La sposa di Dolceacqua: Ius primae noctis
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La ragazza, però, non si sottomette alla volontà del signore firmando, così, la sua condanna a morte.
Sconvolto dalla tragedia, il giovane compagno giura vendetta.
Dal 1364, a Dolceacqua ogni anno, a Ferragosto, si rievocano con grandi festeggiamenti gli episodi narrati in questa storia.
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Anteprima del libro
La sposa di Dolceacqua - Claudio Nobbio
Ringraziamenti
Si ringrazia in ordine alfabetico:
Mario Raimondo Barbadirame
Mario Borgna
Jeronimus L. Calder
Alberto Cane
Marco Cassini
Fulvio Gazzola
Tuscia Katia Nobbio
Sergio Noberini
diego marangon
Pepi Morgia
Delio Viale
5-1-07.jpgPrefazione
Quando qualcuno presta attenzione alle cose che tu ami di più e addirittura scrive su di esse un libro, ti senti onorato, ammirato e commosso.
Questa è la sensazione che ho provato nel ricevere la bozza di questo romanzo che ho letto in un sol fiato tanto mi ha incuriosito e sorpreso l’impostazione al racconto data dall’Autore.
In questo racconto, che tutti noi abbiamo fin da bambini ascoltato e riascoltato e, a nostra volta, raccontato, oltre all’importanza del fatto stesso, si racchiude la storia e la vita di Dolceacqua.
I Doria: che hanno dato fasto e fortuna a Dolceacqua se pur con periodi bui e procurando gravi sofferenze alla popolazione.
Il Castello emblema insieme al ponte vecchio nel mondo del nostro antico Borgo.
La Michetta in duplice veste di rappresentante dei nostri prodotti tipici insieme al vino Rossese di Dolceacqua (prima DOC in Liguria) e l’Olio extravergine di olive taggiasche e della tradizione con la sua festa, una delle poche ancora in essere tra quelle tramandate e sentite dalla popolazione, in particolare tra i giovani.
La fierezza del popolo dolceacquino, rappresentato da Lucrezia e da Emilio, che ha permesso ai nostri antenati di sopravvivere a guerre, carestie e grandi malattie «addomesticando» un territorio difficile ed impervio ma che col tempo ha saputo restituire questi enormi sacrifici.
La storia essendo stata tramandata per secoli viene ripresa e raccontata in modi diversi e con finali più o meno drammatici, ma di sicuro i documenti testimoniano la reale presenza di tutti i personaggi quale Imperiale Doria, Lucrezia ed Emilio, ma soprattutto l’editto dello ius primae noctis e naturalmente della «Michetta» che ancora oggi si trova solo nei negozi di Dolceacqua.
È compito di tutte le Amministrazioni Comunali fare in modo che il passato non venga dimenticato, ma soprattutto che vengano mantenute antiche tradizioni e trasmesse ai più giovani.
Per questo, a nome dell’Amministrazione Comunale tutta, ringrazio Claudio Nobbio per questa opera importante per la nostra memoria, ma indirettamente anche strumento di promozione.
Un ringraziamento va anche a Lele Luzzati, il quale ha con le sue opere dato colore a questa se pur scura e triste vicenda, impreziosendola con i Suoi lavori.
Ai lettori, in particolar modo a quelli che non conoscono il nostro Paese, li esortiamo a visitare i luoghi di questa storia, incuriosendoli ancor più citando uno scritto del 1931 di Edward e Margaret Berry¹ «Dolceacqua... è un colpo d’occhio che resta a lungo impresso nella memoria: il vero tipo di castello feudale, con ali al di sotto di un mucchio confuso di case... La striscia argentea del torrente scorre sotto la roccia a picco... passa sotto l’altro ponte ad un solo arco e continua il suo cammino verso San Giorgio...».
Fulvio Gazzola
Assessore al Turismo e Cultura
del Comune di Dolceacqua
1 Alla porta Occidentale d’Italia, Londra 1931 (traduzione dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera 1963).
I
dasanbernardo.jpgDolceacqua è un borgo medievale sulle colline presso la città di Ventimiglia nel retroterra ligure di ponente. Chi vi arriva anche al giorno d’oggi non può restare indifferente al fascino suggestivo di un ameno e antico agglomerato di case situato sulle rive del torrente Nervia, le cui limpide acque sono scavalcate da un ponte medievale, e sormontato da un forte castello quadrangolare. Questo luogo che sembra emanare una singolare magia e, al tempo stesso, un senso di pace operosa è ricco di leggende e storie risalenti al medioevo, quando i feudatari locali, come del resto in molti altri centri grandi e piccoli, facevano il bello e cattivo tempo.
Anche Dolceacqua non si sottraeva a questi usi – ed abusi – messi in atto dai signori locali, tanto che ancora se ne parla nelle narrazioni popolari, come se la gente avesse voluto tramandare, insieme alle usanze gastronomiche e culturali, anche il ricordo, e forse il monito, dei momenti più oscuri. Il villaggio era, ed è tuttora, dominato da un lato da un imponente e pauroso castello, risalente alla seconda metà del XII secolo, fornito da due torri frontali e da una più alta interna, interamente circondato da mura massicce e fossato con acqua. Dall’alto della sua posizione, questa possente fortezza dominava tutta la valle del Nervia quasi sino al mare, ma la sua presenza incombente doveva far capire a colpo d’occhio dove si trovava il potere, un potere cieco, assoluto, senza sfumature. Poche le casupole ai suoi piedi, perché il villaggio a quei tempi era concentrato dall’altra parte del torrente, congiunto da un ponte a schiena d’asino, e quella grigia e verticale costruzione non mancava di inviare imperiosi e sinistri messaggi a tutti i sudditi soggetti all’arbitrio del signore.
Anche oggi passeggiando nell’antico borgo si avverte l’atmosfera dell’età medievale – e le guide turistiche lo segnalano – che emana come un profumo di antiche memorie non troppo perdute tra i suoi vicoli stretti, i passaggi coperti serpeggianti tra le case, la chiesa di sant’Antonio e, a imperitura memoria del lavoro di tanti valligiani, il monumento al Frantoio. Tra i resti del vecchio maniero, oggetto di numerosi rifacimenti nel corso dei secoli, si organizzano attualmente concerti e manifestazioni popolari in un’atmosfera che sa d’altri tempi. Ma questo sereno spettacolo d’arte e di storia che Dolceaqua offre ai nostri giorni rappresenta solo una faccia della medaglia. L’altra era data dai soprusi che il diritto feudale, a lungo in vigore, concedevano di compiere agli occupanti del castello nei confronti di una popolazione inerme e rassegnata. Ed è appunto la storia di uno di quei soprusi che intendiamo raccontare.
Nella seconda metà del Trecento dominava il feudo e il territorio di Dolceacqua, Imperiale Doria, appartenente alla numerosa famiglia genovese che si era impadronita, soprattutto nel XIII secolo, di gran parte della costa ligure.