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Dante per manager
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E-book221 pagine3 ore

Dante per manager

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Info su questo ebook

Dietro ogni terzina di versi si nasconde uno spunto manageriale. Tutto sta a scoprirlo, con la mente ben aperta e la volontà di ritrovare nelle aziende del XXI secolo il piacere di quel viaggio verso l'alto qui compiuto da Dante Alighieri proprio sette secoli fa. Qui i pensatori del management di oggi fanno capolino accanto a Ulisse, a Paolo e Francesca, al conte Ugolino. Personaggi che affiorano alla memoria di lettrici e lettori indicano sulla mappa dantesca gli itinerari possibili e l'equipaggiamento utile per gestire persone e risorse, soprattutto in tempi complessi come gli attuali. Il traghettatore Caronte si rivela metafora del leader dallo stile direttivo e autoritario, Minosse è un arcigno recruiting manager mentre Virgilio e Beatrice vestono i panni dei mentor capaci. Il Purgatorio è il regno degli interinali dove le anime "a tempo" scontano le loro pene: la superbia diventa autoesaltazione, l'accidia si trasforma in demotivazione e la gola è fame di incarichi. Meta finale resta il Paradiso, il regno delle virtù aziendali: lì i beati sono modelli di comportamento, medievale e contemporaneo.

Se tu segui tua stella,
non puoi fallire a glorioso porto.
Inferno, canto XV

LinguaItaliano
Data di uscita31 ott 2021
ISBN9788863459104
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    Anteprima del libro

    Dante per manager - Enrico Cerni

    L’autore

    Durante Alighieri detto Dante è stato una persona di grande complessità e di straordinario successo. Successo robusto come il legno di una quercia e capace di perdurare attraverso i secoli. Da quando? Già da quand’era in vita, anche se il successo non gli ha dato alla testa. Del resto non gli ha generato né ricchezza economica né il conforto di rientrare a vivere in patria.

    Dante ha saputo dire sì quando occorreva e ha saputo dire no, anche di fronte alle più alte autorità, come ogni leader di sé stesso impara a fare per riuscire a centrare i propri obiettivi. I no, a lui, sono costati cari: l’esilio dalla città natale, Firenze. Con l’inizio del Trecento, non ha più potuto mettere piede a Fiorenza, metropoli medievale in turbolento sviluppo, ed è stato costretto a peregrinare attraverso la serva Italia, di dolore ostello, / nave sanza nocchiere in gran tempesta, / non donna di provincie, ma bordello.

    Un brand memorabile

    La sua fama è per sempre.

    Subito dopo la morte, il riconoscimento del suo valore è stato strabordante e immediato. A Firenze, i suoi concittadini hanno organizzato addirittura una petizione per chiedere la pubblica lettura di quell’autore che volgalmente si chiama el Dante. Oggi i promotori ti avrebbero chiesto di apporre la firma digitale su change.org e tu, quella petizione, l’avresti sottoscritta. Gli amministratori comunali dell’epoca hanno deciso dunque di tenere quelle letture in pubblico, tutti i giorni tranne i festivi. Il prescelto per la lettura è stato nientepopodimeno che il prof. Giovanni Boccaccio, appassionato lettore del nostro.

    Ben presto, la Commedia è diventata il libro più letto in Italia dopo la Bibbia, sempre in posizione top nelle classifiche degli inserti culturali Domenica del Sole 24 Ore, Robinson, La Lettura e Tuttolibri di ogni tempo. La sua impresa principale, la Divina Commedia Spa, da secoli mantiene e accresce il valore delle proprie azioni negli stock exchanges letterari in ogni parte del mondo, conquistando nuovi clienti e ampliando il proprio market share tra i lettori.

    Alighieri ha sbaragliato i competitors. Del resto, diceva George Steiner, è difficile distinguersi, se si è Cecco d’Ascoli, si nasce nel Trecento e si ha come vicino di casa un Dante.

    Un leader che sceglie di essere ottimista

    Stoffa da leader. Non gli interessava dimostrare quanto valeva ma intendeva riuscire a esprimersi appieno. Un po’ come nell’ikigai giapponese, quando passione, missione, vocazione e professione stanno in armonia tra loro, intessute e annodate insieme, inglobate in un’unica colorata esistenza che abbia senso e che valga la pena di essere vissuta.

    I leader, quelli capaci di avere follower che rimangono nel tempo, ricercano continuamente la loro espressione più completa e per questa sono disposti a mettersi in gioco, attraversando momenti di crisi in cui reinventano sé stessi e le organizzazioni nelle quali lavorano.

    Della capacità di reinvenzione di sé, Dante, nei cinquantasei anni di esistenza, è stato di sicuro un grande testimone.

    Ottimista, dunque, il poeta, anche per convenienza personale: è più vantaggioso sforzarsi di essere ottimisti. Più faticoso, certo, ma più vantaggioso e puoi ricordare che vantaggioso significa ‘in grado di portarti davanti’, con un posto in prima fila. Il vantaggio è etimologicamente proprio quel posto lì davanti.

    È sempre bene impegnarsi a essere ottimisti, soprattutto quando nelle aziende le cose non vanno per il verso auspicato. Soprattutto quando gli indici di Dow Jones vanno giù in picchiata. Soprattutto quando il lockdown ti incatena in casa tutti i clienti e tu non navighi in buone acque. Soprattutto quando la tua città ti condanna all’esilio perpetuo.

    Quello che Claude Bristol ha definito The Magic of Believing, La magia del crederci, cioè l’ottimismo caparbio e tenace, di certo non faceva difetto al fiorentino. Dante, come tutte le persone ottimiste, ha avuto successo non perché riteneva che tutto gli dovesse andare bene ma perché l’aspettativa del successo lo ha indotto a lavorare con impegno. Quando ti aspetti poco, la motivazione a provarci è debole. Quando ti aspetti molto, il desiderio diventa ciò che Bristol definiva an all-obsessing desire, un desiderio ossessivo. All-obsessing, ciò che porta alla concentrazione totale, come ti ha insegnato Dante e come ti insegnano oggi i leader del pensiero manageriale.

    Per questo è bene che gli obiettivi, fissati per sé o per il team, siano sfidanti, che il risultato non sia raggiungibile senza sforzo, che l’asticella sia posizionata ben in alto. Molto in alto. Se possibile, ancora di più.

    Gianmarco Tamberi, oro alle olimpiadi di Tokyo 2021, ha vinto la medaglia perché ha chiesto il massimo a sé stesso. Ha accettato le difficoltà della vita, ha esibito il gesso dell’infortunio come un trofeo, ha agito con ottimismo. E con un bel sorriso.

    Da pensare in grande a pensare in Alto

    Un filo rosso dell’esistenza dantesca? L’attitudine a pensare in grande, che nel caso del poeta fiorentino è diventata attitudine a mirare in alto. Sembra un lettore vorace di tutti i volumi di self-help scritti negli ultimi decenni.

    Pare quasi che Dante abbia imparato a memoria La magia di pensare in grande di David J. Schwartz, oltre che i libri di Aristotele e di Cicerone, di San Tommaso e di Virgilio, dei Padri della Chiesa e dei poeti provenzali. Scorri l’indice di The Magic of Tinking Big, un volume che comprai una vita fa all’aeroporto di Johannesburg dove ero andato per tenere un corso di formazione. Ecco qui: sviluppa il potere del credere; fai sì che la tua mente produca pensieri positivi; usa la tecnica dell’azione per curare la paura e costruire fiducia; usa il pensiero creativo per trovare strade nuove e migliori; attivati e diventa entusiasta; ottieni risultati positivi attraverso la persistenza e la sperimentazione.

    Tutte le teorie (e le pratiche) del thinking big sono già in Dante. Con una differenza: l’approdo al big, analizzato secondo l’angolazione prospettica del poeta, è sì importante ma non sufficiente. A Dante non basta pensare in grande. L’enorme lente d’ingrandimento che Schwartz suggerisce di utilizzare è uno strumento che a Dante piace. Ma percepisce che questo tool è privo di qualcosa.

    Per il poeta è stato possibile compiere un passo in più. Andando alla ricerca dell’eccellenza, l’autore della Commedia ha puntato al Grande per arrivare all’Alto. Alto come il Paradiso, come la Candida Rosa. Alto come i canti musicali che puoi ascoltare nella terza cantica. Alto e profondo come lo stupore che ti lascia a bocca aperta quando leggi i suoi sonetti o quando rinnovi te stesso/te stessa leggendo la Vita nova. Alto come il ragionamento sulla lingua espresso nel De vulgari eloquentia.

    Ecco, quindi, la nuova visuale, il nuovo punto di vista, la nuova occasione di profondità: puntare in Alto può diventare – per tutti noi – un fine. Il fine. Proprio come lo è stato per lui. Qui, in questo, trovi il principale punto di forza del poeta. Passare dal pensare in grande al pensare in alto è la sua Grande Differenza, il suo fattore critico di successo.

    A te, che volteggi nelle dinamiche velocissime del XXI secolo e che alterni pensieri lenti e pensieri veloci, non resta che cogliere il significato di questa indicazione e fare tuo il suo messaggio. Nella concretezza quotidiana e nell’operatività del tuo lavoro. Questo sguardo nuovo può rappresentare il punto distintivo delle aziende europee. Se il pensiero statunitense ci spinge verso il Grande, noi europei possiamo mirare all’Alto, cercandolo nella nostra storia, nella nostra cultura, nella nostra capacità di riflettere che significa essere capaci di indirizzare con consapevolezza i riflessi della nostra luce.

    La visione dei futuri

    Dante aveva un obiettivo alto e nitido, uno scopo preciso importante, una visione chiara e ben definita. E anche queste – come l’ottimismo – sono per l’appunto caratteristiche comuni a tutte le persone di successo. Start with why, inizia con il perché, con lo scopo, ti sprona Simon Sinek. Il successo richiede infatti uno sforzo concentrato, una capacità di focalizzazione sull’obiettivo e di visualizzazione anticipata dei risultati positivi dell’obiettivo quando sarà raggiunto. La gente «non vaga senza meta per poi magicamente ritrovarsi sull’Everest», commentava Zig Ziglar in Ci vediamo sulla cima (See You at the Top): se non ti prefissi una meta ben precisa, un glorioso porto cui tendere, non arriverai da nessuna parte. E Dante ti è maestro in questa attitude.

    Una prova della chiarezza della vision dantesca? L’inizio dell’Inferno, il primo e il secondo canto della prima cantica ossia la prima e la seconda delle cento tappe indicate nel Gantt del viaggio.

    Al principio dell’accidentato percorso, nelle parole del mentor Virgilio, è descritta con tratto netto la fine del Paradiso. Nell’architettura del poema, la fine (il fine) è già chiara nell’inizio: dapprima la discesa per loco etterno / ove udirai le disperate strida; poi l’ascesa al monte dove stanno le anime che sono contente nel foco, perché speran di venire / quando che sia a le beate genti; infine la città celeste del Paradiso.

    I futures studies stanno tutti qui: l’immaginazione del reale, i processi di apprendimento immaginativi, le elaborazioni del Center for European Futures e dell’Italian Institute for the Future sono già contenuti in quei versi scritti più di 700 anni fa. Del resto, va sempre ricordato, la radice etimologica di futuro è la stessa di fui, fui stato. L’essenza del presente è in bilico tra il passato e il futuro che possiedono forti elementi di consonanza: l’etimo, anche in questo caso, è il vero.

    Ma torniamo alle caratteristiche manageriali di Dante.

    Lavorare con la disciplina del Design Thinking

    Per un obiettivo alto, le persone che riescono a farcela sono disposte ad accollarsi un lavoro impegnativo. La maggior parte del genio sta in anni e anni di impegno investiti nel risolvere un problema o nell’individuare l’espressione perfetta di un’idea. Sta nel puntiglio nel limare ogni singolo dettaglio e nella ricerca dell’eccellenza. La Commedia è stata scritta in almeno dodici anni di lavoro, dal 1304 al 1321.

    «Il risultato si ottiene al 10% grazie all’ispirazione e al 90% grazie al sudore della fronte», alla fatica, dice un adagio attribuito a Ernest Hemingway, a Thomas Edison, a George Bernard Shaw e a un buon numero di altri autori…

    Il lavoro è in effetti anche fatica: in latino laborāre voleva dire ‘sgobbare’, ‘affannarsi’, ‘faticare’ e in francese lavorare si dice travaller, verbo parente dell’italiano travaglio.

    Il successo per Dante si è basato moltissimo sulla disciplina. Sul fatto di aver impartito ordini precisi a sé stesso e di aver lavorato con tenacia per attenersi a quelli.

    Ha dichiarato che faceva e ha fatto. Il suo è un pensiero progettuale, che è la traduzione italiana di Design Thinking. Ha alternato divergenza e convergenza, ha osservato ciò che gli stava attorno, ha tratteggiato le sue personas diventate protagoniste immortali dell’immaginario collettivo, ha definito il suo punto di vista, ha ideato, prototipato, testato e poi mandato in produzione. Così è riuscito a essere innovativo. Ha riformato il suo e il nostro linguaggio. Ha introdotto nuovi paradigmi. Ha inventato parole. Ha inventato mondi. Ha raccolto attorno al suo nome milioni di follower di ogni epoca successiva alla sua.

    Intimità con i suoi clienti

    Dante, nei secoli, è riuscito a creare un clima di intimacy con il suo pubblico, con i suoi clienti. Ha conquistato seguaci. Ha creato con i lettori un legame tanto profondo da essersi fatto chiamare dalla Storia per nome di battesimo.

    Tutta l’Italia è disseminata di vie, strade, scuole, centri culturali e piazze dedicate al poeta ma anche nel resto del mondo si incontrano Dante street o rue D. Alighieri, con l’accento sulla ultima i. E l’evidenza di intimità con gli amministratori pubblici contemporanei è così forte che alcune di queste strade sono addirittura per A. Dante… Il cognome diventa abbreviato a testimonianza che Dante è Dante, ti è intimo amico e lo puoi chiamare per nome. E Shakespeare – sia pur lodato il drammaturgo inglese – non è Willy.

    Se registri su Google Alert la voce Dante o Divina Commedia, ogni giorno vieni aggiornato/aggiornata sulle novità riguardanti lo storyteller-storyseller: decine di news ogni mese, a testimonianza che l’intimacy continua ancora oggi. Lui parla direttamente a noi, anche tramite noi: tramite il nostro essere mentor capaci, come lo seppe essere Virgilio per il poeta; selezionatori del personale, severi e giusti come Minosse; comunicatori sfidanti ed efficaci come quella Francesca così innamorata di Paolo; manager in grado di portare la luce con un sorriso nel momento di difficoltà del collaboratore o con un feedback di rimprovero quando serve. Come Beatrice Portinari spesso dimostra di saper

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