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Come tutto ha avuto inizio
Come tutto ha avuto inizio
Come tutto ha avuto inizio
E-book387 pagine3 ore

Come tutto ha avuto inizio

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Info su questo ebook

Questo romanzo, che segue "Il gruppo delle anime invisibili" mostrerà al lettore quali tipi di esperienze, di contesti sociali e familiari e di passati si celano dietro ad un disturbo. Emergeranno realtà dure e crude in cui la sofferenza si fa strada, donando tuttavia al soggetto vedute differenti che inizialmente erano rimaste nascoste.
LinguaItaliano
Data di uscita30 gen 2023
ISBN9791221457728
Come tutto ha avuto inizio

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    Anteprima del libro

    Come tutto ha avuto inizio - Giulia Gabriele

    1: CONOSCENZA

    Nel lontano 1993, Melanie Parker e Roland Morris s’incontrarono in un parco del paese. Entrambi notarono subito una scintilla fra loro e decisero di conoscersi. La loro relazione iniziò pochi mesi dopo.

    Il loro fu un rapporto di sincerità e di aiuto reciproco. Alla base c’era la fiducia. Melanie non fu mai tanto gelosa di Roland perché si fidava di lui e credeva nel fatto che non l’avrebbe mai tradita.

    Melanie era una bella donna, aveva lunghi capelli scuri e due occhi verde smeraldo. Era piuttosto magra e faceva la sua figura. Roland invece era alto e più massiccio, aveva due grandi occhi celesti e i capelli biondo chiaro.

    La loro era una coppia felice. Spesso gli capitava di vedere fidanzati che avevano continui battibecchi e pensavano a quanto fossero fortunati.

    Una volta, vicino casa, videro due giovani che si urlavano contro. La ragazza affermava che lui non potesse vedere le sue amiche in sua presenza, perché era incline alle passioni e all’impulsività. D’altro canto anche il ragazzo ribatteva che lei fosse insopportabile e pesante, attributi nei quali lei non si riconosceva.

    Melanie e Roland potevano vantarsi di essere sempre stati dipinti dai loro conoscenti come una coppia invidiabile e serena.

    Mentre Melanie aveva un carattere più remissivo, tranquillo e solare, Roland era impulsivo e misterioso, ma mai era stato aggressivo, tantomeno con Melanie.

    Vivevano in una villa di una piccola città americana. Era dotata di un giardino e di una piscina all’esterno.

    Insomma i soldi per loro non mancavano. Melanie infatti era a capo di una ditta di assicurazioni, mentre Roland era un medico molto affermato in città.

    Da tempo però la coppia faceva fatica a gestire i problemi quotidiani e Melanie, non riuscendo a reagire, accumulava rabbia e frustrazione.

    Ci fu però un episodio che rovinò l’atmosfera familiare e la vita, oltre che di una donna, anche di una bambina: Malkina.

    Capitolo 2: INCINTA

    Il sette aprile 1997 fu un giorno che mai nessuno avrebbe più dimenticato.

    Erano le otto e venti di mattina e Melanie era ferma di fronte alla porta chiusa della stanza di Roland.

    Aveva da confessargli una cosa molto importante, ma aveva altrettanta paura di come avrebbe potuto reagire.

    Facendosi coraggio, bussò alla porta della camera in cui stava Roland, ma nessuno venne ad aprire, così ci provò di nuovo, ma nuovamente non ci furono riscontri da parte del compagno.

    Posso entrare? chiese Melanie.

    Non ci risposta.

    Così Melanie aprì la porta, ma vedendo lo sguardo scocciato di Roland, fece per andarsene.

    Cosa c’è che insisti a voler entrare? le chiese bruscamente il compagno.

    Dovrei parlarti di qualcosa d’importante, ma se sei impegnato possiamo posticiparlo disse.

    Ormai mi hai deconcentrato, non so se ti accorgi di cosa succede intorno a te l’accuso Roland.

    Mi dispiace si limitò a ribattere Melanie.

    Qual è quest’importante notizia che vuoi darmi?

    E’ difficile parlartene.

    Ti ascolto, però sbrigati che ho da fare.

    Melanie, sentendosi pressata dall’uomo che amava, si sentì ancora più in soggezione. Intanto la sua sofferenza aumentava.

    Dimmi ciò di cui volevi parlarmi incalzò.

    E’ da qualche mese che mi succede di sentirmi poco bene iniziò Melanie.

    E’ solo questo ciò che volevi dirmi?

    No, fammi parlare.

    Non mi sembra che tu stia dicendo molto.

    Melanie ignorò questa frase e proseguì a parlare.

    Decisi dunque di andare a farmi visitare da un medico, ma non riscontrò nulla disse.

    Allora cosa c’è che non va?

    Melanie a questa affermazione fece una smorfia con il viso.

    Ho preferito fare altri accertamenti e mi sono recata da una ginecologa disse Melanie.

    In seguito ci fu una pausa nella sua voce.

    Roland la guardava, finalmente preoccupato.

    Sono incinta aggiunse.

    Come?

    Lo sono.

    E’ sicuro?

    Si, lo è.

    Perché me l’hai detto solo ora? la sua preoccupazione e la sua aggressività aumentavano.

    L’ho scoperto poco tempo fa.

    A quanti mesi sei?

    Non lo so ancora.

    E cosa stai aspettando a capirlo? l’aggredì Roland.

    Ho già prenotato un appuntamento.

    Appena sai qualcosa fammi sapere.

    Sì, certo, ma… disse Melanie ma Roland aveva già richiuso la porta della stanza.

    Non riusciva a spiegarsi cosa sarebbe cambiato sapere i mesi, aveva intuito che quella che spingeva Roland a comportarsi così era la preoccupazione di non poter abortire, ma Melanie non sarebbe stata d’accordo in ogni caso.

    Melanie si allontanò, ma mille pensieri l’assillavano. Non si sentiva capita, anzi trovava Roland sempre più aggressivo nei suoi confronti, a maggior ragione in un momento per lei così delicato.

    Nemmeno sapeva da cosa era scaturita questa ostilità fra lei e il suo compagno, ricordava solo che ciò era successo.

    Capitolo 3: GINECOLOGA

    Quel mattino, Melanie si avviò di fretta dalla ginecologa. Era in ritardo di dieci minuti e non avrebbe mai e poi mai perso l’appuntamento. Non sarebbe riuscita a riaffrontare Roland.

    Entrata nello studio, la dottoressa la stava aspettando impaziente.

    Scusi il ritardo disse.

    Non si preoccupi le rispose, provando a rassicurarla.

    La visita proseguì in modo adeguato, non ci furono complicazioni e tutto fu sereno, poi la ginecologa si allontanò un momento per informarla del risultato.

    Quindi? chiese Melanie preoccupata.

    La dottoressa abbassò lo sguardo.

    Appena Melanie la vide si voltò disperata.

    Mi dispiace disse solamente la ginecologa.

    Posso sapere a quanti mesi sono? chiese Melanie fingendo di non intuirlo.

    E’ a quattro mesi.

    Melanie si accasciò sulla sedia.

    Non è più possibile l’aborto disse.

    Lo so rispose Melanie piangendo.

    Ci furono momenti inesorabili di silenzio. In seguito Melanie la ringraziò, uscì dalla stanza e percorse la strada per tornare a casa.

    Intanto pensieri terribili le passavano per la mente, nemmeno sapeva come avrebbe potuto dare la notizia a Roland, né tantomeno come lui l’avrebbe presa.

    Capitolo 4: NOTIZIE

    Appena varcò l’entrata di casa sua, vide Roland seduto di fronte a lei.

    Ciao lo salutò con agitazione.

    Com’è andata?

    Melanie socchiuse gli occhi per un momento, odiava essere invisibile per il suo compagno, avrebbe voluto sparire realmente. Sapeva che nessuno ne avrebbe patito, anzi.

    Bene direi mentì.

    Sì? chiese Roland sollevato.

    .

    Cosa c’è allora che non va?

    Ci fu un momento di silenzio, poi preso coraggio Melanie gli rispose.

    Sono al quarto mese, non posso più abortire.

    Come?

    E’ così, non posso farci più nulla.

    Mi hai detto che era andata bene! le urlò contro Roland.

    Io non avrei abortito comunque.

    Non prendermi in giro.

    Non lo sto facendo.

    Io ho la sensazione che sia così.

    Beh non lo è disse Melanie allontanandosi dalla stanza.

    Dove stai andando?

    L’aggressività e l’agitazione di Roland aumentavano a vista d’occhio.

    Me ne vado, non posso stare qui.

    E il bambino?

    E’ un bambina.

    Non m’interessa cos’è.

    E’ proprio questo il problema, non lo capisci?

    Cosa?

    Ho tua figlia nella pancia, e a te non interessa nulla gli rispose,

    Lo sguardo di Melanie era un misto di preoccupazione, rabbia e disgusto per l’uomo che tanto amava.

    Non l’ho voluta certo io quella bambina! sbraitò Roland.

    A quella frase, Melanie uscì di casa sbattendo la porta.

    Non andartene! urlò Roland, ma Melanie ormai non poteva più sentirlo.

    In seguito Roland si accasciò per terra esausto e spaventato da quella serie di avvenimenti che lo avevano tanto sconvolto.

    Intanto Melanie camminava in preda all’emozioni. Era straziata dal fatto che il suo compagno non accettasse la sua bambina e ancora di più che provasse tanto ribrezzo per lei.

    Quando calò la sera, Melanie decise di tornare a casa.

    Appena entrata vide Roland steso al suolo.

    Cosa stai facendo? gli chiese.

    Soffro si limitò a rispondere Roland.

    La rabbia di Melanie scaturì di nuovo.

    Pensi che io non stia davvero male? Che non abbia paura? gli domandò con fare accusatorio.

    Io non ho parlato di te.

    Esatto, tu non ti riferisci mai a me, pensi solo a te stesso.

    Questo non è vero.

    Certo che lo è. In un momento come questo dovresti sostenermi, non aggredirmi gli disse.

    Permetti che possa avere paura?

    E alla mia paura chi ci pensa?

    Roland la guardò con pietà, come se stesse parlando con una bambina. Melanie se ne accorse.

    Se ti faccio pena, non ha senso che continuiamo a stare insieme disse.

    Hai ragione.

    Melanie lo guardò fisso negli occhi, non si aspettava quella risposta.

    Ora però abbiamo una bambina a cui pensare. Appena ci saremo tolti il cruccio, potrai anche andartene.

    Alla parola ‘cruccio’ Melanie scoppiò in un pianto. Non avrebbe mai accettato che quell’uomo definisse sua figlia come un problema.

    Non fare così cercò di rassicurarla Roland.

    Non posso comportarmi in alcun modo se non questo per le scelleratezze che dici disse.

    Dobbiamo solo sistemare quest’affare, poi ognuno andrà per la sua strada replicò Roland.

    Io non so cosa fare, non posso abortire te l’ho detto.

    Ci rimane ancora l’opzione dell’adozione però.

    Dare la nostra bambina ad altre persone?

    E’ la cosa giusta da fare.

    Non lo so.

    Merita una buona vita e noi non siamo in grado di dargliela.

    Melanie sapeva che i suggerimenti che le stava fornendo Roland erano solo un modo che lui aveva per convincerla ad abbandonare la bambina, ma effettivamente non c’era null’altro da fare. La bimba non meritava di vivere in una famiglia come la loro e in ogni caso Roland non l’avrebbe mai accettata.

    Quindi? incalzò Roland.

    Melanie tra le lacrime annuì.

    Allora procediamo così le rispose Roland.

    Non stavano parlando di un pacco, ma della vita di una bambina, pensò Melanie. Pur avendo problemi con lui già da tempo, Melanie non aveva mai visto Roland così distaccato da lei.

    Si alzò da terra e si chiuse nella sua stanza da letto. Era affranta da tutto ciò che era accaduto.

    Capitolo 5: PARTO

    I mesi successivi passarono inesorabili fra pentimenti e sofferenze. La bambina non sarebbe stata l’unica a vivere l’abbandono, Melanie lo stava vivendo già da tempo.

    Erano mesi che era caduta nella depressione. Era routine che prima di tornare a casa dal lavoro, si tagliasse il polso con due lamette. Lo faceva in modo nascosto, senza farlo notare al compagno.

    Non riusciva più a sopportare quella situazione e non vedeva l’ora di andarsene di casa.

    Quando fu il momento di partorire, Melanie si trovava al lavoro. Aveva sentito dei sintomi premonitori, ma non ci aveva dato peso.

    Appena i suoi colleghi s’accorsero della situazione della ragazza, chiamarono al più presto un’ambulanza. Quando questa arrivò portò Melanie in ospedale.

    Giunta lì, la paura di Melanie si accrebbe, così come il suo senso di smarrimento e solitudine.

    Nell’istante del parto, Melanie ripensò alla sua intera vita. Era come se tutte le sue convinzioni fossero sparite in un istante.

    Come sta? le chiese l’infermiera.

    Melanie non la ascoltò.

    Si sente bene? le chiese l’infermiera guardandola negli occhi.

    Non lo so.

    Come non lo sa?

    E’ successo tutto così in fretta, che non ho avuto nemmeno il tempo di rendermene conto.

    Ma di cosa sta parlando?

    Ha mai visto una donna che sta partorendo tutta sola?

    Purtroppo è successo.

    Il mio fidanzato mi ha lasciata e non è nemmeno venuto qui per accertarsi che stessi bene disse.

    Mi dispiace molto.

    A me no, non mi dispiace più, lo sono stata troppo in questi mesi le disse Melanie iniziando a piangere.

    Sa della bambina?

    Certo, ma questo non cambia ciò che pensa di me.

    Non dica così.

    E’ la verità, lei non lo conosce ed è meglio così, ma lui prova un senso di ribrezzo nei miei confronti. Se fossi stata in tempo, mi avrebbe fatta abortire.

    La donna le sedette accanto provando a rassicurarla.

    Ho sempre più la convinzione che quello non sia un uomo, ma sia un androide. Quando gli ho dato la notizia e lui l’ha rifiutata è stato freddo, distaccato aggiunse Melanie.

    Forse non sapeva come reagire.

    No, lo sapeva eccome.

    La loro conversazione durò alcuni minuti, poi l’infermiera la lasciò riposarsi.

    Capitolo 6: LA CASA DEGLI INNOCENTI

    Quando Melanie fu dimessa, si avviò di fretta verso l’unico posto sicuro per quella bambina.

    Durante il tragitto, cercò di non guardare mai sua figlia in viso. Sapeva che se l’avesse fatto, non avrebbe mai avuto il coraggio di lasciarla.

    Arrivata alla grande casa, vi entrò.

    Era spaziosa, piena di lettini vuoti e di bambini che gironzolavano per le stanze.

    Due donne adulte erano sedute vicino all’entrata.

    Scusate provò ad approcciare Melanie.

    le rispose una voltandosi verso di lei.

    Melanie mostrò la bimba che teneva in braccio.

    Portarono la bimba in uno di quei piccoli lettini, parlarono un momento della sua vita e di quella della bambina e poi la salutarono.

    Uscendo da lì, Melanie sapeva bene che non vi sarebbe più entrata.

    Dopo un gesto di tale importanza, Melanie tornò a casa dal fidanzato, o meglio ex fidanzato perché ormai si era conclusa anche la loro relazione.

    Hai fatto tutto? le chiese Roland appena la vide entrare in casa.

    Melanie gli tirò un’occhiataccia e si avviò a prendere le sue cose.

    Almeno abbi la decenza di rispondermi! urlò Roland.

    Sì, sto bene, grazie molte per averlo chiesto. Il parto non è stato complicato, al contrario che aver lasciato mia figlia gli rispose Melanie, enfatizzando quel ‘mia’.

    Non fare così.

    Ora scusami, ma sono davvero impegnata a prendere le mie cose per potermene andare per sempre.

    Roland sospirò.

    Appena Melanie fu pronta per andarsene, Roland provò a stringerle la mano per un’ultima volta, ma lei gli diede una spallata ed uscì dalla casa.

    Quello fu l’ultimo loro incontro, da lì a poco Melanie sarebbe stata chiusa in una casa di cura per depressione.

    Capitolo 7: ADOZIONE

    Pochi mesi dopo l’accaduto, la bimba venne adottata da una giovane famiglia. La madre, Marylin era una donna affascinante, con lunghi capelli biondi e occhi chiari, il marito, Josh, invece era alto e di bell’aspetto.

    La portarono nella loro abitazione. La casa era grande, spaziosa ed accogliente.

    Adibirono per lei una stanza, quella più spaziosa dell’abitazione, situata accanto al bagno, in modo che fosse più fresca. In seguito l’abbellirono con dei mobili di legno pregiato, un letto a castello con cuscini di tessuto di qualità.

    Doveva essere tutto perfetto per l’arrivo della bimba.

    Marylin e Josh erano una coppia sposata ormai da dieci anni. Da quattro anni provavano ad avere un figlio, ma quest’ultimo non arrivava. Dopo un lungo e difficile percorso decisero di adottare un bambino. Quando ciò fu possibile, la loro vita venne stravolta.

    Il primo giorno che videro la bambina, decisero di chiamarla Malkina. Il nome era particolare, affascinante, ammaliante.

    La prima notte fu molto complicata. Marylin rimase sveglia in modo da poter badare a Malkina. In realtà quest’ultima dormiva serenamente, ma la paura di una madre che dopo tanti anni di aspettativa ha ricevuto un dono così grande era molto forte.

    Capitolo 8: INFANZIA

    I primi anni di vita di Malkina passarono serenamente, fra l’amore della famiglia e l’amicizia di persone a lei vicine.

    Fin da subito, Malkina, si distinse per la sua grande affabilità, la sua simpatia e la sua gentilezza.

    Già da piccola quindi iniziò a distinguersi all’asilo, in famiglia e nelle amicizie.

    Non la pensavano tutti allo stesso modo, alcune bambine che lei frequentava sospettavano che Malkina non fosse sincera. Malkina infatti si mostrava in un certo modo con le altre persone, ma non era davvero così. Effettivamente aveva anche i suoi lati negativi: era manipolatrice, falsa e brava a mentire. Spesso per tirarsi fuori dai guai usava il metodo del vittimismo. Mentendo bene, la maggior parte delle persone le credeva e non la rimproveravano, anzi.

    Le elementari passarono con una certa tranquillità, nonostante alcuni contrasti fra Malkina e le sue compagne di classe. Malkina però sapeva bene come calmare il risentimento verso di lei e portarlo sugli altri. Quando in classe accadeva un litigio fra due o più persone, cui rientrava anche lei, riusciva a far passare l’attenzione sugli altri e non su sé stessa e addirittura ad alimentare la discussione.

    Era quindi molto abile, distaccata e manipolatrice. Ciò non fece altro che aumentare le sue possibilità di essere apprezzata dagli altri e diventare dunque rispettata da tutti i suoi compagni.

    Nonostante tutto, la sua non fu un’infanzia felice. Malkina spesso cadeva in crisi emotive, in cui la sua rabbia e la sua aggressività uscivano verso le persone a lei più vicine, i suoi genitori.

    Molto importante fu un avvenimento in cui Malkina, presa da una forte crisi, accusava i genitori di

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