Volontariato aziendale multicanale
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Anteprima del libro
Volontariato aziendale multicanale - Stefano Martello
2021, prima edizione.
Copyright © Elena Zanella Srl Socio unico, Milano, Italy
www.elenazanella.it | @elenazanella
ISBN 979-12-80228-05-5
Elena Zanella® editore crede nella condivisione della conoscenza per la crescita culturale e umana della persona e delle comunità ma riconosce il diritto della proprietà intellettuale. Per questo motivo, la riproduzione anche parziale dell’opera senza espressa autorizzazione è vietata. Qualora si desiderasse usare quanto pubblicato in questo libro, si prega di contattare l’editore all’indirizzo e-mail
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Si comunica che all’atto della pubblicazione sia della versione eBook che cartacea, i link riportati nel volume risultano corretti. Possibili variazioni nel tempo sono possibili e indipendenti dalla volontà di autori ed editore.
Grazie.
Progetto grafico: Alessandra Bergagna
Foto del profilo: Chiara Fino, 2021
CONTENUTI PER IL SOCIALE
Stefano Martello – Salvatore Rimmaudo
Volontariato
aziendale
multicanale
La guida essenziale
per profit e non profit
Prefazione di Elena Zanella
Logo Elena Zanella EditoreLa necessità è madre
dell’invenzione.
Platone, La repubblica
Per Marcella.
(S. M.)
Per Chiara ed Emanuele.
(S. R.)
Prefazione
di Elena Zanella
Prospettive. Questo è il termine che mi ha lasciato la lettura di questo volume.
Prospettive, appunto, che non sono obiettivi dati, bensì un futuro che va creandosi e concretizzandosi giorno dopo giorno.
La complessità della contemporaneità che siamo chiamati a vivere noi tutti, intra e post Covid–19, non esenta il Terzo settore che, per sua natura, fatica a porsi in un’ottica di cambiamento da cui non può più esimersi perché questo è, ormai, imposto.
In questa mutazione radicale degli equilibri, delle responsabilità affidate e sentite, dei nuovi modi di promuovere l’utilità sociale e del rendersi utili, è attore certamente protagonista il mondo delle imprese che concorre, insieme al nonprofit, nel rispondere a un bisogno sociale che cresce al crescere delle diversità e delle opportunità, anche in un contesto, tutto sommato, di ricchezza (paradossalmente).
Nella partnership profit/nonprofit sta, a mio parere, uno dei capisaldi su cui si fonderà la sostenibilità del welfare di oggi e di domani. In quest’ambito, l’uso funzionale della risorsa umana volontaria, intesa in termini di opportunità e non di opportunismo, diviene strategica, specie se mette in gioco le competenze e le doti tecniche di ciascuno, tali da elevare – di fatto – il contributo erogato in termini di valore apportato anche di tipo economico.
Il tema qui affrontato è di un’attualità che ancora non ha trovato disamina e analisi puntuale se non in queste pagine, ecco perché questo volume è così importante. Io stessa, che ho fatto dello studio delle dinamiche comportamentali legate al sociale mia ragione professionale, vi ho trovato spunti di riflessione e di lavoro su cui certamente mi baserò nel pensare a quali strategie e strumenti adottare nell’affrontare il tema del peopleraising di competenza, d’ora in avanti.
Si pensi alla portata della questione, sia in termini numerici che di impatto valoriale. In Italia, il numero dei volontari è intorno ai sei milioni, ovvero un decimo della popolazione, e non si tratta, per chi scrive, di sola attività solidale da svolgersi nel tempo libero, bensì inclinazione al senso del dovere e di bisogno di sentirsi utili e solidali, una generosità che si riflette altresì negli atti di dono più tradizionali di cui l’italiano medio è capace. Il volontariato digitale riguarderà, con buona probabilità, parte di questi, sia perché è facile ipotizzare nel prossimo futuro un cambio generazionale che porterà con sé nuove generazioni con capacità differenti dalle precedenti, magari di maggiore livello in quest’ambito, sia perché parte dei servizi si sono – di fatto – dematerializzati e ciò necessita di figure competenti.
Da editore, poi, mi sono proposta di affrontare temi dai contenuti ampi e innovativi, proprio come quelli proposti qui. Di farlo cercando la verticalità sugli stessi, consapevole che metodi e tecniche – senza argomentazioni a supporto che possano spingere il lettore a testare per sé quanto proposto – hanno poco senso.
Ringrazio dunque Stefano Martello e Salvatore Rimmaudo sia per avermi solleticato il desidero editoriale di sviluppare il tema, sia per avermi chiesto di scrivere le poche righe di prefazione che stai leggendo ora.
I due autori percorrono magistralmente le tappe che segnano il perimetro del più recente modo di fare volontariato, quello digitale – in particolare da parte del mondo delle imprese, ma non solo –, che coniuga in sé non solo il senso di imprescindibilità, elemento dato appunto dal fatto che la nostra è una società ormai digitalizzata, ma di urgenza prospettica, con cui un Terzo settore un po’ vecchio e in affanno deve poterci – e, soprattutto, saperci – fare i conti. Il digitale non è mai inteso, si badi bene, preso da solo ma inserito, integrato, in un contesto multicanale da cui non può e non deve affrancarsi, pena l’inutilità. A tal fine, gli autori corredano il testo di schede pratiche per fare
,check listche permettono al lettore di verificare i passaggi ideali di una relazione profit/nonprofit digitale e multicanale fatta per bene, efficace ed efficiente al tempo stesso.
Agli autori vanno i miei complimenti per aver trattato per primi questo nuovo tema con tale concretezza; a te, lettore, l’augurio di cogliere, da queste pagine, nuovi modi di fare e proporre il volontariato, perché la frontiera che vediamo a volte è fisica, altre è mentale. Per abbatterle entrambe, l’arma di cui non dobbiamo e non possiamo più fare a meno è solo una ed è multicanale.
Ottobre 2021
Introduzione ragionata e legittimazione delle pagine
Fare o non fare,
non c’è provare.
Maestro Yoda
Tutto ciò che è umano deve retrocedere se non progredisce, ammonisce lo storico Edward Gibbon nel suo monumentale e godibilissimo Storia della decadenza e caduta dell’Impero Romano.
Questo vale, parimenti, per le relazioni personali, le metodologie professionali e le dotazioni strumentali.
Ce ne siamo accorti, piuttosto dolorosamente, a distanza di un solo anno e di un libro – Il volontariato aziendale. Dinamiche, potenzialità ed esperienze¹ – che ha inaugurato, sia pure da punti di osservazione diversi, la nostra amicizia, prima, e la nostra collaborazione professionale, ora.
Se in quel libro abbiamo assolto a una funzione descrittiva – in quel preciso momento fondamentale e necessaria – per perimetrare il campo d’indagine e di azione, presentare gli attori e legittimare i ruoli, nelle pagine che state per intraprendere ci viene offerta la possibilità di un ulteriore (e altrettanto ineludibile) step ancora più concentrato sulla visuale attuativa del volontariato aziendale.
Due i punti di novità più rilevanti.
Il primo, squisitamente procedurale, riguarda la possibilità – implementata e aiutata da alcune pregevoli ricerche promosse e condotte da Fondazione Sodalitas² – di riflettere in maniera ancora più raffinata su quello che è il volontariato aziendale oggi; sui punti di forza che ne contraddistinguono le potenzialità e sulle aree di vulnerabilità che ancora ne depotenziano una piena efficacia.
Il tutto in funzione a ciò che il volontariato aziendale sceglierà di essere nel prossimo futuro, non tanto in relazione agli obiettivi quanto, piuttosto, in termini di costruzione, co– progettazione e impatto finale delle iniziative.
Il secondo punto di novità, decisamente più strutturale, interessa la sterzata digitale a cui il volontariato aziendale italiano – fino a questo momento, e salvo rari casi, tradizionalmente in presenza – è stato indotto dalla recente pandemia da Covid 19.
E che, ancora nel momento stesso in cui scriviamo, versa colpevolmente in un limbo di accreditamento, non ancora pienamente decodificato per azioni, oneri e onori e, per questo, soggetto a pericolose ibridazioni che rischiano di minarne l’accreditamento nel medio lungo periodo. E, con esso, la fiducia delle organizzazioni coinvolte.
Si tratta di due punti strettamente interdipendenti.
Riflettere in maniera più ponderata e qualificata (perché legittimata dai dati) sulle resistenze e sulle potenzialità dell’attuale modello di volontariato aziendale significa, infatti, fare in modo che quelle stesse potenzialità possano trasformarsi in prassi e che le aree vulnerabili siano sanate e corrette, prima di trasformarsi in veri e propri errori di sistema, contagiando un nascente modello digitale che entrambe le parti – non dimentichiamolo mai – non hanno scelto (e, dunque, assorbito e metabolizzato) ma a cui sono state costrette da una contingenza esterna e imprevedibile.
Ci riferiamo, soprattutto, al tema della progettazione condivisa, oggi decisamente fragile, e agli impatti che lo stesso comporta sulla tenuta relazionale tra le organizzazioni profit e non profit; all’assenza di una consolidata e codificata attività di reclutamento e coinvolgimento dei volontari dipendenti, a vantaggio di dinamiche quantitative che non riescono a essere, dal punto di vista partecipativo, sostanzialmente incisive e, più in generale, alla sensazione di un sistema in cui gli attori coinvolti continuano a interpretarsi in maniera solipsista. E non, come dovrebbe accadere, in maniera altruisticamente e funzionalmente collettiva.
A queste sfide – che potremmo definire identitarie – se ne aggiungono poi altre, proprie della natura digitale.
Per esempio, la probabile discesa nell’anonimato del parametro della vicinanza territoriale che oggi segna e caratterizza, trasversalmente nel bene e nel male, la scelta dell’interlocutore non profit da parte dell’organizzazione