Evanescenza: UNA STORIA DI GIUSTIZIA SPEZZATA
Di Ragno Catena
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Info su questo ebook
Descrizione d’un fil rouge insospettabile di analogie che legano due regioni collocate ai due estremi della penisola.
Percepite da tutti come diversissime e quasi antitetiche, Val d’Aosta e Sicilia sono in realtà entrambe oppresse, almeno in parte, dalle medesime storture.
In fondo è un monito per tutti, ed un invito a vigilare sull'integrità morale dello stato.
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Anteprima del libro
Evanescenza - Ragno Catena
Il Presente
Uomini belli, sportivi, famosi, intellettuali, uomini potenti e ricchi.
Questi sono coloro che governano il mondo e che hanno contribuito a costruire la società.
La nostra società! Sempre più perfetta, sempre più evoluta, una società sempre più cruda, sempre più distorta. E l’uomo vive in questa società dell’apparire dietro una facciata severa, grigia, amorfa, con un cervello settato, rigido, impoverito da un gioco meschino e polveroso, sempre in cerca di potere, in un mondo privo di emozioni.
E nel buio della propria anima, quell’uomo di potere muore lentamente. Un uomo dallo sguardo assente, colmo di rancore verso la sua povera vita, disfatta dal desiderio di raggiungere la vetta
.
Un uomo labile, proiettato nel futuro. Le spalle schiacciate dal peso dei ricordi. Anime vuote.
Un uomo moderno che rifugge la povertà, la sofferenza, la debolezza, il dolore.
Ma, nella vita, i momenti di sofferenza sono tanti: quando pensi di vivere quel dolore come il più grande, t'accorgi, col tempo, che un'altra afflizione prenderà il posto di quella passata, e ciò che ti sembrava struggente allora, si affievolisce per lasciare il posto alla nuova. Quella passata la riponi in un cassetto del tuo cuore che aprirai nei momenti del ricordo.
Perché l’uomo si nutre di dolore per raggiungere la gioia: dal dolore nasce la vita, dal dolore di Cristo è nato lo Spirito.
Solo vivendo il dolore si apprezza, dopo, la vita. Perché, in fondo, l’uomo è vita.
E l’uomo le rimane fulgidamente ancorato, nonostante le storture, le difficoltà, i rancori, perché la vita è un raggio di sole che ti illumina, soprattutto quando il sole ti fa brillare l’azzurro degli occhi, perché gli occhi di quell’uomo, che in quel momento stava vivendo un grande dolore, erano di quell’azzurro come il cielo e il mare nei momenti di serenità.
Un sorriso sincero, una vita semplice, una grande responsabilità. La bontà nel rigore della professione, nei rapporti con colleghi e parti.
****
Entrò da sola in quell’ufficio, una calda mattina di agosto, con la sensazione di violare qualcosa di sacro. La toga appesa al portabiti, una giacca scura, elegante e sportiva da indossare sui jeans, fogli d'un fascicolo abbandonati sulla scrivania. Al muro, l’alone di qualche gagliardetto staccato. Muri bianchi, vuoti, soli, senza voce.
Si guardò attorno. Un pugno le ritornò nel petto, schiacciandolo. La voglia di gridare e di piangere.
Eppure in questi anni, pochissime volte era entrata in quell’ufficio, solo per qualche atto urgente e mai da sola; adesso era lì a respirare quell’aria di sospensione. Quella stanza era in attesa del suo padrone, strappatole via con violenza da toghe polverose.
Presa da un profondo sconforto, uscì per prendere aria, nascondendo l'avvilimento con un sorriso. Nessuno la vide uscire. Il corridoio era vuoto, o forse era la sua anima ad essere vuota. Salutò la collega seduta alla scrivania, scese nel suo ufficio, s'accese una sigaretta e pianse nel cuore.
****
Una mattina la Procura si svegliò acefala, e non per naturale successione delle leggi, ma perché menti contorte avevano deciso di eliminare una persona che dava fastidio
, un fastidio mai avvertito dalla popolazione, che vedeva in quella figura una garanzia dei loro diritti.
Perché quando dai fastidio
, dai fastidio al potere.
Anni di indagini sulla corruzione nella Pubblica Amministrazione, nel potere politico, nel potere economico: un intreccio vorticoso di Poteri, ma nessuno aveva preso ancora coscienza che questo fastidio andava ad intaccare anche le correnti più oscure della società, una società fatta di intrighi, di sotterfugi, di amicizie nascoste.
La città era sprofondata nel silenzio, nessuno osava alzare il dito contro quell’uomo, perché non ne trovava colpe.
Eppure molti l’avevano già condannato.
E a lavarsene le mani erano in tanti, che presi dalla paura, storditi dall’evento, vagheggiavano chiusi nelle loro stanze mentre le mura di quel palazzo tremavano.
Paragonare quell’immagine a Cristo potrebbe apparire un’eresia, ma spesso la storia si ripete in forme diverse, per fini diversi. Ma le storture e le macchinazioni rimangono, soprattutto quando in gioco c’è il potere, gli interessi economici, gli assetti d'una società solida, edificata su un terreno argilloso.
Sguardi allibiti vagavano per i corridoi.
Tindara stava seduta alla sua scrivania, ma la mente le bruciava. Non riusciva a star ferma, avrebbe voluto alzarsi per andare a scrollare quegli uomini che fintamente continuavano a svolgere il loro quotidiano lavoro, ad osservare le loro scadenze processuali.
L’anima di Tindara si staccò e cominciò a volteggiare nella sua immaterialità. L’aria rarefatta del suo ufficio, la voluta di fumo che saliva dalla scrivania, la nebbia nel suo cervello.
Un avvocato le chiese un fascicolo, Tindara alzò lo sguardo su di lui, ma non lo vide perché il suo dolore ne offuscava l’immagine.
Obbedì come un automa, gli consegnò quanto richiesto, abbassò il capo e andò a sedersi. Era come se all’improvviso le mura di quel palazzo le schiacciassero il cervello: mentre l’ombra di prima le riconsegnava l’incarto, notò che le movenze della sua bocca erano in contrasto con la luce dello sguardo. Le labbra, ormai appassite, erano serrate in segno di profondo dispiacere, ma gli occhi, apparentemente tristi, nascondevano in fondo alle pupille una luce di sottile e cattivo compiacimento. Tindara scacciò quell’immagine e quel pensiero, quindi chiuse il suo cervello alle voci sommesse che brulicavano nelle tenebre di quell’ufficio.
Viveva nel suo silenzio, in attesa che qualche rappresentante delle istituzioni, magari con qualche parola di conforto, rincuorasse i dipendenti che non potevano certamente capire gli eventi che avevano provocato quello stordimento. Non potevano comprendere quelle accuse, e le rifiutavano.
Tutto contrastava con l’immagine del Dr. Vasari.
Quell’assordante silenzio fu interrotto una mattina dai due alti togati, che rassicuravano gli abitanti della Valle, sporcando quell’aria, da sempre considerata pulita, con parole che a tutti parevano pugni nello stomaco. Perché quando nelle zone piccole c’è molta mafia, vuol dire che il tessuto sociale l’ha ricevuta
.
Quegli uomini, uno accanto all’altro, apparivano a Tindara tetri, senza luce, minacciosi, talmente bui che persino le stelle si guardavano bene dall’illuminarli.
Una sottile ironia, colta nei loro sguardi di sinistra intesa. A Tindara venne in mente la dantesca immagine del padre che solleva la bocca dal fiero pasto.
Tindara sperava che almeno la dr.ssa Rossi potesse intervenire per donare qualche parola di conforto, lei che per molti anni aveva occupato le prime pagine dei quotidiani