Genova che nessuno conosce
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Tutti conoscono Genova e la sua storia: dai tempi del dominio sul Mediterraneo fino alle poesie in musica di Fabrizio De André, sono molti gli aspetti e le attrattive del capoluogo ligure noti ai più. Ma ciò che Genova può offrire ai curiosi non si limita certo a questo. Sapete che nelle case di via Veilino sono conficcate delle palle di cannone austriache? Avete mai sentito parlare di Tiler, l’artista on the road? E che dire della villa degli spiriti a Marassi, di Villa Gruber, del dipinto di Pellegro Piola in via degli Orefici, della storia di Megollo Lercari e della casa del boia? Fabrizio Càlzia, genovese DOC, ci conduce attraverso i vicoli di questa Genova misteriosa e segreta, a caccia dei piccoli tesori nascosti che un visitatore poco attento rischierebbe di tralasciare. Un compendio di curiosità storiche e artistiche, per tutti coloro che non si accontentano delle attrazioni più famose.
La guida definitiva alle curiosità nascoste di Genova
Tra le storie narrate:
L’abbazia di San Nicolò del Boschetto, con le tombe nobili
Le case prese a cannonate in faccia
La casa degli spiriti a Marassi
L’antico borgo di Sant’Agata, con il ponte distrutto sul Bisagno
Nascita di un frigideiro
La scuola Diaz e “Fiume Sand Creek”
Un’abbazia in salita
Un oratorio con vista vino
Il destino tragico di piazza Santa Brigida
Il Santuario dei Marinai che guarda Genova dall’alto
Le mura della marina che non sono più sul mare
Un palazzo “navigante”
Le cariatidi senza orecchie né naso di via Garibaldi
Una creuza per il diavolo
Dino Campana fra realtà e poesia
Jean Gabin in manette a San Silvestro
L’antica farinata di Sottoripa
Fabrizio Càlzia
È nato a Genova nel 1960. Ha scritto Parchi di parole (2007), guida ai luoghi cantati e vissuti dai principali cantautori genovesi quali Fabrizio De André, Luigi Tenco, Gino Paoli e Ivano Fossati. Nel 2010 ha firmato soggetto e sceneggiatura di Uomo Faber, romanzo a fumetti su Fabrizio De André, illustrato da Ivo Milazzo. Con la Newton Compton ha pubblicato, tra gli altri, 101 storie su Genova che non ti hanno mai raccontato, Storie segrete della storia di Genova, 101 perché sulla storia di Genova che non puoi non sapere, La Genova di Fabrizio De André e Genova che nessuno conosce.
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Anteprima del libro
Genova che nessuno conosce - Fabrizio Càlzia
764
Prima edizione ebook: novembre 2021
© 2021 Newton Compton editori s.r.l., Roma
ISBN 978-88-227-5443-1
www.newtoncompton.com
Edizione elettronica a cura di Punto a Capo, Roma
Fabrizio Càlzia
Genova
che nessuno conosce
I luoghi, i personaggi e le storie
più nascoste del capoluogo ligure
marchio-front.tifNewton Compton editori
Indice
introduzione
genova che nessuno conosce
A Bolzaneto hanno dedicato una via al Lazzaretto
La Valpolcevera partigiana
I presepi di Crevari e della certosa di Rivarolo
Pegli: la casa dei cantautori
Un bar chiamato… Miura
Come si dice Cocotte
in genovese?
L’abbazia di San Nicolò del Boschetto, con le tombe nobili
Il palazzo dei pagliacci
Il primo campo del Genoa è… a Sampierdarena…
Le torri medievali di Sampierdarena
Faber a Sampierdarena
Il vecchio Genoa si sposta a San Gottardo
Ponte Carrega, o campo do Zena
Le case prese a cannonate in faccia
I pionieri del foot-ball a Staglieno
Le tante storie di un cimitero monumentale
A passeggio lungo l’antico acquedotto
Sul filo dell’orizzonte
Le sedie della vecchia tribuna
Sedersi ai giardinetti di Ivano Fossati
La casa degli spiriti a Marassi (Villa Musso Piantelli)
L’antico borgo di Sant’Agata, con il ponte distrutto...... sul Bisagno
Forte Ratti: un forte lungo così
La villa con gli affreschi del Cambiaso
Qui si arresero i tedeschi
Le statue dell’antico ospedale nei viali del San Martino
E il castello finì all’ospedale
I palazzi pendenti in piazza Tommaseo
Scalinata Doria
Reverberi con vista tram
La statua del ginnasta-navigatore
Furioso odore di mare
Giro del mondo intorno a una piazzetta... (servizio realizzato dall’Autore nel 2006)
Come prima, più di prima
Casa Lauzi e il baseball della Foce
Mille lire per cena
Nascita di un frigideiro
Bindi, la musica e il mare
Faber sbarca alla Foce
Gian Franco Reverberi: il fratello maggiore dei cantautori
Gian Piero Reverberi: l’arte di arrangiare e di comporre
La metamorfosi di Fabrizio
Il dopo Reveberi-De André
La scuola Diaz e Fiume Sand Creek
In visita a Casa De André
Il Paradiso e il suo primo piano
Casa Paoli
Corso Italia faberiana (ma non solo)
A casa di Ciàcola
Sulle tracce di Caproni
Posti davanti al mare
Case di pescatori e di cantautori
La chiesa chiusa di Santa Maria del Prato
Alla scoperta della valletta di Rio San Pietro... alle spalle di Quinto al Mare
La stazione successiva di Bocca di Rosa
La portinaia di Sostiene Pereira
Un panorama di ispirazione svizzera
Un’abbazia in salita
Casa e scuola di un poeta sommo
Les Halles genovesi nel chiostro di un convento
Hotel Bristol: oggi le comiche
Immuni sì, ma a tutto c’è un limite
Braccia al muro!
Piazzetta Luccoli: sfratto di un falegname
Le guardie del tunnel
I leoni di San Marco a Genova
Accoltellato per un quadro
Il melograno in Campetto
Sulle tracce degli antichi liguri
Il Barbarossa in piazza Dante
Meridiana con vista piazza
L’Olivella del Carmine
Vietatissimo farla qui!
Carruggi off limits
Italia libera Dio lo vuole
Genova relativa
La chiesa che non diresti mai…
Una porta visitabile
Grand Hotel Beatles
La vera casa del boia
L’ultimo vecchio ponte di Fabrizio De André?
Un vicolo per il fieno
I cannoni ad acqua di via del Molo
Il vico della Croce Bianca
Vico Falamonica e Giovanni De Prà
Piazza Cattaneo e Antonio Malfante
Un oratorio con vista vino
Il destino tragico di piazza Santa Brigida
L’eccezione di vico Biscotti
C’era una volta un presepe
Lo scheletro di Santa Maria in Passione
Storia di un cane in chiesa
Le aquile sottomesse
Lo scheletro dei Grimaldi
Il trovatore con l’indirizzo sbagliato
Anche l’acqua porta sfortuna
Gli untori non c’entrano
Uno Jan Palach genovese
L’antica cripta dei marinai
Il campanile mozzato di San Siro
Il posto delle fragole
Scacco matto ad Andronico
Il monaco inginocchiato di vico del Roso
Lo spicchio della Maddalena
I guardiani di via Gramsci
L’oratorio di Sant’Antonio della Marina…
Il palazzo dei marmi
in piazza Fontane Marose
I lavatoi tratti in salvo
Sulle tracce degli Spinola
La chiesa che non c’è più
Un palazzo per i Garibaldi
Gli asini in cattedrale
In trattoria
alla Commenda
I pionieri del foot-ball vicini di casa in Campetto
Un palazzo-bunker per il vescovo
Il cielo in una stanza
Genova in versione presepe
L’ultima casa di Faber
Le mura del x secolo in Santa Maria in Passione
Il santuario dei marinai che guarda Genova dall’alto
Una passeggiata per la Lanterna
L’antico ospedale finisce in tribunale
Il trenino-ascensore per il Castello D’Albertis
L’ufficio delle cose perdute di Gino Paoli
La via del campo
di Caproni, molti anni prima di Faber
Sulle tracce dell’antico acquedotto in piena città..., da via Burlando a via del Molo
Cristo si è fermato a Genova
Otto statue in faccia al palazzo Ducale
Le teste appese di Porta Soprana
Le mura della Marina che non sono più sul mare
Un palazzo navigante
Le mura della Malapaga
Le cariatidi senza orecchie né naso di via Garibaldi
Un carruggio per l’amor perfetto
Quando le prostitute finanziarono il molo
Una creuza per il diavolo
C’era un Geordie anche in San Matteo?
Un ponte con vista Paradiso
La colonna infame di piazza Vacchero
Un ghetto ebraico dietro via del Campo
Il nome e il destino di piazza Banchi
San Pietro con vista piazza
Una salita per la Misericordia
Un vicolo per la cioccolata
Davanti alla stazione, una piazza dedicata all’acqua… verde
Per morire, pure salire si doveva
Prendi la porta e vai
Virgilio ed Enea, errabondi a Genova
Un’inferriata anti-suicidi
Dino Campana fra realtà e poesia
Gol da polli? In senso più che buono: ruspante!
Una cattedrale con bomba
Jean Gabin in manette a San Silvestro
Vico Carabaghe o Calabraghe
?
Via del Campo ci sono…
Una vaccheria in pieno centro
Il primo piano di via del Campo
Sulle tracce del genovese
Angelo Branduardi
La Caricamento di Dino Campana
L’antica farinata di Sottoripa
Piazza Sarzano e Dino Campana
Alla ricerca dei locali perduti
Le case Fossati
di via Fieschi
La scalinata della morte
Un Medioevo sottobanchi…
Bibliografia essenziale
introduzione
A ben vedere, e questa Guida ne è prova, non esiste una Genova che nessuno conosce. Certo anche il carattere ritroso per non dire refioso dei suoi abitanti fa sì che Genova non faccia bella mostra di sé, e che le cose nascoste sembrino di gran lunga più numerose di quelle alla luce del sole.
Ma non è così: ché in fondo il modo migliore per nascondere le cose è proprio quello di non nasconderle. E in questo Genova non fa eccezione: è tutto lì, sotto gli occhi di tutti. E tuttavia quasi mai ostentato, talvolta addirittura trascurato, tanto che qui come forse da nessuna altra parte occorre saper guardare prima ancora che vedere.
Non ci vogliono grimaldelli né permessi speciali per scoprire la Genova sconosciuta
descritta in queste pagine. Ci vuole pazienza, spirito di osservazione. Curiosità.
Buona lettura e buona scoperta!
Fabrizio Càlzia
genova che nessuno conosce
A Bolzaneto hanno dedicato una via al Lazzaretto
Sulle colline che sovrastano Bolzaneto, sopra il borgo-frazione di Trasta (siamo sul versante destro del Polcevera) si snoda una pressoché sconosciuta via del Lazzaretto: non che bisogna fare chissà quali indagini per risalire alle origini di questo toponimo. In effetti qui esisteva un ospedale attrezzato per fronteggiare le epidemie, e poco importa che si trattasse di lebbra, colera o chissà quale altra pestilenza causata dalla scarsa igiene sociale dei secoli passati.
Fa specie sotto certi aspetti che all’epoca qui era tutta campagna
, Genova, la grande città, era lontana, e riscontrare in un posto così isolato una struttura così importante sorprende e per certi versi rincuora…
Per immaginare le funzioni del lazzaretto dobbiamo per forza rifarci alle notizie che riguardano la Superba: tralasciando la tremenda peste nera del Trecento – che ridusse almeno del 35% la popolazione europea, funse da pretesto letterario per il Decamerone del Boccaccio e arrivò in Italia e in Europa grazie (per così dire…) proprio ai genovesi della colonia di Caffa, sul Mar Nero – due furono le peggiori epidemie che funestarono Genova, ed entrambe colpirono la città nel Seicento: quella del 1630 (altrimenti nota come la peste manzoniana
) e quella – ben peggiore – del 1656, che fece la bellezza
di 92.000 vittime riducendo alla metà le popolazioni di Genova e delle podesterie del Bisagno, del Polcevera e di Voltri.
Bartolomeo Alizeri «fisico e medico de Primari nel grande spedale di Pammatone» nel 1721 pubblicò il libro Della peste, cioè della sua natura, e de’ Rimedi per la preservazione e per la cura. Come forse si sa, all’epoca si riteneva che la peste fosse una sostanza tossica sparsa nell’aria, classificabile «tra i veleni corrosivi, tra i fermentativi, e tra i vaporosi; e quanto alla sua sostanza, non dubito», è sempre l’Alizeri che parla, «d’affermare che sia un sottilissimo Arsenico». C’erano vari segnali che – così si supponeva! – permettevano di rendersi conto dell’avvicinarsi di un’epidemia: eclissi, comete, terremoti nonché (e qui inizia finalmente un elenco di cause sensate e quanto meno vero-simili) l’aumento considerevole di topi, pulci, mosche – e rane. Da prendere in debita considerazione anche il diffondersi fra i bambini di un’abitudine inquietante: quella di giocare al funerale…
lazzaretto.genova.jpgDomenico Del Pino, Veduta del Lazzaretto Vecchio, della Foce, del Bisagno con la collina d’Albaro dalle mura delle Cappuccine (stampa della prima metà del
xix
secolo, Genova, Gabinetto Disegni e Stampe).
Ovviamente si vietava l’arrivo di merci e persone provenienti dai luoghi colpiti; monete e lettere andavano purificate con aceto e profumi; dopo l’arrivo della pestilenza in città furono vietate le situazioni affollate quali spettacoli e processi, si ripulirono le fognature e i malati venivano trattati dai pubblici profumieri
. I farmacisti erano tenuti a prendere immediata nota dei medicinali distribuiti onde poter essere in seguito – ovvero a epidemia finita – pagati dai superstiti o dagli eredi (siamo a Genova, mica per niente…). Siccome poi, anche in tempi confusi come quelli delle epidemie «benché si veda Dio colla sferza in mano, manca mai la sensualità in certe persone di perduta coscienza» era opportuno provvedersi di un Conservatorio di balie
. I morti plebei
erano da seppellirsi in barche colme di fascine e pece da bruciarsi in alto mare, mentre gli aristocratici potevano essere sepolti in chiesa ma dentro casse di piombo con una scritta «che avvisi i posteri, esser’ivi rinchiuso un morto di pestilenza».
Medici, preti e farmacisti, più esposti al contagio, dovevano evitare indumenti di lana che erano capaci di trattenere il sale venefico e contagioso
e indossare casacche di tela cerata con un cappuccio forato per gli occhi, cui si aggiungeva una maschera riempita di sostanze odorose come ruta, rosmarino, salvia e origano. Per la dieta, si consigliava il pesce, giacché Aristotele aveva scritto che i pesci non sono soggetti alla peste.
Ecco forse perché si dice essere sano come un pesce
…
La Valpolcevera partigiana
La valle del Polcevera, torrente che finisce in mare fra Sestri e Cornigliano, è stata teatro di aspri combattimenti e drammatici episodi durante la guerra partigiana. Non per nulla il regista genovese Pietro Germi ambientò qui, fra Campomorone, Pontedecimo, Teglia, il suo Achtung Banditi. Cravasco è poco lontana. La si raggiunge, dopo Pontedecimo e Campomorone, proseguendo oltre Isoverde: diciannove partigiani furono trucidati nei suoi dintorni il 23 marzo 1945. Fra loro, un ferito privo di una gamba, costretto a trascinarsi sui monti solo per essere fucilato. Si salvò solo Franco
, al secolo Arrigo Diodati, ferito al collo e creduto morto. Franco riuscì a raggiungere gli altri partigiani in montagna, partecipando poi di lì a poco alla liberazione dell’entroterra e infine di Genova. Ai martiri di Cravasco di Edoardo Firpo è una delle più forti poesie sulla Resistenza. Il ritmo dei versi scandisce il calvario dei condannati, costretti a scarpinare lungo uno strazetto da crave – chi con il compagno mutilato sulle spalle – e cadere, e rialzarsi, lungo un’inespressa via crucis:
«Perché in te grandi ingiustizie Dio o l’è sempre lontan?».
(Da: Edoardo Firpo, Tutte le poesie, a cura di Bruno Cicchetti e Eligio Imarisio, edizioni San Marco dei Giustiniani, Genova 1978, volume i, pag. 593).
I presepi di Crevari e della certosa di Rivarolo
Una delle più belle attività tradizionali dell’anno è per molte persone andar per presepi fra dicembre e gennaio. Nelle settimane precedenti al Natale le chiese di Genova, ma in questo la nostra città non è certamente diversa da qualsiasi altra città italiana, si riempiono di presepi grandi, piccoli, sontuosi o poveri, elaborati o semplici. Tutti hanno lo stesso scopo, celebrare la festa religiosa più importante dell’anno (non da un punto di vista strettamente teologico e liturgico, ché la più importante è la Pasqua, ma per la vita delle famiglie e il sentire delle persone il Natale non ha rivali) secondo una tradizione che data al xiii secolo, a quel primo presepe organizzato da san Francesco d’Assisi, e che continua a tramandarsi viva e ricca anche in questa epoca contemporanea molto scristianizzata. Molto suggestivi e interessanti anche come testimonianza storica e culturale sono quei presepi che rappresentano la nascita di Gesù nel paesaggio rurale italiano. Uno dei più belli di questo genere a Genova è quello di Crevari, borgata di collina sopra Voltri a picco sul mare, in una posizione tra le più affascinanti dell’intero comune. Vasto, il presepio di Crevari, con 5 o 6 quadri diversi, c’è la borgata contadina, il ruscello, le montagne con la neve e i tuoni, la luna (anzi, con una certa fantasia astronomica, di lune ce ne hanno messe ben due, in due quadri diversi e distanti…), le case col tetto in ciappe d’ardesia, alcune sotto la neve e altre fra campi e orti coltivati, e poi gli artigiani al lavoro, le donne nelle case… ah sì, c’è anche la Sacra Famiglia, certo, ma nessuno va a vedere quel presepe grandioso per cercare Giuseppe, Maria e Gesù Bambino, ammettiamolo… Per amor di verità questa non è una cosa
del tutto gratis perché viene richiesto un modesto obolo (un tempo era 0,80 euro, ora l’inflazione lo ha portato a 1 euro tondo tondo) per la parziale copertura delle spese di luce elettrica e impianto; ma sono pochi centesimi ben spesi…
Genova in una xilografia di Michael Wolgemut (1493), probabilmente la più antica immagine della città.
Altrettanto affascinanti, anche se un poco meno estesi e meno complessi, sono i presepi di Geo di Ceranesi e della certosa di Rivarolo. La chiesa di Geo non appartiene al comune di Genova ma è al di là del confine per meno di trecento metri quindi prendiamola per buona… In entrambi ci sono alcuni simpatici anacronismi, come l’edicola della Madonna sul ponte, una grossa chiesa barocca, il santuario della Madonna della Guardia in alto sul monte e una piazza Cristoforo Colombo, tutte cose che certamente nella Betlemme del tempo di Cristo non potevano esistere…
Pegli: la casa dei cantautori
Forse oggi sono pochissimi i pegliesi coscienti di abitare in quella che fino più o meno a un secolo fa era una località turistica di fama internazionale, tanto da poter competere con le varie Nervi, Rapallo, Sanremo, Bordighera… Poi i nobili, compresi quelli russi scelsero altri lidi per le loro vacanze, ma non solo: il duce inglobò Pegli nella Grande Genova, col tempo la località si trovò incastrata fra aeroporto, stabilimenti siderurgici e terminal container. Mantenne la sua identità residenziale, per carità, tanto da risultare tutt’oggi l’oasi del Ponente, ancorché cittadino…
Diverse strade e angoli ancora ben testimoniano il passato elegante
. Via Amerigo Vespucci è una di queste strade residenziali altoborghesi, tipicamente primo-novecentesche per architettura e paesaggio: sale su per la collina in modo molto genovese, ovvero con tornanti ora più morbidi ora bruschi fra un susseguirsi di villette dal gusto vagamente floreale e altre palazzine sobriamente razionaliste, comunque sia vieppiù panoramiche man mano che la strada sale; giardini con rampicanti, rose e alberi sempreverdi ombreggiano questi edifici signorili e proteggono la privacy genovesissima delle famiglie che li abitano. Un piccolo autobus di montagna
sale e scende la via al servizio dei suoi abitanti.
Via Vespucci non è l’unica strada della collina pegliese ad avere queste caratteristiche ma qui c’è un valore aggiunto: questa è una via degli artisti
. Con tutto che il percorso fra le dimore degli artisti pegliesi inizia più in basso, nella breve e rettilinea via De Nicolay, che sale direttamente dal Lungomare di Pegli (questo è il nome preciso di questo tratto di Aurelia) scavalcando la ferrovia: è una tranquilla strada ottocentesca, con palazzi residenziali medio-alto borghesi; sulla facciata del civico 12 si trova una targa artisticamente decorata con l’immagine di una chitarra che ricorda come in questa casa, il 18 febbraio 1940 nacque Fabrizio De André. Fu qui, in altre parole, che Giuseppe, il padre di Faber, mise sul grammofono (sissignori!) il Valzer campestre di Marinuzzi per alleviare i dolori del parto della moglie Luisa. Fabrizio, insomma, nacque con la musica, e anni dopo parolò
quella melodia per farne il suo Valzer per un amore.
Lasciata casa Faber e continuando verso monte e piegando a sinistra si raggiunge poi la sullodata via Vespucci: il civico 1 è un condominio di stile razionalista dove un’altra targa altrettanto artistica e colorata ricorda al viandante che qui visse per diversi anni un Alberto Lupo bambino e giovinetto (era nato a Bolzaneto, anch’essa oggi delegazione genovese, nel 1924). Risalire la via porta infine alla terza casa degli artisti di Pegli, quella al civico 31, una palazzina anch’essa di stile razionalista proprio in cima alla strada. Qui non ci sono targhe, ma solo perché l’Artista
in questione è ancora felicemente vivente; però i bene informati sanno che qui, all’interno 1 abitò da bambino Gino Paoli, genovese a tutti gli effetti anche se nato in Venezia Giulia a Monfalcone.
La casa è abitazione privata (come quella di Faber peraltro) e non la si può mica visitare. L’inquilino, in ogni caso, ha mantenuto all’interno un murale che Gino Paoli dipinse da adolescente, ispirandosi all’arte dell’antico Egitto. La mamma di Gino era solita coprire l’opera del figlio (tra l’altro un grande talento: Gino avrebbe potuto benissimo avere successo come pittore) con un telo perché «c’erano delle donne nude»…
La stessa madre, per contro, riciclava
con gratitudine gli elmetti dei soldati tedeschi che il giovanissimo Gino rubava ai soldati americani parcheggiati
con i loro blindati proprio sotto casa. I militari appendevano, a mo’ di scalpi, gli elmetti all’esterno dei loro carri armati e Gino si serviva
generosamente.
E la madre? Siamo o non siamo nell’immediato dopoguerra?: riempiva gli elmetti di terra e ci coltivava i suoi gerani. "Mettete dei fiori nei vostri cannoni, avrebbero cantato I Giganti
alle porte del ’68.
Un bar chiamato… Miura
Si chiama Alex Bar e si trova fra via dei Reggio e via Pacoret de Saint Bon, a Genova Multedo. Il Signorini è lì a due passi, ed è fin troppo facile immaginare come il posto sia frequentato da tifosi ma anche dagli stessi calciatori o dirigenti del Genoa, che qui si fermano spesso per una colazione o un caffè. Di recente il locale è tornato sotto la vecchia gestione, capitanata
dalla signora Anna Argirò. Che fra i suoi ricordi più cari e importanti cita l’amicizia con Kazu Miura, a suo tempo assiduo frequentatore del bar in quanto, così ricorda la signora, piuttosto spaesato al suo arrivo in Italia. Miura fece in particolare amicizia con Alex (ecco il perché di Alex Bar), il figlio di Anna, il quale cercò di dargli una mano con l’italiano. «Passava spesso di qui, anche con tutta la famiglia, compresa la moglie Risako, una fotomodella». In particolare Anna ricorda una invasione
il giorno di Natale, con ben diciotto persone! Miura era appena reduce dal suo unico gol segnato in rossoblù, quello inutile nel derby. Ma ciò ovviamente non intaccò l’amicizia, anzi: Alex andò in seguito a trovare Kazu in Giappone, che lo fece giocare nella sua squadra. Non è dato tuttavia sapere se Alex ricambiò
con un gol in un qualche derby nipponico.
Come si