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La custodia rossa. Il Maresciallo: quarta missione
La custodia rossa. Il Maresciallo: quarta missione
La custodia rossa. Il Maresciallo: quarta missione
E-book209 pagine2 ore

La custodia rossa. Il Maresciallo: quarta missione

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Info su questo ebook

Continua la saga dei nostri due protagonisti, questa volta per un puro caso dovuto alla passione del Comandante Mike – alias Fabrizio – di collezionare le famose “Spy-Camera” fabbricate dalla Minox sin dagli anni Trenta e utilizzate fino all’avvento della fotografia digitale da tutti gli agenti segreti del mondo per la fotografia dei documenti segreti e siti d’interesse militare. Viene in possesso di una “Spy-Camera” insolita perché, a differenza di tutte le latre, ha la custodia “rossa”.
Assieme alla “Spy-Camera”, inoltre, gli vengono regalati dieci rullini di pellicola che riaccendono la sua vecchia passione di fotografo. Recuperata, quindi, la sua attrezzatura in soffitta ne provvede allo sviluppo che rivelerà decine e decine di pagine e schemi misteriosi tutti scritti in arabo, lingua a lui sconosciuta. Su indicazione di Martina, cerca Alex, il Colonnello delle forze speciali che, essendo dislocato a Kabul, potrebbe aiutarlo a capire a cosa si riferiscono quei fotogrammi. Inaspettatamente, un’importante scoperta darà il via a una nuova “missione” internazionale con un finale del tutto inatteso.
LinguaItaliano
Data di uscita5 dic 2022
ISBN9788855127943
La custodia rossa. Il Maresciallo: quarta missione

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    Anteprima del libro

    La custodia rossa. Il Maresciallo - Fabrizio Michele Galeotti

    9788855121835-g.jpg

    Fabrizio Michele Galeotti

    La custodia rossa

    Il Maresciallo: quarta missione

    Copyright© 2022 Edizioni del Faro

    Gruppo Editoriale Tangram Srl

    Via dei Casai, 6 – 38123 Trento

    www.edizionidelfaro.it

    info@edizionidelfaro.it

    Prima edizione digitale: dicembre 2022

    ISBN 978-88-5512-183-5 (Print)

    ISBN 978-88-5512-794-3 (e-book)

    Questo romanzo narra esperienze vissute, ma i riferimenti a nomi di persone, fatti e azioni sono del tutto immaginari. Eventuali concomitanze, riconducibili dal lettore a fatti, nomi e personaggi della storia passata e odierna sono da considerarsi involontarie.

    Dello stesso autore: La torre, La finestra, Martina, Il maresciallo, Il codice, Il cavallo di Troia, Vincitori e vinti, Enigma

    http://www.edizionidelfaro.it/

    https://www.facebook.com/edizionidelfaro

    https://twitter.com/EdizionidelFaro

    http://www.linkedin.com/company/edizioni-del-faro

    Il libro

    Continua la saga dei nostri due protagonisti, questa volta per un puro caso dovuto alla passione del Comandante Mike – alias Fabrizio – di collezionare le famose Spy-Camera fabbricate dalla Minox sin dagli anni Trenta e utilizzate fino all’avvento della fotografia digitale da tutti gli agenti segreti del mondo per la fotografia dei documenti segreti e siti d’interesse militare. Viene in possesso di una Spy-Camera insolita perché, a differenza di tutte le latre, ha la custodia rossa. Assieme alla Spy-Camera, inoltre, gli vengono regalati dieci rullini di pellicola che riaccendono la sua vecchia passione di fotografo. Recuperata, quindi, la sua attrezzatura in soffitta ne provvede allo sviluppo che rivelerà decine e decine di pagine e schemi misteriosi tutti scritti in arabo, lingua a lui sconosciuta. Su indicazione di Martina, cerca Alex, il Colonnello delle forze speciali che, essendo dislocato a Kabul, potrebbe aiutarlo a capire a cosa si riferiscono quei fotogrammi. Inaspettatamente, un’importante scoperta darà il via a una nuova missione internazionale con un finale del tutto inatteso.

    L’autore

    Fabrizio Michele Galeotti è nato nel 1951 a Carrara dei Marmi (MS). Oggi vive a Domegliara di Sant’Ambrogio Valpolicella (VR) dove, dal 1986, dirige un’infrastruttura di importanza strategica del comparto energetico nazionale alla quale ha partecipato alla progettazione e realizzazione. È alla sua prima esperienza editoriale, maturata per la volontà di pubblicare una storia radicatasi nel tempo nella sua mente. Altre esperienze parallele sono la scrittura di dispense e manuali per la formazione degli addetti ai processi industriali del settore energetico. Le sue passioni di sempre sono la storia del territorio coinvolto nel secondo conflitto mondiale, le radiotrasmissioni in onde corte, la radioastronomia e ricerca spaziale. Fa parte della grande famiglia dei radioamatori con il nominativo di IK3SCE.

    A Graziadio (Graziano) Mazzi,

    un uomo di inestimabile valore

    imprenditoriale, sociale e umano

    7 febbraio 1946 – 15 maggio 2022

    R.I.P.

    La custodia rossa

    Il Maresciallo: quarta missione

    La Minox

    Niente da fare; anche quella sera, seduto alla consolle del Labo, non riuscivo a rintracciare Alex in alcun modo. Dove si era cacciato? Avevo urgenza di contattarlo per dirgli della scoperta che avevo fatto, del tutto casuale, nelle settimane precedenti. Volevo che mi desse consulenza per scoprire a cosa si riferisse quella serie di fotografie che avevo sviluppato con la mia vecchia attrezzatura di fotografo, ma tutti i tentativi stavano andando a vuoto. Avevo il brutto presentimento che quelle immagini fossero importanti e molto pericolose.

    Avevo lanciato parecchi appelli, utilizzando le varie frequenze radio satellitari, che Alex mi aveva insegnato, ma non c’era stata fino a quel momento nessuna risposta, né mi aveva dato un cenno via cellulare o telefono satellitare. Nulla di nulla. Era lungi da me impiegare la frequenza della sede dell’Intelligence a Langley; sarebbe scoppiato un vero putiferio internazionale senza di lui che mi introducesse e mi presentasse. No, meglio non premere quei tasti; dunque, cosa fare? Tra l’altro mi era venuta una certa apatia, a causa del brutto momento che stavo passando, causato da una serie di incomprensioni con l’azienda dove avevo prestato servizio per trentaquattro anni. L’avevo diretta nel migliore dei modi, però tali intolleranze si erano tramutate in un’acredine ingiustificata e dolorosa. Ma era questa la realtà e, come si suol dire, dovevo mettere da parte quella storia e godermi la pensione. Tutti gli amici mi dicevano di farlo, non ultimo lo stesso Alex, che mi aveva rimproverato di dedicare ancora del tempo a quelle faccende, sollecitandomi a lasciar perdere. Dopo quello che avevo compiuto nelle nostre missioni, avevo già dimostrato grande professionalità in vari settori, come nelle telecomunicazioni. Cosa mi importava di essere stato congedato, dopo così tanti anni di servizio esemplare, senza nemmeno un ciao? Avevo conseguito un’importantissima onorificenza, che valeva più di ogni altra cosa; quindi, dovevo scordarmi il resto, acqua passata. In fondo, aveva ragione, perciò cercavo di dimenticare, dedicandomi ai miei hobby sofisticati. Poi mi era capitata, all’improvviso, tra le mani quella Minox con la custodia rossa e una manciata di rullini di pellicola; la brutta storia che provocò, mi deflagrò poi in maniera del tutto involontaria.

    Già, le Minox. Mi piacevano queste particolari macchine fotografiche in miniatura, note come Spy Camera. Ideata nel 1922 e creata nel ’36 da Walter Zapp; la fotocamera Minox fu fabbricata a Riga, in Lettonia, dal ’37 al ’43. Dopo la Seconda guerra mondiale, per la precisione dal ’48, venne prodotta in Germania e usata fino all’avvento delle microcamere digitali. Oggi costituisce un oggetto per collezionisti come me oppure viene utilizzata in quei paesi del mondo dove, per vari motivi, non esiste un’elettronica digitale diffusa. Là si basano ancora su apparecchi fotografici analogici e sviluppo delle classiche pellicole fotografiche con vecchi sistemi a bagno chimico. La Minox nasce con alcune caratteristiche fondamentali, che rimangono sostanzialmente invariate nel tempo. La macchina ha un sistema di apertura telescopico; quando è chiusa, nasconde obiettivo e mirino, quest’ultimo con correzione automatica della parallasse. Le dimensioni sono 80 × 27 × 16 millimetri e il peso è 130 grammi. Adopera una pellicola larga 9,2 millimetri, con un fotogramma di 8 millimetri × 11 millimetri. Il caricatore ha inizialmente una capacità di 50 fotogrammi, in seguito salgono a 36 o 15. L’obiettivo ha una lunghezza focale di 15 millimetri e una luminosità f/3,5 consentendo riprese ravvicinate fino a 20 centimetri. I tempi dell’otturatore meccanico, a tendine metalliche, vanno da 1/2 a 1/1000 di secondo, più le pose B e T: è pertanto una vera fotocamera professionale in miniatura.

    Di solito, la sua custodia in pelle è di colore nero o marrone; perciò, quando il mio amico Maurizio, commerciante d’ottica, mi segnalò che ne aveva una con l’astuccio rosso, non persi l’occasione e l’acquistai al volo. Nel prezzo pattuito c’era anche una decina di minuscoli rullini di pellicola fotografica, qualcuno già consumato: ciò mi rese ancora più felice perché potevo completare il cofanetto da esporre nella vetrina dei miei apparecchi fotografici in bella sequenza. Ne avevo una cinquantina, alcuni ben tenuti, altri assai usurati, che facevano correre la mia fantasia, pensando a chissà quali missioni avevano partecipato nelle mani di spie di tutti i paesi.

    Tornai con la mente a come ero entrato in possesso dei primi esemplari di queste Spy-Camera e sorrisi. Ne ero rimasto affascinato da quando vidi i primi film dedicati all’agente segreto britannico James Bond – 007 – quindi mi ero portato dentro questo desiderio. Finché, negli anni ’90, durante una delle tante attività radioamatoriali alle quali prendevo parte. Vi conobbi, tramite l’amico Ciro, titolare di un’azienda di telecomunicazioni, un Maresciallo dell’Arma esperto di radiocomunicazioni, in servizio presso il tribunale militare di Verona. Quando ci incontrammo in questa città veneta, mi presentai: Sono Fabrizio. Egli ribatté: Il mio nome è Frank, tutti mi chiamano col diminutivo. Poi mi disse che un’altra sua grande passione era quella di collezionare macchine fotografiche di piccolo taglio di pellicola. Drizzai le orecchie e subito gli chiesi se per caso erano Spy-Camera. Il Maresciallo mi rispose di sì; ne aveva tanti esemplari, tra i quali spiccavano per formato ed efficienza le famose Minox. Ovviamente, desiderando procurarmene uno, lo pregai di cedermelo; dopo lunga riflessione, acconsentì con mia grande soddisfazione. Mi diede appuntamento l’indomani all’ingresso del tribunale militare, dove avrei dovuto farlo rintracciare dal piantone di servizio. Quindi riprendemmo a dialogare di radiocomunicazioni in onde corte.

    Il giorno seguente, in perfetto orario, arrivai in tribunale e mi rivolsi al piantone di servizio, facendogli il nome del sottufficiale. Egli compose un numero telefonico interno, poi disse qualcosa e mi chiese di attenderlo nella saletta ospiti; sarebbe giunto entro pochi minuti. Così avvenne; stavolta era in borghese, con una borsa a cartella sotto il braccio e modi circospetti. Mi accorsi che si guardava in giro come se aspettasse di essere osservato: pensai a una deformazione professionale, quindi mi invitò a seguirlo presso il bar di fronte, in cui prendemmo un caffè. Nella saletta interna c’era solo un altro signore, che stava leggendo il giornale. Le pagine lo nascondeva completamente, ma al momento non ci feci caso poiché ero attratto dalle due piccole macchine fotografiche estratte da Frank dalla sua cartella. Le celava col suo corpo, come se temesse di essere visto. Già, mi dissi, non solo raccoglie Spy-Camera ma entra anche nel ruolo di chi le usa. Insomma, per farla breve, concludemmo l’affare: io lo pagai, uscimmo e risalii sulla mia auto, soffermandomi a esaminare quei gioielli. Allora notai il signore col giornale dispiegato, che stava uscendo dal locale ed entrava in tribunale, salutato militarmente dal piantone di servizio. Così capii l’azione alla quale avevo partecipato inconsciamente, il venditore era lui e non l’amico, dunque mi ero imbattuto nell’Intelligence dell’Arma! Scossi la testa, sorridendo; misi in moto l’auto per rientrare a casa.

    Adesso, invece, Alex non era rintracciabile coi mezzi di comunicazione usuali che avevo a mia disposizione. Decisi di fare un altro tentativo, appena il tempo meteorologico me ne avesse dato la possibilità. Ormai erano un paio di settimane che quotidianamente pioveva e, secondo le ultime notizie, era prevista pure neve a bassa quota, Perciò non avevo voglia di prendermi un raffreddore e rinunciai a installare la radio tattica Tacsat con la sua antenna in giardino. Dovevo pazientare finché la situazione meteo non fosse migliorata; con quella radio militare, donatami al termine della scorsa missione, sapevo che avrei potuto contattare il sergente maggiore Di Majo, addetto a ricevere quelle chiamate sulla frequenza d’ascolto sempre attiva. Il sergente maggiore lo conoscevo molto bene, assieme al sergente Lentini, due americani di origine italiana, componenti dei Green Berets, Berretti Verdi, forze speciali e più precisamente siciliane. Li avevo conosciuti nelle operazioni precedenti, svolte in zona e anche altrove, guidate dal Colonnello Alex, ex Maresciallo maggiore dell’Arma dei Carabinieri, oggi nei servizi speciali Green Berets. Erano stati anche nostri ospiti e avevano potuto apprezzare la cucina di mia moglie Martina. Quella volta si era cimentata in ricette siciliane, quindi lui era la mia ultima spiaggia per raggiungere Alex. Sì, avrei fatto così appena possibile poiché bisognava condividere con lui il materiale fotografico che avevo scoperto, sviluppando quei rullini. Perciò dovevo attendere una giornata soleggiata, magari senza neve. Guardai fuori della finestra e, in effetti, come i meteorologi avevano preannunciato, il cielo plumbeo del pomeriggio annunciava una bella nevicata. Del resto, quest’anno l’inverno ci aveva regalato freddo, pioggia e neve.

    In Labo non avevo più niente da compiere, quindi spensi le apparecchiature, ma lasciai attiva quella del radiofax. Magari sarebbe arrivata la risposta alle mie numerose chiamate attraverso messaggi. Era improbabile ma la speranza è l’ultima a morire! Perciò, prima di lasciare e scendere da Martina, trascorsi un po’ di tempo a recuperare l’apparato e l’antenna Tacsat radio-tattica satellitare per verificare le batterie e il corretto funzionamento in maniera tale che non appena fosse possibile utilizzarla in giardino potessi tentare di chiamare il sergente maggiore Di Majo certo che mi avrebbe risposto su quella frequenza.

    Poi cercai il materiale riposto dopo la missione precedente, denominata Enigma, nei vari armadi situati nella sua stanza. Però mi sentii chiamare dal basso da mio nipote Francesco, venuto a trovarmi accompagnato dai suoi genitori. Subito pensai che fosse il momento meno opportuno, ma poi gli risposi e il ragazzo salì le scale per raggiungermi. Curioso come sempre, mi chiese cosa stessi facendo, notando tutte le apparecchiature spente; pertanto, non avevo operazioni in corso. Gli replicai: Stavo rovistando in cerca del materiale incluso nella radio Tacsat, da te conosciuta. Così mi spiegò che ero nella zona sbagliata.

    «come sarebbe Francesco, cosa ne sai?»

    «Certo nonno, ti aiutai lo scorso anno, non ricordi? Alla fine togliemmo tutte le apparecchiature e, quindi, rammento che è nell’armadio bianco in fondo al Labo, quello in penombra.»

    Aguzzai la vista; solo allora mi tornò in mente che l’avevamo sistemato là.

    «adesso ricordo, Francesco, hai proprio ragione; riponemmo la radio in quel posto, anzi tu lo facesti.»

    Andammo presso l’armadio e, aperta una delle ante, sbucò da sopra uno dei ripiani, la speciale radio satellitare da dentro un sacco di plastica. La proteggeva dalla polvere del tempo e, a fianco, rinvenimmo pure il contenitore cilindrico in tela mimetica dell’antenna smontata.

    La estraemmo, depositandola sul banco di lavoro, accendendo le luci per illuminarlo, poi Francesco tolse l’involucro e io presi lo strumento dall’altro bancone per verificarne la carica delle batterie. Riscontrai che inaspettatamente avevano tenuto tutto quel lasso di tempo. Quindi potevamo provarla subito e mettere in carica quel pacco batterie che avevo aggiornato, sostituendo quelle originali. Infatti ne avevo acquistato di nuove, da un nostro abituale fornitore di materiale elettrico ed elettronico, in città.

    L’accesi ruotando la manopolina e subito comparve la piccola spia a Led che ne testimoniava l’efficienza. Come mi attendevo, dopo una manciata di secondi, si spense, bloccando l’apparato radio, ma c’era il trucco. Quando avevo ricevuto tale radio, mi aveva fatto perdere un sacco di tempo; all’accensione, per ragioni di sicurezza nel caso cadesse in mani nemiche, presto sul display LCD appariva un messaggio di errore. Lampeggiava e, da quella posizione, non ero riuscito a continuare poiché mi trattava come un nemico. L’illuminazione giunse dallo stesso Alex in un colloquio successivo, quando avevo perso ogni speranza di farla funzionare. Mi chiese di contattarlo con quella stazione radio e gli risposi che probabilmente si era guastata; sul display compariva quasi subito error-error-error. Da lì non ci si muoveva; mi aspettavo un rimbrotto, ma udii la sua sonora risata, seguita dalle spiegazioni.

    Per forza, Fabrizio, si comporta così;va in protezione automatica scambiandoti per un potenziale nemico; prova a premere per tre volte il tasto Enter del piccolo tastierino alfanumerico: vedrai che si accenderà e funzionerà.

    Il trucco era stato svelato; per miracolo la scritta di errore scomparve e iniziò un test di funzionamento, al termine apparve la frequenza impostata coi dati di riferimento. Mi misi a sorridere e l’accesi; dopo pochi secondi, lessi il messaggio di errore che mostrai a Francesco. Ci rimase male, poi gli dissi di aspettare; premetti tre volte il tasto Enter: subito la routine di test partì e si concretò la frequenza finale, fissata per l’ultimo collegamento della missione precedente.

    Tutto era in regola e funzionante, ma volli essere ancora più sicuro, insegnando anche al caro Francesco. Si appassionava molto a quello che mi vedeva fare, poi l’applicazione tecnologica entrava a far parte del suo programma di scuola delle Medie; quello che scopriva da me poteva servirgli. Richiamai la sua attenzione sull’apparecchiatura elettronica poggiata

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