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ALONE. La magia dell'anima
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E-book407 pagine6 ore

ALONE. La magia dell'anima

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Info su questo ebook

Miriam sta per intraprendere una nuova avventura nella città di Brightsoul: a breve inizierà a frequentare il college Fatum, meglio conosciuto come “la scuola del destino”. Qualche giorno prima di farne ingresso, la sua vita verrà stravolta da uno spiacevole scontro che le farà però conoscere il suo grande amore.
Ma in quel nuovo mondo il loro amore è tanto impossibile quanto magico...
Miriam si costringe ad abbandonare quel sogno e a vivere nella realtà, trascorrendo giorni tranquilli fino a quando il passato torna a chiedere vendetta.
Ma proprio mentre per Miriam tutto sembra andare per il meglio, l’impensabile è dietro l’angolo: si troverà lontano da tutto ciò a cui lei tiene maggiormente...
LinguaItaliano
Data di uscita30 set 2021
ISBN9788867935055
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    Anteprima del libro

    ALONE. La magia dell'anima - Erika Zingaretti

    1

    Era sera nella città di Brightsoul e il sole stava tramontando dietro le colline, una ragazza dai lunghi capelli ramati correva per prendere l’autobus che l’avrebbe riportata a casa proprio alle pendici di quelle collinette, dove i suoi genitori sarebbero rientrati a breve. Era riuscita a trovare un lavoretto di qualche ora al giorno per la bella stagione in una gelateria del centro città. In accordo con i genitori che sarebbe rientrata prima che il sole fosse calato, aveva combattuto per ricevere l’approvazione dei suoi e ci teneva ad aumentare la loro fiducia in lei e nelle sue decisioni, anche se a breve sarebbe diventata maggiorenne, per dimostrare anche a loro che era pronta per affrontare la nuova scuola, la scuola del destino. Quella sera però l’afflusso di clienti era stato maggiore e aveva prolungato un po’ il suo turno e adesso si ritrovava a rincorrere senza successo l’autobus che l’avrebbe portata a casa in tempo.

    Non aveva intenzione di arrivare tardi aspettando il prossimo autobus, quindi decise di incamminarsi verso casa sperando di arrivare alla fermata successiva in tempo. Il sole era quasi tramontato del tutto e la strada che percorreva a passo spedito non era tra le più tranquille della città. Proprio mentre questi pensieri le passavano per la testa un gruppetto di ragazzi la intrupparono ridendo.

    Scusaci, stella, non ti avevamo vista le disse uno dei tre.

    Sì, forse prima non ti avevamo vista, ma adesso sì e sei molto carina. Dai, vieni con noi le dissero ridendo e scambiandosi sguardi fra loro tre.

    No, grazie rispose lei decisa, cercando di superarli, ma i tre continuarono a seguirla.

    Dai, così ci faremo perdonare per averti urtata insistettero.

    Non serve rispose ancora lei, ma ormai i tre ragazzi erano al suo fianco, uno a destra, uno a sinistra e uno alle spalle. In quel preciso momento stavano passando vicino a un vicolo e i tre non persero tempo e la spinsero nel buio del vicolo.

    Nello stesso momento un ragazzo col viso coperto assisteva alla scena indeciso se intervenire o meno, di sicuro non era una cosa che lo riguardava, ma aveva una strana sensazione che lo spingeva a difenderla come se per qualche motivo lei fosse importante per la sua stessa vita. Intanto lei si rialzò dopo che l’avevano spinta a terra, pronta a dar battaglia anche se non sapeva bene in che modo lo avrebbe fatto. I tre l’accerchiarono spingendola a indietreggiare fino a trovarsi con le spalle al muro. Li guardava in cagnesco, sentendo quella sensazione ben nota crescere dentro di lei nella speranza di riuscire a controllarla perché non le era permesso di sprigionarla fino alla maggiore età, ma di sicuro non si sarebbe arresa facilmente.

    Se farai la brava faremo presto le disse uno dei ragazzi allungando la mano verso di lei, che la colpì istintivamente spostandogliela. Lui si arrabbiò e la prese per la gola così velocemente che lei a malapena riuscì a vederlo.

    Ora mi hai fatto arrabbiare le disse stringendo forte la mano intorno a lei, che tentando di difendersi gliela afferrò cercando di allentare la presa sulla sua gola. Lo vide sogghignare mentre gli altri due ridevano e si gustavano la scena. Sentì una scossa che dalla spalla si espanse fino a raggiungere la mano, chiusa a pugno per evitare di sprigionarla. Anche se era pronta a colpire mentre la vista le si offuscava per il poco ossigeno, tossì e con un filo di voce gli disse Lasciami andare per il tuo bene.

    Lui scoppiò a ridere. Avete sentito? Mi stai minacciando forse? Non credo che…

    Ma non riuscì a terminare la frase perché qualcuno si era intromesso in quella discussione, senza che avessero il tempo di rendersene conto era riuscito ad atterrare i suoi amici per poi spingerlo lontano da lei, che tornò a respirare normalmente tra i colpi di tosse. Poi si voltò verso il suo aggressore nascondendola dietro di lui.

    Non immischiarti! Sei in svantaggio e poi non ti riguarda lo minacciò senza successo, cercando con lo sguardo i suoi amici ancora a terra. Il nuovo arrivato lo guardava con sufficienza senza proferire parola, in attesa di un suo tentativo di colpirlo che non tardò ad arrivare, ma che lui evitò facilmente. Così come schivò con facilità i colpi successivi fino a quando uno di quelli diretti a lui rischiò di colpirla perché si era lasciato sopraffare dal divertimento di vederlo in difficoltà senza ricordarsi di lei. In un secondo le fu davanti proteggendola e lei poté notare i suoi occhi di un blu così acceso come non aveva mai visto prima, ma non appena il colpo andò a segno sulla sua schiena il blu si tramutò per un secondo in un viola scuro. Lui si perse nei suoi occhi nocciola che viravano all’oro verso l’interno, perdendo così l’attenzione sullo scontro. Stufo di perdere tempo dietro quei tre, mosse rapidamente una mano e i tre sparirono.

    Come ti chiami? le chiese.

    Miriam gli rispose.

    Farai meglio a sbrigarti se vuoi prendere l’autobus le disse, poi si voltò per andarsene.

    Miriam vide l’autobus fermo a pochi passi da lei in posizione insolita, poi tornò a guardarlo.

    Qual è il tuo nome invece? chiese, ma lui era già sparito con suo dispiacere. Si affrettò verso l’autobus, ma era sicura che non avrebbe mai dimenticato quegli occhi e quella voce.

    2

    Dai, mamma, non starò via per sempre. Fammi andare o rischierò di arrivare tardi! si stava lamentando Miriam, che già di suo era ansiosa per la nuova avventura.

    Non starai via per sempre ma per molto, quindi dammi il tempo di imprimermi nella testa l’immagine di mia figlia che inizia l’avventura più grande della sua vita. Sono così fiera di te, ma anche così preoccupata perché la scuola ti spingerà verso il tuo destino, ma può essere anche molto pericolosa. Quindi, ti prego, fai attenzione a tutto e fatti sentire spesso! le stava dicendo, stringendola di nuovo a sé mentre il padre scattava altre foto.

    Papà, non ti ci mettere anche tu!

    Un bel sorriso! le disse, ignorando le sue proteste, ma dopo qualche altra foto e gli ultimi abbracci Miriam salutò i suoi genitori e si diresse alla fermata, dove a breve sarebbe passato un piccolo autobus anonimo senza scritte né indirizzo che avrebbe preso tutti gli studenti. Miriam non poteva credere ai suoi occhi salendo sull’autobus: dall’esterno sembrava un semplice autobus, più piccolo di quelli di linea, color avorio, tanto che a primo impatto Miriam si chiese se avrebbe trovato posto. Non appena salì l’autista le diede un biglietto timbrato con la sua postazione e le disse semplicemente: Terzo piano, secondo corridoio.

    Lei lo guardò senza capire. Come poteva essere al terzo piano se ne vedeva solo uno? Lunghissimo, certo, tanto che non si vedeva la fine, ma sempre uno, pensava mentre l’autista le indicava un piccolo gradino sulla destra non appena si imboccava il corridoio del primo piano.

    Tenersi saldamente disse mentre lei saliva e un secondo dopo sentì un vuoto nello stomaco, mentre il gradino diventava una lunga scala a chiocciola. Fermandosi dopo qualche secondo, lei scese di corsa voltandosi dietro sbalordita per poi affacciarsi a un vetro, notando di essere davvero all’altezza di un terzo piano e tornando con i piedi per terra solo quando una ragazza le sbatté contro.

    Scusami le disse proseguendo.

    A lei per un attimo riapparvero quegli occhi blu diventati viola. Trovò il suo scompartimento, il numero 115, sorprendendosi per tutti gli studenti che aveva già incontrato sull’autobus solo su quel piano e ripensando a quanto sembrasse piccolo dall’esterno. Aprendo la porta trovò al suo interno altri cinque studenti che la salutarono appena entrò e si presentarono a turno. La prima fu una ragazza con i capelli viola che le arrivavano poco sotto il mento, gli occhi erano così scuri da sembrare quasi neri, ma un sorriso gentile le illuminava il viso facendo risplendere i suoi occhi.

    Benvenuta, io sono Syria.

    Subito dopo fu il turno di un ragazzo dall’aria furba e simpatica e i capelli castani si facevano più ricci sopra la fronte, ricadendo dolcemente sulle tempie e che rispecchiavano questa sua furbizia. Gli occhi erano di un colore indefinito tra il verde scuro e il grigio.

    Io sono Noah le disse facendole l’occhiolino.

    Io invece sono Irene, mentre il ragazzo con le cuffie che non presta molta attenzione alla conversazione è Simone disse una ragazza dal viso tondo e simpatico con i capelli lunghi e biondi in contrasto con gli occhi marrone scuro, rispondendo per entrambi. Il ragazzo in questione fece solo un cenno con la testa, tanto che Miriam riuscì a malapena a vedergli il viso nascosto dai capelli scuri, abbastanza lunghi da coprirgli gli occhi prima che tornasse a isolarsi nel suo mondo.

    Io Diego. Devo dire che finora sei la persona più sorpresa su questo autobus le disse l’ultimo presente in quella stanza. Aveva i capelli biondo cenere perfettamente pettinati e gli occhi erano di un profondo blu. Non si era accorta che la stesse osservando fino a quel momento e gli rispose con un sorriso.

    Molto probabile. Io sono Miriam gli rispose poi.

    Be’, Miriam, dalla tua espressione suppongo che solo questo autobus ti abbia lasciato senza parole, immagina il resto della scuola, ma la cosa più sorprendente è che tra noi cinque forse ci potrebbe essere uno dei tuoi coinquilini se finiamo tutti e cinque nella stessa casata, poiché assegnano gli appartamenti la maggior parte delle volte con le stesse persone con cui hai condiviso il viaggio in modo che tutti conoscano all’arrivo almeno una persona. Era scritto nel dépliant e i miei me lo hanno confermato le spiegò Syria.

    Invece i miei hanno mantenuto il segreto per non rovinarmi lo stupore le disse.

    Per il resto del viaggio parlarono tutti quanti, trovandosi d’accordo su molti aspetti. L’unico rimasto in disparte era Simone, che tolse le cuffie solamente quando avvisarono che stavano per arrivare.

    Se l’autobus l’aveva lasciata senza fiato la scuola le svuotò completamente i polmoni dalla più piccola particella di ossigeno e i ragazzi con cui aveva condiviso il viaggio la guardavano ridendo.

    Chiudi la bocca altrimenti si riempie di mosche le disse Diego prendendola in giro.

    E riprendi a respirare se non vuoi svenire qui di fronte a tutti aggiunse Syria divertita.

    Grazie del supporto, eh! rispose lei fingendosi offesa.

    Syria guardò Diego che subito le si avvicinò.

    Scusaci, non volevamo offenderti: era per riportarti fra noi.

    Lo so, ma volevo restituirvi un po’ del vostro aiuto" gli rispose facendo la linguaccia a entrambi.

    Quindi mi hai preso in giro? Me la pagherai le disse Diego sollevandola da terra.

    Lei ridendo cercò di scendere e ci riuscì con l’aiuto di Syria, poi insieme continuarono a incamminarsi verso l’ingresso mentre Miriam riprese a contemplare l’edificio. Era più maestoso di quanto potesse immaginare e aveva diversi edifici collegati tra loro, dall’esterno sembrava quasi un enorme labirinto circondato dal verde del campus e nascosto dagli alberi di una foresta che lo riparava dagli sguardi curiosi. Chiunque avesse rivolto lo sguardo lì avrebbe visto solamente un comune college, ma una volta varcato il cancello dorato si poteva respirare un’aria diversa, carica di magia e aspettative. Superarono l’enorme portone in quercia con inciso un grande albero, i cui rami si estendevano formando un intrico di forme diverse. Solo dopo Miriam realizzò che aveva la stessa identica forma a labirinto del college e capì che era una sorta di mappa visibile solo agli studenti. Era ancora intenta a studiare l’albero sul portone quando Diego le diede di gomito, mostrandole un professore fermo nel mezzo di un enorme atrio che attendeva gli studenti.

    Tutti gli studenti si stavano radunando intorno al professore che prese parola.

    "Gli studenti del secondo e terzo anno vadano direttamente nella sorted tree, mentre gli allievi appena arrivati si radunino intorno a me spiegò il professore, diminuendo così l’afflusso nell’atrio. Bene, innanzitutto io sono il professor Defender, insegnante della materia. Vi do il benvenuto in questa scuola, ora vi spiegherò come si svolgerà la giornata: vi verrà assegnato un appartamento che dividerete con altri due allievi senza distinzione tra uomo e donna, poiché si presuppone che essendo maggiorenni sappiate come ci si comporta adeguatamente nel rispetto delle regole, ma prima di questo dovrete essere smistati in jasmani e jiwa, che sono in ordine la casata del corpo e quella dell’anima. Ciò non significa in nessun modo essere luce o buio, ma solo il vostro maggior talento. Fece una pausa poi riprese: Ora mi seguirete nella sorted tree, dove il resto dei professori e il preside vi stanno attendendo e dove il nostro albero della vita, che detiene il potere della scuola e degli elementi, leggerà la vostra anima e vi smisterà. Ci sono domande?".

    Un ragazzo vicino a loro alzò la mano e il professore gli diede la parola con un cenno del capo.

    Mi scusi, quali sono gli elementi e come vengono divisi in bene e male?

    Davo per scontato che aveste almeno letto il dépliant o che i vostri genitori vi avessero dato le basi, comunque per rispondere alla tua domanda gli elementi sono: acqua, terra, aria e fuoco e non vengono suddivisi in nessuna categoria, né bene né male e prima che possiate chiederlo: no, il fuoco anche se distrugge non è considerato male poiché ogni elemento ha la facoltà di distruggere, chi più chi meno.

    Poi diede parola a una ragazza che però Miriam non poteva vedere.

    L’albero come comunicherà la sua scelta?

    "Attraverso le leaves della casata corrispondente" terminò la spiegazione e fece segno di seguirlo camminando rapidamente.

    Entrati nella sala dello smistamento, i ragazzi si guardavano intorno entusiasti e increduli. Lungo i lati della stanza erano poste lunghe tavolate, dove gli altri studenti delle casate avevano già preso posto, mentre i professori e il preside attendevano l’arrivo dei nuovi in piedi di fronte al maestoso albero che si ergeva al centro della sala. Il suo tronco era talmente grande e alto che tutti i presenti sembravano delle miniature al confronto, i suoi rami sparivano oltre il soffitto a perdita d’occhio.

    Il preside cominciò il suo discorso, ma Miriam era distratta, aveva la strana sensazione di essere osservata. Quindi si guardò intorno fino a quando rimase immobile nello scoprire il perché di quella sensazione: tra i professori ce n’era uno che la guardava intensamente, spostando spesso lo sguardo altrove per poi tornare su di lei. Per un secondo incrociarono gli sguardi e per Miriam fu subito chiaro chi fosse: quegli occhi blu li avrebbe riconosciuti fra tutti e non avevano mai abbandonato i suoi sogni dal loro incontro e ora era certa che quel professore era il ragazzo che l’aveva salvata e che viveva costantemente in lei con il suo sguardo viola.

    Lo smistamento ebbe inizio e quando chiamarono Syria. la ragazza si voltò verso di lei.

    Incrocia le dita! le disse e andò verso l’albero, posò la mano sul grande tronco e dopo qualche secondo una foglia con i colori dell’autunno si staccò da un ramo finendo tra le mani del preside. A grandi lettere dorate c’era la lettura dell’anima di Syria e il preside lesse ad alta voce: Jasmani!. Voltando poi la leaf verso gli altri professori e gli studenti, Syria si diresse verso il suo tavolo facendo l’occhiolino a Miriam.

    Dopo Syria fu il turno di un ragazzo moro che teneva il viso basso, evitando di incrociare qualsiasi sguardo e non appena sfiorò l’albero la foglia che cadde fra le mani del preside era di un azzurro quasi trasparente con la scritta argento e il preside lesse: Jiwa! guardando il ragazzo negli occhi, che arrossì tra gli applausi mentre si sedeva al suo posto. Allora Miriam dedusse come funzionava lo smistamento e cioè con i colori del fuoco che variavano dal rame al rosso si era jasmani, mentre con quelli dell’acqua che andavano dall’azzurro al verde smeraldo si era jiwa. Quando toccò ad alcuni ragazzi provenienti da famiglie importanti jasmani che finirono in jiwa cominciarono le prime tensioni e le prime discussioni, messi subito a tacere dal preside, sul fatto che l’albero non funzionasse a dovere, ma i dubbi si fecero più insistenti quando fu il turno di Miriam e percorsero il pensiero anche dei professori poiché avevano notato subito la luce che l’anima di Miriam emanava così chiaramente, ma l’albero fece cadere tra le mani del preside una foglia a metà: era verde smeraldo, ma la scritta riportava jasmani in grandi lettere dorate. Tra lo stupore di tutti Miriam non fece polemiche e andò a sedersi tranquillamente vicino a Noah, Diego e Syria che la accolsero entusiasti.

    Lo smistamento terminò tra le critiche e molte minacce di ragazzi, palesemente jasmani, scontenti che non avrebbero perso tempo nell’avvisare a casa promettendo di avere ripercussioni da parte dei genitori, ma poi fu il momento di ricevere le chiavi degli appartamenti e trovare i propri coinquilini.

    Miriam continuava a cercare quello sguardo e sapeva in qualche modo che anche lui la stava cercando, lo sentiva sotto la pelle. Infatti per un secondo i loro sguardi s’incrociarono nuovamente fra le molte teste degli studenti, ma quell’attimo durò meno di una frazione di secondo perché Syria e Noah la raggiunsero felici perché avevano il suo stesso numero di chiave, mentre Diego era finito con Irene e un ragazzo che non conosceva con suo dispiacere.

    Ai ragazzi fu data una mappa della scuola per trovare il loro appartamento e sistemare i loro bagagli al meglio, preparandosi così anche per le lezioni che sarebbero iniziate la mattina seguente, mentre i professori si radunarono nell’ufficio del preside.

    Preside, dovremmo ripetere lo smistamento se non vogliamo avere ripercussioni da parte dei genitori disse la professoressa Inner, l’insegnante dimãia.

    Lasceremo le cose come stanno, sbaglio o meno il nostro grande albero ha deciso così e se ci saranno delle ripercussioni le affronteremo. Mi sorprendi, Lucinda, visto che proprio tu insegni il coraggio e la forza di superare gli ostacoli le rispose il preside.

    Però non puoi fingere che sia normale, Mark. Tralasciando l’errore di smistamento di ragazzi con famiglie jasmani, come la mettiamo con l’ambiguità di quella leaf? Della ragazza con i capelli ramati non ricordo il nome.

    Miriam Sweet disse uno dei professori, che tutti guardarono sorpresi.

    Vedo che ha colpito anche te, Daryll, se ricordi addirittura il nome insistette il professor Mindinner ma senza ricevere risposta dal professor Strong.

    Di sicuro è una cosa insolita, evidentemente la ragazza ha più di un talento, però rimango della mia opinione e cioè il grande albero non si discute anche se sbaglia, per il resto suggerisco di tener d’occhio questa rara ragazza concluse il preside, sciogliendo poi velocemente l’incontro tra i professori.

    Daryll percorreva i corridoi della scuola per raggiungere il suo appartamento che si trovava all’esterno, come quello di tutti i professori, dislocati in vari punti del campus, distanti fra loro in modo da avere la loro privacy, ma mentre i suoi passi risuonavano sul pavimento nella sua mente rivisse in un attimo quella sera che l’aveva accompagnato per tutta l’estate, quel secondo in cui si era perso nei suoi occhi e quella strana sensazione di doverla salvare anche non conoscendola come se fosse lei a salvare lui. Aveva capito da subito che aveva il dono della magia, capendo anche che l’avrebbe rivista prima o poi, ma nonostante questo trovarla quella sera tra i nuovi iscritti gli fece comunque saltare un battito e ne perse un altro quando la sua rara leaf la smistò nella sua casata. Sapeva nell’istante in cui l’aveva notata fra le decine di studenti nuovi che quell’anno sarebbe stato complicato e pieno di sorprese.

    I primi giorni passarono velocemente per i nuovi iscritti, le giornate erano suddivise solo in due lezioni per il momento, così da dar modo di ambientarsi e riuscire a trovare le varie aule con i percorsi più brevi, in modo che quando avrebbero avuto tutte le materie non avrebbero avute scuse per i ritardi.

    Finora la mia lezione preferita è quella con la professoressa Inner disse Noah ai suoi amici, mentre passeggiava per i corridoi.

    Solo perché trovi attraente la professoressa! gli disse Syria prendendolo in giro.

    Non ho torto, vero, amico? chiese a Diego sghignazzando.

    È senza dubbio una bella donna, ma sono più interessato ai suoi insegnamenti gli rispose.

    Be’, anche noi non possiamo lamentarci avendo il professor Strong, vero, Miriam? disse Syria.

    Non bado molto a queste cose, ma per me tutte le lezioni sono molto stimolanti, soprattutto quelle della professoressa Nurse rispose, fingendo di non aver notato più di tanto il professor Strong.

    Come puoi dire che sia bello se non gli si vede neanche il viso? Ha sempre metà faccia coperta dalla maschera! protestò Noah.

    È il fascino del mistero! E poi si vede anche così che è un bel ragazzo, con quegli occhi profondi, capelli neri e fisico prestante!

    Iniziarono una controversia su cosa fosse o meno affascinante, ma Miriam prestava poca attenzione, mentre Diego non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.

    3

    Le lezioni ormai erano a pieno ritmo e Miriam si trovava bene con ogni professore e meno con alcuni compagni. Non era nata in una famiglia jasmani, entrambi i suoi genitori erano jiwa e per nulla competitivi, mentre per gli jasmani l’obiettivo principale era primeggiare su tutti. Essendo classi composte da entrambe le casate, spesso si creavano tensioni, quello che però le dava sollievo era che anche i suoi amici e coinquilini non avessero questa follia di potere e si aiutavano a vicenda. Era portata per lo studio e riusciva in tutte le magie, anche le più complesse, quasi sempre al primo colpo e questo scaturiva sì gli elogi dei professori, ma anche l’invidia e la competizione dei compagni. Ogni professore la prendeva come esempio per la classe, tutti tranne il professor Strong, infatti Miriam si era resa conto di non andargli particolarmente a genio, anche se nella sua materia era efficiente. Lo sorprendeva spesso fissarla con sguardo indecifrabile e come incrociava i suoi occhi e tentava un sorriso, lui arrestava immediatamente quel contatto visivo. Parlò dei suoi dubbi anche ai suoi amici che però, non essendo al corrente del loro primo incontro, cercarono solo di rassicurarla, le rispondevano sempre di non darci molto peso perché al professor Strong non piaceva nessun alunno che fosse jiwa o jasmani. Miriam continuava a vedere quegli occhi nei suoi sogni e non si capacitava del fatto che quella sera avesse corso un tale rischio per aiutarla, mentre adesso rispondeva a malapena alle sue domande anche se riguardavano gli incantesimi. Aveva provato molte volte a parlargli, ma spesso lui o non le rispondeva, guardandola con sufficienza o la trattava male anche se erano in classe.

    Una sera, dopo l’ennesimo confronto a vuoto con i suoi coinquilini su quella situazione e stanca del suo comportamento, bussò alla porta del suo ufficio senza essere attesa e come le disse di entrare, lei lo fece senza esitazioni.

    Daryll guardò Miriam entrare nel suo ufficio, sorpreso della sua presenza mentre lei aveva dipinto negli occhi la risolutezza di chi vuole delle risposte senza paura alcuna.

    Cosa la porta nel mio ufficio a quest’ora della sera, signorina Sweet? le chiese freddamente.

    Risposte, professor Strong gli rispose decisa.

    Che genere di risposte? Se ha domande sugli incantesimi le farà durante le lezioni rispose rapido per chiudere la conversazione, gli era difficile sostenere il suo sguardo.

    Le ho per caso mancato di rispetto in qualche occasione? O semplicemente non le piaccio e non mi voleva nella sua casata? gli chiese diretta, guardandolo dritto in quegli occhi che la chiamavano e tormentavano nello stesso tempo.

    Non capisco questa domanda, non ho nulla contro di lei, deve essersi fatta un’opinione sbagliata. Se è questo che la preoccupava, ora può andare le rispose distogliendo lo sguardo e continuando il suo lavoro.

    MI GUARDI! Miriam urlò quasi quelle due parole che risuonarono come un ordine.

    Daryll alzò lo sguardo su di lei sorpreso dal suo tono, ma sotto la maschera le labbra sorridevano pronte alla sfida. Si alzò mettendosi di fronte a lei, che vedendolo arrivare sentì la sua sicurezza vacillare.

    Ti sto guardando, come sempre le rispose spiazzandola.

    Quando siamo passati al tu?

    Quando hai avuto l’ardire di alzare la voce con me le rispose senza distogliere lo sguardo.

    Ho sbagliato, lo ammetto, ma sento come un’ostilità da parte sua, eppure quest’estate tu…

    Non ricordo di esserci visti prima dell’inizio della scuola le disse interrompendola.

    Quelle parole la destabilizzarono, lasciandola senza nulla da dire per qualche secondo.

    Tu forse hai potuto dimenticarlo e dimenticarmi, ma io non potrei mai farlo e da quella sera non riesco a togliere i tuoi occhi dalla mia mente gli disse, anche se si sentiva ferita e avrebbe voluto non essere mai entrata in quella stanza.

    Non prenderlo come un torto personale.

    E come dovrei prenderlo? Non solo mi ignori in classe e fuori, mi guardi con disprezzo e non dire di no perché lo vedo il tuo sguardo, anche se diverso da quella sera, ma fingi anche di non avermi salvata! Come dovrei prenderla? Non sul personale, dice lui gli rispose passandosi una mano tra i capelli. Lasci stare, sono solo una stupida a pensare che lei potesse ricordarsi di una come me: mi perdoni per l’insolenza gli disse, mentre con gli occhi lucidi si voltava per andarsene.

    Daryll la guardò avvicinarsi alla porta, ma proprio come quella sera qualcosa gli urlava di fermarla, di non lasciarla andare via soprattutto in quel modo. Il cuore gli batteva forte, ma la mente combatteva contro il suo stesso corpo senza permettergli di muoversi fino a quando perse la sfida contro se stesso e mentre lei posava la mano sulla maniglia, lui la prese per un braccio facendola voltare e spingendola contro quella stessa porta. Miriam lo guardava sorpresa, credendo che l’avesse fermata per punire la sua insolenza, ma lo sguardo di Daryll era duro e indecifrabile.

    Professore, io… mi dispiace, non volevo… stava tentando di dire Miriam, consapevole che la pelle dove la sua mano la stringeva andava a fuoco, ma Daryll alzò l’altra mano, posandole l’indice sulle labbra per farla tacere. Lentamente le sfiorò il labbro inferiore schiudendole la bocca carnosa e con rabbia si tolse rapidamente la maschera che gli copriva sempre metà viso, lanciandola in aria per farla scomparire subito dopo. Lei poté vedere per la prima volta il suo viso completamente scoperto e trattenendo il fiato per lo stupore pensò che fosse più bello di quello che aveva immaginato. Soffermandosi maggiormente sulle labbra, con uno scatto lui le alzò il viso e guardandola negli occhi appoggiò prepotentemente le labbra sulle sue, il suo cuore mancò un battito e chiuse gli occhi dimenticandosi di tutto, di chi fosse lui e di se stessa, della delusione e della rabbia, dei suoi atteggiamenti vivendo solo quell’istante. Improvviso com’era nato quel bacio, nello stesso modo lui separò le loro bocche e lei aprì gli occhi lentamente. La stava fissando intensamente, continuando con il pollice ad accarezzarle il labbro inferiore mentre Miriam non sapeva che dire o fare per allentare la tensione, ma non ce ne fu bisogno. Le si avvicinò nuovamente lento, continuando a mantenere il contatto visivo spostandolo dai suoi occhi alle sue labbra e la baciò. Un bacio dolce e intenso che travolse entrambi in un turbinio di emozioni, ma completamente diverso dal primo istintivo e rabbioso. Lentamente le infila la lingua in bocca assaporandola.

    All’improvviso tornarono bruscamente alla realtà e il peso di quello che era appena successo gravò su di loro. Non appena le loro bocche furono divise, si fissarono per un lungo momento, poi lei prese coraggio.

    E adesso? chiese senza sapere bene cosa aggiungere.

    Lui la guardò ancora un istante: Ora nulla, non ne parleremo più anche perché non c’è nulla da dire, tutti commettono errori le rispose come se fosse la cosa più ovvia del mondo. Rimettendosi con un gesto la maschera, le aprì la porta come muto ordine che la conversazione fosse terminata e a lei non rimase che uscire senza aggiungere altro, maledicendo se stessa e lui.

    Miriam tornò nel suo appartamento come in trance, senza capire bene come dovesse sentirsi dopo quello che era appena successo, anche se la sua di opinione era stata decisamente chiara, uno sbaglio nulla di più, magari perché la tensione era alta o per qualsiasi altro motivo, ma lei era solo e semplicemente uno sbaglio, tanto che neanche si ricordava di averla già vista. Questi erano i suoi pensieri mentre varcava la porta di casa, dove i suoi amici stavano ridendo, ma notarono il suo viso teso come posarono gli occhi su di lei.

    Ehi! Che succede? le chiese Noah raggiungendola subito, mentre Syria rimase dov’era.

    Dove sei stata? le chiese.

    Miriam posò finalmente gli occhi su di loro, spostandoli prima su uno, poi sull’altra.

    Cosa? Sono andata a fare una passeggiata. Non succede nulla, sto bene ero: solo sovrappensiero rispose senza dare molte spiegazioni. Aprì la porta della sua camera e ci sparì all’interno senza aggiungere altro.

    Passarono i giorni e le lezioni si susseguivano rapidamente, per quanto potessero essere interessanti Miriam non riusciva a rimanere presente più di tanto e le peggiori erano quelle del professor Strong, lui si comportava come se nulla fosse, anzi se possibile c’era ancora più freddezza negli sguardi che le rivolgeva così come nelle rare domande in cui le rispondeva, ma nessuno tranne lei notava, seppur lieve, la differenza. Più di una volta le era capitato di sentirsi osservata per poi scoprire che era sempre lui che la guardava, incrociando gli sguardi per un istante fin quando sempre lui interrompeva quella connessione. Solo una volta le rivolse la parola anche non essendo in classe e fu quando poco prima del tramonto lei, rientrata da poco nella scuola, percorreva da sola il corridoio.

    Sembrava una serata normale, ma di colpo avvertì come se qualcuno la stesse seguendo, anche se il corridoio era deserto. Allungò il passo per arrivare più velocemente al suo appartamento e sentì una voce chiamarla ridendo crudele.

    Non ti servirà a nulla fuggire se non lo togli dalla tua mente le disse.

    Miriam sentì i battiti accelerare e iniziò a correre e girando l’angolo, non riuscì a fermarsi in tempo, andando a sbattere contro Daryll. Lui stava per dirle di fare attenzione, cercando il modo più freddo per farlo, quando guardandola in viso la vide spaventata e la preoccupazione per quella ragazza ebbe la meglio.

    Che succede? Stai bene? le chiese, attendendo pazientemente una sua risposta che non arrivava. Lei lo guardava solamente aprendo e chiudendo la bocca senza sapere bene che dire, fino a quando lui la riprese spazientito: Allora, stai bene sì o no?.

    Finalmente trovò le parole: Sss… sì, sto bene, solo che avevo la sensazione di esser seguita e ho cercato di non dargli peso, ma poi… disse interrompendosi.

    Vieni con me le disse semplicemente e la prese per una mano, mentre la guardava spostare lo sguardo intorno a loro come se qualcuno potesse aggredirli in qualunque momento. Lei strinse la mano nella sua e senza fare obiezioni lo seguì. Camminavano velocemente nei corridoi fortunatamente deserti, ma lui non ci badava molto, sentiva solo il calore di quella mano che stringeva forte la sua e lo stesso calore raggiunse anche il suo cuore. Poco dopo si trovarono di fronte all’ufficio di lui, che la fece entrare velocemente chiudendosi la porta alle spalle. Solo dopo che la porta fu chiusa Miriam tornò a respirare normalmente, sentendo il peso sul cuore sciogliersi, ma non aveva il coraggio di alzare lo sguardo su di lui, che la stava facendo sedere sulla poltrona vicino alla sua scrivania.

    Sei più calma? le chiese abbassandosi alla sua altezza, così da guardarla negli occhi.

    Lei annuì sempre tenendo lo sguardo basso.

    Guardami le ordinò

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