforma per tornare poi allo scoperto, molto oltre; come certi fiumi che percorrono tratti sotto terra e poi riaffiorano altrove, così è per Julia.

    Le possibilità non sono infinite, ma si può scegliere la parte da giocarsi.

    CAP 1 Chiavari. Luglio 2019

    L’aria è ancora fresca, profuma di iodio e il suono delle onde accompagna lieve le poche parole che Julia e Luisa si scambiano in questa mattinata estiva; stanno sedute comode in due poltroncine di vimini, avvolte da morbidi cuscini colorati, intorno al tavolino più appartato del bar, nella piazzetta dei Pescatori, là dove termina la passeggiata a mare.

    Si sono alzate presto senza la sveglia, tanta è la voglia di viversi appieno questa insolita vacanza e la camminata del mattino è il loro rito, che le carica di energia per il resto della giornata.

    È un caldo giorno di luglio, che il sole, ormai alto nel cielo, promette sereno e torrido.

    Solo al mattino è un piacere camminare, o a tarda sera, perciò la gran parte del tempo la dedicheranno alla vita da spiaggia: sole, bagni, inframmezzati da pause sotto l’ombrellone e da una probabile pennichella dopo pranzo, nella fresca casa della nonna di Luisa, a pochi metri dal mare.

    Julia è la prima volta che soggiorna a Chiavari, nel golfo del Tigullio, riviera ligure di levante, per Luisa invece è un’abitudine consolidata e ininterrotta da quando, bambina, vi trascorreva l’intera estate affidata alle cure della nonna. Ogni volta tornarci è per lei riallacciare il filo con l’infanzia: ritrova la gioia spontanea del corpo libero e leggero nell’acqua, e persino attraverso i sapori riannoda quel legame coi ricordi: la focaccia appena sfornata, irrinunciabile un pezzetto al giorno, i pansotti in salsa di noci, le trofie al pesto e la farinata di ceci. Nel poco tempo che trascorreranno qui vorrebbe che anche Julia assaporasse alcune di queste prelibatezze.

    Sono amiche da quasi vent’anni Luisa e Julia, dal loro primo incontro sulla porta della scuola materna, ciascuna col proprio figlio per mano: si sono sorrise e subito si sono piaciute.

    Sarà per via di quel loro sentirsi entrambe un po’ straniere, le altre mamme invece si conoscevano tutte, e c’era tra loro chi ingannava il tempo dell’attesa rispolverando ricordi dei tempi della scuola frequentata insieme.

    Luisa e Julia, infatti, abitavano da poco in quel piccolo paese della Valcuvia, vuoi per scelta, vuoi per i casi della vita, ed entrambe si erano innamorate del verde della valle, incuneata tra Luino e Laveno, nell’alto varesotto, appartata e marginale rispetto ai più noti itinerari turistici.

    Le accomunava inoltre la decisione, indotta in parte dalle circostanze, di staccare con la loro vita precedente per dedicarsi a tempo pieno alla cura dei figli piccoli; giorno dopo giorno, avevano cominciato a frequentarsi e, mentre i loro figli giocavano, condividevano le rispettive inquietudini di mamme casalinghe, strette tra il piacere di disporre del proprio tempo e l’insoddisfazione di sentirsi private di un lavoro che le rendesse riconoscibili professionalmente, e non solo un’ombra, come spesso si sentivano di fronte agli altri.

    Avevano molti interessi in comune, entrambe erano state insegnanti e amavano la lettura, eppure erano anche così diverse! Luisa aveva vissuto a Milano prima di trasferirsi in Valcuvia, mentre Julia, nata a Cochabamba, in Bolivia, viveva in Italia da quando si era sposata, a trentacinque anni d’età.

    Adesso però, da quel loro primo incontro alla scuola materna, di anni ne sono passati su per giù una ventina e Julia, che ne ha compiuti da poco cinquantaquattro, è felice di trovarsi qui con Luisa, in questo mirabile angolo di mondo, così diverso e lontano dai luoghi della sua infanzia.

    La Bolivia infatti non ha confini sul mare! E se i modesti rilievi boscosi della Valcuvia le ricordano un paesaggio vagamente famigliare, la distesa del mare, infinita allo sguardo, è per lei un’insolita meraviglia che la lascia incantata, in ammirato silenzio.

    Era già stata un’estate in Liguria, con Mauro e i due figli, ma erano passati molti anni da allora; per le vacanze di famiglia hanno poi quasi sempre optato per la montagna, che sia lei che suo marito sentono più nelle loro corde, o forse è solo questione di abitudine, in fondo anche ai paesaggi ci si abitua, e se ne diviene parte, così che nemmeno ci si stupisce più e li si abita, come si abita il corpo, senza accorgersene quasi.

    Per Julia quindi il mare è uno spettacolo inconsueto e favoloso, come il profumo dell’aria, qui così asciutta, calda, che le viene naturale scoprirsi le spalle, lasciare la pelle libera di accoglierne il soffio e assorbire il calore. È così diversa dall’aria densa di umidità di Santa Cruz, o di quella fine, pungente di Chivimarca, a 3600 metri d’altezza sulle Ande.

    Le c’è voluto qualche giorno per adattarsi, specie alla vita da spiaggia, ma questa passeggiata lungomare al mattino presto, fin dal primo giorno di vacanza, non l’hanno mai trascurata, con la colazione rifocillante alla fine, in assoluto relax, presso quello che ormai è diventato il loro posticino: a pochi metri dalla spiaggia, il tavolino più appartato del bar della seicentesca casa Gottuzzo, nella piazzetta dei pescatori.

    «È un paradiso! Non avete mai pensato di trasferirvi a vivere qui, tu e Marco, quando sarete in pensione?»

    «Già è magnifico, io sto molto bene a Chiavari, ma Marco proprio non ama il mare, soprattutto in estate, non sopporta il caldo, la vita da spiaggia, la sabbia e i sassolini che gli si attaccano in mezzo alle dita! Lui ha scelto di vivere a Cuveglio e lì vuole rimanere per sempre, lo ripete spesso, e ogni volta che gli propongo di venire qualche giorno qui avanza delle scuse e alla fine mi convinco a venirci da sola o con qualche amica, come adesso.»

    «Sì, posso capire che uno non ami stare sotto il sole ad abbrustolirsi la pelle, ma ci sono momenti della giornata, come ora, in cui l’aria è fresca anche d’estate, e una vista così definirla stupenda è ancora poco! Io ci passerei la vita seduta a guardare il mare, con le sue infinite sfumature che si perdono nel cielo e sarebbe un posto in cui mi piacerebbe davvero trasferirmi, quando Mauro smetterà di lavorare.»

    «Non manca molto, vero?»

    «No infatti, due o al massimo tre anni, ma devo ammettere che faccio fatica anche solo a immaginarmelo tutto il giorno a casa, nel nostro appartamento, magari i ragazzi non vivranno nemmeno più con noi; se almeno avessimo un giardino, ma dubito sinceramente che vi si dedicherebbe, non ce lo vedo proprio.»

    «Beh, comunque potrebbe essere una buona idea quella di cambiare casa e scegliere di vivere in un altro luogo, mi pare stia diventando molto comune tra gli anziani: a Chiavari ho conosciuto una coppia di americani che si è trasferita qui, lasciando definitivamente l’America dove vivono i figli, che una volta all’anno vengono a trovarli in vacanza.»

    Julia guarda Luisa con attenzione, poi sorseggia il cappuccino e segue con gli occhi la barca a vela che passa al di là degli scogli. Respira lentamente, quasi volesse assaporare il profumo dell’aria in cui sono immerse.

    «Sì, mi piacerebbe trasferirmi in un posto così, vicino al mare, in una cittadina vivace; per quanto Cuveglio mi piaccia e ormai conosca quasi tutti gli abitanti, avrei però davvero voglia di cambiare e, sai come sono io, credo che riuscirei ad ambientarmi in fretta ovunque e probabilmente troverei anche qualche lavoretto, come ho sempre fatto, anche se ormai devo riconoscere che non ho più l’energia di un tempo.»

    «Tutte invecchiamo, ma finché hai un’idea da realizzare trovi un’energia e un entusiasmo pari a quando di anni ne avevi molti meno, con la ponderatezza in aggiunta, che aiuta a evitare brusche cadute. Quindi, perché no? Se nulla vi trattiene a Cuveglio, perché non trasferirvi in un posto che vi piaccia di più? In fondo la Liguria non è poi così lontana dalla Lombardia, e stai certa che i tuoi figli verrebbero a trovarvi, anche attratti da una vacanza al mare. Ma Mauro cosa ne pensa dell’idea di lasciare Cuveglio?»

    Julia ascolta rilassata, con gli occhi che vagano tra Luisa e il mare. Sono ancora pochi quelli che passeggiano a quest’ora sul lungomare, si sente il fischio dei gabbiani che volano bassi e piroettano nel cielo blu. Si gusta la pace e l’armonia del primo mattino, col profumo di brioche e caffè, sente il corpo pieno di energia, riattivato dalla camminata e indugia volentieri seduta tra i morbidi cuscini.

    È una situazione così insolita per lei, abituata il mattino a ritmi concitati, al caffè bevuto in piedi, di fretta, mentre con le mani riordina quel che trova sparso per le stanze e magari avvia anche la lavatrice o svolge qualche altra faccenda prima di sfrecciare a scuola, dove accoglie i bambini arrivati col primo turno del pulmino.

    Ma ora qui è diverso e Julia si gode appieno questa tranquillità, in cui può concedersi anche il lusso di gustare con calma i sapori della squisita colazione; non ci sono doveri da adempiere e orari da rispettare; l’unica regola che si sono date è di assecondare i loro ritmi e i desideri spontanei, senza sentirsi vincolate l’una all’altra, ma rispettando appieno l’autonomia di ognuna.

    Entrambe apprezzano la convivenza silenziosa, quel poter stare vicine senza dover per forza conversare. Ciascuna da casa ha portato con sé svariati romanzi e molto del tempo in spiaggia o dopopranzo lo passano immerse nella lettura, salvo poi raccontarsi l’un l’altra le vicende delle trame, come fossero fatti successi a loro.

    Perciò Luisa non si stupisce del silenzio di Julia dopo la sua domanda, è abituata alle pause di riflessione nel loro dialogo, che in genere procede libero, per associazioni, salti, voli pindarici da un tema all’altro. Spesso, parlare tra di loro le aiuta a dar forma e corpo a idee che prima erano solo ombre evanescenti in angoli della mente.

    E così Julia, mentre in silenzio osserva il volo dei gabbiani, pensa a come sarebbe vivere lì con Mauro, giorno dopo giorno, con la sua presenza continua al fianco.

    Sono così poche in fondo le relazioni che lui è riuscito a costruirsi in questi anni, al di fuori dei pochi colleghi con cui divide l’ufficio, che non avrebbe molti legami da spezzare se andasse via da Cuveglio.

    «Sai Luisa, a dire il vero Mauro dice spesso di voler lasciare la Valcuvia quando andrà in pensione, però lui ha un’idea precisa, ed è sempre la stessa che ripete di tanto in tanto quando cade il discorso: lui vorrebbe andare a vivere definitivamente in Bolivia, a Cochabamba per la precisione.»

    «Caspita! Non l’avrei mai immaginato, pensavo a lui piacesse molto la Valcuvia, in fondo se vi siete trasferiti qui da Rho è per una scelta soprattutto sua, questo almeno mi pareva di aver compreso.»

    «Sì, è proprio così, appena sposati abitavamo a Rho, dove lui ha sempre vissuto e all’inizio l’idea di trasferirci a Cuveglio è stata sua, affascinato dall’ambiente naturale della valle a cui lo legavano anche ricordi di infanzia; qui infatti viveva uno zio da cui veniva spesso da bambino e anche me la Valcuvia ha affascinato. E quando poi ha ottenuto il trasferimento alla filiale dell’assicurazione di Varese, abbiamo potuto trasferirci.»

    «Ma tu vorresti tornare in Bolivia o restare in Italia?»

    Luisa pronuncia la domanda con tono sommesso, guardando dritta negli occhi Julia, quasi volesse sottolineare che sono i suoi desideri e il suo volere quello che a lei importa mettere al centro del loro discorso.

    Cosa vuoi tu? è una domanda cruciale, che a loro capita di rilanciarsi l’un l’altra, di fronte ai tanti crocicchi della vita, come un monito, affinché la tengano sempre presente, senza schivarla né rimuoverla; e anche se poi la strada intrapresa non dovesse mettere al centro la soddisfazione del proprio desiderio, entrambe concordano che comunque convenga esserne consapevoli.

    A loro infatti importa non solo quello che si sceglie, ma soprattutto come lo si fa: è il livello di consapevolezza a fare la differenza.

    Cosa vuoi tu? è un quesito per nulla scontato: entrambe infatti sanno bene che il meccanismo assimilato dalle loro madri e nonne le spinge a eluderlo o perfino talvolta a viverlo come una colpa, qualora affiori spontaneo alla mente: è una domanda che non ha avuto diritto d’esistere per intere generazioni di donne prima di loro. E l’istinto di metterla ancora da parte brucia sotto la cenere, per questo porsela le aiuta a tenere aperto e vigile l’occhio della consapevolezza.

    Le parole miti di Luisa aleggiano ancora nell’aria quando arriva la cameriera a recuperare le tazze e i resti della colazione.

    La magia dell’atmosfera tranquilla e sospesa di poco prima pare svanita, Luisa e Julia, con uno scambio di sguardi, si alzano in sincronia e si avviano alla cassa del bar.

    È ora di tornare a casa a prepararsi, preferiscono infatti evitare la vita da spiaggia nelle ore più calde, il programma del pomeriggio lo decideranno poi, liberamente, assecondando i desideri del momento.

    Luisa lascia cadere la domanda, è certa che Julia l’abbia colta e se vorrà metterla sul tavolo e parlarne, sarà lei a decidere quando e come farlo, c’è un tempo per ogni cosa; eppure Luisa non riesce a fare a meno di ripensare, mentre è distesa al sole sulla sabbia, a quella rivelazione di Julia, chissà perché Mauro proprio a Cochabamba vuole andare a vivere? Quante cose non sa di Julia!

    Sono così prese a parlare del presente, di quel che succede giorno dopo giorno nelle loro famiglie e intorno a loro, da non soffermarsi mai sul passato. Luisa chiude gli occhi al sole e si rivede ragazza, pensa a Julia, si chiede come era lei da giovane, cosa faceva in Bolivia.

    In fondo anche a lei succede, come a tutti, di vedere negli altri solo quello che vuole vedere: è così raro infatti che ci si lasci accompagnare da qualcuno nel suo mondo al punto da perdersi nel viaggio, per il solo desiderio di comprendere, vedere il mondo con i suoi occhi.

    Il sole scotta la pelle e rallenta i pensieri, Luisa e Julia stanno in silenzio, poco discoste, a godersi il calore del sole, le menti vagano libere tra immagini e sogni, le culla il suono ritmico delle onde, ma gli schiamazzi dei bambini che giocano e i richiami delle mamme e dei nonni le tengono ancorate al qui e ora; due donne in pausa dalla vita.

    CAP 2 Il messaggio

    Dopo una doccia rigenerante, hanno cucinato il pesce comprato fresco al mattino, da un pescatore appena rientrato dal mare: alici e totani, puliti, infarinati e fritti in un’ampia padella. Qui il pesce la fa da padrone, come i diversi tipi di ravioli, che numerosi pastifici producono freschi ogni giorno e l’irresistibile focaccia. Julia è intenta a condire una gran ciotola di insalata, arricchita di semi e noci, pomodorini e carote grattugiate, che hanno acquistato al mercato della frutta e verdura, allestito tutti i giorni nella piazza, all’ombra della torre svettante del palazzo comunale. Per loro due infatti, abituate alla vita di paese, è un insolito piacere camminare per le vie del centro e assistere al risveglio della cittadina, con le saracinesche dei negozi che si sollevano e i primi clienti ancora assonnati che sbocconcellano la colazione nei tavolini sotto i portici e nelle piazze.

    Mentre stanno disponendo con cura sulla tovaglia piatti, bicchieri e posate, suona il cellulare di Julia per l’arrivo di un messaggio.

    E con una punta di apprensione e fastidio, temendo possa trattarsi di qualche contrattempo o tutt’al più del cicaleccio dei gruppi di cui fa parte, Julia afferra il cellulare, appoggiando l’insalatiera sul tavolo.

    Ciao Julia, non immaginerai mai dove mi trovo ora! In Costa Azzurra, a Cavalaire-sur-Mer con la zia e Philippe, ma lui starà qui con me solo pochi giorni, figurati che voglia ha di annoiarsi con la mamma e l’anziana zia! Ormai siamo in Francia già da un mese e resteremo qui ancora qualche giorno; Philippe però già oggi mi lascerà per visitare alcune città d’arte in Italia e mi sa che lo rivedrò solo all’ultimo in aeroporto. Mi piacerebbe moltissimo incontrarti! Sarei felice se tu potessi venire qui, nella casa della zia c’è posto, oppure posso raggiungerti io in Valcuvia. Ho tanta voglia di rivederti! Tu come stai? Ti allego anche una foto di Philippe e la zia e anche una di Robert. Pensa che ho insistito tanto perché venisse anche lui con noi, ma non c’è stato verso, sai come è lui, in questo periodo poi sono molto pochi i medici presenti al centro.

    Ti auguro una buona giornata e spero di riuscire a vederti presto, ci aggiorniamo.

    Ciao.

    Julia resta immobile, in piedi, col telefono a mezz’aria, il braccio piegato e lo sguardo perso a contemplare le fronde della palma del giardinetto, su cui si affaccia la finestra spalancata del balcone. Pare assente e non si accorge degli occhi curiosi di Luisa puntati su di lei; la sua posa ingessata e rigida non dà segni di agitazione, nulla lascia presupporre all’amica che si tratti di notizie di cui preoccuparsi. E non fa domande, Luisa, distoglie lo sguardo da lei e si volta verso il piano cottura: è l’ora di scolare le trofie e togliere il pesce dall’olio. Con gesti precisi ed esperti condisce la pasta e la ripone sul tavolo nella zuppiera, vicino al pesce nel piatto di porcellana.

    Julia prende posto lentamente a tavola, assorta e taciturna, si sente frastornata, come in bilico tra due mondi, due parti di sé. Il messaggio di Isabelle l’ha proiettata in scenari lontani, al di là dell’oceano, nella sua terra natale, eppure è stato scritto probabilmente con lo sguardo rivolto allo stesso mare che lei ha contemplato stamani, il mar Ligure. Lo sconcerto lascia il posto a un turbinio di immagini ed emozioni indefinite, che le tolgono l’appetito.

    «Che dici Julia, può bastare?»

    Luisa le serve nel piatto due belle cucchiaiate di trofie, cercando di richiamare l’amica al presente.

    «Sì certo, grazie, scusami ma sono un po’ disorientata, ho ricevuto adesso un messaggio da Isabelle, una persona che non vedo da molti anni, anche se ci siamo sempre tenute in contatto con i messaggi; anzi, è soprattutto lei che mi aggiorna spesso con notizie sulla sua famiglia e su come vanno le cose nel centro sanitario e nell’ospedale in cui lavora in Bolivia. Pensa che adesso si trova in Costa Azzurra, e le piacerebbe molto incontrarmi prima di ripartire tra pochi giorni per la Bolivia.»

    «Caspita, che bello! Potresti dirle di raggiungerci uno di questi giorni, fintantoché siamo a Chiavari, qui un letto per lei l’abbiamo, può fermarsi un po’! Chissà quante cose avrete da raccontarvi!»

    Luisa risponde d’impulso ma poi d’istinto stringe le labbra, la sfiora il pensiero che in fondo non sa nulla di costei e potrebbe incrinare il bel clima d’intesa di questa loro tanto rara e sospirata vacanza. Ma ormai è tardi per rimangiarsi l’ospitalità offerta, e ingoia vorace un’abbondante forchettata di trofie, masticando con forza, quasi a voler inghiottire anche il disappunto che spera Julia non abbia colto.

    «Sei molto gentile, Luisa, ma non saprei… mi ha preso così alla sprovvista che sono confusa, lascia che ci pensi un poco, non è poi necessario che le risponda immediatamente. Adesso gustiamoci questa squisitezza prima che si freddi!»

    E così dicendo Julia impugna brusca la forchetta e la riempie decisa, quasi volesse imporsi di godersi il pranzo, lasciando da parte pensieri e ricordi: questa vacanza è un tempo solo suo e niente e nessuno ha diritto di rovinargliela!

    Mangiano in silenzio, con il frinire delle cicale in sottofondo, che è ormai così abituale che se ne accorgono solo quando cessa o si fa meno intenso. Si sentono entrambe spossate dal sole, tramortite e rallentate sia nei pensieri che nelle percezioni, ma è comunque una piacevole sensazione di rilassamento che assecondano volentieri.

    Mentre rigovernano i piatti, si scambiano poche parole, qualche impressione a ruota libera su alcuni bagnanti notati in spiaggia; chissà perché poi le persone tendono a mettersi sempre nello stesso posto, anche nella spiaggia libera, e così succede che si diventa vicini di ombrellone e anche se non ci si parla, si instaura una certa familiarità, come se ci si conoscesse

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