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Lu'Mezzò: storie di un paese perbenino
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E-book120 pagine1 ora

Lu'Mezzò: storie di un paese perbenino

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Info su questo ebook

Lu’Mezzò è un paese che potrebbe trovarsi ovunque, anzi, potrebbe essere anche il tuo!
Tra la scuola con i suoi docenti, il teatro, la squadra di calcio, i bar e i ristoranti, emergono le prerogative e le contraddizioni di questo luogo, che esistono in ogni luogo.
Dalla campionessa mondiale di Khabbadi, all’uomo che si veste solo da Jedi, al proiezionista del cinema dell’oratorio, alla famiglia di fornai e a tutti i commercianti con un brutto carattere, ogni abitante descrive uno spaccato comune in Italia.
LinguaItaliano
Data di uscita15 ott 2021
ISBN9791220857079
Lu'Mezzò: storie di un paese perbenino

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    Anteprima del libro

    Lu'Mezzò - Francesca Belussi

    IL BAR

    È ovvio che, come nella miglior tradizione italiana, la maggior parte dei racconti abbia inizio in un bar. Solitamente, in un qualsiasi paese della penisola, si trova un manipolo di locali in cui sbevazzare in allegria, e uno, forse, due, bar centrali.

    A Lu'Mezzò ce ne sono settantaquattro. Settantaquattro bar per una popolazione di 28.000 abitanti. Il che vuol dire uno ogni 380 persone. E la cosa bella è che, negli anni d'oro, tutti godevano di un discreto numero di clienti, e così non c'era mai rivalità tra coloro che facevano uno dei lavori più nobili della terra: far 'mbriacare la gente.

    Ovviamente il target per ogni bar era molto variegato. I giovani, diciamo tra i diciotto e i trent'anni, frequentavano i locali più à la page, come il bar Fashion Street o Gino lo Zozzo, che offrivano variopinti cocktails con lunghe cannucce di plastica. Per ogni cocktail, il barista infilava nel bicchiere dalle due alle sei cannucce. Erano tempi diversi.

    I giovani giovani, i bambini, diciamo, passavano i loro pomeriggi al bar dell'oratorio, chiedendo alle signore dietro i banconi le caramelle (con cinque euro ne compravi tre chili), e le prime lattine di birra. Sotto la fotografia del Papa vi era una targhetta che recitava non si servono alcolici ai minori di anni 16, ma probabilmente questa targhetta non la lesse mai nessuno.

    Le donne perlopiù affollavano le pasticcerie. E non pensiate che si trattasse di signore impomatate che andavano a mangiare la brioche con il loro cappuccino schiumato mentre parlavano dei figli. A Lu'Mezzò le pasticcerie avevano capito che il popolo voleva una sola cosa: alcol. E così, fare aperitivo in pasticceria era rito quasi quotidiano. Tra i bonbon, le confezioni di champagne decorate con nastri di tulle, la fotografia di Sofia Loren che beve il caffè, si potevano quindi trovare gruppi di amici e di amiche appena usciti dal lavoro come elettrauto o muratore, sporchi di oli esausti e polveri bianche, che brindavano con un crodino misto benzina alla giornata appena trascorsa.

    Certo, anche i Bar Sport avevano il loro bel daffare, visto che di sport ne esistono da sempre tantissimi. E così, la squadra di rugby si ritrovava al Bar da Giangi, ex virtuoso della palla ovale, che offriva ai suo avventori il bombardiere, versione del bombardino fatta con l'alcol rosa al posto del brandy. Gli appassionati di calcio erano numerosi, così si distribuivano equamente sulla base della loro fede: gli juventini andavano al Maverik, i milanisti al Sansiretto, gli interisti al Madonnina, i tifosi del Napoli al Diego, e quelli dell' Atalanta al Reggina Club. Accanto ai campi da tennis c'era il bar, aperto solo per i tesserati, con tavoli coperti da bianche tovaglie immacolate, mentre chi usciva dalla piscina comunale poteva contare su Susannona la barista che portava delle pizzette fredde e del succo di mela caldo. Chi invece seguiva la Formula Uno si accomodava sulle comode poltrone del Cafè Central. Si svolgeva anche una singolare gara tra gli avventori del Cafè Central: il primo ad addormentarsi durante la gara offriva a tutto il locale. Verso le tre e mezza del pomeriggio si era sicuri di trovare orde di uomini sonnecchianti, appisolati già dalla metà del primo giro.

    Discorso diverso per i bikers: loro andavano da Tiziano e si sedevano con le loro tute di pelle sulle poltrone d'organza della bella pasticceria di Via da Qui, e addentavano con voracità i deliziosi croissants alla crema di pistacchio, portandola alla bocca con le ditine unte di grasso di motore.

    I ciclisti e le cicliste non avevano un luogo di ritrovo. Per loro la prima regola era non fermarsi mai, quindi consumavano bevande e tramezzini senza mai scendere dal sellino.

    Non dimentichiamo però gli anziani: anche loro avevano i punti di appoggio. I bar che non venivano mai puliti, i circolini ARCI nascosti tra le case, i club della caccia e degli alpini, potevano vantare, grazie ai loro bicchieri di vino bianco frizzante, il più alto numero di pensionati per metro cubo.

    IL TEATRO

    In ogni paese che si rispetti, ci deve essere anche un teatro stabile.

    Quello di Lu'Mezzò era particolarmente pregiato, ed era divenuto, col passare degli anni, un luogo di ritrovo culturale e un centro gravitazionale per intellettuali.

    Offriva anche una stagione carica di emozioni e di spettacoli mai banali.

    Il primo spettacolo della sopraccitata stagione era quello che serviva per convincere la gente a fare l'abbonamento, quello divertente, spensierato, di richiamo. In soldoni, veniva invitato un comico di Zelig. E così, a ottobre, quando le porte del teatro si aprivano dopo la chiusura estiva, persone sorridenti si stringevano le mani, confrontando i posti assegnati, affollando il foyer e lanciando alla guardarobiera i propri cappelli e cappotti. Una curiosità: Miranda, la guardarobiera, era germofobica. E ogni volta che toccava UN cappotto o UN cappello, o UNA sciarpa, o UN foulard, si disinfettava le mani. A questo punto, sorgerà spontanea una domanda nella mente di chi legge: perché Miranda faceva la guardarobiera se aveva quel problema con i germi? La risposta è semplice: efficienza era una parola chiave a Lu'Mezzò, e poiché il teatro era aperto quando il cinema all'aperto era chiuso, e il cinema all'aperto era aperto quando il teatro era chiuso, la Miranda faceva la proiezionista nel cinema all'aperto. E la guardarobiera anche lì, ma in estate era poca cosa.

    Poi la stagione continuava, con altri due spettacoli di comici famosi, e due pièce teatrali di alto profilo, che richiamavano studenti e studentesse del DAMS con la borsa a tracolla talmente lunga che toccava terra, professori universitari con un numero di capelli sulla testa pari a sette, docenti delle superiori che avevano comprato il biglietto per darsi un certo tono e che spesso si pentivano amaramente, e persone curiose di ogni sorta che volevano ampliare i propri orizzonti.

    Io stessa andavo molto spesso a vedere questo genere di spettacoli. Negli anni ebbi modo di vedere: un versione dell' Otello in lituano; un uomo che urlava per quaranta minuti mentre una donna danzava senza musica dietro di lui; una compagnia teatrale di Roma che proponeva una personale interpretazione della Divina Commedia dantesca, con gli attori che si lanciavano le patate ogni volta che l'attrice principale batteva le mani; un monologo di minuti settantatré a tema Cecenia.

    E sempre rimanevo estasiata, senza quasi mai addormentarmi. Dico quasi perché una volta venni svegliata da un mini applauso timido da parte del pubblico intorno a me che segnalava che lo spettacolo al quale stavo assistendo era finito. Cercai di darmi un certo qual contegno, asciugando la bavina intorno alla bocca e applaudendo per finta. Credo si trattasse di una rivisitazione del Giardino dei Ciliegi con attori solo di sesso maschile, nudi, che parlavano senza sosta. La scenografia non c'era e così il regista aveva avuto la brillante idea di evocarla tramite le parole dei membri (mai questo sostantivo fu più consono) della sua compagnia.

    Comunque, accanto alla stagione, per così dire, degli spettacoli di prosa, c'erano anche altre belle occasioni per godere del teatro.

    C'era un interessante cineforum, a cui a volte partecipavano anche tredici-quattordici persone! L'esperto che teneva il cineforum era un grande appassionato di Spielberg, ma solo del periodo tra il 1987 e il 1997, e così ogni anno si poteva scegliere tra Jurassic Park, Indiana Jones e l'ultima crociata o Hook.

    Non mancavano anche le iniziative per coinvolgere i più piccoli nel magico mondo del teatro! Il direttore artistico, Ferdinando Sanson, invitava tutti gli anni un duo di circensi, Frugolino e Ciarpame, che univa l'antica arte della clownerie alla più recente arte del proiettare sullo sfondo colori e forme per tenere impegnate le menti dei bambini. I loro rocamboleschi spettacoli si concludevano sempre con lancio di coriandoli sul pubblico e

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