Sciarada madrilena
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Scrivere un romanzo epistolare richiede esperienza e lucidità, oltre che capacità creativa e Sonia Piloto, non contenta di scrivere un singolo romanzo epistolare, ne ha incastrati due, uno nell’altro, il primo fatto di e-mail, spesso venate di sottile umorismo, tra Miguel e Carla, a Madrid per motivi di studio, e Cesare Graves, esperto di diplomatica e loro amico, e un secondo romanzo, tratto da un plico di lettere e carte che Miguel e Carla acquistano per caso a un’asta, e che permetteranno la ricostruzione delle vicissitudini di una grande famiglia argentina tra il 1873 e il 1930, la cui storia si dipana tra Vecchio e Nuovo Mondo, tra la vita elegante e brillante delle Ambasciate parigine, lo sfarzo della corte dei Romanov, le traversate dell’Oceano in nave, lussuose per i passeggeri facoltosi e assai meno comode per i poveri emigranti che, dall’Italia, vanno a cercare in Argentina una possibilità di sopravvivenza. Soprattutto, però, il romanzo ricostruisce il clima di Los Paraisos, una estancia perduta nella pampa argentina, dove vive la ricca famiglia de Vera, che appartiene alla classe dominante, discendente dagli Spagnoli, e che si contrappone alle negradas, le popolazioni autoctone, quasi dei servi della gleba.
Un romanzo rigoroso e accattivante che, se pure opera di fantasia, poggia su solide basi di ricerca e su una profonda conoscenza della storia e della cultura argentina.
Piera Rossotti Pogliano
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Esperienze e Testimonianze
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Anteprima del libro
Sciarada madrilena - Sonia Piloto di Castri
comprensione.
1
e-mail Madrid-Torino
e risposta
Da: miguelcarla@littera.it
A: salvamelia@dada.it
Data: mercoledì 15 febbraio 2006 17:30
Oggetto: Miciolina
Gentile signora Salvi,
a causa di un impegno improvviso siamo costretti a rin-viare il ritorno a Torino di qualche giorno. Mi auguro che l’influenza le sia passata e spero non le crei ulteriori problemi doversi occupare di Miciolina fino al nostro arrivo.
Le chiedo scusa per il disturbo e la saluto caramente.
Carla
Risposta:
Non si preoccupi: e rimanga a Madrid tutto il tempo che ritiene necessario.
Occuparmi di quel tesoro di Miciolina è un piacere. Si comportassero così certi cristiani! Adesso sto bene; purtroppo, invece, ho avuto dei problemi con il mio computer. Ma ora è stato riparato e funziona alla perfezione e io, ahimè, traduco a pieno ritmo per recuperare il tempo perduto a causa di tutti questi inconvenienti.
Ricambio i saluti, sua
Amelia
2
e-mail Madrid-Torino
e risposta
Da: miguelcarla@littera.it
A: herrera@academia.es
Data: mercoledì 15 febbraio 2006 17:42
Oggetto: rientro rinviato
Carissimi,
so che resterete ancora un mese in Italia, quindi non credo vi dispiaccia se ci fermiamo ancora qualche giorno nella vostra casa di Madrid. Abbiamo trovato del nuovo materiale per le nostre ricerche ed essere qui sul posto ci è molto utile.
E voi, a che punto del viaggio siete?
Buon proseguimento e tanti cari saluti.
Carla
Risposta:
Va tuto bene. Siamo felici che siete in casa nostra (così Carla mi bana le piante). Siamo a Firenze: que maravillia!
Un fuerte abrazo anche de parte de Horacio.
Lola
Nota bene: o lasiato la llave di casa tua a la portera, come me ai deto tu.
3
e-mail Madrid-Torino
e risposta
Da: miguelcarla@littera.it
A: cesare.graves@unito.it
Data: mercoledì 15 febbraio 2006 18:06
Oggetto: aste e manoscritti
Cesare,
da ieri Carla e io ci stiamo dedicando a una sorta di gioco di enigmistica (nel senso che abbiamo a che fare con una serie di enigmi) per il quale, come avrò modo di spiegarti, dovremo prolungare di qualche giorno la nostra permanenza a Madrid. E, visto che quello che facciamo – o tentiamo di fare – è senza alcun dubbio pane per i tuoi denti, abbiamo deciso di non escluderti da quello che abbiamo intenzione di fare. Anzi, a dire il vero, contiamo decisamente sul tuo aiuto.
Comincio a raccontarti l’antefatto, di modo che tu possa farti un’idea abbastanza chiara della situazione.
Dunque: ieri, mentre ci stavamo recando come al solito alla Biblioteca Nacional, un acquazzone di quelli che ti raccomando ci ha costretto a infilarci nel primo portone aperto che abbiamo incontrato. Ci siamo trovati, insieme ad altra gente finita lì per lo stesso motivo, nell’androne buio di un palazzo antico, piuttosto tetro, che si è ben presto rivelato per l’austero ingresso di una Casa delle Aste, quella, per la precisione, situata in calle Francisco de Gomero, numero 19.
Così, un po’ perché non smetteva di piovere – ed era impensabile affrontare quel diluvio – un po’ perché non avevamo mai partecipato a un’asta, ci è venuta voglia di andare a buttare un occhio per vedere come funzionava. E, come due allocchi, abbiamo imboccato lo scalone che portava di sopra, al sancta sanctorum.
Nella sala c’era pochissimo movimento, la voce del banditore era monotona e stanca come i colpi di martelletto che la accompagnavano, mentre un silenzioso, funereo commesso in camice grigio faceva la spola fra una specie di retrobottega – tale almeno pareva ai nostri occhi di inesperti – e il banco del banditore, portando e riportando indietro dei fasci di carte polverose che parevano non destare eccessivo interesse nel pubblico. Era chiaramente un’asta di scartoffie, di quelle che piacciono a te, per intenderci, tipo manoscritti, autografi, vecchi ritagli di giornali e simile cartacce.
Cominciavo ad annoiarmi e stavo pensando a come lasciare quell’ambiente senza dare troppo nell’occhio, dovendo scomodare una serie di persone sedute nella mia fila, quando sono rimasto attratto da uno strano oggetto che il banditore stava illustrando. E poiché, a quanto veniva detto, quell’oggetto aveva a che fare con delle lettere scritte fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, colto da un raptus improvviso, ho alzato la mano per proporne l’acquisto.
Ho visto Carla sgranare tanto d’occhi non so se per l’imprevedibilità del mio gesto o per il fatto che vedeva gettar via 150 euro (tale la cifra richiesta) per qualcosa che a suo parere non li valeva proprio. Ma le è tornato il sorriso quando le ho ricordato che, trattandosi di corrispondenza, chissà, quella roba poteva tornar utile alla sua Tesi di Dottorato che, come sai, è sul Romanzo Epistolare. Si vede che due mesi passati a Madrid, con la scusa di aiutarmi nelle mie ricerche, ma in realtà godendo di una insperata vacanza, le hanno fatto dimenticare i suoi impegni di studio.
Insomma, per fartela breve, stando ancora nell’androne della casa delle aste, costretti dall’acquazzone che non accennava ad attenuarsi, abbiamo potuto immediatamente constatare che quei 150 euro di mistero si presentavano in una forma abbastanza bizzarra: consistevano in un malloppetto cartaceo, dello spessore di un cinque o sei centimetri, formato da due quaderni cartonati incollati fra loro a formarne uno solo. Come non bastasse a tenerli insieme la colla che univa il retro del primo con la copertina del secondo, di recente qualcuno li aveva legati con due robusti elastici in croce. La fodera delle copertine era di seta rossa moiré, scolorita e rotta per l’usura sugli spigoli, dai quali spuntava lo slabbrato cartone dell’interno. Sul frontespizio, al centro di una sorta di riquadro-finestrina circondato da una cornicetta marrone in rilievo, era stato scritto un nome indecifrabile perché cancellato da strati di sfregi a inchiostro. Segno che l’autore o semplicemente il possessore di quella stranezza desiderava rimanere anonimo.
L’insieme appariva piuttosto dissestato. Tolti gli elastici, che mi ficcai in tasca, feci il tentativo di sfogliarlo. Ma la co-sa buffa, e direi sorprendente, era che la quasi totalità delle pagine dei quaderni era stata divelta, e al loro posto erano inserite delle lettere ripiegate, alcune vecchissime, che lo facevano sembrare una specie di strano cofanetto. Quanto alle pagine rimaste, peraltro numericamente esigue, portavano brevi annotazioni. Erano tutte scritte da una stessa mano forte e decisa e sicuramente femminile, secondo la scuola di fine Ottocento che voleva per le signore caratteri alti e slanciati e inclinati a destra. Dato che la maggior parte riportavano conti e cifre di spese, si sarebbero dette prive di significato.
Quel guazzabuglio di elementi, racchiusi in quell’inconsueto contenitore, era alquanto intrigante. Non vedevamo l’ora di affrontarne i segreti.
Quando, finalmente giunti a casa, ben bagnati e infreddoliti – e puoi immaginare la lotta per acchiappare un taxi sotto gli ininterrotti scrosci di pioggia, sfidando la concor-renza di tanta altra gente che aveva la stessa esigenza (e soprattutto preoccupati di salvare il nostro acquisto pruden-temente ficcato sotto il mio giubbotto perché non si ba-gnasse) – una volta asciugati e coccolati dal calore delle tute, abbiamo affrontato l’involto misterioso. E ti assicuro che di mistero in queste pagine ce n’è abbastanza, tanto che, dopo aver aperto il quaderno-cofanetto, con la massima cautela per non rompere quella carta che il tempo aveva reso fragilissima, sparpagliate le lettere e i fogli sul tavolo grande di cucina, aver contato il tutto per un primo grossolano inventario (si tratta – a prima vista – meno di una trentina di «pezzi») e sistemati in ordine cronologico quelli che possedevano una data (la lettera più antica è del 1873, la più recente del 1930), anche se non siamo ancora riusciti a capire granché, in compenso abbiamo la certezza che si tratta di documenti curiosi che vale la pena indagare.
Come ti ho già detto, da ieri Carla e io passiamo ore e ore cercando di trovare il bandolo della matassa, che in questo caso corrisponde al punto di partenza della storia che quei documenti sembrano racchiudere e che noi ambiremmo riportare alla luce. E intanto pensavamo a te, al modo di coinvolgerti, perché sappiamo che tu di scartoffie te ne intendi. Ad ogni modo, che tu lo voglia o meno, abbiamo deciso di tenerti quotidianamente al corrente dei nostri progressi, sempre che, come speriamo, ce ne siano, certi che la tua esperienza e i consigli, che generosamente vorrai elargirci, ci saranno preziosi.
Intanto ci fermeremo ancora una settimana a Madrid, per fare ricerche in biblioteca, visto che si tratta di materiale ispanico e, a una prima occhiata, non privo di qualche ri-ferimento storico. Di questo cambiamento di programma abbiamo già avvisato gli Herrera, con i quali abbiamo scambiato le case, cedendo il nostro appartamento di Torino per il loro di Madrid.
Ti terremo informato.
Stammi bene,
Miguel
Risposta:
Che significa che di scartoffie me ne intendo? Perché bazzico gli archivi storici, sapete che me la cavo in diplomatica e interpretazione di scritture difficili e talvolta mi capita di mettere per iscritto il frutto delle mie ricerche?
Ora, non vorrei offendervi ma, nel vostro caso, ricorrere alla mia assistenza competente è come chiedere l’intervento di un neurochirurgo di fama internazionale per curare un’unghia incarnita… Dubito infatti che Miguel per 150 euro abbia messo le mani su qualcosa che meriti un approfondimento e richieda il mio intervento. Si tratterà delle solite sdolcinature ottocentesche, dei lamenti d’amore di qualche fanciulla abbandonata dall’amante.
Ciononostante, per l’amicizia che ci lega, sono disposto a darvi una mano, sempre che da soli non ve la sappiate cavare.
Tenetemi al corrente. Ammesso e non concesso che troviate il modo di farmi pervenire il materiale, a mano a mano che lo selezionate.
Cesare
4
e-mail Madrid-Torino
e risposta
Da: miguelcarla@littera.it
A: cesare.graves@unito.it