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Genova che nessuno conosce
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E-book353 pagine3 ore

Genova che nessuno conosce

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Info su questo ebook

I luoghi, i personaggi e le storie più nascoste del capoluogo ligure

Tutti conoscono Genova e la sua storia: dai tempi del dominio sul Mediterraneo fino alle poesie in musica di Fabrizio De André, sono molti gli aspetti e le attrattive del capoluogo ligure noti ai più. Ma ciò che Genova può offrire ai curiosi non si limita certo a questo. Sapete che nelle case di via Veilino sono conficcate delle palle di cannone austriache? Avete mai sentito parlare di Tiler, l’artista on the road? E che dire della villa degli spiriti a Marassi, di Villa Gruber, del dipinto di Pellegro Piola in via degli Orefici, della storia di Megollo Lercari e della casa del boia? Fabrizio Càlzia, genovese DOC, ci conduce attraverso i vicoli di questa Genova misteriosa e segreta, a caccia dei piccoli tesori nascosti che un visitatore poco attento rischierebbe di tralasciare. Un compendio di curiosità storiche e artistiche, per tutti coloro che non si accontentano delle attrazioni più famose.

La guida definitiva alle curiosità nascoste di Genova

Tra le storie narrate:

L’abbazia di San Nicolò del Boschetto, con le tombe nobili
Le case prese a cannonate in faccia
La casa degli spiriti a Marassi
L’antico borgo di Sant’Agata, con il ponte distrutto sul Bisagno
Nascita di un frigideiro
La scuola Diaz e “Fiume Sand Creek”
Un’abbazia in salita
Un oratorio con vista vino
Il destino tragico di piazza Santa Brigida
Il Santuario dei Marinai che guarda Genova dall’alto
Le mura della marina che non sono più sul mare
Un palazzo “navigante”
Le cariatidi senza orecchie né naso di via Garibaldi
Una creuza per il diavolo
Dino Campana fra realtà e poesia
Jean Gabin in manette a San Silvestro
L’antica farinata di Sottoripa
Fabrizio Càlzia
È nato a Genova nel 1960. Ha scritto Parchi di parole (2007), guida ai luoghi cantati e vissuti dai principali cantautori genovesi quali Fabrizio De André, Luigi Tenco, Gino Paoli e Ivano Fossati. Nel 2010 ha firmato soggetto e sceneggiatura di Uomo Faber, romanzo a fumetti su Fabrizio De André, illustrato da Ivo Milazzo. Con la Newton Compton ha pubblicato, tra gli altri, 101 storie su Genova che non ti hanno mai raccontato, Storie segrete della storia di Genova, 101 perché sulla storia di Genova che non puoi non sapere, La Genova di Fabrizio De André e Genova che nessuno conosce.
LinguaItaliano
Data di uscita15 ott 2021
ISBN9788822754431
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    Anteprima del libro

    Genova che nessuno conosce - Fabrizio Càlzia

    ES764.cover.jpges.jpg

    764

    Prima edizione ebook: novembre 2021

    © 2021 Newton Compton editori s.r.l., Roma

    ISBN 978-88-227-5443-1

    www.newtoncompton.com

    Edizione elettronica a cura di Punto a Capo, Roma

    Fabrizio Càlzia

    Genova

    che nessuno conosce

    I luoghi, i personaggi e le storie

    più nascoste del capoluogo ligure

    marchio-front.tif

    Newton Compton editori

    Indice

    introduzione

    genova che nessuno conosce

    A Bolzaneto hanno dedicato una via al Lazzaretto

    La Valpolcevera partigiana

    I presepi di Crevari e della certosa di Rivarolo

    Pegli: la casa dei cantautori

    Un bar chiamato… Miura

    Come si dice Cocotte in genovese?

    L’abbazia di San Nicolò del Boschetto, con le tombe nobili

    Il palazzo dei pagliacci

    Il primo campo del Genoa è… a Sampierdarena…

    Le torri medievali di Sampierdarena

    Faber a Sampierdarena

    Il vecchio Genoa si sposta a San Gottardo

    Ponte Carrega, o campo do Zena

    Le case prese a cannonate in faccia

    I pionieri del foot-ball a Staglieno

    Le tante storie di un cimitero monumentale

    A passeggio lungo l’antico acquedotto

    Sul filo dell’orizzonte

    Le sedie della vecchia tribuna

    Sedersi ai giardinetti di Ivano Fossati

    La casa degli spiriti a Marassi (Villa Musso Piantelli)

    L’antico borgo di Sant’Agata, con il ponte distrutto...... sul Bisagno

    Forte Ratti: un forte lungo così

    La villa con gli affreschi del Cambiaso

    Qui si arresero i tedeschi

    Le statue dell’antico ospedale nei viali del San Martino

    E il castello finì all’ospedale

    I palazzi pendenti in piazza Tommaseo

    Scalinata Doria

    Reverberi con vista tram

    La statua del ginnasta-navigatore

    Furioso odore di mare

    Giro del mondo intorno a una piazzetta... (servizio realizzato dall’Autore nel 2006)

    Come prima, più di prima

    Casa Lauzi e il baseball della Foce

    Mille lire per cena

    Nascita di un frigideiro

    Bindi, la musica e il mare

    Faber sbarca alla Foce

    Gian Franco Reverberi: il fratello maggiore dei cantautori

    Gian Piero Reverberi: l’arte di arrangiare e di comporre

    La metamorfosi di Fabrizio

    Il dopo Reveberi-De André

    La scuola Diaz e Fiume Sand Creek

    In visita a Casa De André

    Il Paradiso e il suo primo piano

    Casa Paoli

    Corso Italia faberiana (ma non solo)

    A casa di Ciàcola

    Sulle tracce di Caproni

    Posti davanti al mare

    Case di pescatori e di cantautori

    La chiesa chiusa di Santa Maria del Prato

    Alla scoperta della valletta di Rio San Pietro... alle spalle di Quinto al Mare

    La stazione successiva di Bocca di Rosa

    La portinaia di Sostiene Pereira

    Un panorama di ispirazione svizzera

    Un’abbazia in salita

    Casa e scuola di un poeta sommo

    Les Halles genovesi nel chiostro di un convento

    Hotel Bristol: oggi le comiche

    Immuni sì, ma a tutto c’è un limite

    Braccia al muro!

    Piazzetta Luccoli: sfratto di un falegname

    Le guardie del tunnel

    I leoni di San Marco a Genova

    Accoltellato per un quadro

    Il melograno in Campetto

    Sulle tracce degli antichi liguri

    Il Barbarossa in piazza Dante

    Meridiana con vista piazza

    L’Olivella del Carmine

    Vietatissimo farla qui!

    Carruggi off limits

    Italia libera Dio lo vuole

    Genova relativa

    La chiesa che non diresti mai…

    Una porta visitabile

    Grand Hotel Beatles

    La vera casa del boia

    L’ultimo vecchio ponte di Fabrizio De André?

    Un vicolo per il fieno

    I cannoni ad acqua di via del Molo

    Il vico della Croce Bianca

    Vico Falamonica e Giovanni De Prà

    Piazza Cattaneo e Antonio Malfante

    Un oratorio con vista vino

    Il destino tragico di piazza Santa Brigida

    L’eccezione di vico Biscotti

    C’era una volta un presepe

    Lo scheletro di Santa Maria in Passione

    Storia di un cane in chiesa

    Le aquile sottomesse

    Lo scheletro dei Grimaldi

    Il trovatore con l’indirizzo sbagliato

    Anche l’acqua porta sfortuna

    Gli untori non c’entrano

    Uno Jan Palach genovese

    L’antica cripta dei marinai

    Il campanile mozzato di San Siro

    Il posto delle fragole

    Scacco matto ad Andronico

    Il monaco inginocchiato di vico del Roso

    Lo spicchio della Maddalena

    I guardiani di via Gramsci

    L’oratorio di Sant’Antonio della Marina…

    Il palazzo dei marmi in piazza Fontane Marose

    I lavatoi tratti in salvo

    Sulle tracce degli Spinola

    La chiesa che non c’è più

    Un palazzo per i Garibaldi

    Gli asini in cattedrale

    In trattoria alla Commenda

    I pionieri del foot-ball vicini di casa in Campetto

    Un palazzo-bunker per il vescovo

    Il cielo in una stanza

    Genova in versione presepe

    L’ultima casa di Faber

    Le mura del x secolo in Santa Maria in Passione

    Il santuario dei marinai che guarda Genova dall’alto

    Una passeggiata per la Lanterna

    L’antico ospedale finisce in tribunale

    Il trenino-ascensore per il Castello D’Albertis

    L’ufficio delle cose perdute di Gino Paoli

    La via del campo di Caproni, molti anni prima di Faber

    Sulle tracce dell’antico acquedotto in piena città..., da via Burlando a via del Molo

    Cristo si è fermato a Genova

    Otto statue in faccia al palazzo Ducale

    Le teste appese di Porta Soprana

    Le mura della Marina che non sono più sul mare

    Un palazzo navigante

    Le mura della Malapaga

    Le cariatidi senza orecchie né naso di via Garibaldi

    Un carruggio per l’amor perfetto

    Quando le prostitute finanziarono il molo

    Una creuza per il diavolo

    C’era un Geordie anche in San Matteo?

    Un ponte con vista Paradiso

    La colonna infame di piazza Vacchero

    Un ghetto ebraico dietro via del Campo

    Il nome e il destino di piazza Banchi

    San Pietro con vista piazza

    Una salita per la Misericordia

    Un vicolo per la cioccolata

    Davanti alla stazione, una piazza dedicata all’acqua… verde

    Per morire, pure salire si doveva

    Prendi la porta e vai

    Virgilio ed Enea, errabondi a Genova

    Un’inferriata anti-suicidi

    Dino Campana fra realtà e poesia

    Gol da polli? In senso più che buono: ruspante!

    Una cattedrale con bomba

    Jean Gabin in manette a San Silvestro

    Vico Carabaghe o Calabraghe?

    Via del Campo ci sono…

    Una vaccheria in pieno centro

    Il primo piano di via del Campo

    Sulle tracce del genovese Angelo Branduardi

    La Caricamento di Dino Campana

    L’antica farinata di Sottoripa

    Piazza Sarzano e Dino Campana

    Alla ricerca dei locali perduti

    Le case Fossati di via Fieschi

    La scalinata della morte

    Un Medioevo sottobanchi…

    Bibliografia essenziale

    introduzione

    A ben vedere, e questa Guida ne è prova, non esiste una Genova che nessuno conosce. Certo anche il carattere ritroso per non dire refioso dei suoi abitanti fa sì che Genova non faccia bella mostra di sé, e che le cose nascoste sembrino di gran lunga più numerose di quelle alla luce del sole.

    Ma non è così: ché in fondo il modo migliore per nascondere le cose è proprio quello di non nasconderle. E in questo Genova non fa eccezione: è tutto lì, sotto gli occhi di tutti. E tuttavia quasi mai ostentato, talvolta addirittura trascurato, tanto che qui come forse da nessuna altra parte occorre saper guardare prima ancora che vedere.

    Non ci vogliono grimaldelli né permessi speciali per scoprire la Genova sconosciuta descritta in queste pagine. Ci vuole pazienza, spirito di osservazione. Curiosità.

    Buona lettura e buona scoperta!

    Fabrizio Càlzia

    genova che nessuno conosce

    A Bolzaneto hanno dedicato una via al Lazzaretto

    Sulle colline che sovrastano Bolzaneto, sopra il borgo-frazione di Trasta (siamo sul versante destro del Polcevera) si snoda una pressoché sconosciuta via del Lazzaretto: non che bisogna fare chissà quali indagini per risalire alle origini di questo toponimo. In effetti qui esisteva un ospedale attrezzato per fronteggiare le epidemie, e poco importa che si trattasse di lebbra, colera o chissà quale altra pestilenza causata dalla scarsa igiene sociale dei secoli passati.

    Fa specie sotto certi aspetti che all’epoca qui era tutta campagna, Genova, la grande città, era lontana, e riscontrare in un posto così isolato una struttura così importante sorprende e per certi versi rincuora…

    Per immaginare le funzioni del lazzaretto dobbiamo per forza rifarci alle notizie che riguardano la Superba: tralasciando la tremenda peste nera del Trecento – che ridusse almeno del 35% la popolazione europea, funse da pretesto letterario per il Decamerone del Boccaccio e arrivò in Italia e in Europa grazie (per così dire…) proprio ai genovesi della colonia di Caffa, sul Mar Nero – due furono le peggiori epidemie che funestarono Genova, ed entrambe colpirono la città nel Seicento: quella del 1630 (altrimenti nota come la peste manzoniana) e quella – ben peggiore – del 1656, che fece la bellezza di 92.000 vittime riducendo alla metà le popolazioni di Genova e delle podesterie del Bisagno, del Polcevera e di Voltri.

    Bartolomeo Alizeri «fisico e medico de Primari nel grande spedale di Pammatone» nel 1721 pubblicò il libro Della peste, cioè della sua natura, e de’ Rimedi per la preservazione e per la cura. Come forse si sa, all’epoca si riteneva che la peste fosse una sostanza tossica sparsa nell’aria, classificabile «tra i veleni corrosivi, tra i fermentativi, e tra i vaporosi; e quanto alla sua sostanza, non dubito», è sempre l’Alizeri che parla, «d’affermare che sia un sottilissimo Arsenico». C’erano vari segnali che – così si supponeva! – permettevano di rendersi conto dell’avvicinarsi di un’epidemia: eclissi, comete, terremoti nonché (e qui inizia finalmente un elenco di cause sensate e quanto meno vero-simili) l’aumento considerevole di topi, pulci, mosche – e rane. Da prendere in debita considerazione anche il diffondersi fra i bambini di un’abitudine inquietante: quella di giocare al funerale…

    lazzaretto.genova.jpg

    Domenico Del Pino, Veduta del Lazzaretto Vecchio, della Foce, del Bisagno con la collina d’Albaro dalle mura delle Cappuccine (stampa della prima metà del 

    xix

     secolo, Genova, Gabinetto Disegni e Stampe).

    Ovviamente si vietava l’arrivo di merci e persone provenienti dai luoghi colpiti; monete e lettere andavano purificate con aceto e profumi; dopo l’arrivo della pestilenza in città furono vietate le situazioni affollate quali spettacoli e processi, si ripulirono le fognature e i malati venivano trattati dai pubblici profumieri. I farmacisti erano tenuti a prendere immediata nota dei medicinali distribuiti onde poter essere in seguito – ovvero a epidemia finita – pagati dai superstiti o dagli eredi (siamo a Genova, mica per niente…). Siccome poi, anche in tempi confusi come quelli delle epidemie «benché si veda Dio colla sferza in mano, manca mai la sensualità in certe persone di perduta coscienza» era opportuno provvedersi di un Conservatorio di balie. I morti plebei erano da seppellirsi in barche colme di fascine e pece da bruciarsi in alto mare, mentre gli aristocratici potevano essere sepolti in chiesa ma dentro casse di piombo con una scritta «che avvisi i posteri, esser’ivi rinchiuso un morto di pestilenza».

    Medici, preti e farmacisti, più esposti al contagio, dovevano evitare indumenti di lana che erano capaci di trattenere il sale venefico e contagioso e indossare casacche di tela cerata con un cappuccio forato per gli occhi, cui si aggiungeva una maschera riempita di sostanze odorose come ruta, rosmarino, salvia e origano. Per la dieta, si consigliava il pesce, giacché Aristotele aveva scritto che i pesci non sono soggetti alla peste.

    Ecco forse perché si dice essere sano come un pesce

    La Valpolcevera partigiana

    La valle del Polcevera, torrente che finisce in mare fra Sestri e Cornigliano, è stata teatro di aspri combattimenti e drammatici episodi durante la guerra partigiana. Non per nulla il regista genovese Pietro Germi ambientò qui, fra Campomorone, Pontedecimo, Teglia, il suo Achtung Banditi. Cravasco è poco lontana. La si raggiunge, dopo Pontedecimo e Campomorone, proseguendo oltre Isoverde: diciannove partigiani furono trucidati nei suoi dintorni il 23 marzo 1945. Fra loro, un ferito privo di una gamba, costretto a trascinarsi sui monti solo per essere fucilato. Si salvò solo Franco, al secolo Arrigo Diodati, ferito al collo e creduto morto. Franco riuscì a raggiungere gli altri partigiani in montagna, partecipando poi di lì a poco alla liberazione dell’entroterra e infine di Genova. Ai martiri di Cravasco di Edoardo Firpo è una delle più forti poesie sulla Resistenza. Il ritmo dei versi scandisce il calvario dei condannati, costretti a scarpinare lungo uno strazetto da crave – chi con il compagno mutilato sulle spalle – e cadere, e rialzarsi, lungo un’inespressa via crucis:

    «Perché in te grandi ingiustizie Dio o l’è sempre lontan?».

    (Da: Edoardo Firpo, Tutte le poesie, a cura di Bruno Cicchetti e Eligio Imarisio, edizioni San Marco dei Giustiniani, Genova 1978, volume i, pag. 593).

    I presepi di Crevari e della certosa di Rivarolo

    Una delle più belle attività tradizionali dell’anno è per molte persone andar per presepi fra dicembre e gennaio. Nelle settimane precedenti al Natale le chiese di Genova, ma in questo la nostra città non è certamente diversa da qualsiasi altra città italiana, si riempiono di presepi grandi, piccoli, sontuosi o poveri, elaborati o semplici. Tutti hanno lo stesso scopo, celebrare la festa religiosa più importante dell’anno (non da un punto di vista strettamente teologico e liturgico, ché la più importante è la Pasqua, ma per la vita delle famiglie e il sentire delle persone il Natale non ha rivali) secondo una tradizione che data al xiii secolo, a quel primo presepe organizzato da san Francesco d’Assisi, e che continua a tramandarsi viva e ricca anche in questa epoca contemporanea molto scristianizzata. Molto suggestivi e interessanti anche come testimonianza storica e culturale sono quei presepi che rappresentano la nascita di Gesù nel paesaggio rurale italiano. Uno dei più belli di questo genere a Genova è quello di Crevari, borgata di collina sopra Voltri a picco sul mare, in una posizione tra le più affascinanti dell’intero comune. Vasto, il presepio di Crevari, con 5 o 6 quadri diversi, c’è la borgata contadina, il ruscello, le montagne con la neve e i tuoni, la luna (anzi, con una certa fantasia astronomica, di lune ce ne hanno messe ben due, in due quadri diversi e distanti…), le case col tetto in ciappe d’ardesia, alcune sotto la neve e altre fra campi e orti coltivati, e poi gli artigiani al lavoro, le donne nelle case… ah sì, c’è anche la Sacra Famiglia, certo, ma nessuno va a vedere quel presepe grandioso per cercare Giuseppe, Maria e Gesù Bambino, ammettiamolo… Per amor di verità questa non è una cosa del tutto gratis perché viene richiesto un modesto obolo (un tempo era 0,80 euro, ora l’inflazione lo ha portato a 1 euro tondo tondo) per la parziale copertura delle spese di luce elettrica e impianto; ma sono pochi centesimi ben spesi…

    Genova.pianta.tif

    Genova in una xilografia di Michael Wolgemut (1493), probabilmente la più antica immagine della città.

    Altrettanto affascinanti, anche se un poco meno estesi e meno complessi, sono i presepi di Geo di Ceranesi e della certosa di Rivarolo. La chiesa di Geo non appartiene al comune di Genova ma è al di là del confine per meno di trecento metri quindi prendiamola per buona… In entrambi ci sono alcuni simpatici anacronismi, come l’edicola della Madonna sul ponte, una grossa chiesa barocca, il santuario della Madonna della Guardia in alto sul monte e una piazza Cristoforo Colombo, tutte cose che certamente nella Betlemme del tempo di Cristo non potevano esistere…

    Pegli: la casa dei cantautori

    Forse oggi sono pochissimi i pegliesi coscienti di abitare in quella che fino più o meno a un secolo fa era una località turistica di fama internazionale, tanto da poter competere con le varie Nervi, Rapallo, Sanremo, Bordighera… Poi i nobili, compresi quelli russi scelsero altri lidi per le loro vacanze, ma non solo: il duce inglobò Pegli nella Grande Genova, col tempo la località si trovò incastrata fra aeroporto, stabilimenti siderurgici e terminal container. Mantenne la sua identità residenziale, per carità, tanto da risultare tutt’oggi l’oasi del Ponente, ancorché cittadino…

    Diverse strade e angoli ancora ben testimoniano il passato elegante. Via Amerigo Vespucci è una di queste strade residenziali altoborghesi, tipicamente primo-novecentesche per architettura e paesaggio: sale su per la collina in modo molto genovese, ovvero con tornanti ora più morbidi ora bruschi fra un susseguirsi di villette dal gusto vagamente floreale e altre palazzine sobriamente razionaliste, comunque sia vieppiù panoramiche man mano che la strada sale; giardini con rampicanti, rose e alberi sempreverdi ombreggiano questi edifici signorili e proteggono la privacy genovesissima delle famiglie che li abitano. Un piccolo autobus di montagna sale e scende la via al servizio dei suoi abitanti.

    Via Vespucci non è l’unica strada della collina pegliese ad avere queste caratteristiche ma qui c’è un valore aggiunto: questa è una via degli artisti. Con tutto che il percorso fra le dimore degli artisti pegliesi inizia più in basso, nella breve e rettilinea via De Nicolay, che sale direttamente dal Lungomare di Pegli (questo è il nome preciso di questo tratto di Aurelia) scavalcando la ferrovia: è una tranquilla strada ottocentesca, con palazzi residenziali medio-alto borghesi; sulla facciata del civico 12 si trova una targa artisticamente decorata con l’immagine di una chitarra che ricorda come in questa casa, il 18 febbraio 1940 nacque Fabrizio De André. Fu qui, in altre parole, che Giuseppe, il padre di Faber, mise sul grammofono (sissignori!) il Valzer campestre di Marinuzzi per alleviare i dolori del parto della moglie Luisa. Fabrizio, insomma, nacque con la musica, e anni dopo parolò quella melodia per farne il suo Valzer per un amore.

    Lasciata casa Faber e continuando verso monte e piegando a sinistra si raggiunge poi la sullodata via Vespucci: il civico 1 è un condominio di stile razionalista dove un’altra targa altrettanto artistica e colorata ricorda al viandante che qui visse per diversi anni un Alberto Lupo bambino e giovinetto (era nato a Bolzaneto, anch’essa oggi delegazione genovese, nel 1924). Risalire la via porta infine alla terza casa degli artisti di Pegli, quella al civico 31, una palazzina anch’essa di stile razionalista proprio in cima alla strada. Qui non ci sono targhe, ma solo perché l’Artista in questione è ancora felicemente vivente; però i bene informati sanno che qui, all’interno 1 abitò da bambino Gino Paoli, genovese a tutti gli effetti anche se nato in Venezia Giulia a Monfalcone.

    La casa è abitazione privata (come quella di Faber peraltro) e non la si può mica visitare. L’inquilino, in ogni caso, ha mantenuto all’interno un murale che Gino Paoli dipinse da adolescente, ispirandosi all’arte dell’antico Egitto. La mamma di Gino era solita coprire l’opera del figlio (tra l’altro un grande talento: Gino avrebbe potuto benissimo avere successo come pittore) con un telo perché «c’erano delle donne nude»…

    La stessa madre, per contro, riciclava con gratitudine gli elmetti dei soldati tedeschi che il giovanissimo Gino rubava ai soldati americani parcheggiati con i loro blindati proprio sotto casa. I militari appendevano, a mo’ di scalpi, gli elmetti all’esterno dei loro carri armati e Gino si serviva generosamente.

    E la madre? Siamo o non siamo nell’immediato dopoguerra?: riempiva gli elmetti di terra e ci coltivava i suoi gerani. "Mettete dei fiori nei vostri cannoni, avrebbero cantato I Giganti alle porte del ’68.

    Un bar chiamato… Miura

    Si chiama Alex Bar e si trova fra via dei Reggio e via Pacoret de Saint Bon, a Genova Multedo. Il Signorini è lì a due passi, ed è fin troppo facile immaginare come il posto sia frequentato da tifosi ma anche dagli stessi calciatori o dirigenti del Genoa, che qui si fermano spesso per una colazione o un caffè. Di recente il locale è tornato sotto la vecchia gestione, capitanata dalla signora Anna Argirò. Che fra i suoi ricordi più cari e importanti cita l’amicizia con Kazu Miura, a suo tempo assiduo frequentatore del bar in quanto, così ricorda la signora, piuttosto spaesato al suo arrivo in Italia. Miura fece in particolare amicizia con Alex (ecco il perché di Alex Bar), il figlio di Anna, il quale cercò di dargli una mano con l’italiano. «Passava spesso di qui, anche con tutta la famiglia, compresa la moglie Risako, una fotomodella». In particolare Anna ricorda una invasione il giorno di Natale, con ben diciotto persone! Miura era appena reduce dal suo unico gol segnato in rossoblù, quello inutile nel derby. Ma ciò ovviamente non intaccò l’amicizia, anzi: Alex andò in seguito a trovare Kazu in Giappone, che lo fece giocare nella sua squadra. Non è dato tuttavia sapere se Alex ricambiò con un gol in un qualche derby nipponico.

    Come si

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