Il medico dell’argine
Di Florence K.
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Info su questo ebook
Florence K. è una discreta scrittrice autrice della trilogia Umani o disumani, Il vedente non vedente e Occhio della giungla. Il suo romanzo Semi di massacri ci racconta la quotidianità con un virus. Ha avuto una menzione di merito al Pegasus Literary award 2018.
Florence K. is a discreet writer who lives in Italy. Her best-known book Seeds of massacres in Italian Semi di massacri is about daily life with a virus.
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Anteprima del libro
Il medico dell’argine - Florence K.
Florence K.
Il medico dell’argine
© 2021 Europa Edizioni s.r.l. | Roma
www.europaedizioni.it - info@europaedizioni.it
ISBN 979-12-201-1693-0
I edizione dicembre 2021
Finito di stampare nel mese di dicembre 2021
presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)
Distributore per le librerie Messaggerie Libri S.p.A.
Il medico dell’argine
Elena
Volume secondo
Lo straordinario della vita si trova nell’ordinario della nostra quotidianità
Florence K.
Una maschera spaventosa
Nelle mie giornate la passeggiata era diventata l’unico momento di pace. Preferivo allontanarmi dal centro della città fiorentina per camminare in periferia, ed avevo come preferenza dei luoghi gli argini di fiume. Sentivo che il benessere incontaminato dei boschi favoriva la respirazione e riempivo i miei polmoni di aria e, inoltre, il fiume mi dava l’illusione di ricevere una felicità che mi inventavo e questo stato d’animo mi consentiva di meditare sul contenuto della lettera che avevo scritto di nascosto a mia madre. Speravo di aver espresso tutto il mio affetto in quella lettera e pensavo che questo fosse il modo di consegnare tra le sue mani la vita che mi aveva dato.
Avevo messo la lettera in un cassetto e sopra avevo apposto il nome di mia madre. Per questo sapevo che mio marito Marino, anche se l’avesse vista, non l’avrebbe aperta. Marino infatti aveva i suoi solidi principi di rispetto. Mi rassicurava pensare che se mi fosse accaduto qualcosa l’avrebbe trovata e l’avrebbe consegnata a mia madre. La vicinanza con mia madre era la luce che mi teneva in vita: in passato mi aveva appoggiato nei miei successi e mi aveva consolato nelle disgrazie. Il nostro rapporto si era consolidato nel tempo per il dialogo e ci sentivamo al telefono molto spesso perché andavo a trovarla sempre più raramente.
Cercavo di non far gravare su di lei le conseguenze per le mie difficoltà e per le sventure che la vita mi aveva riservato. Mia madre non sopportava i rimproveri che mi rivolgeva mio padre. Per la sua tranquillità mia madre avrebbe preferito che abitassi con loro, ma mio padre era assolutamente contrario.
Quel giorno, sui miei passi, vidi una persona guardarmi con insistenza e mi accorsi che da lontano mi seguiva e accelerava per raggiungermi. Non volevo essere disturbata, nessuno si era mai interessato a me da quando passeggiavo in solitaria. Sembrava che non esistessi. I volti erano esattamente gli stessi sia in città che sull’argine: segnati dall’indifferenza assoluta. Il bosco e il fiume diventarono i miei compagni di sventura. Fui raggiunta ben presto dalla persona che mi seguiva ed ella mi disse che il mio comportamento era anomalo. Secondo lei, mi trovava pericolosamente vicino al vuoto e da lontano sembrava che stessi per finire nel fiume.
Abitava nei dintorni e gli abitanti erano stanchi di essere ogni volta coinvolti nel ritrovamento di chi era venuto da lontano per buttarsi nel fiume in un momento di disperazione. In un primo momento, non avevo voglia di rispondere. Ma dopo un attimo di riflessione, riuscii a chiarire che la mia intenzione non era quella che aveva in mente. Ella insistette e ciò mi dava francamente fastidio. Per la prima volta una persona si era accorta della mia esistenza, dovevo mettermi sul serio ad ascoltarla. Almeno potevo in un attimo scambiare il mio solito monologo interiore con una conversazione.
Dimenticando il mio orgoglio, accettai il suo richiamo avvicinandomi a lei, mi scusai di averla spaventata. Mi informò che si preparava a chiamare la polizia perché, secondo lei, tutto lasciava pensare che stavo per lanciarmi nel vuoto. Da tempo mi osservava. Invece l’unico motivo per il quale mi avvicinavo così era di trarre il massimo beneficio dall’aria del fiume per la mia salute. Ella si presentò: ciao, sono Antonia e sono medico
.
Quell’attimo che Antonia dedicò a me fu la svolta inaspettata per una vita che stavo rifiutando di portare avanti.
Antonia girò gli occhi nei dintorni fissando i passanti e mi disse che, essendo abituata a passeggiare sul posto, sapeva già chi non doveva avvicinarsi al fiume. Mi disse che il mio volto era l’espressione di una realtà disfatta ma che non c’entrava nulla con il mio fisico. Ella intendeva la bellezza. Rimasi silenziosa e