Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Coccodrilli, reti e cucchiai: La doppia vita delle parole del calcio
Coccodrilli, reti e cucchiai: La doppia vita delle parole del calcio
Coccodrilli, reti e cucchiai: La doppia vita delle parole del calcio
E-book522 pagine5 ore

Coccodrilli, reti e cucchiai: La doppia vita delle parole del calcio

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Tutti parlano di calcio anche quando non parlano di calcio, perché il gergo dello sport nazionale, oggi più che mai, è entrato nella vita di tutti i giorni e si è preso la scena. Dal canto loro il calcio e soprattutto la sua narrazione non mancano di ispirarsi ai tanti aspetti del quotidiano. Tecnologia e moderni concetti di fruizione incalzano. E il vocabolario non smette di aggiornarsi. Ma quali sono e cosa significano le parole che si usano per descrivere una situazione o un gesto tecnico sul campo di gioco? E quelle stesse parole, fuori dal campo che significato hanno e quali suggestioni rimandano? "Coccodrilli, reti e cucchiai. La doppia vita delle parole del calcio" non si propone di dare risposte definitive ma tenta piuttosto di offrire un punto di vista, strappando sorrisi e riflessioni. E lo fa proponendo con tono leggero una ricca serie di termini sia tecnici che tattici, modi di dire vecchi e nuovi, doppi sensi, accostamenti e parole in libertà.
LinguaItaliano
EditoreLab DFG
Data di uscita17 ott 2022
ISBN9791280642318
Coccodrilli, reti e cucchiai: La doppia vita delle parole del calcio

Correlato a Coccodrilli, reti e cucchiai

Ebook correlati

Sport e tempo libero per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Coccodrilli, reti e cucchiai

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Coccodrilli, reti e cucchiai - Luca Amoretti Fulvio Damele

    Alle voci

    che ci hanno fatto

    amare il calcio

    Collana

    Ad maiora semper!

    Fulvio Damele e Luca Amoretti

    Coccodrilli, reti e cucchiai

    Prima edizione: ottobre 2021

    © 2021 Lab DFG / Damele-Amoretti

    ISBN 979-12-80642-31-8

    Copertina

    Paolo Castaldi

    Direzione editoriale

    Giovanni di Giorgi

    Lab DFG

    Via G.B. Vico n. 45-04100 Latina – Italia

    segreteria@labdfg.it / www.labdfg.it

    Amministratore

    Adriano Maria Zaccheo

    Amministrazione

    Francesco Borgognoni

    Editing e impaginazione

    Giulia Gabrielli

    Stampato in Italia

    Versione digitale realizzata da Streetlib srl

    Prefazione

    di Bruno Pizzul

    Ma quanto si sono divertiti gli Autori a compilare questa brillante raccolta di parole del calcio? Mi rendo conto che è un modo inconsueto con cui impostare la prefazione a una fatica letteraria, è tuttavia la domanda che mi è sorta immediata non appena ho dato una sbirciatina all’elaborato. Il rimarcare l’evidente piacere con cui Damele e Amoretti hanno dato vita all’opera non suoni come modo per sottostimare l’impegno con cui vi hanno lavorato, quasi riducendolo a mero esercizio di giocoso divertimento personale. È piuttosto, per restare in tema di lessico sportivo, il pronostico che i lettori trarranno analogo piacere nel verificare tutto ciò che può essere legato alle parole del pallone, con i significati, i collegamenti, i richiami, le peculiarità del caso.

    Da sempre innamorati del calcio, Damele e Amoretti hanno dato vita a questo lavoro in abbinamento, forti della loro formazione culturale classica e di una collaudata collaborazione letteraria. Per diretta testimonianza degli Autori, che ne fanno menzione nei ringraziamenti, la raccolta delle parole è stata frutto di una capillare e pluriennale opera di ascolto e cernita da parte di un nutrito numero di persone, parenti ma non solo, per individuare i vocaboli, le locuzioni, i modi di dire relativi all’amato mondo del calcio onde poi inserirle nel libro. Toccante il riferimento a quell’Altrove nel quale, confortati dalla presenza di un pallone, si sono sistemati e ci osservano coloro che non sono più fisicamente tra noi.

    Che ci fosse bisogno anche di una guida alla lettura per un argomento così articolato e complesso è stato avvertito dagli Autori che ammaestrano il lettore a un corretto approccio, con le parole del calcio espresse con una grafia, diversa per i sinonimi esistenti in altri contesti, segnalati e collegati spesso con commenti sagaci, ironici e comunque azzeccati. Lo stesso titolo Coccodrilli, reti e cucchiai sintetizza in maniera efficace l’intento degli Autori, che hanno comunque subito utilizzato un sottotitolo chiarificatore.

    Detto che la sistemazione delle parole avviene per blocchi individuati attraverso l’elencazione alfabetica, racconterò come mi sono trovato coinvolto nella lettura. Convinto che la fruizione dovesse essere analoga alla classica consultazione di un dizionario o di un vocabolario, avevo cominciato a piluccare qua e là, soffermandomi a caso su una parola e gustandomi la specificità calcistica e i sempre presenti collegamenti con altri linguaggi in aggiunta alle già citate, apprezzabilissime, pillole ironiche. Ben presto tuttavia mi sono ritrovato a procedere come se leggessi un romanzo, una parola e una pagina dopo l’altra. Provare per credere. Davvero ogni appassionato di calcio troverà riscontri molto interessanti, confortando le proprie conoscenze personali e arricchendole con la guida ordinata degli Autori.

    Inevitabile che in qualche modo cercassi di misurare le mie lontane esperienze di telecronista sportivo con questo modo di esporre e considerare il linguaggio delle parole. Debbo dire che ai miei tempi la faccenda era meno complessa di quanto non lo sia oggigiorno, a raccontare le cose del pallone eravamo in pochi, ascoltatori di radio e televisione erano tolleranti, il linguaggio meno infarcito di innovazioni, inizialmente erano, se non banditi, riguardati con scarsa simpatia i vocaboli di derivazione straniera. È incredibile verificare quante parole nuove siano subentrate, assieme a locuzioni strane, sigle, implicazioni da social, descrizioni particolari di ruoli e compiti per i calciatori, frutto di espressioni non sempre comprensibili a causa del cosiddetto covercianese, il linguaggio usato al corso allenatori e poi travasato nei commenti radiotelevisivi.

    La parola comunque mantiene la sua funzione, pur nella diversità dell’uso che se ne fa: soprattutto quando si parla al microfono diventano sempre fondamentali il tono, l’enfasi, la dizione stessa. Certo è che il radio telecronista deve evitare di incartarsi psicologicamente, spaventandosi al pensiero di quante persone lo ascoltano, pronte alla critica e a lamentarsi perché, proprio come succede con gli arbitri, si ritiene che i cronisti parteggino sempre per gli avversari. Ma sono cose che uno impara a metabolizzare e stimolano a sempre maggior impegno e attenzione.

    Non c’è dubbio che questo Coccodrilli, reti e cucchiai può servire agli addetti ai lavori, anche se ribadisco che sarà di piacevole consultazione, anzi lettura, pure per i comuni appassionati. Bella e utile anche l’appendice finale opera di Amoretti, con le famose regole fondamentali mai abbastanza conosciute dagli stessi calciatori professionisti. Inutile dire che il mondo del calcio è in perenne divenire, assume significati e derivazioni inattese, basti pensare alle conseguenze della pandemia che ci ha colpiti, con dolorosissimi lutti e implicazioni molto pesanti sulle strutture stesse e sulle abitudini economiche del calcio spendaccione. Tutto ciò ci fa capire che occorre dare interpretazione e senso dinamico alle raccolte di parole del calcio, di nuove ne arrivano in continuazione e vanno registrate a ritmi incalzanti. Al proposito attenti e bravi davvero gli Autori.

    Un ringraziamento pure alla casa editrice Lab Dfg per i cui tipi esce questo, fatemelo ridire perché mi diverte, Coccodrilli, reti e cucchiai che evoca d’incanto lagrime e pazzoidi schierati a terra dietro la barriera; fantasmi, gol memorabili e pesche miracolose; Totti a farci impazzire in Olanda e minestrine dietetiche. Buona lettura.

    Guida alla lettura

    Coccodrilli, reti e cucchiai – La doppia vita delle parole del calcio è una raccolta di parole del football. L’elenco è suddiviso in blocchi di più parole che seguono l’ordine alfabetico. L’inizio di ogni blocco presenta un termine che viene utilizzato nella vita di tutti i giorni, ma anche nel calcio. E nello sviluppo dei blocchi seguono, in corsivo, parole e modi di dire che appartengono nello specifico al mondo del calcio. Alcune di queste parole sono ripetute perché funzionali alla lettura dei singoli blocchi. I termini collegati al regolamento sono segnalati dal disegno di un fischietto che rimanda alle regole e ai vari aspetti che disciplinano lo svolgimento delle partite. In appendice è riportata una sintesi delle 17 norme del regolamento.

    Dietro la costruzione del libro

    Si possono fondere più passioni in un’unica grande favola che assomiglia ai ricordi delle prime partitelle in cortile? E si possono trasmettere per iscritto le emozioni provate sul campo o davanti alla televisione, nel rito collettivo di un grande appuntamento che soltanto sportivo non è? Se si può, è un’avventura che assomiglia a un sogno ed è raro che diventi realtà. Ma può accadere. Perché se ami il calcio giocato e il calcio raccontato, se hai speso la vita un po’ a inseguire il significato profondo delle parole e un altro po’ a catturare i rimbalzi più ostici di un pallone, allora forse per una volta è possibile mettere tutto insieme e regalarsi qualche pagina.

    Messa a punto – anche con il prezioso aiuto di familiari e amici – in lunghi anni scanditi da modi e mode differenti di narrare il calcio, la raccolta non ha la pretesa di comprendere tutto il repertorio dei termini. Ma tenta piuttosto di rendere in qualche modo omaggio al mestiere di tante figure – anche quelle presenti sui più sperduti campetti di provincia – dai collaboratori delle pagine sportive locali ai grandi inviati, dai radiocronisti ai telecronisti, dagli opinionisti ai campioni impegnati nei commenti tecnici. E soprattutto ai tifosi di ogni età che convivono con i loro racconti.

    La raccolta di parole e modi di dire è legata all’aggiornamento senza sosta della narrazione dello sport più amato al mondo. Ed è proprio grazie all’abbraccio planetario e all’efficacia del gergo sportivo che il calcio si è ritrovato a prestare – e a ricevere in uso – le sue parole ad altri ambiti. Si manifesta così la doppia vita delle parole del calcio: uno scambio inarrestabile che in qualche modo può essere esplorato, ma non imbrigliato. Per approfondire i termini tecnici, ma soprattutto per riflettere sulla vita di tutti i giorni. E magari per concedersi un sorriso.

    A

    A, Campionato di serie… Torneo nazionale di calcio al termine del quale si assegna il titolo di campione d’Italia simbolicamente rappresentato dallo scudetto, fregio ambitissimo e ricorrente nelle discussioni tra tifosi, che a livello nazionale debutta nel 1924 sulla maglia del Genoa. Il Campionato, una vera delizia per gli appassionati, capace dal lontano 1898 di unire via via mondi diversi sotto una stessa bandiera, perché la galassia dei tifosi è veramente vastissima e splende di mille colori. Dal 1929 la competizione si disputa a girone unico ed esprime l’eccellenza del calcio italiano ma anche del calcio internazionale grazie alla presenza di numerosi nazionali stranieri. Il campionato di Serie A si fa apprezzare per la sua inossidabile continuità. Per molti è una specie di calendario, più sentito e seguito di quello dell’anno solare, oggi reso fittissimo dalla spalmatura degli orari e dei giorni delle sfide. Un rito con le sue liturgie, un’abitudine irrinunciabile che a cascata ne condiziona molte altre. Neppure modi e costumi ne escono intatti. Linguaggio incluso, ovviamente. Come accade per molte cose, ti accorgi di quanto conti il campionato soprattutto quando non c’è. Dapprima lievemente, a metà giugno. Poi a luglio, più in profondità, quando la ricerca delle suggestioni sul web e in tivù e dei titoli sui giornali per il calcio-mercato si fa più intensa. Quindi l’angoscia, con insostenibili crisi d’astinenza. Poi, finalmente, si ricomincia. Non molti anni fa quello italiano era considerato il campionato più bello del mondo, il più spettacolare. Oggi, nel pieno del processo di globalizzazione del calcio, deve vedersela con le risorse e l’appeal di Premier League inglese, Bundesliga tedesca e Liga spagnola. Comunque, il massimo campionato italiano resta tra i più difficili e combattuti del mondo, fortemente caratterizzato com’è da schemi e tatticismi. Ma questo è anche il tempo della comunicazione totale e delle piattaforme, della fruizione in mobilità e dei grandi sponsor. È così perfettamente naturale che il torneo da qualche stagione si chiami Serie A Tim, con il brand della compagnia telefonica dal 1998 saldamente affiancato al Campionato.

    A casa. Impossibile non individuare nella pandemia del COVID-19 lo spartiacque che in tutto il mondo ha segnato un cambiamento epocale nelle abitudini di tutti. Impossibile non fare un accenno con il desiderio di esaurire subito e definitivamente l’argomento, anzi di lasciarselo per sempre alle spalle. In epoca-coronavirus lo sport si è fermato. E il calcio è mancato tantissimo, con la sua straordinaria capacità di distogliere dai problemi seri, di allentare la pressione. Poi l’eterno football, il gioco più bello del mondo, è ripartito senza farsi mancare qualche inevitabile trasformazione – stadi vuoti, atmosfere ovattate e voci dei calciatori, degli allenatori e persino degli arbitri a svelare quello che si dice in campo – per imboccare infine la strada di un graduale ritorno alla normalità. Dapprima gli appassionati – con una vita pesantemente condizionata da emergenza sanitaria e crisi economica, distanziamenti e mascherine ma anche non pochi disagi psicologici – hanno dovuto fare a meno del rituale appuntamento allo stadio, una forma di svago e aggregazione unica nel suo genere. Poi hanno potuto fruire nuovamente dello spettacolo-calcio ma solamente in tivù e comunque non nei locali pubblici, rimasti a lungo chiusi alla clientela. I giocatori fra tamponi, negativizzati e positività – niente a che vedere con il doping – hanno combattuto la loro battaglia contro il virus e le società hanno affrontato ingenti perdite e la conseguente crisi finanziaria che ha ridisegnato tanti scenari del pianeta calcio. A raccontare il finale compiuto di questa storia saranno il mondo e il calcio di domani. Certo, c’è ancora da prestare molta attenzione, tra varianti e tutto il resto. Intanto però che sollievo aver incominciato a salutare chiusure e coprifuoco per tornare a uscire fuori di casa, sensazione che non ha niente a che fare con il giocare fuori casa ossia disputare un match in trasferta in qualità di ospiti. Giocare in casa in qualunque categoria e a qualunque latitudine ha sempre un fascino speciale perché la squadra scende in campo di fronte al proprio pubblico, quello che viene a ragione considerato il dodicesimo uomo. Affrontare un turno casalingo al cospetto della propria tifoseria si dice anche giocare tra le mura amiche. Ma al di là di tutto, ritrovare il calcio, professionistico e dilettantistico –e il calcetto delle sfide amatoriali su piccoli campi di grandissima importanza per il benessere psicofisico –è più che mai tornare a casa.

    Abbraccio. Esiste qualcosa di più bello dell’abbraccio di una persona cara? Il calore che emana uno slancio d’affetto trasmette una sensazione di benessere incomparabile per gli esseri umani. Se l’abbraccio è fra due persone in stretta intimità, entra in campo la chimica e può iniziare veramente a far caldo. Talvolta ad abbracciare un concetto o un artista è idealmente un’intera comunità o anche un sodalizio culturale. E ovviamente, anche un’idea politica o una posizione possono essere abbracciate, più o meno integralmente. Nel calcio l’abbraccio dei compagni di squadra solitamente arriva dopo il gol, una forma di esultanza travolgente che finisce per contagiare anche gli spettatori sugli spalti che talvolta si ritrovano a emulare i loro beniamini con perfetti estranei che al di fuori dello stadio non degnerebbero di uno sguardo. Altro tipo di abbraccio è quello che viene usato per cementare il gruppo poco prima dell’inizio del match, della serie siamo un gruppo fortissimo e non ci ferma nessuno. Altro abbraccio ancora è quello agli attaccanti avversari nelle mischie in area, che ovviamente non è provocato da un improvviso impeto di solidarietà fra colleghi: l’obiettivo è invece quello di mandare fuori tempo l’avversario o di ritardarne lo scatto o, ancora, impedirne semplicemente il movimento.

    Accompagnare. Guidare, scortare. Andare con qualcuno in un luogo, talvolta controvoglia: situazione tipica in famiglia, capace anche di stravolgere all’improvviso serate sportive davanti alla tivù preparate minuziosamente. Particolarmente temute le richieste estemporanee di amici e parenti in genere nella giornata di domenica, ma di fatto allo stato attuale tra impegni di coppa e campionato ogni giorno è a rischio. L’attenzione si focalizza poi sul termine accompagnatore, da cui deriva l’idea dell’uscire insieme in occasione di una data circostanza o cerimonia. In campo si può accompagnare il pallone semplicemente mentre sfila in fallo laterale o sul fondo, scelta non infrequente dei portieri quando c’è la necessità di far scorrere il tempo o di ripartire con un calcio di rinvio. Si può inoltre accompagnare l’azione con un movimento tale da attirare un avversario, con l’obiettivo di liberare lo spazio per lo sviluppo della manovra. Oppure si può alimentare l’azione con un inserimento per consentire un passaggio in profondità. Infine, un’immagine, nelle immediate vicinanze del terreno di gioco: il papà che mano nella mano accompagna il figlio o la figlia al campo sportivo o allo stadio. Un atto d’amore. Un momento indimenticabile.

    Acquisto. Termine spesso associato all’aggettivo nuovo. Quindi nuovo acquisto, accostamento che lascerebbe ipotizzare l’assurda eventualità di acquisti vecchi. L’espressione nuovo acquisto indica l’arrivo di un giocatore comprato per completare l’organico o allargare la rosa. È dagli acquisti, ma anche dalle cessioni che si mettono a fuoco, già in piena estate, gli obiettivi di una società. È ovvio che poi il verdetto spetta al campo. Al di fuori di ogni riferimento bucolico, la campagna acquisti contempla ogni tipo di operazione sul mercato – come, ad esempio, prestiti e cessioni –è la fase cruciale in cui si definiscono le trattative. Trattative che peraltro, allo stato attuale delle cose, maturano anche a campionato iniziato, con il calciomercato invernale a volte definito mercato di riparazione. In ogni caso le cosiddette suggestioni di mercato sono una giostra che praticamente non si ferma mai e i tifosi possono così sognare tutto l’anno. Da notare che, come sinonimo di acquisto, viene usato frequentemente ma spesso erroneamente rinforzo, perché non sempre un acquisto potenzia la squadra.

    Affondare. Colare a picco, naufragare, disavventura possibile anche nel mondo del calcio quando i piedi non restano ben ancorati a terra. Può accadere sul piano finanziario, se i progetti societari risultano inadeguati alle risorse umane ed economiche e conseguentemente le rotte si fanno più insidiose. Può altresì accadere sul piano tecnico, quando si affronta una stagione con prospettive importanti, ma dopo una serie di rovesci, di sconfitta in sconfitta, non si riesce a raddrizzare la barca e si resta permanentemente impelagati nella zona retrocessione. Infine, si può affondare sul piano del gioco: spesso succede quando le ambizioni nell’affrontare un avversario sono poco corrispondenti alla reale caratura tecnica, complessiva e nei confronti individuali. La partita, in questo caso, sancisce in modo inappellabile gli errori di valutazione e per chi è presuntuoso il naufragio diventa solo una questione di tempo. Affondare, tuttavia, vuole anche dire entrare nel vivo della difesa avversaria, andare in profondità, spesso con palla al piede, per vie centrali. Operazione diversa dal dare profondità che, in senso generale, consiste nel guadagnare metri – grazie a un giocatore opportunamente sistemato in posizione avanzata, anche in una fase di gioco non prettamente offensiva – nell’occupazione strategica del terreno di gioco avversario e, in particolare, della metà campo avversaria. Evidentemente, non è sempre possibile dare profondità, perché comporta un’azione spesso solitaria, fisicamente e tatticamente impegnativa, nel cuore del presidio difensivo avversario. In determinati scenari tattici di grande pressione, per affacciarsi nell’area avversaria si rivelano decisive le palle inattive.

    Aggirare. Far passare il pallone oltre la barriera nei calci di punizione. Aggirare il blocco centrale dei difensori avversari con cross dal fondo. Far girare la palla quando si è in superiorità numerica, con finalità ultima di mettere un uomo in condizione di tirare senza pressione. Eludere le domande nel dopopartita, durante le interviste, evitando spericolate speculazioni di ordine tattico, tecnico e talvolta disciplinare. Uno slalom utile soprattutto quando nello spogliatoio c’è un clima teso.

    Aggredire. Azione che può rappresentare il prologo a reati puniti dal codice penale. Un tipo di eccesso non completamente estraneo, tuttavia, al campo di gioco: evidenti casi di aggressione sono infatti alcuni falli – entrate assassine, tacchettate, colpi bassi –o peggio ancora alcune reazioni, come pugni, gomitate, spinte e altro, che fuori dallo stadio sarebbero ineluttabilmente sanzionate da condanne in qualsiasi aula di giustizia. In relazione al gioco, aggredire l’avversario significa mettere la partita su binari di confronto legati alla fisicità. Quindi: pressing continuo, attaccare i portatori di palla, raddoppiare sistematicamente, ma anche entrare, entrare sull’uomo, ricorrere al fallo tattico e, nel caso, al fallo e basta. Insomma, far sentire il fiato sul collo agli avversari, talvolta anche con un certo intento intimidatorio. L’aggressione può, chiaramente, limitarsi a una lecita supremazia fisica, agonistica. Tanto l’una quanto l’altra, sono a volte accompagnate sugli spalti da una fastidiosa aggressione verbale, ora indirizzata contro tutti gli avversari, ora contro gli arbitri, o contro singoli giocatori. Deprecabile sempre e comunque. Però, l’aggressione che risulta veramente indegna della bellezza del calcio è quella che tocca temi neppure troppo larvatamente razzisti o di genere.

    AIA. Nulla a che vedere con polli, capitali straniere, urla di dolore o cortili rurali. L’Aia è l’Associazione Italiana Arbitri, la casa dei direttori di gara della FIGC, una struttura gerarchica che solo recentemente è riuscita ad acquisire una sempre maggiore autonomia nell’ambiente calcistico italiano. L’Associazione si occupa del reclutamento, tramite una capillare rete di sezioni locali, e cura la crescita tecnica degli arbitri, gestendone l’attività, dai campi di periferia alla serie A.

    Ala. Sul terreno di gioco, come del resto anche altrove, la sola cosa che vola è il tempo. Il che, sul campo, è ancora più vero quando si è in svantaggio e si deve recuperare. Ciò premesso, ala è il desueto termine che indicava il giocatore incaricato di coprire la fascia in zona d’attacco, con compiti di assistenza, effettuando – dopo aver risolto il problema di saltare l’avversario nell’uno contro uno e di guadagnare il fondo – preziosi cross da fondo campo, ma anche con licenza di rientrare all’interno e concludere a rete. Fino all’introduzione delle sostituzioni giunta a metà degli anni Sessanta, finiva all’ala il giocatore infortunato, in una zona considerata allora forse meno strategica e impegnativa. All’ala tornante erano affidate invece ben definite mansioni di copertura per arginare le incursioni dei difensori fluidificanti della squadra avversaria. Pur restando sostanzialmente analoghe le funzioni tattiche, al termine ala e al termine difensore fluidificante, è ora preferita la definizione di esterno o laterale, difensivo o di centrocampo. In determinati casi laterale a tutta fascia. Rispetto al passato gli attuali interpreti garantiscono molta più quantità. Quanto a tecnica e inventiva, il calcio italiano di oggi più che mai osannerebbe un giocatore come Bruno Conti.

    Album dei ricordi. Non soltanto le canzoni e i dischi scandiscono le tappe indimenticabili. Per inciso, il vinile con i suoi 33 giri conserva tutta la sua nobiltà ed è apprezzato anche nell’epoca degli iPod e del prezioso streaming con Spotify. Altrettanto efficaci per rivivere i momenti più belli sono le stagioni del calcio, le partite più importanti, i grandi successi. In qualche caso esplode la suggestione di un fenomeno per cui il football non propone più una data cui legare qualcosa di straordinario, ma diventa quel qualcosa di straordinario, cui legare stati d’animo e ricordi. Un esempio per tutti? I Mondiali dell’82 con l’Italia intera ad alzare la Coppa del Mondo. Estate indimenticabile. C’è poi la memoria statistica, lo scorrere delle stagioni, con i protagonisti, le cifre e le sintesi. Tuttavia, normalmente alla dizione album dei ricordi si associa l’idea di un romantico frugare nel tempo alla ricerca di sensazioni, episodi, risvolti umani. Proprio come con le canzoni e con le partite più belle.

    Album delle figurine. La tentazione di archiviare il leggendario album delle figurine come un semplice passatempo da ragazzini non dovrebbe nemmeno sfiorare anche il più cinico degli adulti. Certo, alle figurine, alla loro raccolta come ai giochi a esse collegati, hanno pagato un sostanzioso tributo tutte le materie fondamentali della scuola dell’obbligo, per la quantità di ore che si sono prese. Ma è stato molto di più che un gioco. È stata una specie di palestra dalla quale è uscita beneficiata soprattutto una disciplina che nel mondo contemporaneo trova difficoltà di applicazione perfino fra i giovanissimi, ossia la fantasia. Meglio ancora: la capacità di sognare. Gli album delle figurine hanno rappresentato per intere generazioni i primi investimenti in borsa, fra acquisti soppesati e scambi spericolati, i primi azzardi, le prime prove d’abilità e talvolta di coraggio, come nelle sfide a padella e a muretto con compagni d’istituto un po’ più grandi e soprattutto più grossi. La prima presa d’atto che esiste la componente del caso. E che ogni campionato, ogni primavera, è una storia a sé. Fra una doppia e l’altra, una situazione più difficile di altre, una cosa che diventa preziosa in quanto a lungo desiderata e in qualche modo trovata. Un po’ di riconoscenza la si deve a quelle pagine raramente e comunque sempre con fatica portate a compimento. E alla Panini? In onore dell’Editrice di Modena si dovrebbe innalzare un monumento, nel ricordo di valide e bisvalide, le preziose figurine che raccolte in quantità consentivano di ordinare regali favolosi, anche se il vero regalo è il segno che quel gioco ha lasciato nella memoria. Care figurine: una traccia indelebile di momenti lontani e spensierati. Felici, si potrebbe dire.

    Allontanamento. È un gesto perentorio, un invito a non proseguire nelle contestazioni. In passato l’allontanamento era il provvedimento che l’arbitro poteva assumere, come extrema ratio, nei confronti di un dirigente ammesso in panchina, di un allenatore o persino di un assistente di parte (normalmente un dirigente che si presta a fare da guardalinee), figura prevista esclusivamente nei campionati minori e giovanili. L’allontanamento era, di regola, l’ultimo atto di una discussione passata attraverso il rapido gesto di invito alla calma da parte del direttore di gara, trasformatosi poi in richiamo formale e successivamente nell’ordine di abbandonare il recinto di gioco. Oggi, anche per le persone ammesse in panchina (dirigenti, allenatori, massaggiatori, medici) l’allontanamento è formalizzato con l’esibizione del cartellino rosso, così come il richiamo è rappresentato dal cartellino giallo, proprio come per i calciatori in campo. Ma nel calcio, come nella vita, l’allontanamento può anche essere, per così dire, autodeterminato, oppure deciso dal club per motivi disciplinari. Un calciatore può lasciare spontaneamente il ritiro o gli allenamenti a causa di screzi con il tecnico o con la società. O può essere messo fuori rosa per ragioni che esulano dal rendimento sul terreno di gioco.

    Allungarsi il pallone. Perdere il controllo del pallone in corsa. Errore grave che fa imbestialire il pubblico sia allo stadio che a casa. E davanti al televisore una serie di errori del genere può provocare, oltre alla rabbia, una certa disaffezione. A una partita così-così è preferibile forse allungarsi sul divano e cercare un po’ di relax, soprattutto la domenica pomeriggio, giornata in linea puramente teorica deputata al riposo dalle fatiche settimanali e in vista dell’inizio settimana, quando la sveglia costringerà ad alzarsi senza andare troppo per il sottile. Nel football di oggi alzarsi significa salire, andare avanti nella direzione della porta avversaria, qualche volta lo si fa in modo scriteriato, senza rispettare gli equilibri e la squadra si allunga pericolosamente. Per contro abbassarsi ha il significato di arretrare, tornare in copertura torna o rientra era l’invito perentorio dei difensori a uomini di altri reparti nel calcio di ieri – a protezione di una porzione di campo strategica per l’assetto difensivo o anche solo di equilibri tattici convenienti in un dato momento della partita. Nelle fasi di estrema pressione avversaria può capitare che la squadra non riesca più ad uscire e che tenti di alzare il baricentro.

    Ampiezza. Conservare una certa larghezza di vedute, senza pregiudizi, si rivela spesso la carta vincente per stare al passo con i tempi o per non smarrire la rotta. Una visuale panoramica,

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1