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Ettore!: Tua mamma e fratelli angosciati, attendono ansiosamente tue notizie
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E-book207 pagine2 ore

Ettore!: Tua mamma e fratelli angosciati, attendono ansiosamente tue notizie

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Info su questo ebook

ETTORE! è l'urlo disperato che la famiglia Majorana lancia per richiamare alla ragione il suo congiunto. Tua mamma e fratelli angosciati, attendono ansiosamente tue notizie. Sono tre i temi che si intrecciano in questo saggio biografico: l'omosessualità di Ettore Majorana la cui certificazione è fondamentale per capire cosa è successo intorno a lui prima, durante e dopo la sua scomparsa. La Sindrome di Asperger, una mia ipotesi per spiegare le sue straordinarie capacità di memoria, di calcolo e di concentrazione coniugate con l'incapacità di essere come gli altri tra gli altri. I rapporti con la sua Famiglia che suo fratello Salvatore dopo la sua scomparsa aveva definito essere tossici da tempo. Ettore e la sua famiglia non potevano più convivere, Dalla analisi dell'epistolario napoletano, le ultime cose scritte da Ettore, e che sono un'altro tema del libro, ce ne viene una conferma schiacciante che si oppone a tutte le letture buoniste e vacue che ne sono state date. Per vivere in unum i Majorana dovevano cambiare atteggiamento nei confronti del congiunto asperger, geniale e omosessuale o Ettore smettere di esserlo. Nessuna delle due parti era in grado di adeguarsi ed è stato giocoforza per Ettore prendere lui una decisione inevitabile, quella di andarsene.
LinguaItaliano
Data di uscita20 apr 2022
ISBN9791220383288
Ettore!: Tua mamma e fratelli angosciati, attendono ansiosamente tue notizie

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    Anteprima del libro

    Ettore! - Stefano Roncoroni

    ❖ SUL FINALE DELLA MIA PARTITA

    Sul finale della mia partita, a fronte delle mille ipotesi e fantasie strampalate che da sempre hanno circolato, in piena libertà, su quella scomparsa, sento il dovere morale verso Ettore di riaffermare con più chiarezza la mia ricostruzione dei fatti come forma di risarcimento nei confronti della sua umanità e dignità, più che verso me stesso o altri. Hanno sbagliato quelli che hanno contestato i miei scritti sull’argomento omosessualità di Ettore a non capire che il valore di quei minimi indizi di cui parlavo¹³, che erano al centro delle loro critiche, erano il massimo di indizio che i Majorana si permettevano di usare nel comunicare tra di loro quando erano costretti a parlare di quell’argomento e di altri simili per delicatezza e riservatezza. La prova c’era, c’è, ma ritenevo opportuno che la sua epifania potesse concretizzarsi al meglio dopo una opportuna preparazione. Il tempo sembrava spingere all’attesa ma ora, improvvisamente, non lo fa più. E sono costretto a presentare la prova nello splendore della verità e nella durezza della sua presentazione, mutila come la Vittoria di Samotracia.

    Da tempo sono al corrente di una importante notizia, per me certa, come la prova regina, la pistola fumante, orribili espressioni, che riprendo da studiosi, giornalisti e quanti hanno preso a cuore la vicenda di Ettore. Se non la trasmettessi nello stato attuale d’incompletezza in cui la conosco, credo che qualsiasi sua residua traccia svanirebbe in mancanza della mia testimonianza. E vorrei che fosse chiaro che mi accingo a farlo costretto e per stato di necessità. Le novità che provengono da questa documentazione certificano l’omosessualità di Ettore e ci consigliano di riprendere in considerazione la prima interpretazione che fu data della scomparsa, quella più semplice e lineare ma anche la più veritiera nella sua ricostruzione per la mancanza di tempo e di lucidità per inventarne un’altra più consona con la proverbiale riservatezza della Famiglia Majorana.

    Sono fermamente convinto che la storia del periodo napoletano sia ampiamente da riscrivere integrandola con i dati di nuovi documenti, e soprattutto con una lettura più coraggiosa e indipendente delle ultime lettere di Ettore che costituiscono il suo testamento. Insomma una lettura che, una volta per tutte e per sempre, ci faccia capire veramente cosa ha detto, o meglio, cosa ha scritto, Ettore ai suoi da Napoli.

    C’è da notare subito che, sul crinale della sua scomparsa, gli accenni alla omosessualità di Ettore nelle memorie orali dei suoi familiari passavano improvvisamente dalle negazioni più risentite a ipotesi velatamente possibiliste.

    Nel suo articolo Giuseppe non accenna mai ad una possibile ragione omosessuale di Ettore e, di conseguenza, anche io non ne ho parlato nel mio commento essendomi prefissato nel pubblicare quell’importante inedito di non coprire tutto lo spettro dei problemi irrisolti della vita di Ettore ma solo affrontare quegli aspetti trattati da Giuseppe nel suo articolo¹⁴.

    Ma oggi con questo scritto spero di colmare questa lacuna cercando di interpretare, per quello che vale, le motivazioni di questo suo atteggiamento.

    Giuseppe sapeva che anche il solo lasciare intuire in filigrana che la scomparsa di Ettore potesse avere a che fare con un sospetto di omosessualità quella, a torto o a ragione, sarebbe stata considerata la principale causa del suo volontario allontanamento; l’ombra del minimo sospetto avrebbe prevalso su tutte le complesse altre ragioni psicologiche, di salute, familiari, di lavoro che hanno concorso a spingere Ettore ad allontanarsi dalla nostra società e dalla sua famiglia.

    Anche quelli che sapevano dell’omosessualità, perché me ne avevano dato testimonianza paradossalmente, si opponevano a che io dessi un’ufficialità alla loro memoria orale e storica e si pentivano del gesto con cui avrebbero contribuito a realizzare un significativo passo avanti contro l’omertà sull’argomento omosessualità. Minimizzando la consistenza degli indizi di quella e negandone la realtà. Minimi indizi, mi hanno detto, non costituivano una prova. Si chiedeva una prova regina A) come una confessione, quella che oggi si chiama un coming out chiaro e inequivocabile dell’interessato o B) un documento ufficiale di un’autorità pubblica ad attestare la pratica dell’omosessualità di quella data persona.

    La Tribuna – Cronaca di Roma, 11 maggio 1938 A. XVI, p.4

    ❖ ESISTE UN COMING OUT DI CASA MAJORANA

    A – Dall’Archivio della Famiglia Majorana organizzato da Giuseppe e finalmente pubblicato risulta che la Famiglia sia uscita indenne da questa devianza. Infatti non ce ne sono tracce per tutti gli anni coperti. Nessun accenno anche nei tanti documenti riguardanti personalità esterne alla famiglia come avvocati, professori, Presidi di Facoltà o Rettori di Università. Nulla viene registrato tra quei documenti d’archivio riguardanti Ettore con cui Giuseppe realizzerà l’articolo in sua memoria. Mi aspettavo questo risultato negativo, e le sue ragioni ce l’ha spiegate il professore emerito Giuseppe Giarrizzo. Era una consuetudine assodata non lasciare traccia di queste cose, come inclinazioni personali malviste, o malattie vergognose come la tubercolosi ed altre simili, una consuetudine che valeva per se stessi e per gli altri, fossero amici o oppositori. Tutt’altra cosa era, invece, il parlarne o sparlarne privatamente che era regolato dalla sensibilità e intelligenza dei singoli.

    Questa mia considerazione è suffragata dall’aver ritrovato, nel corso delle mie ricerche, un documento molto importante in proposito e che non fu ritenuto utile comparisse nell’Archivio della Famiglia Majorana, imperando questa logica e queste finalità. Insomma il documento fu ignorato ma, per fortuna, non fu distrutto. Preciso meglio: un documento unico per l’epoca e con forti ricadute sulla vicenda della scomparsa di Ettore e che delinea l’autorevolezza dell’autore, la sua lucidità, e la modernità del suo comportamento e il conseguente distacco dal coeso gruppo familiare, molto simile a quanto farà anni dopo Ettore.

    Il documento, è una confessione giovanile di diversità, scritto con un linguaggio ingenuo e arcaico di devianza con propositi di autodenuncia e di impegno a smettere una certa non meglio precisata pratica e a curarsi. Documento manoscritto a matita su due biglietti da visita in cartoncino dell’interessato; scritto su tutte e quattro le facciate, sia sulle due personalizzate a stampa trasversalmente con il nome e il cognome del proprietario, che sui loro rispettivi retro bianchi; con tanto di data e firma.

    Qui mi fermo e non darò altre informazioni come la data del documento, il nome dell’autore, che non è Ettore, il testo del documento, come ha fatto a salvarsi, come mi è pervenuto e quando e da chi che, come si può immaginare, anche quest’ultime sono delle informazioni molto interessanti. Non ritengo utile farlo perché, a giudicare da come finora è andata per i miei scritti, quasi nessuno è pronto a recepire l’argomento e a discuterne senza preclusioni di sorta e con la certezza di far fare un grande passo avanti, alla storia di Ettore, all’accettazione della sua diversità, senza intaccare la sua moralità e la sua genialità ad una migliore e più completa comprensione delle ragioni della sua scomparsa. Non lo faccio, perché se lo facessi, distoglierei l’attenzione da Ettore aprendo un altro fronte. Non lo faccio perché vorrei che anche altri ripercossero la strada da me seguita per avvicinarmi alla diversità di Ettore. Conoscenza che è avvenuta per via assiomatica¹⁵. La notizia mi è stata comunicata e spiegata con grande delicatezza e circospezione, come una stranezza della multiforme natura e dell’umanità, senza ripugnanza ma con tolleranza e una discreta e sincera curiosità. Neanche la compassione doveva e poteva riguardarli perché era tutta da riversare sui normali che li costringevano a una vita terribile. Mi sono stati fatti intravedere i problemi e le reazioni che una diversità del genere provocava nei rapporti famigliari e di lavoro. Ho creduto a quanto mi si stava dicendo. I miei testimoni erano persone serie, che avevano la mia piena fiducia, da cui dipendeva allora la mia affettività, la mia formazione e la mia sussistenza; non avevo motivo di credere che mi stessero mentendo o volessero diffamare il nostro congiunto. Ultimamente, anzi, ho pensato che le loro testimonianze facessero parte di un progetto più ampio, studiato e preparato per superare le difficoltà e l’insuccesso che loro avevano vissuto nel cercare di fare emergere la verità di questa vicenda di cui erano stati testimoni e che li tormentava per come l’avevano vista svolgersi e rimanere inconclusa. E mi piace pensare che io stia continuando quello stesso loro progetto. Ho già scritto ‘altrove’, che Elvira Majorana Savini Nicci, nei suoi ultimi anni di vita, diciamo dalla fine dei ‘930 alla sua morte nel 1944, non è più scesa a Catania, com’era abituata a fare con regolarità, per contrasti familiari che, i meglio informati riferivano causati molto dalla maniera in cui era stata gestita la diversità del nipote prima in vita e poi dopo la sua scomparsa.

    Ma tornando al documento di cui parlavo prima, questi attesta che, per un episodio accertato e che non poteva non essere a conoscenza di Giuseppe, sin da quegli anni lontani, l’atteggiamento dell’archivista era già per il più completo silenzio come lo sarà, poi, per la vicenda di Ettore.

    Questo documento, lontano nel tempo ma modernissimo per la sua attualità, riflette nuova luce sui successivi fatti del 1938 e rende difficile pensare che non abbia inciso sulle reazioni della famiglia al momento della scomparsa e poi sulle ricerche. Questo documento è importante per comprendere nella sua interezza il caso Majorana ma non è indispensabile per procedere oltre nel suo approfondimento¹⁶. Magari consegnandolo, come un galeotto sfuggito o rifiutato dall’archiviazione, al finalmente istituito Archivio della famiglia Majorana Calatabiano presso la Biblioteca Regionale Universitaria di Catania dove spero sarà accolto e schedato come segno dei tempi nuovi¹⁷.

    ❖ LA PROVA REGINA DELL’OMOSESSUALITA’

    B – Questo è l’argomento che ha dato origine al presente lavoro; non so distribuire le percentuali di verità dei diversi contributi ma credo che la somma dei valori dei minimi indizi già da me pubblicati e quelli di questa memoria orale si avvicinino molto alla totalità che deve averne una prova regina. Mi assumo la responsabilità della ricostruzione di questa prova che è venuta a formarsi e a prendere consistenza in luoghi e tempi diversi avvertendo che non posso formulare con precisione tutte le date che però si preciseranno da sole quando tutti i tasselli saranno determinati.

    Qualche giorno dopo la scomparsa di Ettore, tutte le famiglie Majorana, erano venute a conoscenza, da un documento della Polizia del Regno d’Italia, della sua presunta omosessualità; documento di cui si sono perse le tracce ma non ancora la memoria. Questo il motivo per cui io ne sto scrivendo e ho continuato le mie ricerche presso i loro archivi, dove mi è stato permesso, ricerche che finora sono risultate infruttuose¹⁸.

    Roma, inizio aprile 1938, anno XVI dell’era fascista. Ettore Majorana è appena scomparso e le ricerche sono ai primi passi.

    Oliviero Savini Nicci, ne segue l’evoluzione. Come l’esponente più autorevole della Famiglia Majorana a Roma, come marito di Elvira Majorana, zia carnale di Ettore, e nella sua qualità di Consigliere di Stato; il martedì 29 marzo 1938 a tarda sera, e con qualche giorno di ritardo sulla scomparsa, gli viene richiesto di denunciare la scomparsa del nipote. Lo farà la mattina del 30 marzo 1938, nelle mani del vice capo della polizia, il suo amico Carmine Senise¹⁹.

    La polizia del Regno – in nervosa allerta per la prossima visita di stato di Hitler in Italia e della sua tappa napoletana prevista per il 4 maggio – inizia subito i suoi accertamenti sugli ultimi movimenti del giovane fisico.

    Senise riceve i primi rapporti e, amichevolmente, li passa a Savini Nicci, perché ne informi la Famiglia, ma uno di questi è accompagnato da una informativa piuttosto delicata per il suo collegamento con la scomparsa.

    Cosa diceva quel documento?

    Senise comunicava che, mentre proseguivano alacremente le ricerche, purtroppo ancora senza un esito, aveva trovato e sospeso un provvedimento di Ammonizione a carico del professore Ettore Majorana: pochi giorni prima della scomparsa, era stato fermato in flagranza di reato, a Napoli, accompagnato in questura e schedato per atti contro la pubblica decenza. La pratica era ancora in via di formalizzazione al momento della denuncia della scomparsa e, quindi, risultava inutile portarla a compimento in assenza dell’interessato: perché non fosse d’intralcio e di confusione alle sue ricerche, veniva cortesemente congelata. Per fortuna delle particolari inclinazioni di Ettore si era già parlato in via riservata tra Savini Nicci e Senise in occasione della denuncia²⁰. Così facendo la polizia si smarca dall’abbraccio della famiglia, mettendo sul piatto le sue autonome informazioni e dà contemporaneamente le prove di un concreto e responsabile impegno nella ricerca senza precludersi alcuna possibilità di azione e senza scendere a compromessi. Perché l’Ammonizione e la sua sospensione non cambiavano formalmente il tipo delle ricerche semmai le agevolavano restringendone il raggio d’azione e precisando meglio gli ambienti da battere.

    Non si sa come la notizia sia stata notificata ma so essere arrivata corredata da tutte le informazioni con le date, i tempi e le modalità dell’accaduto perché, ad annuncio dato, quello che poi è trapelato è stata la sola notizia formulata nuda e cruda, e nella sua essenzialità: Ettore era stato sorpreso dalla polizia in flagranza di reato di omosessualità e per questo motivo, secondo la legge, gli era stato contestato il reato che prevedeva un’Ammonizione e l’obbligo di fissare una residenza a Napoli, visto il suo lavoro lì, e che Ettore non aveva ancora preso.

    Gli attori di questa scena sono molti e non tutti collegati tra loro e questo scollamento rende difficile la comprensione degli accadimenti nella frenesia delle prime iniziative di ricerca attivate autonomamente da parte della famiglia di Ettore. Una ricostruzione plausibile sembra la seguente: Ettore, tempestivamente, ma con calma e freddezza, lascia trapelare qualcosa alla sua famiglia, nella persona del fratello maggiore Salvatore, con la lettera del 19 marzo 1938, essenziale e molto sintetica e che, quindi, non verrà del tutto compresa. In questa lettera, che è uno snodo centrale per tutta la vicenda della scomparsa, Ettore comunica di essere stato obbligato a prendere la residenza a Napoli, e di averla presa provvisoriamente, nell’albergo in cui risiedeva. Casualità vuole che l’obbligo della residenza si sovrapponga e si confonda con una diatriba familiare, come avremo modo di vedere. Quindi, quando il fratello Salvatore, cui era diretta la lettera, il 29 marzo 1938 va dallo zio Oliviero Savini Nicci per chiedergli di denunciare alla polizia la scomparsa del fratello, è già a conoscenza da anni della sua omosessualità ma ancora non sa della pratica di Ammonizione in corso, o meglio, sa quello che ha capito dalla lettera di suo fratello. Anche lo zio, che è al corrente della diversità del nipote, non sa ancora dell’Ammonizione, che però, è già in lento avvicinamento.

    Senise, che non ha rapporti con la famiglia dello scomparso,

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