Corpuscoli di Krause. Poesie
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Raccolta completamente diversa da qualunque cosa abbia precedentemente pubblicato in volume questi Corpuscoli di Krause di Fabiano Alborghetti. Poeta solitamente di largo respiro, noto per i romanzi in versi o le ampie narrazioni in poesia, ecco che per la prima volta si confronta con una dimensione più breve restando però fedele alla sua vena civile più profonda, intima, senza mai indulgere al sentimentalismo o al compiacimento retorico. Alborghetti ha fatto della categoria del sogno – e non solo della realtà sociale – una sorta di nostalgia ontologica, una stagione creativa che brucia la realtà.
La realtà di questi Corpuscoli è multiforme: franamenti, pandemie, i conflitti della storia umana spesso inumana e impietosa, dove il tempo affretta e la cronaca parla sempre più dal fondo. A combatterne i disorientati contrasti, a ricucirne i brandelli, ecco lo spiraglio di un punto di domanda. Corpuscoli, sollecitazioni termiche e sensoriali che emergono. Sono istanti, respiro. Forse una traccia.
Fabiano Alborghetti
Fabiano Alborghetti (1970). Ha scritto di critica, fondato riviste, creato programmi radio, progetti in carceri, scuole e ospedali ed è promotore culturale. Collabora inoltre come consulente editoriale per case editrici e riviste sia in Svizzera che all’estero. È nella commissione di programmazione di diversi festival ed è presidente della Casa della Letteratura per la Svizzera italiana. Nelle vesti di autore, rappresenta la lingua italiana e la Svizzera nel mondo su mandati ufficiali e traduzioni di sue poesie sono apparse in volume, riviste o antologie in più di 10 lingue. Ha pubblicato 6 raccolte di poesia tra le quali Maiser (Premio Svizzero di Letteratura 2018) poi prodotto integralmente come radiodramma dalla RSI Radiotelevisione della Svizzera Italiana. Dal 2017 è al lavoro per un romanzo in versi basato sulla comunità Walser (Borsa letteraria UBS Cultura e Borsa di creazione della Fondazione Landis & Gyr).
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Anteprima del libro
Corpuscoli di Krause. Poesie - Fabiano Alborghetti
Vedi, abbiam vissuto più di una vita,
ora dobbiamo pesare ogni cosa
sulla bilancia dei sogni e sguinzagliare
ricordi che divorino ciò che fu il presente.
Yehuda Amichai da Sguinzagliare ricordi
L’occhio di Plimsoll
I
Quante nuove parole sono state imparate
parole complicate
convenute aldilà della porta, in agguato.
E l’agguato ha un suo sguardo:
minaccia, usurpa, soprattutto persiste
non conoscendo il silenzio.
Il vociare dei dati, il saliscendi, le soglie
le tavole Excel, i dati precisi
le sensazioni, le sospensioni
i corpi nominati facendo la conta.
A che punto è la conta?
L’occhio di Plimsoll
II
Città chiuse e aperte e richiuse
intoccabili, introvabili
nonostante le già note geografie.
Serrande abbassate, come chiusi sono ora gli affetti
estremi facili, parrebbe
ma obbligatorio è il distacco
e tutto è già spiegato e così tante volte:
è per stare più al sicuro.
Quel silenzio quando tutto si è fermato:
depositario di memorie oscure e trame
un silenzio immune, primigenio. Una veglia
uno spazio minerale che ha il respiro dell’asfalto
uno spazio che si stira nell’assenza.
Sono tornati uccelli rari.
Alcuni fiumi sono ora popolati. Animali
da selva attraversano le strade. Accade
questo quando attorno manca l’uomo.
Ci avresti mai creduto?
L’occhio di Plimsoll
III
La divisione forma nuove tribù:
i noncuranti, gli ignari, i sani e gli scaltri
quelli che curano il tormento degli altri…
Quando ti svegli, se hai ancora paura
ridammi la mano.
Le tue dita mi ricordano ancora?
L’occhio di Plimsoll
IV
La solitudine dei borghi e del commercio
i debiti, i vuoti. Poi sfiati, aperture
forse foci mediocri
quei segnali accennati di una qualche ripresa
ma bastanti a illudere che sia tutto passato.
Nessuna gioia vesperale
piuttosto gesti aggrondati, navigando alla bolina.
Ognuno porta con sé il peso degli occhi
di quanto ha visto in precedenza.
Ci si aggira nel vuoto, una vita
accanto a una vita, accanto a una vita.
E ognuno resta troppo addormentato
e vulnerabile, innocente persino
e la crudeltà appare come un malinteso.
Ognuno è nato aldifuori di questa stagione
lo ripetiamo, non vedendone la fine.
La mia paura somiglia un poco alla tua?
L’occhio di Plimsoll
V
La notte, incurante, ne battesima molti
porgendo alla fronte un’impronta
e sono loro gli scomparsi.
Altri aspettano, altri negano, altri fingono
che nulla accada mai.
Altri disperano, altri cercano gli affetti
ritrovandoli daccapo.
Chi vorresti chiamare per nome
sentendolo vicino?
L’occhio di Plimsoll
VI
Si spostano i muri
la luce è estromessa o parsimoniosa
un compendio al silenzio, a tutta l’attesa
che ha sospeso la volontà.
La notte: un corridoio ed è vasto.
Aspetta il passaggio. A ogni passaggio
piovono scaglie sul velo: le sirene
di troppe ambulanze che gridano in strada.
Nasce così d’improvviso la presenza degli altri
e ogni presenza è periferia
un’anima e un destino
una testa ingombra di rimpianti
di desideri il cuore. La parte incompiuta.
Almeno oggi, lo hai esteso un gesto gentile?
L’occhio di Plimsoll
VII
Aperture, chiusure
dei nuovi dati la fucileria
e toponimi, da quarantene intorpiditi.
E nuovi gioghi
la gravità che ci figge quaggiù.
Potrebbe essere peggio, resisto.
E tu?
L’occhio di Plimsoll
VIII
Si scompare lontani da chi ci ricorda
e sempre di più. Occorrono nuove misure
o forse iniziare daccapo.
Negozi chiusi quindi, tranne i beni essenziali
i servizi alla persona, poste, banche e parrucchieri
farmacie, manutenzioni e giardinaggio
stazioni di servizio e