Terza Ragazza: Intrappolata (Un Thriller Avvincente con Maya Gray, FBI—Libro 3)
Di Molly Black
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L’agente speciale dell’FBI Maya Gray, di 39 anni, ormai può dire di averle viste tutte. È una degli astri nascenti dell’Unità di Analisi Comportamentale dell’FBI, l’agente di prima scelta per casi seriali difficili da risolvere. Quando riceve una cartolina scritta a mano, con su scritto che il mittente avrebbe rilasciato 12 donne rapite se lei avesse risolto i 12 casi irrisolti, pensa subito che sia uno scherzo di cattivo gusto.
Finché non legge che, tra le prigioniere, è compresa anche sua sorella, scomparsa.
Maya, scossa da tale rivelazione, è ora costretta a prenderla sul serio. Il caso che le si profila davanti è uno dei più complessi che l’FBI abbia mai visto. I termini del serial killer, però, sono semplici: se Maya risolve un caso, rilascerà una delle ragazze.
Tuttavia, se dovesse fallire nel compito, il killer toglierà una di quelle vite.
In TERZA RAGAZZA: INTRAPPOLATA (libro #3), Maya si trova ad affrontare il terzo caso in una sfida contro il tempo. Il sospettato, un imitatore del killer della luna piena, sembra usare dei dispositivi altamente sofisticati per rimanere sempre un passo avanti rispetto agli altri: le sue vittime, ma forse anche Maya stessa.
Sapendo che il killer ha sua sorella, però, non può fare altro che accettare di lavorare al nuovo caso. Più determinata che mai, nella speranza di scoprire una nuova pista, torna a visitare la prigione in cui l’ultimo condannato si era impiccato. Tuttavia, con l’assassino capace di monitorare ogni sua mossa, Maya realizza di non essere affatto al sicuro.
Senza contare che, in mezzo a tutto ciò, un coniglietto riesce a scappare.
Con thriller psicologici complessi e ad alta tensione, densi di colpi di scena e di suspense al cardiopalma, la serie di gialli MAYA GRAY vi farà innamorare di una nuova brillante protagonista femminile, spingendovi a sfogliare una pagina dopo l’altra fino a tarda notte. Una lettura perfetta per coloro che amano autori come Robert Dugoni, Rachel Caine, Melinda Leigh o Mary Burton.
I prossimi libri della serie saranno presto disponibili.
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Un Thriller Avvincente con Maya Gray, FBI
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Terza Ragazza - Molly Black
TERZA RAGAZZA:
INTRAPPOLATA
(Un Thriller Avvincente con Maya Gray, FBI—Libro 3)
M o l l y B l a c k
Molly Black
Molly Black debutta come scrittrice con la serie I GIALLI DI MAYA GRAY che, per il momento, comprende sei volumi.
Lettrice avida e appassionata da una vita ai gialli e al genere thriller, Molly ama avere la possibilità di sentire la vostra voce, quindi non esitate a visitare il suo sito web www.mollyblackauthor.com per scoprire più su di lei e rimanere in contatto con le ultime novità.
Copyright © 2021 di Blake Pierce. Tutti i diritti riservati. A eccezione di quanto consentito dall’U.S. Copyright Act del 1976, nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuitao trasmessa in alcuna forma o in alcun modo, o archiviata in un database o in un sistema di raccolta, senza previa autorizzazione dell’autore. Questo ebook è concesso in licenza esclusivamente ad uso ludico personale. Questo ebook non può essere rivenduto né ceduto ad altre persone. Se desidera condividere questo libro con un'altra persona, la preghiamo di acquistare una copia aggiuntiva per ogni beneficiario. Se sta leggendo questo libro e non l’ha acquistato, o non è stato acquistato esclusivamente per il suo personale uso, la preghiamo di restituirlo e di acquistare la sua copia personale. La ringraziamo per il suo rispetto verso il duro lavoro svolto da questo autore. Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, imprese, organizzazioni, luoghi, eventi e incidenti sono il prodotto della fantasia dell’autore o sono usati romanzescamente. Qualsiasi somiglianza con persone reali, vive o morte, è del tutto casuale. Immagine di copertina Copyright mpaniti, utilizzata sotto licenza da Shutterstock.com.
LIBRI DI MOLLY BLACK
UN THRILLER AVVINCENTE CON MAYA GRAY, FBI
PRIMA RAGAZZA: OMICIDIO (Libro #1)
SECONDA RAGAZZA: PRESA (Libro #2)
TERZA RAGAZZA: INTRAPPOLATA (Libro #3)
INDICE
PRIMO CAPITOLO
CAPITOLO DUE
CAPITOLO TRE
CAPITOLO QUATTRO
CAPITOLO CINQUE
CAPITOLO SEI
CAPITOLO SETTE
CAPITOLO OTTO
CAPITOLO NOVE
CAPITOLO DIECI
CAPITOLO UNDICI
CAPITOLO DODICI
CAPITOLO TREDICI
CAPITOLO QUATTORDICI
CAPITOLO QUINDICI
CAPITOLO SEDICI
CAPITOLO DICIASSETTE
CAPITOLO DICIOTTO
CAPITOLO DICIANNOVE
CAPITOLO VENTI
CAPITOLO VENTUNO
CAPITOLO VENTIDUE
CAPITOLO VENTITRÉ
CAPITOLO VENTIQUATTRO
CAPITOLO VENTICINQUE
CAPITOLO VENTISEI
CAPITOLO VENTISETTE
CAPITOLO VENTOTTO
CAPITOLO VENTINOVE
CAPITOLO TRENTA
CAPITOLO TRENTUNO
CAPITOLO TRENTADUE
PRIMO CAPITOLO
Osservare le sue vittime era la parte più importante di tutte. Voleva capirle prima di colpire, conoscere ogni sfaccettatura delle loro vite.
In quel momento era proprio ciò che stava facendo, all’interno del furgoncino che aveva adibito a quello scopo, sfruttando i moltissimi dispositivi audio e video che gli fornivano le informazioni necessarie sul mondo esterno.
…te lo ripeto, Marcy, andrà tutto bene. Quindi, ti va di uscire venerdì sera?
C’era qualcosa di ansimante nel tono di voce di Cindy che non gli era mai piaciuto sin dall’inizio.
Non posso. Devo trovare una nuova babysitter. Ormai Kelly è partita per l’università.
Poteva avvertire quell’esitazione, quella piccola bugia detta appositamente per non ferire i sentimenti dell’altra persona. Era incredibile ciò che si poteva capire se solo si ascoltava con la giusta attenzione.
Non è così difficile trovare una babysitter!
Ovviamente aveva messo sotto controllo il cellulare del suo obiettivo. Era la prassi, anche se spesso ciò implicava ritrovarsi ad ascoltare conversazioni banali, come quella sulla necessità di trovare una babysitter.
Altre cimici erano nella borsa di Cindy, in casa sua, persino in una delle sue scarpe, così che, ovunque andasse, lui sarebbe riuscito a monitorare tutto. La vita intera di quella ragazza era filtrata attraverso un paio di cuffie, studiata e amplificata così da poterne cogliere ogni sfumatura. Il rumore croccante dei cereali che sgranocchiava al mattino, quel piccolo suono infastidito emesso alla chiusura della chiamata, e che gli suggeriva chiaramente ciò che pensava dell’amica che le aveva appena dato buca. Da quando aveva iniziato a sorvegliarla, aveva sentito ogni piccolo suono della sua vita, era arrivato a conoscere intimamente Cindy, come se fosse un amante.
E ovviamente non si limitava solo ad ascoltarla, ma anche ad osservarla. Era riuscito a installare una minuscola telecamera in ognuna delle stanze di casa sua, così da poter controllare ogni suo movimento mentre ne ascoltava il suono. In quel momento, Cindy era seduta in pigiama, intenta a mangiare una ciotola di cereali e a sfogliare un libro di testo piuttosto logoro. E lui riusciva a percepire il suono di quelle pagine vissute ogni qualvolta ne girava una.
Era carina, immaginava, nel modo in cui la gioventù poteva facilmente essere scambiata per bellezza. Cindy aveva dei lineamenti delicati, una corporatura slanciata, quasi fragile, i capelli che cominciavano a essere fuori controllo anche se li aveva tagliati solo qualche giorno prima. E lui poteva ricordare il delicato rumore delle forbici, quello più intenso del phon, la musica di sottofondo.
Visto che Cindy era andata a vestirsi, decise di distogliere lo sguardo dallo schermo, affidandosi solo al suo udito. Non era certo un guardone.
Quando il suo bersaglio uscì di casa, si spostò sul sedile lato guida del furgoncino, mantenendo le cuffie bene al loro posto. Ovviamente aveva la possibilità di rintracciarla tramite GPS, ma a volte era meglio utilizzare i mezzi più tradizionali.
Pedinare qualcuno con un camioncino era una forma d’arte, soprattutto quando il bersaglio era a piedi. Seguire da vicino i passi di Cindy non avrebbe funzionato. Lo avrebbe notato, si sarebbe chiesta perché c’era qualcuno che la seguiva. Probabilmente si sarebbe segnata la targa, o forse avrebbe visto il suo volto, nonostante i finestrini oscurati del furgoncino.
Se ciò fosse successo, sarebbe stato costretto a ucciderla lì, per strada, e non voleva farlo. Dopotutto, non faceva parte del piano.
E il piano era importante. Il piano era ciò che lo aveva tenuto al sicuro fino ad allora.
Invece di seguirla da dietro, superò Cindy, fermandosi e ripartendo di tanto in tanto, come se fosse un corriere in servizio. In realtà, aveva persino un finto badge di un’azienda di consegne, che gli poteva essere utile in caso di necessità. Non che ne avesse mai avuto bisogno. Non era un mondo in cui le persone si facevano tante domande, quanto uno in cui la gente presupponeva che non fossero affari loro. E lui lo aveva reso un gioco, proseguendo, fermandosi, poi ascoltando i passi di Cindy mentre si avvicinava.
La guardò superarlo, per poi lasciarla proseguire come un cacciatore che osserva la preda, poi la raggiunse di nuovo, osservandola, ascoltandola.
Era difficile seguire il piano in un giorno come quello, quando c’erano così tanti modi in cui avrebbe potuto colpire. Cindy prestava a malapena attenzione al mondo che la circondava, e sicuramente non aveva notato né lui né tantomeno il camioncino in cui si trovava, o perlomeno non vi aveva visto niente di strano. C’erano dozzine di punti lungo quella strada in cui avrebbe potuto fermarsi per aspettare Cindy, e dove sarebbe stato facile…
No, doveva controllarsi. Le possibilità di essere scoperto in pieno giorno erano sufficientemente elevate. Chiunque poteva passare di lì da un momento all’altro. Chiunque avrebbe potuto coglierlo in flagrante, compromettendo la sua segretezza e tutti i suoi sforzi. E se fosse successo, cosa avrebbe fatto? Avrebbe ucciso anche i testimoni?
Beh, sì, ovviamente. Ma tutto dipendeva anche dalla sua capacità di poterli sopraffare. E anche se vi fosse riuscito, quello scontro avrebbe potuto attirare altre persone. Di lì a poco sarebbe stato impossibile riuscire a contenere la situazione e lui si sarebbe fatto scoprire, quando era riuscito a rimanere invisibile per tutto quel tempo.
Ma non era tutto. C’era anche un altro aspetto che era quasi tanto importante quanto il rischio di farsi scoprire, se non persino più importante. Ormai aveva una sorta di rituale, un modo di fare le cose che in passato aveva sempre funzionato alla perfezione, che sembrava giusto, e che gli aveva garantito l’anonimato più assoluto. Nessuno poteva avvicinarsi alla sua reale identità. A quel punto, quindi, non era soltanto sensato attenersi al piano; era necessario, senza che potesse spiegarne a parole il perché.
Quindi lasciò che Cindy lo superasse più volte per andare al lavoro, per adesso sana e salva, probabilmente più al sicuro di quanto non lo fosse mai stata in vita sua. Non avrebbe permesso che le sarebbe successo qualcosa, non prima che giungesse il suo momento di agire. Avrebbe aspettato, osservato, ascoltato. Avrebbe imparato tutto ciò che c’era da imparare sul suo conto.
E di lì a poco ci sarebbe stata una notte di luna piena.
CAPITOLO DUE
Maya non avrebbe mai pensato di dover tornare a Pollock, in Louisiana. Eppure adesso era di nuovo lì, appena fuori dal penitenziario, a qualche giorno di distanza dall’ultima volta che vi si era recata.
Controllò il completo scuro prima di entrare e si aggiustò i capelli corvini. Voleva essere sicura di essere presentabile e professionale per ciò che l’aspettava. A volte la gente, quando la guardava, non vedeva altro che una trentenne di bell’aspetto, forse leggermente più alta della media, ma con dei lineamenti delicati e un viso a forma di cuore che talora spingeva gli altri a trattarla come se fosse una ragazzina. Quel giorno, però, voleva apparire come l’agente che era, e nient’altro. E ciò la aiutava anche a distrarsi dal turbinio di emozioni che stava provando al di sotto di quella facciata.
Aveva immaginato che niente l’avrebbe spinta a tornare, ma certo non aveva pensato all’eventualità della morte improvvisa di Ade Matheson, il detenuto che si era rivelato essere l’assassino della guardia carceraria Samantha Neele. Sin dal momento in cui era venuta a conoscenza della sua morte, Maya aveva cominciato a nutrire dei sospetti. Ora era giunto il momento di scoprire se fossero infondati o meno.
Entrò nel carcere, il cui ingresso sembrava essere deliberatamente essenziale, fatta eccezione per il grande logo dei penitenziari federali e qualche schiera di sedie di plastica. La guardiola era al di là di una spessa parete di vetro trasparente, e al suo interno si trovava una guardia piuttosto giovane che Maya riconobbe subito; infatti, aveva parlato con lui l’ultima volta che si era recata al penitenziario.
La guardia le sorrise subito non appena varcò la soglia. Maya notò immediatamente la grande differenza in termini di accoglienza rispetto all’ultima volta che era venuta a Pollock, quando sembrava che nessuno desiderasse la sua presenza.
Agente Grey,
disse la guardia. Ci era giunta voce del suo arrivo, ma non eravamo certi del perché di questa visita.
Volevo solo accertarmi delle circostanze della morte di Matheson,
disse Maya. Mi scusi, penso di non averle chiesto il nome l’ultima volta che ci siamo visti.
Archer, agente.
Non resterò a lungo, Archer. Vorrei solo dare un’occhiata alla cella di Matheson e parlare a tutti coloro che avrebbero potuto interagire con lui nel tempo intercorso tra la mia partenza e la sua morte.
La guardia annuì. Sì, certamente. Il direttore ci ha detto di accontentare ogni sua richiesta. Ci tenevo anche a ringraziarla personalmente.
"Ci teneva a ringraziare me?" ripeté Maya, colta alla sprovvista.
Sì, per aver messo fuori dai giochi Jeremiah. Nessuno lo voleva come capo guardia, ma non avevamo abbastanza potere per fare qualcosa al riguardo.
Jeremiah Wood era stato il capo guardia della prigione fino alla visita di Maya. Per un momento aveva anche pensato che l’assassino di Samantha fosse lui. Anche se quei sospetti erano stati confutati, le indagini avevano fatto emergere delle informazioni sul conto di Jeremiah così poco piacevoli da fargli perdere subito il lavoro, e non solo; probabilmente si sarebbe anche ritrovato in tribunale per far fronte a varie denunce a suo carico.
Sono contenta di essere stata di aiuto,
disse Maya, anche se, a dire il vero, non aveva pensato agli effetti sul carcere quando aveva accusato Jeremiah. Aveva solo cercato di trovare l’assassino di Samantha Neele in tempo, così da soddisfare l’uomo che teneva in ostaggio sua sorella e dieci altre donne.
Il killer della luna piena.
Il solo pensiero di Meghan nelle mani di un serial killer la fece rabbrividire all’istante. Era un pensiero che la spingeva a correre disperatamente alla sua ricerca, gridando, ma non sarebbe stato possibile, non senza le informazioni che le servivano.
Ecco perché era tornata lì. Maya era convinta che il killer della luna piena fosse riuscito ad arrivare a Matheson in qualche modo.
La scorterò alla sua cella,
disse Archer.
Le fece strada attraverso il carcere, da un grigio corridoio a un altro, tra varie ali che odoravano di stantio e del sudore dei troppi uomini presenti in quella struttura. Maya e Archer superarono diverse file di celle, con i loro residenti che indossavano le classiche tute arancioni dei penitenziari. Maya poteva sentire tutti quegli occhi su di sé al suo passaggio.
Cosa ci fai qui, troia?
Un po’ di carne fresca che possiamo condividere?
Maya ignorò tutti quei tentativi di intimidazione. D’altronde, sapeva bene che ogni reazione, da un semplice sussulto all’istinto di portare la mano alla pistola, sarebbe stata considerata come una vittoria da quei detenuti.
Continuò a camminare senza neanche guardarli, assorbendo invece la sicurezza presente all’interno della prigione. Vide telecamere installate a intervalli regolari e le varie guardie impegnate nei pattugliamenti di routine per accertarsi che niente sfuggisse dal loro controllo.
I pattugliamenti delle guardie seguono uno schema fisso?
chiese Maya.
Archer annuì ancora una volta. Sì, agente, ma abbiamo due o tre turni di pattugliamento che variamo ogni giorno, così che i detenuti non sappiano a che ora passiamo.
Maya immaginò che uno schema del genere sì, rendeva la cosa difficile per i detenuti, ma non impossibile. Per riuscire a capire come funzionasse bastava del tempo, e il tempo era l’unica cosa che i detenuti avevano in loro possesso.
Matheson si trovava nell’ala di massima sicurezza,
disse la guardia, svoltando l’angolo per poi fermarsi davanti a una porta sorvegliata da due guardie, una per lato. Chiuderemo tutte le celle mentre dà un’occhiata. La situazione potrebbe farsi velocemente pericolosa.
Maya notò un accenno di paura. Si chiese quanto dovessero essere imprevedibili e spietati i detenuti in quell’ala, tanto che persino le guardie ne erano spaventati. In realtà, non aveva motivo di rifletterci molto. Ade Matheson l’aveva quasi uccisa quando aveva avuto una minima occasione.
Comunque, a Maya il pericolo non faceva paura. Anzi, era quasi il benvenuto. Viveva nella tensione da quando avevano ricevuto i risultati della scientifica in rapporto a una ciocca di capelli che il killer della luna piena le aveva mandato, insieme alle foto dettagliate di tutti i modi in cui aveva ferito uno dei suoi cosiddetti coniglietti
. Quei capelli appartenevano a sua sorella. Il pensiero che la vittima di quelle angherie fosse proprio lei era troppo.
Ma continuo a non capire cosa si aspetta di trovare,
disse Archer. Cioè… Matheson si è impiccato.
No,
disse Maya. Non si è impiccato.
Non aveva senso. Quando aveva scoperto i suoi crimini, Matheson si era preso persino beffe di lei, dicendo che l’essere riconosciuto come serial killer non avrebbe fatto altro che migliorare la sua posizione in carcere, e non il contrario. Era un uomo già destinato a passare il resto della vita in prigione, e di punto in bianco aveva deciso di togliersi la vita?
Il killer della luna piena doveva aver trovato un modo per arrivare a lui. Era solo questione di dimostrarlo.
Si mossero attraverso l’ala di massima sicurezza, con le schiere di celle sbarrate che permettevano alle guardie di guardare al loro interno a ogni ora del giorno e della notte. Maya vide un’altra telecamera alla fine del corridoio, che doveva riuscire a sorvegliarlo per intero.
La telecamera ha ripreso il momento del suicidio?
chiese Maya. La vera domanda non era proprio quella. In realtà, sperava che ci fossero dei filmati che non erano stati controllati da nessuno, e che avessero ripreso il killer della luna piena mentre si aggirava nel carcere come un fantasma. Voleva vedere il suo volto.
Archer scosse il capo con espressione colpevole.
No, agente. La videocamera è fuori servizio a causa di un malfunzionamento.
O è stata manomessa,
disse Maya, pur notando lo scetticismo nell’espressione di Archer.
A volte le cose tecnologiche smettono di funzionare e basta.
Era molto più facile pensarla così di credere che qualcuno avesse manomesso la telecamera prima di uccidere Matheson. Poi Maya si pose un’altra domanda: era possibile manomettere le telecamere di un carcere senza aiuto? Sarebbe stato possibile insinuarsi in questa ala? D’altronde, aveva visto con i suoi occhi le porte di sicurezza e le guardie presenti. Era davvero possibile pensare che qualcuno si fosse introdotto nel carcere senza aiuto?
Ciò implicava la possibilità di un aiuto dall’interno, quindi il coinvolgimento di almeno una delle guardie.
Maya si ritrovò a scrutare Archer. Non pensava che potesse essere lui. Tra tutte le guardie presenti, lui era tra quelle più amichevoli, ed era ovvio che non aveva il tempo per dedicarsi alle attività
predilette dal suo ex collega Jeremiah. Comunque, doveva fare attenzione a non dire niente di specifico in sua presenza, per sicurezza.
Questa era la sua cella,
disse Archer, gesticolando verso una cella, ormai vuota, di nove metri quadrati circa, con un letto fissato a una delle pareti e un gabinetto all’angolo. Lo abbiamo trovato impiccato alle sbarre, non troppo in alto. Ha usato le lenzuola del letto.
Ed è così che di solito si uccidono i detenuti in carcere?
chiese Maya.
Archer annuì. È che… beh, stiamo cercando di impedirlo. Se un detenuto è considerato a rischio di suicidio, togliamo tutto ciò che potrebbe usare. Però… sì, è già successo.
Ciò le ricordava quanto dovesse essere difficile il mestiere di guardia carceraria. Tuttavia, non aveva ottenuto informazioni sufficienti per capire esattamente cosa fosse successo.
Non so cosa stia cercando,
disse Archer. Quel tipo sarebbe stato processato per i vari omicidi commessi. Avrebbe passato il resto della sua vita in carcere, quindi si è impiccato. Mi sembra abbastanza semplice.
Peccato che Maya non credeva che Matheson potesse anche solo pensare all’eventualità di suicidarsi. Quell’uomo poteva essere definito in molti modi: arrogante, pericoloso, convinto della propria superiorità, ma non aveva tendenze suicide, e su questo Maya avrebbe potuto scommettere.
Già per il solo fatto di essere tornata in quel carcere stava rischiando molto. Il killer della luna piena era stato chiaro: non doveva cercare di rintracciarlo.
Maya si guardò intorno. La maggior parte dei detenuti erano nelle loro celle; solo alcuni non erano presenti per motivi di lavoro o per godere dell’ora d’aria. Gli occhi di ognuno di loro erano fissi su di lei, e Maya non pensava che fosse perché era la prima donna che dovevano