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Incubi dalle sabbie
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E-book139 pagine1 ora

Incubi dalle sabbie

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Fantasy - romanzo breve (92 pagine) - "Butros, la Guida, vive nell'arida, miserabile distesa del deserto d'Arabia. Ne conosce ogni anfratto, ogni miraggio, ogni incubo"


Butros è la Guida. A lui ricorrono i capi carovana, i guerrieri, i briganti per trovare le vie più sicure o segrete del Deserto Arabo, dal Rubʿ al-Khālī all’Ḥiǧāz. Butros non fa distinzioni, non ha cause né tribù e non combatte se non per difendersi: il suo solo compito è trovare i sentieri. Vive nel deserto e probabilmente lì morirà e vi lascerà le ossa insepolte. Conosce ogni pista, ogni miraggio, ogni incubo; ha udito le voci dei Jinn e conosciuto il sihr shaitani, la magia operata attraverso i demoni. E a volte, nel suo cammino solitario nella desolazione delle sabbie, incontra porte per mondi remoti, e creature che nemmeno gli scritti sacri menzionano. 


Lorenzo Davia (Trieste, 1981) è ingegnere, giramondo e topo di biblioteca. Suoi racconti sono apparsi in varie antologie. Il suo racconto Ascensione negata è arrivato secondo classificato alla prima edizione del Premio Urania Shorts, mentre Az-Zinds è arrivato finalista la Premio Italia 2020. Ha vinto il Premio Viviani 2019 con il racconto Il tempo che occorre a una lacrima per scendere, pubblicato sul numero 4 della rivista Andromeda. Ha creato con Alessandro Forlani il progetto di scrittura condivisa “Crypt Marauder Chronicles” per il quale è uscita l'antologia Thanatolia (Watson), finalista al Premio Vegetti 2020. Assieme al Collettivo Italiano di Fantascienza ha pubblicato l'antologia Atterraggio in Italia. Il suo romanzo Capitalpunk è stato finalista al Premio Urania, al Premio Italia e al Premio Vegetti. Ha curato le antologie Pianeti dimenticati (assieme a Giorgio Smojver) e 2050 (assieme a Damiano Lotto). È arrivato finalista al Premio Stefano Di Marino con il racconto Lamento per protesi e spie.

LinguaItaliano
Data di uscita8 nov 2022
ISBN9788825422160
Incubi dalle sabbie

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    Anteprima del libro

    Incubi dalle sabbie - Lorenzo Davia

    Il Destino della Sposa

    La vedetta, distesa tra le rocce più sopra, fece con la mano cenno di salire.

    Butros la Guida guardò Usama: la precedenza andava sempre al capo. Ma il bandito gli indicò con un cenno della testa la parete rocciosa alla base della quale si erano fermati.

    Butros si arrampicò sulla dura e polverosa pietra rossastra. Raggiunse la vedetta, si accucciò e si voltò per aiutare l’altro.

    Il capo dei banditi sdegnò la mano che gli veniva offerta, si issò sulla piattaforma di roccia e insieme strisciarono fino al bordo.

    Usama era uno degli uomini più alti e muscolosi che la guida avesse mai visto: aveva una barba nera disordinata e sporca che gli scendeva fino ai fianchi, e le curve dei muscoli si distinguevano attraverso il tessuto grigio della camicia. I suoi pugni erano grandi quanto la testa di una persona normale.

    Sotto di loro, un salto di un centinaio di qasab terminava in altre pietre e sabbia.

    Poco lontano, una carovana attraversava la gola.

    Avvicinando la mano per proteggersi gli occhi dal sole, Butros distinse una scorta di guardie montate su cammelli e armate di lancia, donne velate che cavalcavano asini e un takhteravan portato da quattro cammelli. Chiudeva la carovana una fila di asini, lenti sotto il peso delle sacche e delle casse che portavano, spinti a scudisciate da servi a piedi.

    – È strano – fece notare. – Una carovana di sole donne?

    – Una sposa – tagliò corto Usama – che vuole raggiungere il futuro marito alla Città Santa.

    – Ma la Città Santa non è da quella parte.

    – E allora dove stanno andando?

    – Non lo so, quella pista conduce al deserto. Al nulla.

    Usama fece spallucce.

    – Che importa! Hai visto quegli asini o sei cieco? Sono pieni di merce. Di sicuro c’è una dote. Per non dire delle donne del seguito.

    La sua bocca si aprì in un sorriso cattivo e lussurioso prima di aggiungere: – E la sposa deve essere molto bella. Vorrò fare la sua conoscenza.

    – Hanno anche una scorta.

    Il capo dei banditi lo guardò sprezzante: – Non saranno un problema. Di sicuro dei vagabondi assoldati in qualche sosta del il pellegrinaggio. Dimmi, Guida, dov’è il posto migliore per tendere loro un agguato?

    Butros al-Murshid conosceva quei deserti roccia per roccia, duna per duna, e metteva questa sua conoscenza al servizio dei briganti. Era l’unico motivo per il quale non lo avevano già ucciso.

    E dopotutto, che male c’era a derubare ricchi ipocriti durante il loro pellegrinaggio?

    – Questa sera, poco prima del tramonto, passeranno in un tratto della gola dove le pareti sono più basse e frastagliate.

    – Nascondigli?

    – Quanti ne vuoi, e nemmeno si accorgeranno dei tuoi uomini fino a quando sarai loro addosso.

    – Scendo ad avvisare i miei.

    Usama si allontanò strisciando. Butros rimase a osservare la carovana.

    * * *

    La Guida di solito non partecipava agli attacchi. Si limitava a indicare i luoghi migliori in cui tendere gli agguati e le vie di fuga; suggeriva a Usama i pozzi dove i predoni si potevano radunare nel caso si fossero separati inseguendo qualche fuggitivo e i sentieri meno sorvegliati per ritornare alla loro base.

    Qualche volta Usama gli ordinava di seguirlo: Butros era in dubbio se facesse così perché non si fidava di lui, e volesse tenerlo vicino per poterlo uccidere liberamente, a seconda del suo estro, oppure perché la Guida gli avrebbe permesso la più rapida fuga in caso di ritirata, facendo perdere le loro tracce tra le montagne sassose.

    Lo avevano catturato mesi prima, con l'intenzione di chiedere un riscatto a suo padre. Butros, audace e sprezzante, aveva riso loro dietro, informandoli che suo padre non ne voleva sapere niente di lui. Li aveva convinti a tenerlo in vita in cambio della sua esperienza del deserto.

    Questa volta chiese lui di essere presente. Usama lo squadrò sospettoso.

    – Non pensare che solo perché partecipi all’assalto ti meriti una parte maggiore del bottino. Ti paghiamo per fare la guida, Butros, non per combattere. Per questo bastiamo io e i miei uomini.

    I banditi risero, scossero la testa e continuarono ad affilare le lame.

    – Ogni tanto fa bene vedere un po’ di azione – disse Butros. In realtà era incuriosito da questa carovana di sole donne dirette al nulla del deserto. E dalla sposa nel takhteravan.

    Sempre che di una sposa si trattasse.

    I banditi si nascosero dietro i massi più grossi, dentro i crepacci più bui.

    Butros rimase acquattato assieme a tre predoni dietro una roccia, immobile nell’ombra della gola finché non si alzò il richiamo della tortora.

    Senza urla e senza rumore, gli arcieri uscirono dalle loro tane e iniziarono a bersagliare la scorta della carovana, uccidendo alcune guardie.

    Prima che i superstiti potessero organizzarsi i banditi calarono su di loro con le scimitarre, i saif, i nimcha. Butros seguì i tre predoni che si aprivano la strada verso il takhteravan, dove stava la parte più preziosa del bottino.

    Visti da vicino i soldati della scorta non erano i pezzenti che molto spesso accompagnavano le carovane. Erano equipaggiati con piccoli scudi sui quali erano dipinti degli stemmi rosso e oro e le loro kefiah avevano gli stessi colori. Sembravano addirittura professionisti: non urlarono di paura e non persero tempo a dare o ricevere ordini: alcuni scesero da cammello per creare una linea di difesa, mentre gli altri partirono alla carica contro i predoni.

    Il bandito davanti a lui fu decapitato dalla spada di una guardia, Butros si lanciò di lato per evitare di essere travolto dal cammello. Il soldato girò la bestia e caricò di nuovo, ma i due banditi superstiti lo sventrarono facendolo schiantare al suolo proprio davanti alla Guida.

    L’uomo della scorta balzò subito in piedi e sollevò la spada per colpire Butros, ma uno dei predoni lo attaccò alle spalle e lo trafisse con la scimitarra. Il soldato cadde senza emettere un suono.

    Butros sollevò lo scudo del morto e studiò lo stemma. Rappresentava una strana creatura marina dalla quale spuntavano tentacoli e ali. Lasciò cadere lo scudo e si concentrò sulla battaglia.

    Per quanto ben organizzati, i soldati della scorta poco potevano contro la ferocia e la determinazione dei banditi. In breve furono tutti uccisi e i predoni poterono sgozzare i servi, trarre via a forza le donne e portare via il bottino.

    Butros puntò al takhteravan: una pedana portata sulla groppa da quattro cammelli, sulla quale era eretta un tenda color cremisi.

    La Guida sollevò i lembi della tenda e, coltello in mano, entrò.

    La ragazza all’interno alzò gli occhi su di lui. Non mostrò paura, non gridò, non tentò di aggredirlo. Rimase seduta a gambe incrociate sul tappeto a fissarlo. Nei suoi occhi Butros lesse curiosità e sollievo.

    Era snella e armoniosa, con i capelli neri liberi e sciolti sulle sue spalle; gli occhi erano di un azzurro pallido. Indossava una camicia di seta bianca, un paio di pantaloni ricamati di cotone e babbucce di velluto. Non era armata.

    La Guida le si avvicinò nello stretto spazio della tenda.

    – Siete qui per salvarmi?

    – Salvarti da cosa, ragazza?

    Lei aprì la bocca ma prima che potesse rispondere una voce la interruppe.

    – Ah, eccoti qua, Butros!

    Era Usama, che teneva sollevato un lembo della tenda con la mano sinistra, mentre con la destra puntava la scimitarra all’interno.

    La puntava verso Butros o verso la ragazza?

    Butros si allontanò dalla ragazza facendo spazio a Usama, che entrò nel takhteravan. Ora che erano in tre lo spazio era proprio ridotto e Usama, la spada abbassata, stava a un palmo da Butros, che poteva sentire il suo fetido alito.

    Il capo dei banditi guardò la donna con occhi pieni di lussuria. A stento distolse gli occhi per fissarli sulla Guida. Butros sapeva che doveva dire qualcosa e stare molto attento, altrimenti Usama lo avrebbe ucciso all’istante.

    – Volevo assicurarmi che la ragazza stesse bene, Usama.

    Il capo prima guardò la ragazza, che seguiva la scena con disinteresse, poi di nuovo Butros.

    Sorrise, mostrando i suoi denti marci. Afferrò la ragazza e la lanciò fuori dalla tenda.

    – Prendi tutto quello di valore che c’è qua dentro e raggiungici fuori.

    Lasciato solo, Butros aprì le sacche presenti nel takhteravan. Indumenti femminili eleganti, qualche cianfrusaglia, ma niente di valore.

    Le donne della carovana si erano arrese senza reagire, e con i loro burqa rossi ancora addosso formavano un gruppo compatto di una decina di persone, tenuto sott’occhio da un paio di predoni.

    Butros non le sentì parlare, piangere o supplicare.

    La ragazza, alla quale qualcuno aveva avvolto la testa in uno scialle, era stata messa assieme alle altre donne, ma lei se ne teneva in disparte: prigioniera sì, ma qualcosa la separava dalle altre.

    La Guida si chiese che relazione ci fosse tra la ragazza e le donne. Nessuna di loro sembrava curarsi della presunta sposa. Non aveva una madre, una sorella, una cugina che l’accompagnasse alle nozze?

    Butros dubitò ancora di più che quella ragazza fosse chi avevano pensato che fosse.

    * * *

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