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BORGES ET ALII. Una diversa avventura dell'elitismo: Libri Heliopolis/Asino Rosso
BORGES ET ALII. Una diversa avventura dell'elitismo: Libri Heliopolis/Asino Rosso
BORGES ET ALII. Una diversa avventura dell'elitismo: Libri Heliopolis/Asino Rosso
E-book293 pagine4 ore

BORGES ET ALII. Una diversa avventura dell'elitismo: Libri Heliopolis/Asino Rosso

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 (Dal "Libro") Borges all’Heliopolis. “ Il labirinto non è Caos, è ordine.”, così si concluse il discorso di B., nell’occasione della kermesse pubblica per la consegna del premio, Pesaro, Maggio 1977. E’ necessario che, qui, per la prima volta in modo completo, io dia una versione autentica dell’evento. Forse infatti il più noto del Centro Studi Heliopolis , quasi all’inizio della sua più che quarantennale attività. Per più giorni (non per qualche ora) Borges fu da noi ospitato a Pesaro, nella villa del Conte Alberto Castelbarco Albani, per essere premiato poi all’Heliopolis stessa, nella sua prima sede di Via Gavelli, rinnovata locazione nello stesso luogo di una delle storiche antiche stamperie del centro Italia, di fronte ad un pubblico eccezionale. Il premio materialmente consisteva in un manufatto prezioso da noi fatto appositamente creare da un artigiano di gran talento: il Labirinto d’argento (scultura labirintica in argento massiccio inclusa in tre scatoline successivamente includenti di maiolica " rosapesaro "), che conserva ovviamente a Baires sua moglie, e che volemmo, nella manifestazione pubblica riassuntiva, emblema di un premio internazionale che poi fu assegnato, negli anni successivi, non più da noi, ma dall’amica associazione Comunità, espressione de Il cerchio di Rimini, ad altri grandi intellettuali e studiosi. In quei giorni in cui Borges fu nostro ospite creammo - praticamente dal nulla - con la collaborazione entusiasta di amici e collaboratori del Centro Studi un evento importante.... (Sandro Giovannini)
LinguaItaliano
Data di uscita3 apr 2021
ISBN9791220287296
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    BORGES ET ALII. Una diversa avventura dell'elitismo - Sandro Giovannini

    Sandro Giovannini

    BORGES ET ALII

    Una diversa avventura dell’elitismo

    UUID: fec282fc-9ca9-4f53-aac0-b40a1882a2cf

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice dei contenuti

    Nota Editoriale

    SANDRO GIOVANNINI

    ...L’ Artista

    PRIMA PARTE BORGES

    Jorge Luis Borges

    Motivazioni personali

    Contestualità di ricezione

    Linea di ricerca

    Il rapporto con il Sacro

    Il rapporto con l’infinita biblioteca

    Il rapporto con il gioco/sogno

    SECONDA PARTE ALII

    Alii

    Victoria Ocampo

    Ortega, Tagore, Keiserling, La Rochelle, Caillois

    TERZA PARTE TESTI ANTOLOGICI

    Victoria Ocampo I

    Victoria Ocampo II

    José Ortega y Gasset

    Rabindranath Tagore

    Hermann Keyserling

    Pierre Drieu La Rochelle

    Roger Caillois

    Nota biobibliografica

    Heliopolis Edizioni

    Nota Editoriale

    immagine 1

    Giornale Blog

    Sandro Giovannini

    Borges et Alii

    Libri Asino Rosso (52)

    Libri Heliopolis

    (Autorizzazione dall'editore Heliopolis- Versione eBook)

    Aprile 2021

    di Roberto Guerra

    ASINO ROSSO (asinorossoferrara.blogspot.com)

    Asino Rosso eBook sito (onweb.it)

    Cover: Borges omaggio di S. Giovannini

    SANDRO GIOVANNINI

    BORGES ET ALII Una diversa avventura dell'elitismo

    immagine 1

    ...L’ Artista

    "...L’artista è colui che dice:

    ,

    oppure

    ma attenzione, perché non essendo capace

    di adeguarsi alla propria morale, diventa una canaglia>"

    (Vitold Gombrowicz, Diario, vol. 1, Feltrinelli, pag. 120)

    a Virginia

    PRIMA PARTE BORGES

    Jorge Luis Borges

    (Buenos Aires 1899 - Ginevra 1986)

    Ci può essere qualche ragione seria perché un lavoro di collegamento come questo sia preceduto da una sia pur breve ricognizione dell’atteggiamento complessivo del curatore al proposito? Forse soltanto se, invece di far finta di sgombrare il campo da una personalità problematica come la mia per accedere a un’improbabile imparzialità, si rendessero esemplarmente evidenti motivazioni personali, contestualità di ricezione, linea di ricerca... in tal senso, iniziare da una sana revisione del rapporto costitutivo tra autori e lettori (prevedibilmente... lo siamo tutti, di volta in volta...), potrebbe servire ad ampliare il raggio di comprensione invece d’incanalarlo subito forzatamente su un percorso obbligato ed, a torto o a ragione, ben discutibile.

    Residua comunque, anche iniziando dalle motivazioni originarie di un interesse, che, ripeto, conviene dichiarare al solo fine di renderne evidenti i criteri e quindi farne motivo di possibile approfondimento, l’ incertezza complessiva, (ma da non confondersi necessariamente con una forma d’insuperabile indeterminazione, di generica confusione, di stolida incapacità di scelta), cioè quella che N. chiamerebbe il difficilissimo campo d’indagine della vera volontà di verità, paredro sorprendentemente più basale ed eracliteo della volontà di potenza. Costantemente inattuale.

    Tale incertezza non era un dato solo rinvenibile personalmente e quindi solo mia, al momento del nascente interesse per Borges, e non solo per lui, (almeno in Italia, dai tre a quattro decenni mediamente in ritardo rispetto alla sua progressiva fama argentina, latino e nordamericana ed europea), ma coacervo di componenti contestuali che l’avvolgeva in una nube d’insondabilità provocante, felicemente corrispondente, credo, al suo reale volto, oltre la già catturante maschera.

    Motivazioni personali

    ...Infatti, nel 1977, quando lo conobbi, tutti gli elementi di questo insieme erano ormai sostanzialmente stabilizzati e tutto il tempo che venne (e arriva ancora), dopo, non rimanda altro che ad una rivisitazione critica per lui (e forse anche per noi nei suoi confronti), a volte anche sorprendentemente allargata, ma non più capace di ribaltare quel mito della maschera, formatosi allora, che tende ad imporre anche al tempo successivo una verità globale oltre ogni legittimamente reclamata autenticità personale e persino oltre la realtà di una lezione di vita che si può credere invece valga potentemente per il tempo attuale e quello a venire...

    Il mito della maschera si era nutrito, allora, a destra ed a manca, in un modo talmente capace di catturare rettoriche e persuasioni, restituendole in emozioni significanti, da forzarne immeritatamente l’immediata chiusura in un improbabile (perché confuso) recinto ideologico, dove di solito tutto, prima o poi (più sovente prima), tende a scivolare. Dal punto di vista politico allora dominante (come - sia pur diversamente - oggi), Borges aveva saputo puntellare, con imperdonabile leggerezza, molti piccoli o grandi paletti diversamente spiacenti, se non del tutto liberamente offensivi e persino in occasione della sua scelta di essere ospite da noi all’Heliopolis, (1) lui era perfettamente consapevole sia della nostra totale alterità al sistema dominante, sia del prezzo che ulteriormente avrebbe dovuto, per questo, sopportare. In tal senso, anche se ciò è poco importante (ma rivelatorio per necessità di comprensione), il mio personale atteggiamento era corrispondentemente guardingo e non solo per un imprescindibile rispetto delle diversità implicate, ben differentemente da come mi accadde in altre occasioni in cui conobbi personalmente grandi anime. (2)

    NOTE

    (1) Borges all’Heliopolis. " Il labirinto non è Caos, è ordine.", così si concluse il discorso di B., nell’occasione della kermesse pubblica per la consegna del premio, Pesaro, Maggio 1977. E’ necessario che, qui, per la prima volta in modo completo, io dia una versione autentica dell’evento. Forse infatti il più noto del Centro Studi Heliopolis , quasi all’inizio della sua più che quarantennale attività. Per più giorni (non per qualche ora) Borges fu da noi ospitato a Pesaro, nella villa del Conte Alberto Castelbarco Albani, per essere premiato poi all’Heliopolis stessa, nella sua prima sede di Via Gavelli, rinnovata locazione nello stesso luogo di una delle storiche antiche stamperie del centro Italia, di fronte ad un pubblico eccezionale. Il premio materialmente consisteva in un manufatto prezioso da noi fatto appositamente creare da un artigiano di gran talento: il Labirinto d’argento (scultura labirintica in argento massiccio inclusa in tre scatoline successivamente includenti di maiolica " rosapesaro "), che conserva ovviamente a Baires sua moglie, e che volemmo, nella manifestazione pubblica riassuntiva, emblema di un premio internazionale che poi fu assegnato, negli anni successivi, non più da noi, ma dall’amica associazione Comunità, espressione de Il cerchio di Rimini, ad altri grandi intellettuali e studiosi. In quei giorni in cui Borges fu nostro ospite creammo - praticamente dal nulla - con la collaborazione entusiasta di amici e collaboratori del Centro Studi tra i quali vorrei ricordare almeno Gianni Bertuccioli, Enzo Bernardini, Gianpaolo Dabbeni, Antonella Giordanelli, Luigi Maggio, Natale Miano, Massimo Rinaldi, un evento importante che coinvolse, volente o nolente, tutta la città di Pesaro. Dico anche nolente, perché eravamo infatti allora molto osteggiati ed addirittura in qualche caso addirittura odiati, pur non avendo compiuto nessun atto che potesse minimamente apparire provocatorio... (oltre ad esistere)... Più o meno in quel periodo (solo per la cronaca) subimmo infatti anche due tentativi incendiari ed un grave scasso con furto di varie preziose sculture (che ci costò moltissimo, anche personalmente)... in esposizione, esattamente dopo l’occasione borgesiana. Nel contesto era impossibile, per un circolo culturale come il nostro, anche esteticamente curato, che organizzava mostre, conferenze e convegni, attività radiofonica ed editoriale, pur svincolato da ogni aperta adesione partitica, non essere classificato come reazionario, di destra o fascista, a seconda delle riduttive convenienze dei detrattori sempre pronti a nuocere in modo aperto o subdolo ma sovente anche con modalità forsennate.

    Nell’occasione dei giorni borgesiani ci furono azioni contrarie autenticamente grottesche, ai limiti della denuncia penale, che davano il segno di un odio difficilmente riconducibile a razionalità, anche se la passione politica e civile, anche la più tesa, a mio giudizio, è valutabile sempre come positiva, se gestita con ampiezza di vedute e senza meschinerie. Cosa difficile allora ed ancora ben difficile oggi. In più vi era la totale incomprensione per una azione di studio organica come la nostra che componeva un lavoro interno d’approfondimento spirituale e filosofico di matrice tradizionale , con una presenza esterna in città ed una sicura proiezione di carattere nazionale. All’ostilità generale e generica s’aggiungeva anche una specifica ottusità provinciale che connetteva incomprensione ad ignoranza. Anche le reazioni di stampa, ovviamente ancor più quelle nazionali di quelle locali, riportavano, successivamente, un desolante spettacolo d’incomprensione nel miglior caso (ovvero in buona fede), quando non di scoperta delegittimazione. L’unico fattore positivo, a differenza di quanto comunicato da alcuni, fu invece proprio la reazione personale di Borges, che aveva benissimo capito chi eravamo, anche per la lunga conversazione all’Hotel Baglioni di Firenze due giorni prima di andarlo a prendere per portalo a Pesaro (inseguiti per tutto il viaggio da due automobili che cercarono comunque di fermarci). Non mi ero infatti per nulla nascosto o dissimulato ed anzi lo avevo avvertito che la parentesi pesarese lo avrebbe certamente danneggiato (...c’era ormai da anni malamente in ballo il perlopiù ignobile svedese), in questo importante suo primo viaggio in Italia, questo anche per mettere le cose molto in chiaro fin dall’inizio. Calcai molto la mano su questo aspetto più di quanto le circostanze (ed anche gli amici) sembrassero consigliarmi. Gli avevamo anche detto che non lo avremmo gestito in modo solo mondano o narcisistico o privatistico, come tutti facevano per necessità od abito mentale, ma mettendolo a contatto con alcuni intellettuali da noi scelti, di volta in volta (riassumendo in modo feroce) liberal-nazionali, di destra, reazionari, conservatori o fascisti, questo per sottolineare che ad una sostanziale gestione radical-chic di tutto il viaggio qui si opponeva una ben diversa ed opposta idea. Il succo propostogli era che lo stimavamo moltissimo letterariamente, ma avevamo idee politiche a volte molto diverse dalle sue, pur potendo esse coincidere in alcuni campi e per particolari aspetti, soprattutto in dura opposizione all’asfissiante vulgata demo-marxista. Lui, esasperato forse anche dal corso delle reazioni scomposte che aveva già subito nei giorni precedenti (e quasi solo in questo primo viaggio, ché gli altri successivi in Italia furono invece delle passeggiate di gloria e di consenso unanime), evidentemente apprezzò molto proprio questa sincerità e così i giorni che vivemmo poi, praticamente quasi sempre assieme, furono gestiti con rispetto, una certa grazia ed intelligenza reciproca, pur minacciati da continue odiose (ed anche ridicole) interferenze esterne. Per esempio, all’uscita dall’Hotel Baglioni di Firenze, per scendere in strada verso la nostra autovettura e verso Pesaro, alla chiusura dei due battenti della porta dell’ascensore, (Maria Kodama, io e Borges), B. disse testualmente: "... Mi sembrano FMR ed i suoi amici... ", con un chiarissimo segnale di aver accettato e ben compreso tutto. Questo, ancora, non direbbe granché (...forse, a smontare le versioni di comodo) se non riportato a quel successo di quei giorni, in quegli anni. L’evento d’altronde, era assicurato dalla fama ormai raggiunta in Italia da B., almeno negli ambienti più acculturati . Anzi le discussioni intorno alla sua figura contraddittoria per il pensiero dominante lo rendevano oltremodo inevitabile anche ad un pubblico provinciale. Ed è per questo che pensammo bene aprire l’evento pubblico e mondano (il Premio ) ad una fase immediatamente posteriore d’incontri con amici intellettuali come Vettori, Gianfranceschi, Bernardi Guardi, Caucci, de Cusatis, Allegra, Cardini, Principe, Quadrelli, Fasolo ed altri...

    Ma la vera utilità dell’evento (almeno per noi), consistette non certo nel sottrarre Borges (...quasi di forza, ma ben consenziente), alle comprensibili necessità promozionali ed editoriali altrui ma di metterlo almeno e per poco in contatto con la miglior parte di quella cultura tradizionale , allora ben esclusa e del tutto marginale e che credevamo fosse componente inscindibile della nostra koinè . Infatti chiamammo a raccolta da tutta Italia molti amici scrittori, artisti, professori universitari e concedemmo loro, oltre alla prevista kermesse unitaria, d’incontrare a tu per tu Borges per circa un’ora a volta, colloquio garantito in tranquilla e sorvegliata solitudine, questo per evitare forzature estranee all’incontro specifico con richieste incongrue e scocciature inconsistenti, pratica mondana e salottiera purtroppo comune ed insopportabile negli eventi, non solo con grandi personaggi. In più per non stancare eccessivamente Borges, che si era però generosamente prestato a quell’impegnativo giro di inedite voci e storie personali, di cui intuiva benissimo una profonda lateralità alla storia culturale - diciamo ufficiale - sulla base delle nostre, pur concitate, conversazioni precedenti alla sua venuta a Pesaro. Anche per questo, dobbiamo proprio dire che iniziò a nascere in noi, allora, proprio da quel maggio 1977, da un’azione forse sentita come dovuta , il proposito di comportarci, per quanto possibile, coralmente , aldilà d’ogni utilitaristico ritorno, cosa che poi abbiamo perseguito quasi sempre anche contro il consiglio, a volte sbagliato a volte ben saggio, di cari amici... In più questi incontri a due, prodotti da quell’occasione, furono forieri nel tempo successivo, di una sequela di scritti, alcuni anche pubblicati in volume... Allora non scrissi nulla sull’evento. Ero troppo vicino all’emozione della cosa e preferii lasciare ad altri amici esternarla. Però forse è utile, proprio per testare l’effetto che un colloquio prolungato con un grande può avere su ex-giovani intellettuali, qui di seguito, riportare un passo del breve " Su El Aleph.. ., scritto qualche anno dopo e riportato, ancor più tardi, nel mio secondo libro di saggi, ...come vacuità e destino" , edito da NovAntico, nel 2013:

    " ... Ecco, basterebbe questo passaggio per spiegare la gran parte di Borges, uomo e quindi autore: l’ironia estrema su sé e gli altri, unita alla massima concentrazione sulla verità e sulla disponibilità a farne ragione di parole, di comunicazione, sapendo di dir tutto, nel momento in cui tutto è posto in evidenza ed in discussione. Sulla capacità di saper poi leggere l’evidenza, si stende per lui (e per noi) sempre un pietoso velo di complice indulgente ferocia. La Beatriz-Beatrice-Ombra-Estela , scolora nei tratti dell’ Aleph , vero o presunto, ma assolutamente perseguibile e tutta la dotta teoria delle teorie sugli infiniti Aleph, contenuta nel ‘proscritto’ del racconto , storia di una ipotetica storia ( letteraria? ) del mondo, non può non far conto dell’insensatezza e della sensatezza del nostro umano consistere. Sapere che la " nostra mente è porosa per l’oblio" è come sapere che siamo sottoposti alla tentazione continua di sapere e poter vedere l’oscuro da cui proveniamo e l’oscuro a cui presumibilmente siamo destinati. Per questo, nel ’77, dopo un incontro, per molti di noi d’esemplare compiutezza sostanziale e formale, durato con Borges per più giorni, non scrissi nulla di organico. Ero sopraffatto dall’insensatezza del mio pensarci sopra , dopo aver constatato che l’immagine letteraria che mi ero fatto di lui, avendo letto quasi tutti i suoi libri, corrispondesse all’immagine fragilissima eppure straordinariamente forte di quel giovane vecchio discutitore e fabulatore. Per riaccompagnarlo in una Venezia scintillante di luce, al primo traballante imbarcadero, da un FMR tra l’esaurito ed il sollevato, facemmo la Romea, con una toccante pausa alla tomba di Dante. Tra altre cose riuscimmo persino a litigare, con quella levitas che si era felicemente instaurata tra la mia fervente pochezza e la sua candida grandezza, su Pound, paragone sorprendente di medesimezza ed alterità. Dopo scrissi una poesia, chiaramente folle nel voler mimare uno stile, ma anche, forse, alquanto candidamente coraggiosa nel farlo senza infingimenti di sorta.

    Borges come Borges

    "La lenta nuvola del notturno fuoco

    Scivola bianca sul pendio del bosco.

    Gli scuri alberi ne sono il fondo cupo.

    Alle spalle alternati

    Luci e calore sono gli echi

    Delle mie velate solitudini.

    Paurosa la notte così dominando è domata.

    Così la Grecia Roma Carthago

    E la Suburra e i mille tempi

    Che affollati passano

    Gli amori, glorie e pianti

    Deformità, ferite

    Ed il coraggio mille volte dato

    Tutto, scivolando dal suo tempo instabile

    Veloce s’approssima allo zero

    Restituito in questa magica invenzione

    Inversamente ancora a nuove fonti

    E nuove grida...

    (2 ) Grandi Anime. Negli anni ebbi occasione di conoscere personalmente ed in alcuni casi anche di intervistare a lungo, Eliade, Dumezil, Jünger, Cioran, Cau, Bardeche, Tucci, Filippani Ronconi ed altri; interviste, resoconti o saggi poi variamente documentati anche in " Letteratura-Tradizione ", Heliopolis Edizioni, 43 numeri, tre serie, 1997-2009. www.heliopolisedizioni.com

    Contestualità di ricezione

    Una quindicina d’anni dopo che la ricezione italiana, da Lucentini a Porzio a Calvino, aveva traslato il suo fascino ormai pienamente agente nelle Americhe ed in Francia, la particolarità occidentale ben replicata, ma in realtà mal decodificata, del contesto socioculturale italiano, fece di Borges uno dei pochi autori capaci di piacere e spiacere istintivamente proprio perché in quel periodo alcune dinamiche della mentalità del secondo dopoguerra italiano (ma non solo) erano giunte ad una sorta di parossistica tempesta perfetta. (Diciamo dopo i Cinquanta ed i primi Sessanta, lunghi anni del tacito e sostanzialmente rimosso post-choc bellico). Per svariati motivi gli andamenti genetici e l’assimilazione successiva del peronismo al fenomeno precipuamente latino del fascismo, ne fecero una cartina di tornasole (verso/recto) di mille insopportazioni e correlativamente d’immotivati entusiasmi, totalmente al di là dal vero valore del suo essere e della sua scrittura, anche se ben utili, in fondo, a costruirne una maschera potentemente efficace. Era quindi, quasi impossibile avvicinarvisi, allora, senza che fossero due le probabili derive sempre incombenti; una cortina fumogena di presenza/rimozione dei dati civili (ed anche caratteriali), sorta d’immediata e temuta nube tossico-ideologica, ed una centrifuga per la tangente (autoreferenziale o, comunque, fuori controllo) di arte per l’arte, sotto la specie dell’enciclopedismo tollerante e con la variante di una sempre imprevedibile anche se suadente e compiacente tecniquería letteraria. Ciò, d’altronde, è ben avvenuto anche per altri autori, seppure, ogni volta, in modo del tutto particolare secondo le caratteristiche delle personalità implicate e del contesto di riferimento. Abbastanza diversamente da ciò che Borges significa adesso, perché se è ben vero, come sopra dicevo, che la ricezione di decenni fa fosse catafratta in quelle logiche, ora la moda passata del profondo rancore ideologico (...ne sono rimaste quasi solo le deiezioni strumentali della politica politicante), apre praterie di facili scorrerie. (3) Ma comunque ho trovato molto profondo il richiamo che fa Quirino Principe quando accerta che un’ulteriore via per comprendere, qui da noi, l’universale ammirazione (mai in discussione) è l’orizzonte (sociale, intellettuale... qualcun altro direbbe la contestualità storica) ove l’incontro con la verità appare come "...sempre casuale" e comunque del tutto privato. (4) Questo, almeno più comprensibilmente, per le componenti intellettuali occidentaliste, liberiste, borghesi.

    In tal senso, e dopo tale derubricazione, (5) sarebbe, alla fine ininfluente, se non si seguisse una tesi di superficiale sociologia della letteratura, sapere più o meno bene cosa provassero allora molti intellettuali sudamericani (soprattutto come reazione politico/emotiva) e più o meno contestualmente e poco o molto tempo dopo la più parte degli intellettuali italiani. Se non per avvalorare ancor più potentemente, in una disamina consapevole dei quadri ambientali e, simmetricamente dai pur successivi (le varie epoche creative di Borges) ed in parte diversi quadri interiori di distacco dal frutto dell’azione (anche se in questo caso eminentemente letteraria) quella dimensione di volontà di verità, di cui sopra, che a mio avviso è proprio il centro di ogni vita/opera, ma ancor più il fulcro della creatività borgesiana. Smarcamento veritativo accostandosi al quale si riesce ad orientarsi meglio e più potentemente, avendo assimilato, per quanto ci è dato, la sequela dei condizionamenti epocali, vorticosamente acceleratisi nel crogiolo drammatico degli anni della modernità, e che trova proprio in quegli anni Settanta del novecento una varietà di buco nero epocale, dopo il quale si dà quell’universo post-moderno, che ora comunque confusamente attraversiamo, beninteso cercando di non rimanerne sopraffatti.

    Ma ciò che, in modo apparentemente troppo tranciante, sopra definisco la lettura contestuale - e sostanzialmente extraletteraria - di Borges, è causata, quindi, ben comprensibilmente, come reazione sia massiva che elitista. Ricordiamoci anche che l’ ufficiale partito comunista argentino (P.C.A.) appoggiava la giunta e (per quanto riguarda le reazioni del complessivo mondo comunista italiano) non si deve sottovalutare il ruolo avuto da tale informazione sul collegato partito italiano. Questo anche perché il PCA, in primo luogo era necessariamente vincolato ai forti flussi commerciali tra URSS ed Argentina ed era per di più ben preoccupato della sua sopravvivenza politica e di quella fisica dei suoi membri, sostenendo anche ufficialmente un’ improbabile diversità nell’ambito della cerchia dei militari al potere tra un’ala repressiva di stampo pinochetista e un’ala moderata facente capo a Videla, soprattutto dopo la sua sostituzione alla guida nella giunta militare. Videla, secondo questa ben trasmessa vulgata, sarebbe poi divenuto il realizzatore di una convergenza democratica tra i settori civili e militari, moderati, cosa che, di là dalla sua condanna posteriore (ed, ovviamente, non solo per lui), pur tra condoni e riprese processuali, avrà comunque qualche conseguenza. Aggiungasi ancora una particolarità latina, della complessa opposizione alla dittatura militare. Il giustizialismo di sinistra, sin dal golpe di Lonardi-Aramburu del 1955, ed in crescere dai secondi anni Sessanta, soprattutto coi Montoneros , veniva percepito come un pericoloso concorrente di classe per le organizzazioni rivoluzionarie marxiste e per i gruppi della sinistra estrema. Lo stesso peronismo, anche ufficiale, soprattutto per la propria genesi sindacalista, ove nuotava originariamente a suo agio il peronismo rivoluzionario che aggiungeva elementi di guevarismo e cattolicesimo terzomondista alle evocazioni falangiste ed ai descamisados radical/cattolici, " para liberamos del yugo yanqui y de las oligarquias nativas ", ancor più metteva in crisi le categorie marxiane di classe e determinava comunque una concorrenza a sinistra, sempre insopportata. Tutto ciò si rese più evidente dopo il golpe del 1955, ancora dopo il golpe del 1966 con Onganìa, fino alla decisiva reazione al vile massacro all’aeroporto di Ezeiza per il ritorno di Peron e definitivamente dopo il golpe del 1976. Così i Montoneros e gli altri gruppi strettamente collegati arrivarono alle prime azioni di stampo militare ed a quelle chiaramente terroristiche personali ed infine alla tentata guerriglia. Al termine dell’azione repressiva della giunta, all’inizio degli ottanta, però, i Montoneros , contavano ormai migliaia di morti o desaparecidos ed erano stati totalmente sconfitti, ancor più a fondo delle organizzazioni guerrigliere di stampo marxista, anche per paradossale maggiore contiguità iniziale all’interno di un medesimo contenitore genetico tra alcuni apparati repressivi formatisi soprattutto all’epoca del peronismo di risulta di Isabelita e del suo López Rega. Comunque il mondo progressista europeo e, per ovvi motivi, in misura più forte ancora quello italiano riceveva e faceva propria quest’immagine molto distorta e confusa della realtà argentina, almeno all’inizio, anche per tramite dei canali d’informazione collaterali, non potendo certo avallare una sostanza autenticamente popolare e di massa della reazione antigolpe, in contemporanea con la massima piena (da noi) della vulgata antifascista. In più un’ambigua reazione umanitaria era comunque mal vista anche dai governi in carica

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