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Daddy's Hobby: La Storia Di Lek, Una Barista Thailandese A Pattaya
Daddy's Hobby: La Storia Di Lek, Una Barista Thailandese A Pattaya
Daddy's Hobby: La Storia Di Lek, Una Barista Thailandese A Pattaya
E-book429 pagine6 ore

Daddy's Hobby: La Storia Di Lek, Una Barista Thailandese A Pattaya

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Info su questo ebook

Lek è la maggiore di quattro sorelle in una famiglia di coltivatori di riso. Pensa di fare esattamentela vita delle sue coetanee nelle risaie del Nord: lavorare qualche anno nei campi, fare figli, affidarli alla mamma e tornare a lavorare finché i suoi figli avrebbero avuto a loro volta dei bambini e avrebbe potuto smettere di lavorare per prendersi cura di loro. Ma la famiglia è colpita da una catastrofe: il padre muore giovane e lascia enormi debiti di cui nessuno era a conoscenza. Lek ha vent'anni ed è l'unica che può evitare il pignoramento. L'unica opzione sembra essere il bar di sua cugina a Pattaya.
LinguaItaliano
EditoreTektime
Data di uscita16 feb 2022
ISBN9788835435457
Daddy's Hobby: La Storia Di Lek, Una Barista Thailandese A Pattaya
Autore

Owen Jones

Author Owen Jones, from Barry, South Wales, came to writing novels relatively recently, although he has been writing all his adult life. He has lived and worked in several countries and travelled in many, many more. He speaks, or has spoken, seven languages fluently and is currently learning Thai, since he lived in Thailand with his Thai wife of ten years. "It has never taken me long to learn a language," he says, "but Thai bears no relationship to any other language I have ever studied before." When asked about his style of writing, he said, "I'm a Celt, and we are Romantic. I believe in reincarnation and lots more besides in that vein. Those beliefs, like 'Do unto another...', and 'What goes round comes around', Fate and Karma are central to my life, so they are reflected in my work'. His first novel, 'Daddy's Hobby' from the series 'Behind The Smile: The Story of Lek, a Bar Girl in Pattaya' has become the classic novel on Pattaya bar girls and has been followed by six sequels. However, his largest collection is 'The Megan Series', twenty-three novelettes on the psychic development of a young teenage girl, the subtitle of which, 'A Spirit Guide, A Ghost Tiger and One Scary Mother!' sums them up nicely. After fifteen years of travelling, Owen and his wife are now back in his home town. He sums up his style as: "I write about what I see... or think I see... or dream... and in the end, it's all the same really..."

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    Anteprima del libro

    Daddy's Hobby - Owen Jones

    Daddy’s Hobby

    La Storia di Lek, una barista thailandese a Pattaya

    Il primo libro della serie

    Oltre il sorriso

    di

    Owen Jones

    Traduttore:

    Alessia Caldera

    Diritto d’autore

    Copyright Owen Jones 2024 ©

    Pubblicato da Megan Publishing Services

    https://meganpublishingservices.com

    Tutti i diritti riservati

    La serie Oltre il sorriso

    Volume 1: Daddy’s Hobby

    Volume 2: Un Futuro Emozionante (An Exciting Future)

    Volume 3: Maya – Illusione (Maya - Illusion)

    Volume 4: La signora sull’albero (The Lady in the Tree)

    Volume 5: Pietre miliari (Stepping Stone)

    Volume 6: Il sogno (The Dream)

    Volume 7: L’inizio (The Beginning)

    Recensioni

    Sono stato colpito fin dalle prime pagine da Lek, dalle ragazze, dalle loro vite difficili e dai loro pensieri, così diversi dal nostro modo di vivere occidentale e dalle nostre ambizioni. L’ho letto tutto d’un fiato.

    RLJ, Barry, Galles meridionale

    Il libro mi è piaciuto molto e ne consiglio la lettura. Mi piacciono le storie ambientate in Paesi stranieri, quindi Daddy’s Hobby rientrava esattamente nel mio genere. La lettura è facile e scorrevole. Owen ha fatto un lavoro magistrale nel creare personaggi con cui il lettore riesce a instaurare un legame e a cui riesce ad affezionarsi. È stato interessante avere un assaggio della cultura thailandese, e grazie alle descrizioni dell’autore sono riuscito a immaginarmi vividamente come sarebbe stato essere lì. Ho apprezzato la backstory di Lek e l’approfondimento delle circostanze che l’hanno portata a lavorare come barista a Pattaya. Spesso si mostra solo un lato della prostituzione in Paesi come la Thailandia, lasciando indovinare il resto al lettore. La storia finisce in modo piuttosto brusco (non me l’aspettavo) quindi aspetto con impazienza il sequel per scoprire cosa succederà!

    Vanna B., Philadelphia, PA

    Ho comprato il libro e l’ho trovato incredibilmente appassionante. Lo stile narrativo non ruba l’attenzione alla storia o ai personaggi. Il libro sembra essere stato scritto rapidamente, anche se sono certo che l’autore abbia dedicato molta attenzione ai particolari

    Il libro è scorrevole e contiene una descrizione accurata del mondo in cui si muovono le bariste thailandesi. È piuttosto difficile accettare lo stile di vita di queste ragazze, dato che le nostre culture sono profondamente diverse. Potremmo esserci ritrovate nello stesso posto, ma le strade che ci hanno condotto lì sono molto diverse. Non abbiamo molto in comune. Il libro permette di comprendere a fondo la loro vita, i loro sogni e le loro ambizioni.

    È un libro che consiglierei a chiunque abbia una fidanzata thailandese, non come avvertimento ma come supporto per comprendere meglio la sua vita. Se vi permette di evitare inutili litigi, è denaro ben speso. Penso che potrebbe abbattere molti pregiudizi se raggiungesse un numero più vasto di lettori, in particolare se quelli meno informati si prendessero la briga di leggerlo. Comprerò sicuramente il sequel."

    WD, Regno Unito

    Dedica

    Dedico questo libro a tutte le ragazze di Pattaya che mi hanno raccontato le loro storie e che mi hanno dato l’idea e il coraggio di metterle su carta.

    Indice

    1 Ci è mancato poco

    2 Le coinquiline

    3 Alti e bassi

    4 Un sogno che si avvera?

    5 Rinforzi

    6 Una nuova carriera

    7 Il giorno dopo la notte precedente

    8 Ritorno alle origini

    9 L’amico di Will

    10 Una nuova era o solo un altro giorno?

    11 Chi è stato e perché?

    12 La scommessa

    13 L’accordo

    14 Lezioni di cultura

    15 Viaggio al nord

    16 Baan Suay

    17 Gli ultimi giorni

    18 Casa dolce casa

    19 Un futuro emozionante

    20 Ritorno alla realtà

    21 L’attesa

    22 Riavvicinamento

    23 E se non ce la fai al primo colpo…

    24 Il volo

    25 Appuntamento con la mamma

    Glossario

    Secondo libro: un futuro emozionante

    1 CI È MANCATO POCO

    Oh, accidenti a te! In che pasticcio ti sei cacciata questa volta? pensò Lek risvegliandosi per l’ennesima volta.

    Non aveva dormito molto quella notte. Il suo ragazzo, Ali, era ancora addormentato, e i fumi alcolici che esalava la sua bocca le rivelarono che la sera prima doveva essere stato ubriaco fradicio. Non l’aveva notato allora, visto che anche lei era piuttosto alticcia. La schiena le pulsava ancora di dolore nel punto in cui Ali l’aveva colpita, frustrato per non essere riuscito a soddisfare la sua voglia. Avrebbe potuto farlo picchiare da uno dei ragazzi, pensò con una certa soddisfazione, o addirittura denunciarlo alla polizia. Decise che l’avrebbe fatto, se avesse avuto dei lividi. Eppure la sera prima le era sembrato un uomo così perbene. Era l’ennesima dimostrazione che cose di questo tipo non si possono mai sapere in anticipo.

    Avrebbe voluto alzarsi e andarsene, ma non aveva ancora ricevuto i 1.000 baht che avevano concordato. Temeva che, se si fosse svegliato, avrebbe tentato di farlo di nuovo. Non era nella natura di Lek prendere i soldi dalla tasca di un cliente e svignarsela, anche se quel denaro se l’era legittimamente guadagnato. Non poteva fare altro che starsene lì sdraiata e lasciarlo dormire, nella speranza che un riposo adeguato avrebbe migliorato il suo umore. Lek gli lanciò ancora uno sguardo furtivo e si rassegnò a una lunga attesa. Erano le cinque e mezza di mattina e non poteva certo aspettarsi che si sarebbe svegliato prima delle nove.

    La sera prima, Lek era di turno al Daddy’s Hobby, un bar nella zona di Beach Road, quando era entrato un arabo sulla trentina, Ali. Fino ad allora, la serata era stata piuttosto tranquilla, benché la maggior parte delle altre ragazze fossero fuori. Lek era andata al suo tavolo a prendere l’ordinazione e metterlo a suo agio, come aveva già fatto migliaia di volte con altri clienti. I due si erano presentati e Ali aveva ordinato una bottiglia di whisky 100 Pipers, dell’acqua frizzante e del ghiaccio. Dopo pochi minuti, secondo la consueta ospitalità araba, Ali le aveva offerto da bere, e lei aveva accettato di buon grado. Dopotutto – pensava – non si sa mai a cosa può portare un drink, e poi era già tardi e si stava annoiando.

    Riesaminando gli eventi, Lek ricordò di aver notato qualche segno di pericolo già a quello stadio iniziale. Perché aveva ignorato il suo istinto? Finora non l’aveva mai delusa. Ali aveva già bevuto prima di entrare al bar – e quello l’aveva notato, ma una volta arrivato aveva ordinato un’altra bottiglia di whisky. Non era inusuale vedere arabi bere alcol, ma lui stava bevendo troppo in fretta e insisteva che lei tenesse il ritmo. Forse insistere non era la parola appropriata, ma si aspettava che anche lei svuotasse il bicchiere subito dopo di lui, e non intendeva accettare un rifiuto.

    Finita la bottiglia, Ali le aveva chiesto se volesse andare a mangiare qualcosa – una delle tante espressioni in codice nella sua professione che conduce a un lavoro notturno pagato profumatamente.

    E a volte anche a un pasto.

    Lek aveva accettato la proposta, ma invece di andare in un ristorante o al suo hotel, lui l’aveva portata in una rumorosa discoteca, dove sembrava conoscere un gruppo di altri arabi. Lek non aveva davvero capito da dove venisse poiché il suo inglese era pessimo e lei non parlava arabo; ipotizzò che venisse da Abu Dhabi.

    Non conosceva la discoteca, ma era troppo affollata e caotica per i suoi gusti. I bagni erano fetidi e Ali si comportava in modo strano con i suoi amici. Si era dato un sacco di arie e l’aveva continuamente messa in mostra. Aveva acquistato un’altra bottiglia di whisky e aveva ballato in maniera bizzarra, stringendola troppo a sé, toccandola insistentemente, e facendola sfilare davanti agli occhi dei suoi amici.

    Avrebbe dovuto capire che sarebbe andata a finire così, pensò Lek. Aveva imparato tanto in dieci anni a Pattaya, ma qualche volta era ancora troppo testarda per dare retta al suo istinto. Solo qualche volta, in ogni caso. Se non fosse stata di indole tanto buona, Pattaya avrebbe potuto corrompere il suo carattere in modi orribili.

    Avrebbe dovuto seguire l’istinto adesso? Alzarsi, vestirsi e sgattaiolare via, rinunciando ai 1.000 baht? No! Neanche per sogno!

    Sorrise tra sé e sé: più che un sogno, quello che aveva provato a farle la sera prima era un incubo. Quell’infame! Menomale che non gli si era più alzato! E se lo meritava – Lek non provava compassione. Non le aveva menzionato prima questa sua preferenza, altrimenti non sarebbe affatto andata con lui. Beh… di sicuro non per 1.000 Baht, pensò con autoironia. Avevano lasciato la discoteca dopo circa un’ora, verso l’una, ed erano tornati al suo hotel seguiti dai suoi amici. Fortunatamente, non erano voluti salire insieme a loro, ma sghignazzavano e si punzecchiavano in modo strano, anche se Lek non riusciva a capire quello che si dicevano.

    Avevano dato una pacca sulla schiena ad Ali, e poi le avevano fatto allusivamente l’occhiolino. Che cosa infantile, aveva pensato, e decisamente strana per uomini di quell’età. Forse avevano condotto una vita di repressione. Forse era il loro primo assaggio di libertà lontano dal villaggio e dagli sguardi indagatori degli anziani. Aveva visto lo stesso comportamento in un gruppo di thailandesi di campagna nel loro primo viaggio verso la Sin City, chiamata anche Fun City, Paradise o Pattaya, a seconda delle convinzioni morali.

    Una volta entrati in stanza, la situazione aveva cominciato a normalizzarsi. Ali era visibilmente ubriaco, ma anche lei non era da meno. Le aveva proposto di farsi una doccia e lei aveva afferrato l’occasione al volo.

    Le aveva dato un asciugamano pulito e aveva aspettato che finisse per poi fare la doccia a sua volta mentre lei si metteva a letto. Tutto sembrava tornato alla normalità, aveva pensato Lek, e ora che si trovava di nuovo nel suo elemento, era tutto sotto controllo. Poi lui aveva spento la luce e si era fatto strada verso il letto, inciampando in una scarpa abbandonata sul pavimento. Aveva borbottato qualcosa in arabo, lei aveva riso e, dopo essersi tuffato nel letto, aveva ricominciato a comportarsi in modo strano. Era difficile da spiegare. Le aveva strappato le lenzuola di dosso, senza però farle male. L’aveva spaventata, ma non eccessivamente. All’inizio, perlomeno. Poi l’aveva rivoltata sulla pancia e, tenendola con un braccio attorno alla vita, l’aveva attirata a sé.

    Bene, si era detta Lek, questa posizione le piaceva. Tuttavia, lui aveva cercato di infilarlo in un posto che a lei non piaceva per niente e aveva cominciato a irritarsi vedendo che lei non cooperava. Aveva ricominciato a borbottare in arabo e aveva iniziato a sculacciarla energicamente, come fanno i cowboy nei film con i loro cavalli. Lo faceva con forza – troppa forza. Il bastardo! Forse sarebbe andata a fare una visita ai ragazzi. Che farabutto!

    Dopo circa dieci minuti, lui era collassato sul letto accanto a lei senza portare a termine la sua missione. Aveva farfugliato qualcosa di indecifrabile e si era addormentato in un batter d’occhio. Niente che Lek non avesse già visto: un tipo beve qualche cocktail, si eccita, esagera con l’alcol e poi quando non gli si rizza più incolpa la donna per mascherare l’imbarazzo. Che farabutto! Non c’era bisogno di diventare violento, si lamentò.

    Molti uomini sembravano dei ragazzini a letto, con il loro ego smisurato, i loro capricci e un orgoglio che si disintegrava per qualsiasi sciocchezza. Un giorno avrebbe trovato un uomo perbene che si sarebbe preso cura di lei e l’avrebbe amata e che… non sarebbe stato sposato. Il pensiero la fece sorridere.

    Se ne stava sdraiata chiedendosi se avrebbe avuto dei lividi o se l’avesse addirittura fatta sanguinare! Oh, sperava di no! Ma gliel’avrebbe fatta pagare cara in quel caso. Ad ogni modo, Lek non era un tipo vendicativo e si annoiò presto a congetturare squallidi piani di vendetta che non avrebbe messo in atto.

    Intanto, però, aveva fatto passare il tempo, e dopo poco si riaddormentò per l’ennesima volta quella notte.

    Quando si svegliò, Ali sentì un altro corpo accanto a lui, ma non riusciva a ricordarsi chi fosse o se fosse un uomo o una donna. Si era svegliato di fronte a questo sconosciuto, ma non aveva ancora aperto gli occhi. Decise di girarsi dall’altra parte dando la schiena a quel partner ignoto, e cercare di dare una sbirciatina. Ti prego, fa che sia una donna, scongiurò. Non voleva che i suoi colleghi della piattaforma petrolifera lo sorprendessero insieme a un ragazzo. Li aveva incontrati la notte prima mentre tornava in hotel, giusto?

    Oh, ti prego, fa che sia una donna, si ripeté di nuovo mentre si rigirava. Oh, grazie a Dio! Era una donna, e anche bella! In effetti era molto bella e nel fiore degli anni, appena sotto dei trenta, secondo la sua stima. Oh, più tardi avrebbe potuto sfilare a testa alta tra i suoi compagni e vantarsi delle sue doti amatorie. Non si ricordava esattamente cosa avessero fatto e, per il momento, non gli importava. Sentiva la bocca secca come sabbia del deserto. Doveva procurarsi in fretta un bicchiere d’acqua e prendere un’aspirina. Alzandosi, l’avrebbe sicuramente svegliata. Ma qual era il suo nome? Oh, cavolo! Beh, il nome gli sarebbe venuto in mente, ma perlomeno non era un uomo!

    Lak, Lek, Lik meditò. Gli suonava familiare. Si decise sull’opzione nel mezzo, visto che anche lui era il figlio di mezzo di tre fratelli. Inch Allah! Si fece coraggio e balzò giù dal letto, agguantando un asciugamano mentre si dirigeva in bagno. Una volta al sicuro, tracannò un bicchiere d’acqua, prese un’aspirina e si sedette sul WC per riprendersi. Si era alzato troppo bruscamente e la testa gli girava. Che nottata doveva aver avuto!

    Non c’era da stupirsi che il profeta Maometto scoraggiasse il consumo di alcol, che non era solo una parola araba, ma anche un’invenzione araba. D’ora in poi, si sarebbe comportato da bravo musulmano e promise a se stesso che non avrebbe mai più bevuto. I suoi genitori e le scritture avevano ragione. Aprì l’acqua della doccia e stette seduto qualche minuto a fissare i flutti d’acqua che scendevano, mentre cercava di ricostruire i movimenti della sera precedente.

    Si era invaghito di uno dei ballerini Katheoy del pub Night Fever in Boyz Town e ci andava ogni volta che riusciva ad allontanarsi dai suoi amici. Ci era stato la sera prima, ma non ricordava se gli avesse parlato. No, sapeva di essere troppo timido per fare coming out in questa fase della sua vita. Allora aveva vagabondato un po’ e si era fermato in un bar tranquillo e deserto, mentre tornava per incontrare i suoi amici.

    È lì che doveva aver incontrato Lak, Lek Lik. Oh, giusto. Aveva preso un’altra bottiglia di whisky. I ricordi iniziarono a tornare mentre era sotto la doccia, e l’acqua tiepida sciacquò via la confusione e i dolori.

    A quel punto aveva incontrato i suoi amici, anche se con qualche ora di ritardo, e aveva acquistato un’altra bottiglia di whisky per scusarsi. Si erano divertiti e poi ognuno era tornato a casa sua. Ecco tutto – non era successo niente! Adesso doveva solo uscire, fare un bel sorriso a Lak, Lek, Lik, darle quello che le doveva e tutto sarebbe filato liscio. Si asciugò frettolosamente e riaprì la porta.

    Lei era seduta nel letto avvolta nel lenzuolo fino al collo, e lo fissava dritto negli occhi. Aveva lo sguardo spaventato di un coniglietto sorpreso dalla luce di una torcia. Quello sguardo lo innervosiva, anche se non capiva perché.

    Buongiorno Luaek, farfugliò Ali, con quanta più convinzione gli riuscì. Dormito bene?

    Il mio nome è Lek, rispose scura in volto, e no, non ho dormito bene. Me l’hai quasi messo dietro e non mi è piaciuto. E mi hai fatto male! Non sono per niente felice. Forse dovrei andare a denunciarti alla polizia, così poi ti portano alla Monkey House, e qualcuno lo metterà dietro a te, e scommetto che non ti piacerà.

    Era stato tutto troppo facile, sospirò Alì, e poi disse:

    Venez, venez. Vai a fare doccia, Lek. Parliamo quando finito.

    Lek prese l’asciugamano che aveva nascosto dietro il cuscino, un gesto insegnatole dall’esperienza, se lo avvolse attorno al corpo e si trascinò fino al bagno senza più rivolgere uno sguardo ad Ali. Sbatté la porta con tutta la forza che aveva in corpo e iniziò a singhiozzare in modo affettato, sperando che lui riuscisse a sentirla.

    Aprì l’acqua della doccia ed emise urla di dolore ancora più atroci, per esserne sicura. Si ispezionò allo specchio e constatò con sollievo che non c’erano segni di lividi o tracce di sangue. Mentre l’acqua tiepida cancellava lentamente ogni traccia di dolore dalle sue splendide curve, ripercorse le sue prossime mosse.

    Dopo la doccia, si infilò di nuovo nell’asciugamano e tornò zoppicando nella stanza, dove Ali la attendeva seduto e già vestito. Un buon segno, constatò, si era risparmiata una ripetizione della notte precedente.  Si sedette con cautela, assicurandosi che Ali fosse consapevole del suo fastidio, e lanciò un gridolino di dolore.

    Ahi, ahi, ahi! Che male!, si lamentò massaggiandosi il fondoschiena. Oh, Ali, ma perché mi hai picchiato così forte ieri sera? Sono stata così gentile con te, e tu mi hai preso a botte. Pensavo che mi avresti ammazzata. Sei un pazzo. Forse dovrei chiedere alla Mama san cosa fare. O forse dovrei andare dalla polizia. Sei stato un uomo cattivo, Ali.

    Si stava rivestendo senza mostrare un centimetro di pelle, come sanno fare solo le donne cresciute in una minuscola casa affollata, e Ali non osò chiedere di vedere i lividi. In verità, Ali era un uomo gentile e cortese, e alcuni flash della notte precedente avevano iniziato a penetrare la sua mente offuscata, facendo affiorare un senso di vergogna. Non aveva mai messo le mani addosso a una donna. Sapeva di doverla tranquillizzare e sapeva anche che questo gli sarebbe costato, anche se non necessariamente una grande somma. Le disse:

    Lek, io davvero dispiaciuto. Io non so cosa fatto. Io molto ubriaco. J’étais mal. Penso che qualcuno messo qualcosa in mio drink, droga forse. Io vuole vedere te felice, posso portare in bel ristorante e dare più soldi per dire grazie. Je suis désolé. Io molto dispiaciuto, perdoname. Io bravo uomo, giuro. Io mai picchiato mademoiselle.

    Lek rialzò i suoi grandi occhi scuri da cerbiatto su di lui mentre si pettinava i capelli, e si asciugò una lacrima.

    Bene, disse con una smorfia, ma mi servono altri 2.500 baht per andare dal dottore a prendere una pomata, e poi voglio che mi porti al Savoy Restaurant e sparisci per sempre. Sei pazzo a volte. Non mi fido più di te! Non venire più a cercarmi al bar, o dovrai vedertela con la mia guardia del corpo.

    A dirla tutta, quella era l’ultima cosa che gli sarebbe venuta in mente, quindi annuì cercando di mostrarsi il più mortificato possibile. Dentro di sé si sentiva sollevato; sapeva di averla scampata per un pelo. Gli sarebbe costato solo un quarto della paga giornaliera sulle piattaforme e aveva evitato un incontro con la polizia.

    Sapeva che l’accusa di aggressione di una donna thailandese sarebbe stata presa seriamente e che si sarebbe tradotta in un soggiorno di almeno un paio di giorni nella famigerata galera di Pattaya, nota anche con il nome di Monkey House, oltre a una multa di circa 20.000 baht, metà della quale sarebbe stata data a Lek come risarcimento.

    Avrebbe addirittura potuto essere deportato e messo su una lista nera che gli avrebbe impedito l’ingresso in Thailandia per sempre. Poi i suoi amici avrebbero scoperto il motivo per cui non avrebbe più voluto andare in vacanza a Pattaya. Oh no, assolutamente no. Meglio pagare subito e imparare dall’esperienza, se solo fosse riuscito a ricordarsela.

    Lek finì di vestirsi e applicò un trucco leggero; non ne usava mai tanto e non ne aveva veramente bisogno. Ali credette di vederla un po’ più felice, cosa che risollevò anche il suo umore e, nel giro di dieci minuti, stavano già uscendo dall’hotel nella calda luce del mattino. Lek aveva già abbandonato la sua messinscena quando svoltarono a sinistra per percorrere i trecento metri a nord su Second Road in direzione dell’incrocio con Central Pattaya Road o Pattaya Klang, in lingua thailandese, dove si erigeva il Savoy.

    Lek amava questo momento della giornata, verso le undici, perché Pattaya si svegliava solo dopo le dieci e tutto era pieno di vita, di promesse e speranze portate dal nuovo giorno. Ma a Pattaya è la notte che conta, quindi il giorno comincia con un po’ di ritardo. Camminava con energia e con il sorriso sulle labbra, mantenendosi a una distanza di circa due metri da Ali.

    Lo faceva per diverse ragioni: in primo luogo, perché sapeva che la molti arabi preferivano camminare davanti alle loro donne; in secondo luogo, perché non voleva essere vista insieme a lui (come sempre, stava attirando sguardi di apprezzamento da molti uomini, e stando dietro Ali poteva ricambiare i loro sorrisi senza ferire il suo orgoglio); infine, a causa di una barzelletta che aveva sentito qualche settimana prima e che la faceva sempre ridere.

    Se la ripeté nella mente: Un sondaggio in Afghanistan ha rivelato che, prima dell’intervento statunitense, le donne afghane camminavano a tre metri di distanza dietro i loro mariti e che, dopo l’intervento, la distanza era aumentata a dieci metri. Quando veniva chiesto loro il motivo, le donne afghane rispondevano sorridendo: Per le mine. Lek si coprì le orecchie con le mani e disse nella mente Boom", facendo un saltello e sorridendo a un farang (o straniero).

    Era una delle donne più belle di Pattaya, cioè una delle più belle donne della Thailandia, cioè una delle più belle donne del mondo, e lo sapeva bene.

    Nessun uomo avrebbe detto il contrario, e lei avrebbe potuto scegliere chiunque volesse, e loro avrebbero pagato volentieri per quel privilegio. Le dava un senso di potere e autostima, anche se si rendeva conto di aver ancora cinque anni di quella bella vita, nel migliore dei casi. Rispetto alla media delle donne thailandesi, aveva condotto una vita eccezionale. Aveva incontrato centinaia di uomini provenienti da quasi ogni Paese del mondo, e quasi tutti erano stati gentili, generosi e, sfortunatamente, sposati. Nessuno di loro l’aveva portata a casa nel suo Paese, ma aveva alloggiato nei migliori hotel e mangiato nei migliori ristoranti per quasi dieci anni. Contrariamente a quanto molti potrebbero pensare, quasi nessuna delle sue relazioni si limitava a una storia di una notte.

    Quelle non le interessavano. La sua strategia, perfezionata nel corso degli anni, comportava innanzitutto la scoperta di alcune informazioni riguardanti l’uomo. Doveva sapere: per quanto sarebbe restato in Thailandia; da dove veniva; quanti anni aveva e se era sposato. Più tempo fosse rimasto in Thailandia, più tempo avrebbe avuto per forgiare una relazione con lui e per farlo innamorare.

    Il Paese d’origine era fondamentale perché Lek aveva delle preferenze riguardo alla città in cui vivere. La sua meta ideale era la Gran Bretagna, ma anche America, Canada, Francia e Germania andavano bene. Anche l’età era importante dato che aveva ripercussioni sulla durata del visto. Infine, sapere se l’uomo fosse sposato o no era naturalmente essenziale.

    La lunghezza media delle sue relazioni, sfruttando le informazioni ottenute con queste quattro domande, era di due o tre settimane. Molto, molto raramente l’avevano lasciata prima del volo di ritorno. In qualche occasione, era rimasta con lo stesso uomo per più di un mese. Qualcuno l’aveva portata con sé in altre città thailandesi come compagna o interprete. Aveva volato diverse volte a Chiang Mai, Phitsanulok, Ko Samui e Phuket senza pagare un centesimo.

    Talvolta, gli uomini conosciuti in una vacanza precedente tornavano e chiedevano di lei. Altri le scrivevano sporadicamente o le mandavano delle e-mail. Non che il suo inglese scritto fosse sufficiente per rispondere, ma alcune donne più vecchie erano specializzate nella lettura di queste lettere e nella creazione di risposte romantiche.

    Lek non aveva partecipato spesso a queste messinscene; le sembrava una richiesta troppo esplicita o una supplica, e anche un gesto po’ squallido e disonesto. Aveva avuto anche qualche brutta esperienza, ma così poche che non vale la pena ripensarci. Sono pochi gli uomini disposti a viaggiare fino a Pattaya per mettersi nei guai e rischiare di passare i dieci anni successivi nella Bangkok Hilton, una vita che si può paragonare a scene del film Fuga di mezzanotte. Non era mai stata ferita o violentata come era successo ad altre ragazze. Qualcuna era stata anche trovata uccisa, e correva voce che altre venissero sequestrate per lavorare come schiave in bordelli stranieri contro la loro volontà.

    Sperava che fossero solo dicerie. Non aveva mai visto il lato oscuro della prostituzione. Non voleva nemmeno pensare alla prostituzione infantile o alla pedofilia, però aveva sempre tenuto gli occhi ben aperti per questo tipo di abuso. Non avrebbe esitato a denunciarlo alla polizia.

    Era addirittura riuscita a mettere da parte un bel gruzzoletto per il suo piano B, quando l’inevitabile giorno sarebbe arrivato e avrebbe dovuto smettere di lavorare per tornare a vivere nel suo villaggio, a meno che non avesse incontrato uno straniero single e ricco che avesse voluto portare lei e sua figlia nel suo Paese. Quello era l’obiettivo; era il suo più grande sogno e lo stava inseguendo da dieci anni. Il suo piano B era di aprire un negozietto al villaggio e sposare un contadino perbene. In questa eventualità, si sarebbe anche accontentata di un uomo più vecchio. Fino ad allora aveva avuto una bella vita e quindi si sarebbe volentieri presa cura di lui, a patto che fosse buono con sua figlia.

    Se fosse rimasta nel suo paese natale, ora si sarebbe ritrovata sposata con un contadino della sua età da dodici anni e avrebbe tre o quattro figli. Non che fosse qualcosa di brutto, ma ormai se ne era andata e adesso si riteneva felice di non essere imprigionata nella routine della casa e della fattoria, costretta a guardare il mondo da uno schermo televisivo.

    Aveva amiche che avevano scelto il matrimonio subito dopo il diploma, e aveva l’impressione che molte di loro invidiassero il suo stile di vita da seduttrice, il suo armadio pieno di bei vestiti e le sue storie, confermate dalle fotografie, di luoghi da favola accanto a stranieri ricchi e generosi, che spendevano senza battere ciglio la paga mensile di un contadino per un singolo pasto, una bottiglia di vino o un regalo.

    I suoi amici di paese e la sua famiglia la rispettavano per ciò che aveva fatto, nonostante la strada che aveva scelto per arrivarci. Non erano frenati dalla morale occidentale e dai suoi doppi standard. Non era forse vero che la maggior parte delle persone che la condannava o che la compativa, come spesso preferivano dire, era costituita proprio dalle sciatte mogli degli uomini che venivano fino in Thailandia per incontrare ragazze come lei? Non aveva tempo da sprecare per loro e le loro opinioni.

    Chi altro avrebbe finanziato  il suo stile di vita e provveduto a sua madre e a sua figlia se non avesse fatto quello che aveva fatto? Se la sua scelta fosse stata immorale, un giorno il karma gliel’avrebbe fatta pagare. Questo prospetto non la preoccupava. Quel che contava era che la sua vecchia madre e la sua figlia quasi adolescente stessero bene. Fai del bene, e riceverai del bene. Fai del male e riceverai del male, era questo il suo motto, e il motto dei monaci. E quello che andava bene ai monaci andava bene anche a lei.

    Persa nelle sue fantasticherie, si era scordata di Ali e ora se lo ritrovava al suo fianco mentre con il braccio le cingeva la vita per guidarla all’interno del ristorante.

    E va bene, sospirò, è sempre un pranzo gratis, e Lek, come quasi tutte le thailandesi, non rinunciava facilmente a un pasto.

    Si sedettero nella parte sinistra della sala con l’aria condizionata e Lek ordinò come antipasto degli involtini primavera e delle crocchette di pesce, seguiti da un enorme dentice rosso, che veniva servito in un piatto a forma di pesce e andava cucinato direttamente al tavolo, e riso Jasmine. Lek sfoggiò il suo savoir faire gastronomico e le sue buone maniere ordinando un connubio perfetto di salse per l’antipasto, servendo bocconcini di cibo ad Ali, e seguendo la cottura del pesce mentre si serviva a sua volta.

    Mangiarono un pasto delizioso, ma si parlarono a malapena, sia a causa della scarsa padronanza dell’inglese di Ali che per la tensione tra di loro, e per la sbornia. Quando si separarono quarantacinque minuti dopo, erano entrambi soddisfatti che la relazione si fosse conclusa su una nota positiva.

    Lek guardò Ali svoltare a destra, presumibilmente per tornare al suo hotel in Soi 9, lo salutò con un cenno della mano e si lanciò su Second Road facendo lo slalom tra le dozzine di moto-taxi e songthaew fermi al semaforo. Prese la destra in direzione di Pattaya Klang e percorse i 200 metri a est che la separavano da Soi Buakhao guardando le vetrine dei negozi. Concluse di aver preso abbastanza precauzioni per sbarazzarsi di Ali, in caso avesse deciso di seguirla. Non voleva che gli uomini sapessero dove abitava.

    Sprizzava gioia da tutti i pori. Sentiva che la sua felicità era visibile a tutti. Si era cacciata in una situazione complicata e potenzialmente pericolosa perché non aveva seguito il suo istinto, ma era riuscita a vincere la partita con le carte che aveva come un’abile giocatrice di poker e ne era uscita con una somma che corrispondeva quasi a un mese di lavoro, e in più aveva mangiato bene.

    Lek stava aspettando un songthaew all’incrocio tra Soi Buakhao e Pattaya Klang per rientrare a casa, ma cambiò idea e decise di andare al mercato thailandese di fronte al Naam Chai Restaurant, e comprare una nuova gonna per festeggiare. Era un pomeriggio rovente di giugno, ma il mercato era affollato, come lo era quasi sempre, e Lek girovagava tra i banchi della frutta comprando un qualcosa qua e là e chiacchierando con negozianti e clienti, mentre zigzagava verso le bancarelle di abbigliamento.

    Passò 45 minuti intenta nel suo passatempo preferito, lo shopping, prima di decidersi ad acquistare una incantevole gonna bianca con il suo segno zodiacale ricamato in lustrini su un lato del davanti. Lunga poco meno di trenta centimetri, avrebbe messo in risalto le sue gambe affusolate; il bianco avrebbe evidenziato la sua abbronzatura e il ricamo del segno zodiacale avrebbe dato agli uomini un buon pretesto per guardarle le gambe, sempre che non ne avessero già escogitato uno da sé.

    Era del segno del Leone, nata nei primi di agosto e, sebbene non si intendesse molto di astrologia, era convinta di essere una tipica donna Leone. Aveva letto che i Leone erano aggressivi e dominanti, ma secondo lei lo erano solo le donne. Dopotutto, era la leonessa che cacciava e uccideva la preda. I leoni dormivano sempre e poi pretendevano di mangiare per primi.

    Intervenivano solo se un predatore o un rivale entrava in scena, e lo facevano meramente per la difesa egoistica della progenie o delle compagne – non le difendevano necessariamente per principio. Che tristezza!

    Comprò anche una camicetta bianca per completare l’outfit, e poi saltò su un songthaew verso casa.

    2 LE COINQUILINE

    Lek scese agilmente dall’autobus e si voltò solo per pagare i 5 baht all’autista prima di attraversare la strada verso il caseggiato vecchio ma recentemente rinnovato in cui si trovava il suo appartamento. Salì le tre rampe di scale di corsa e ascoltò in silenzio alla porta. Non si sentiva volare una mosca, così rovistò nella borsetta e tirò fuori la chiave. Era quasi l’una e mezza, le ragazze probabilmente dormivano ancora – raramente si alzavano prima delle due.

    Entrò lentamente e richiuse la porta dietro di sé senza fare rumore. Poteva scorgere due sagome sotto il lenzuolo, da cui proveniva un leggero russare. Si accucciò a terra e gattonò fino ai piedi del letto, restando fuori dal loro campo visivo. Fece rotolare le arance che aveva comprato fuori dalla borsa e, sdraiata sulla schiena, le lanciò come granate sulle sue amiche. In un primo momento, il rumore si fermò e, dopo aver sentito delle espressioni di stupore, Lek si rigirò e saltò sul letto facendo più chiasso che poteva. Saltava sulle sue amiche e fingeva di strappare loro le lenzuola di dosso.

    Parteciparono al gioco urlando come scolarette, e poi si abbracciarono a formare e saltarono sul letto tra le risate. Le tre donne si conoscevano da sempre. Erano cresciute nella stessa zona dello stesso paese e avevano frequentato la stessa scuola e lo stesso Wat – esattamente come i loro prima di loro. Avevano la stessa età, con massimo dodici mesi di differenza, anche se Lek tecnicamente era la più grande. Era anche quella più saggia e che imparava più in fretta. Goong e Ayr lo riconoscevano e la stimavano per questo.

    Non erano parenti, ma la chiamavano sorellona e lei le chiamava le mie adorate sorelline e si prendevano cura l’una dell’altra come se fossero una famiglia. Solo un’altra

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