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Arca di Sion 1
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E-book552 pagine6 ore

Arca di Sion 1

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Info su questo ebook

Rennes-le-Château, la Svolta
 
L'INEDITA DECIFRAZIONE DELL'ENIGMATICO MANOSCRITTO ESOTERICO
DEL SERPENT ROUGE, LE NUOVE SCOPERTE E DOCUMENTI DELL’ERESIA PIÙ NASCOSTA
DELLA STORIA DEL CRISTIANESIMO.
CON UN'INTERVISTA ESCLUSIVA AL GRAN MAESTRO DEL PRIORATO DI SION
 
 
Arca di Sioи introduce alla leggendaria dinastia merovingia e alla scoperta dei segreti del
territorio di Rennes-le-Château. Una ricca documentazione fotografica testimonia i
luoghi descritti nel libro, per un vero e proprio viaggio letterario nei territori della Cerca del
Graal.
Un’appassionante analisi di opere di grandi artisti e autori, dal Rinascimento all’arte e letteratura
contemporanea, mappa le tracce del Grande Segreto templare, la cui conoscenza scorre
sotterranea nei secoli, come un Serpente Rosso.
“Monumentale, pionieristico e a dir poco accurato”
 
Prefazione dello storico e scrittore Ivan Buttignon
 
Con l’accuratezza di un saggio e i colpi di scena di un romanzo, Arca di Sioи presenta nuove
straordinarie ipotesi e risposte ai misteri di Rennes-le-Château, attraverso la decifrazione del
Serpent Rouge, enigmatico manoscritto esoterico, fino ad oggi mai completamente decodificato.
Il libro dimostra come le due famose pergamene dell’abate Saunière e il crittogramma
Sot Pécheur presentino un inedito e più profondo livello di decifrazione, rispetto a
quelli finora noti: una vera e propria mappa, che conduce a scottanti rivelazioni in merito all’eresia
circolante nel sud della Francia. Arca di Sioи accompagna alla vera ricerca del Graal e
dell’Arca dell’Alleanza, sulle tracce della Maddalena, alle porte della perduta necropoli
merovingia, fino all’entrata del Labirinto Templare dei Pirenei.
 
Con un’intervista esclusiva al
Gran Maestro del Priorato di Sion Marco Rigamonti
 
RENNES-LE-CHÂTEAU E I MISTERI CONNESSI
Arca di Sioи svela i segreti della chiesa di Saint-Sulpice a Parigi e il messaggio del Quadrato
Magico del SATOR, della N inversa e dell’iscrizione ET IN ARCADIA EGO, passando per l’enigma
di Papa Celestino V e la natura del Bafometto, il misterioso idolo dei Cavalieri del Tempio.
La Tavola Rotonda non è solo una leggenda e il vero codice di Leonardo da Vinci conduce in
Linguadoca, terra mitica ed eretica di Celti, Catari e Templari. www.arcadision.it
 
 
Francesca Valentina Salcioli ha dedicato vent’anni di studi alle vicende di Rennes-le-Château e
alla decifrazione del Serpent Rouge, compiendo svariati viaggi in Linguadoca e a Parigi, alla ricerca
delle tracce della Grande Eresia, ritrovando l’entrata del Labirinto Templare di Redhae.
L’Autrice è laureata in Discipline dello Spettacolo e in Teoria e Pratica della Terapeutica Artistica,
all’Accademia di Belle Arti di Brera, con tre master di specializzazione. Ha ricevuto vari riconoscimenti
artistici e pubblicato due libri. Insegna Arteterapia all’Accademia di Belle Arti di Udin
LinguaItaliano
Data di uscita31 gen 2023
ISBN9788869377129
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    Anteprima del libro

    Arca di Sion 1 - Valentina Francesca Salcioli

    ​Prefazione

    Qualunque cosa la mente possa

    concepire e credere, può ottenerla

    - Napoleon Hill -

    Non c’è nulla di impossibile

    per colui che ci voglia provare

    - Alessandro Magno -

    Tutto inizia a Rennes-le-Château, un paesino di nemmeno cento abitanti situato nel dipartimento dell’Aude, nella regione Occitania, durante i lavori di ristrutturazione della parrocchia di Santa Maria Maddalena eseguiti tra il 1887 e il 1897. È in quella circostanza che l’abate Bérenger Saunière (1852-1917) si imbatte in alcuni reperti, tra cui oggetti preziosi e una fialetta di vetro dove albergano delle piccole pergamene, forse associate a cerimonie di consacrazione della chiesa. Ed è proprio da lì che fioccano e s’irradiano numerose leggende su un supposto tesoro, occultato - così si dice - nei pressi del paesino. Ne discende l’inevitabile pellegrinaggio in quei luoghi da parte di un inesauribile flusso di pionieri che ogni anno transitano da lì a frotte.

    Mentre i ricercatori si prodigano nei primi scavi attorno al paese, svelando altri reperti e quindi la secolare storia del paese, nel 1956 Pierre Plantard fonda in Francia un gruppo di ispirazione esoterica che richiama il nome di un rilievo nei pressi della città di Annemasse, il monte Sion. Il Priorato di Sion, questa l’espressione che definisce l’organizzazione, si collega alla stirpe merovingia, e quindi al trono francese, attraverso scritti elaborati a tavolino e depositati presso la Biblioteca Nazionale di Parigi.

    Proprio lì, nel corso del 1967, si rinviene un documento dal titolo suggestivo e insieme enigmatico: Le Serpent Rouge ( Il Serpente Rosso). Le origini della pubblicazione sono tuttora avvolte nel mistero e attorno ad essa gravitano ipotesi che parlano di indizi utili a localizzare un tesoro nascosto proprio a Rennes-le-Château.

    Lo snodo principale di questa documentatissima opera riposa proprio nel legame, reale e non presunto, concreto e non favoleggiato, che intercorre tra i misteri del paese occitano e Le Serpent Rouge. Tutto gira attorno a questo paradigma di interdipendenza e reciprocità.

    Per la prima volta, in modo compiuto e ragionato, ricerca in loco e disamina della pubblicazione serpentesca (ma non solo quella) sono posti in una correlazione sinergica che permette di superare l’ostacolo metodologico che fino a questo momento ha svilito ogni genere di riflessione realistica sui fatti reali. Lo studio separato, a comparti stagni, di Rennes-le-Château e Il Serpente Rosso, o peggio la disamina della pubblicazione che ha presupposto in modo forzato e preconcetto finzione totale o verità assoluta, hanno convogliato ogni sviluppo epistemiologico in un pericoloso e nichilista vicolo cieco.

    Ma proprio quest’opera rende possibile approdare a nuovi approcci e più profonde sensibilità che, finalmente, restituiscono risultati tangibili e di inestimabile interesse.

    D’altronde, basta sfogliare qualche pagina per cogliere, per intero, la natura di questo splendido lavoro. Monumentale, pionieristico e a dir poco accurato.

    In questa impresa, ardua e insieme appassionante, lo sforzo di Francesca va ben oltre l’umano limite ed è spinto da una motivazione e da una purezza d’intenti che solo un essere mosso dal cuore, e non solo dalla mente, può dimostrare.

    E poi c’è l’intuito. Un intuito alto ed evoluto che sospinge l’Autrice dove nessun altro ha ancora avuto ingresso e che, in aggiunta, le permette, e permette al Lettore, di immaginare l’inaccessibile all’occhio umano.

    Il tocco delicato e rispettoso, soave e silente, che solleva il velo di Maya che si frappone tra noi e quei segreti rende l’opera ancora più preziosa e unica.

    Al Lettore va il dono di un’occasione unica. L’occasione di potersi pregiare di un ingresso fatato in un Dove protetto dalle nebbie della cinica banalità terrena e che Francesca, Lei sola, è riuscita a penetrare e superare.

    L’occhio di Chi legge diventa così l’occhio di Chi scrive. Lasciarsi guidare sarà un piacere.

    Buona lettura da un semplice lettore di Opere di grandi Autori. Proprio come questa.

    Ivan Buttignon Dottore di ricerca in Storia, divulgatore scientifico

    ​Introduzione

    Rennes-le-Château è uno di quei misteri moderni in grado di smuovere ancora le coscienze e la curiosità, accendendo le fantasie, l’entusiasmo e la motivazione di studiosi e cercatori di tesori, nonché appassionati di storia e misteri. Sulla sua leggenda, negli ultimi cinquant’anni sono stati prodotti fiumi di testi, saggi, interviste e documentari, in tutte le lingue, mentre migliaia di visitatori da tutto il mondo entrano nella sua piccola chiesa per interrogare Asmodeo, inginocchiato sotto l’acquasantiera. Un po’ meno è stato scritto sull’enigmatico libro Le Serpent Rouge , ovvero Il Serpente Rosso, che tuttavia è correlato strettamente a Rennes-le-Château: il libricino non è mai stato completamente compreso, nelle sue oscure metafore, particolarmente resistenti alla decifrazione, e nei continui riferimenti alla famosa chiesa parigina di Saint-Sulpice. Il profondissimo vincolo che unisce le vicende di Rennes-le-Château ai contenuti del Serpente Rosso e ai segreti di Saint-Sulpice a volte sfugge anche ai ricercatori più appassionati. La tentazione è di studiare i due enigmi come temi a sé stanti, perché entrambi ci appaiono quali intricati labirinti, già molto complessi da affrontare singolarmente. Eppure, è solo nell’intreccio di questi due labirinti (e il Lettore ben presto scoprirà quanto questa parola ben si addica alle vicende di Rennes-le-Château) che possiamo avvicinarci al tesoro che essi custodiscono, per centinaia di anni appannaggio esclusivo dei vertici delle famiglie iniziatiche e, fino ad oggi, completamente nascosto al pubblico, per quanto riguarda i suoi particolari più eclatanti, in quanto molto più complesso e profondo di un semplice matrimonio di Gesù con la Maddalena, tema fra l’altro ormai sdoganato nell’immaginario comune, grazie alla contemporanea letteratura e cinematografia. Questo tesoro sapienziale è il solo che potrà condurci al tesoro materico, che non è stato ancora trovato, o perlomeno reso pubblico ed esposto. Solo approcciando il vincolo inscindibile tra Rennes-le-Château e il suo Serpente Rosso è possibile penetrare la leggenda di questo piccolo paese dell’Aude, a un livello tale che difficilmente all’inizio si potrebbe anche solo immaginare. La portata del suo messaggio e del suo segreto è semplicemente incalcolabile.

    Dagli anni Sessanta del Novecento, Rennes-le Chateau ha goduto di una costante notorietà, che tuttora nutre di linfa vitale il fiorente turismo del luogo. Tra le varie e preziose ricerche pubblicate sul tema, si annoverano anche studi atti a demolirne la leggenda, a volte nel tentativo di ridurla a un grumo di mistificazioni, immaginazioni o addirittura truffe, o di trasformarla in un abbaglio, in un non-mistero e, ancora peggio, in un non-mistero doloso, spiegabile attraverso le mille declinazioni della mediocrità umana e specificatamente nella presunta ingordigia o smania di notorietà di alcuni dei suoi protagonisti. Se la maggior parte della letteratura che cerca di mettere in discussione la leggenda è frutto di onesti e legittimi approfondimenti, non possiamo non ricordare come, fin dal principio della discussa storia, una certa gogna gravò su molti dei suoi protagonisti, con un chiaro intento di metterli a tacere o renderli il più possibile innocui. Questa è stata la censura che ha subito per primo il famoso parroco Saunière. Ma se questi fu accusato di vendita di messe, il suo amico Antoine Gélis, curato di Coustaussa, pagò con la sua stessa vita le ricerche e segreti di cui era venuto a conoscenza, venendo brutalmente assassinato nel suo presbiterio, con ogni probabilità in relazione all’affare di Rennes-le-Château. La sua tomba, che si erge su un cimitero scosceso di lapidi in rovina, silenziosa testimonia ancora oggi il suo sacrificio, il cui mistero non fu mai sciolto dalla polizia francese.

    Una censura meno grave, seppur presente, fu esperita anche da Pierre Plantard, scrittore e politico francese, protagonista della leggenda di Rennes-le-Château nelle sue declinazioni degli anni Sessanta del secolo scorso, che dichiarò senza mezzi termini, suscitando molto scalpore:

    Non è un tesoro nascosto, monetario, profani che non capite niente; il tesoro che Saunière aveva trovato sono i documenti della continuità della dinastia merovingia che l'erede Sigisberto, scappato in quella zona, proseguì sposando una principessa locale e dando inizio così ad una progenie che poi sarebbe arrivata fino a me. Quelli erano i documenti segreti, il sacerdote ebbe l'appoggio dell'Ordine segreto del Priorato di Sion di cui io sono il gran Maestro e quest'Ordine segreto iniziatico ha lo scopo di custodire e di conservare i documenti e di difendere la linea di sangue merovingio fino alla sua restaurazione [1] .

    Naturalmente questa è solo la verità di Plantard e non necessariamente la Verità del Tesoro, ma è assolutamente necessario prestare attenzione alle sue parole, iniziando la nostra avventura: di dinastia regale si tratta, secondo lui, e della qualità ed eccezionalità di questa tratteremo nella nostra Cerca. Ci sorprenderà comprendere quanto questa regalità abbia origini e implicazioni antiche, antichissime, che superano di molto la visionarietà della contemporanea cinematografia.

    Accanto alla censura, se non addirittura alla condanna e alla violenza, che sono state utilizzate quali strumenti di insabbiamento per custodire i segreti di Rennes-le-Château, bisogna annoverare almeno un altro aspetto, che sembra far parte della medesima politica del silenzio, forse meno noto al pubblico, ma non per questo meno interessante: mi riferisco allo stato di abbandono che molti dei luoghi fisici più caldi della leggenda oggi patiscono. Alcuni di questi, tra i più importanti, si stanno pericolosamente perdendo, a volte nell’ignoranza o disinteresse dei paesani che ci vivono accanto, a volte perché la Natura con le sue lunghe dita, di rovi e di pietre, si riprende inesorabilmente i suoi spazi, non curati dagli uomini, né protetti da cavalieri, altre perché, di fronte al rischio di vandalismo, le chiese custodi restano misteriosamente chiuse, quando basterebbe incentivare semplicemente la sicurezza, e talvolta a causa di restauri non accurati (fino a sembrare tendenziosi) o soluzioni illuminotecniche perlomeno discutibili, che rischiano di coprire la nudità di un corpus sapienziale di inimmaginabile potenza. Se non ci prendiamo cura oggi dei sentieri di questo antico pellegrinaggio, che scorrono sui monti come sugli affreschi, attraverso pulizie dei boschi e protezione delle tracce e aree archeologiche e restauri rispettosi degli affreschi coinvolti, rischiamo di perdere per sempre questi luoghi sacri nel dimenticatoio e in un groviglio di rami, foglie, pietre, crepe del tempo e colate di malta silenziosa. Insieme a questi sentieri, rischiamo di perdere il Tesoro fisico nonché le prove ed evidenze di quel Tesoro Sapienziale che potrebbe rivoluzionare la nostra esistenza, credenze, rinnovare la fede e la pacifica apertura all’altro. È nostra responsabilità proteggere questi luoghi e queste opere d’arte, condividerne la portata con chi desideri conoscere e preservarli per il futuro dell’umanità.

    E se, prima di iniziare l’avventura, una voce cerca di sabotare l’entusiasmo, suggerendoci che in fondo nulla di quel Tesoro è stato trovato e che quindi, forse, nulla esiste, ricordiamoci che il posto più sicuro per nascondere un segreto ancora celato è proprio sotto o vicino a un segreto apparentemente già svelato o, addirittura, a un non-segreto: è proprio sotto (o accanto) a uno scrigno vuoto, o pieno di oggetti di poco conto e ammassati alla rinfusa, magari luccicanti, che è il perfetto nascondiglio per un immenso Tesoro sommerso, che luccica solo se visto in profondità. È proprio lì che andremo insieme a cercare, vicino a dove molti hanno già cercato e scavato (e altri hanno coperto), nel cuore e alle radici della leggenda.

    Avverto il paziente Lettore che, in questa Cerca, dovremo più volte essere pronti a sospendere il nostro giudizio, a mettere in discussione ciò che sappiamo o che crediamo di sapere, per aprirci alla possibilità del nuovo, cercando di indirizzare la bussola del cuore sempre e solo verso la più bella e pura Conoscenza, restando in equilibrio tra la sacra leggerezza letteraria del contesto e l’altrettanto sacra profondità d’attenzione e osservazione, che certamente merita la nostra Cerca. Rennes-le-Château e il Serpente Rosso sono un vero laboratorio alchemico, dove dal Nero della confusione e ignoranza, attraverso il Bianco della pazienza e dedizione, è possibile raggiungere il Rosso del risveglio. Si sa che l’alchimia è una scienza difficile, come è difficile cercare di coltivare una visione unitaria, complessiva e globale del mistero di Rennes-le-Château e del contenuto del Serpente Rosso, anche perché le chiavi di lettura disponibili per questo Tesoro sono molteplici, complesse e intricate ed è come muoversi in un bosco colmo di rovi e di rose al contempo. In questo bosco la nostra attenzione è richiamata in continuazione da nuovi dettagli e tracce da seguire, come profumi e colori di rose disseminate un po’ ovunque, profumate e cariche di spine. Il rischio è ferirsi oppure girare intorno così tanto da perdere il sentiero e infine non ricordarsi più neanche da dove si era partiti o cosa stavamo cercando. Ma il rischio ultimo e peggiore di tutti resta sempre quello di smettere di cercare, con la frustrazione amara e miope di chi, non trovando il Tesoro, si racconta che non esiste alcun Tesoro. Ma qui a Rennes-le-Château (e dintorni…) il Tesoro c’è eccome, anzi ce ne sono due: uno sapienziale e uno fisico, materico e tangibile. E quest’ultimo ci si aprirà solo se noi ci saremo aperti al primo. Questa Cerca che oggi insieme inauguriamo, fatta di rose e croci e incroci di spine, è qui per scavare, prima che nella roccia dell’Aude, nella nostra roccia interiore, modellandoci come una statua grezza che deve essere lisciata da un saggio scalpello: ci educa alla pazienza, alla perseveranza, al coraggio e alla vista profonda, scardina il pregiudizio, raffinando sempre più le nostre migliori intenzioni, perché possiamo raggiungere infine il Tesoro solamente col cuore pronto, ovvero depurato dalle nostre più grossolane debolezze e iniquità, un Cuore il più possibile Puro, proprio come quello di Artù che, in purezza, estrae la spada dalla roccia.

    La Cerca è il vero sentiero del Cavaliere, che sa che il Drago più potente e terribile è interiore e la vera vittoria sul Drago non implica ucciderlo ma affrontarlo, superando la paura di perdersi nel labirinto delle proprie incertezze. Sarà il Drago domato a permetterci di cavalcarlo per volare in alto, verso la Luce e l’Illuminazione. Il Drago è il sasso su cui possiamo inciampare o che può trasformarsi in un gradino dove appoggiare il nostro piede: dipende dal passo che faremo su di lui. Esso è il demone che distrugge oppure, domato, costruisce il Tempio di Salomone.

    Seppure Rennes-le-Château abbia goduto di grande notorietà a partire dalle prime versioni della leggenda, condivise negli anni Cinquanta e Sessanta del secolo scorso e che si rifacevano ai tempi dorati di Saunière, che aveva portato il paesino a una fiorente stagione di raffinatezza, il luogo era già stato un importante centro sia per i Celti che per i Romani, i quali nella sua area scavarono molte miniere, probabilmente recuperate e ampliate in seguito dai Templari [2]. La zona fu patria dei Visigoti e dei Catari, che qui custodivano i loro averi e tesori, e, in tempi molto più recenti, fu nel mirino delle ricerche e degli scavi dei nazisti, che durante gli anni Trenta qui cercavano niente di meno che il Santo Graal, con apposite spedizioni delle SS, supportate dal crescente misticismo del Reich. Non possiamo ragionevolmente credere che Celti, Romani, Templari, Catari, ufficiali nazisti e odierni cercatori di tesori abbiano valorizzato queste terre e molti anche scavato nelle loro interiora, lasciandosi sedurre, per poi perdersi, in un corpus leggendario secolare, costituito solo da dicerie o falsità. È molto più logico pensare invece che qui qualche Tesoro, nel cuore della leggenda, esista veramente, magari mimetizzato tra rielaborazioni a catena. Proprio questa via interpretativa è stata recentemente abbracciata persino dal CICAP - Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze, ambasciatore per vocazione di razionalità, buon senso e di un certo pragmatismo, ma sempre di ampio sguardo. Nelle recenti pubblicazioni sul tema, il CICAP avvalora la teoria di un vero tesoro archeologico (auspicando relativi nuovi scavi) seppur svincolato dalla genealogia merovingia o dal Tesoro di Gerusalemme [3]. Anche il CICAP non sembra credere insomma a un mistero già svelato, solo attraverso una rete di imbrogli, abbagli e falsità, sebbene la sua interpetazione non coincida assolutamente con quella di Plantard.

    Come per ogni Tesoro che si rispetti, anche Rennes-le-Château ha una mappa, anzi più d’una, in realtà. Insieme seguiremo in particolare due di queste, tra loro correlate. La nostra prima mappa principale, nonché la più recente, è il Serpent Rouge, piccolo ed enigmantico libricino scritto nell’ottobre del 1966, la cui paternità è generalmente riconosciuta a tre autori che morirono in circostanze poco chiare subito dopo la pubblicazione, forse per suicidio. Nel Serpente Rosso ogni singola parola e immagine è un codice da decifrare, un bivio di simboli che si diramano in tutte le direzioni, moltiplicando le vie di un dedalo dov’è facile smarrirsi, ma che permettono parallelamente un avvicinamento graduale, artistico e meditativo, al Tesoro di Rennes-le-Château. I livelli di significati possibili sono molteplici e solo una lettura attenta e aperta a tutte le interpretazioni può permettere, passo dopo passo, un graduale restringimento delle possibilità, fino a giungere, a lettura completa, a una preziosa visione unitaria, che ricollega tutti i simboli e i codici e ci offre l’attesa visione del Tesoro.

    La bussola resta quella di puntare sempre al centro, al Cuore, ricordandoci che la vera Cerca, quella profonda e più autentica, non è un dedalo ma un labirinto, ovvero un luogo in cui, a patto di andare sempre avanti, con pazienza e fiducia, senza tornare indietro e senza fermarsi, non possiamo che giungere, prima o poi, al centro.

    La mappa intricata e iniziatica del Serpente Rosso allude ad alcune controverse teorie e conoscenze che sono in relazione con due chiese parigine ed è da leggersi e interpretarsi intrecciandola agli indizi riscontrabili in La Vraie langue celtique et le cromleck de Rennes-les-Bains, La Vera lingua celtica e il cromleck di Rennes-les-Bains, ovvero la nostra seconda e più antica mappa, un libro scritto nel 1886 da Henri Boudet [4], curato di Rennes-les-Bains, un piccolo villaggio a una decina di chilometri da Rennes-le-Château. Boudet conobbe, frequentò e in qualche modo anche sostenne economicamente il discusso parroco Saunière [5], il cui nome si è legato per sempre al destino della sua piccola parrocchia, Rennes-le-Château. Solo alla luce di questo più antico testo le oscure parole del Serpente Rosso si riveleranno nel loro significato più profondo e nascosto, portando luce su un’incredibile connessione che lega i luoghi di Rennes-le-Château alla capitale francese e su una storia potente quanto nascosta.

    immagine 1

    Boudet, da una foto di Alain Schneider, 1887, licenza Creative Commons CC0 1.0 Universal ..

    Seguendo le tracce di Boudet e del Serpente Rosso, ci accompagneranno nella nostra Cerca illustri personaggi, scrittori e artisti, come Leonardo da Vinci, David Teniers, Nicolas Poussin, Émile Signol, Eugéne Delacroix, Xavier Sigalon, Dante Gabriele Rossetti [6], Martial Raysse, Philippe de Chérisey, Jules Verne e molti altri ancora.

    Che dunque questo viaggio inizi. Su di lui, su di me e su ogni Lettore invoco la speciale benedizione di questi luoghi sacri e dei suoi Tesori, che ora ci aggiungiamo a scoprire, in un cammino che è un pellegrinaggio: possano i nostri passi essere protetti sempre e direzionati verso il giusto.

    immagine 2

    Studio per l’Angelo del Santo Graal di Dante Gabriele Rossetti, 1857, al Birmingham Museum and Art Gallery


    ​Il territorio e la sua storia. Rennes-le-Château, la Maddalena e i Merovingi

    La mappa del Serpente Rosso è generosa con chi sa leggervi dentro, con un chiaro invito a coltivare la nostra intelligenza , da intes e intus lĕgere , nel doppio significato di leggere dentro e scegliere in mezzo alle cose. La nostra mappa è un messaggio in codice e abbiamo bisogno, prima di approcciarci al messaggio, di conoscere questo codice. A tal fine, i primi capitoli di questo libro sono dedicati proprio a prepararci, il più possibile, a comprendere il codice del Serpente Rosso e a parlare la sua lingua. Abbiamo necessità di nutrire il nostro immaginario su alcune tematiche importantissime che la nostra mappa volontariamente non spiega e sottintende, perché il Serpente Rosso non si rivolge a tutti, ma solo a chi può leggere dentro le parole, perché quei concetti e quei temi già capisce e conosce. In un certo senso (e forse in tutti i sensi) il Serpente Rosso è una mappa per iniziati , ovvero per chi ha già iniziato un certo tipo di percorso, magari all’interno di gruppi di lavoro condiviso oppure nell’indipendenza e autonomia di studi e pratiche.

    Una base di conoscenza del territorio del nostro Tesoro, nonché la storia a questi luoghi correlata, è assolutamente necessaria, per poterci muovere all’interno di esso seguendo la mappa del Serpente Rosso. Il centro del territorio del nostro Tesoro (perlomeno il centro più noto) è Rennes-le-Château, un piccolo paese dell’Aude francese che, se non fosse per un’incredibile storia che l’ha coinvolto, oggi sarebbe uno dei tanti silenziosi e poetici villaggi nella meraviglia dei Pirenei Orientali. Rennes-le-Château è invece noto in tutto il mondo per una delle leggende più intriganti e controverse della nostra epoca e che lì richiama continuamente ondate di studiosi, esoteristi, turisti o semplicemente curiosi. La sua leggenda è legata a un ipotetico matrimonio tra Gesù e Maria Maddalena, che avrebbe generato una discendenza diretta di Cristo che, di generazione in generazione, sarebbe ancora vivente. La leggenda di Rennes-le-Château ha nutrito profondamente la letteratura, cinematografia e cultura contemporanea. Lo stesso scrittore Dan Brown, nel suo celebre Il codice da Vinci, ha ampliamente attinto alle vicende di questo villaggio francese per la creazione della trama, dei temi e persino dei nomi dei personaggi, portando all’attenzione del grande pubblico le vicende di Rennes-le-Château, seppur ben mimetizzate dalla fiction letteraria e, in seguito, cinematografica.

    Oggi Rennes-le-Château è un piccolo paese in bilico tra la legittima volontà di monetizzare la sua notorietà e l’altrettanto legittima necessità di proteggersi da cercatori di tesori senza scrupoli e il conseguente scempio di scavi incontrollati e assurdi vandalismi. Qui, tra amene colline dal profumo antico e misterioso, si può visitare la splendida Villa Bethania, edificata dal parroco, nonché la chiesa del paese, da cui tutta la leggenda contemporanea ebbe inizio, con le misteriose ricerche del sacerdote François Bérenger Saunière (1852-1917). Tra il 1887 e il 1897, durante i lavori di ristrutturazione della chiesa, questi s’imbatté casualmente in una serie di reperti e oggetti di cui resta oggi scarsa testimonianza (forse medaglie di Lourdes [1] ), nonché una serie di pergamene non bene identificate. Nel cuore dei lavori, in data 21 settembre 1891, il parroco annota sul suo diario: Découverte d'un tombeau [2] , ovvero Scoperta di una tomba. Da questo misterioso ritrovamento ha inizio tutta la leggenda di Rennes-le-Château, alimentata da subito dal repentino cambio di stile di vita di Saunière che, da normale parroco di campagna, si trasformò in breve in un ricco sacerdote, con la passione per l’architettura raffinata ed esotica, che esprime nella sua piccola parrocchia, edificando e ristrutturando tutta una serie di eleganti costruzioni, correlate simbolicamente a Maria Maddalena. Il primo edificio del complesso a lei legato è certamente la chiesa parrocchiale, intitolata proprio alla Santa. Questo è il centro più noto di tutta la vicenda, il nuovo Tempio di Salomone e al contempo la scacchiera, dove sembrano giocarsi tutte le partite, compresa quella tra la nostra vista e la nostra cecità, all’interno della Cerca. Accanto alla chiesa, Saunière fa edificare una raffinata dimora, chiamandola Villa Bethania, con ulteriore probabile riferimento alla Maddalena e con un primo indizio cui dovremmo portare attenzione. Bethania o Betania è infatti una città vicina a Gerusalemme, da cui proveniva Maria di Betania, sorella di quel Lazzaro resuscitato da Gesù, secondo il Vangelo. Maria di Betania è ricordata come la donna che si sedette accanto a Gesù, per ascoltare le sue parole, a casa di Lazzaro, e come colei che cosparse di unguenti profumati i piedi di Cristo, per poi asciugarli con i suoi capelli. Secondo l’attuale interpretazione cattolica, indicata dal Concilio Vaticano II, Maria di Betania non sarebbe la stessa persona di Maria Maddalena con cui invece, talune volte, è identificata, anche nell’immaginario collettivo, secondo il quale proprio la Maddalena, con i suoi lunghi capelli, avrebbe asciugato i piedi di Gesù. Considerandola invece come una persona diversa rispetto a Maria di Betania, la Maddalena sarebbe la donna da cui erano usciti sette demoni (Luca 8,2) e che finanziava la missione itinerante di Gesù e i suoi discepoli. Maria Maddalena sarebbe stata inoltre presente alla crocifissione e deposizione nel sepolcro di Cristo, secondo i Vangeli, nonché prima testimone della sua Risurrezione. Contestualizzando il nome che Saunière sceglie per la sua casa, Bethania, nel più ampio ambito di una sua chiara devozione alla Maddalena, possiamo ipotizzare che egli considerasse Maria di Betania e Maria Maddalena come la stessa persona. Nel cuore di Villa Bethania, Saunière fa edificare una torre-biblioteca, chiamandola, nei suoi diari, Torre dell’orologio o Torre del mezzogiorno, probabilmente per la sua posizione dominante sulla vallata di fronte, che permetteva di studiare agevolmente la posizione del sole nascente agli equinozi e solstizi, mentre i suoi raggi valicavano i monti all’orizzonte, per giungere infine sui merli della torre, che poteva quindi funzionare come un orologio astronomico. Saunière la chiama anche Torre Maddalena ed è così che più soventemente è nota e citata: con il nome Magdala, che appare anche su una lastra di pietra della torre. Il nome di Maddalena potrebbe derivare dal termine migdal, ovvero torre, in ebraico, come la leggendaria Torre di Davide a Gerusalemme, detta la Migdal David [3].

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    Dal termine migdal potrebbe derivare quello della città di Magdala e, da questo, lo stesso nome di Maddalena , anche nota come Maria della città di Magdala. Se Maria di Betania e Maria Maddalena fossero la stessa persona, sembrerebbe non spiegarsi la doppia citazione della provenienza dalle città di Betania e di Magdala, che parrebbe deporre invece a favore di una differenziazione tra le due figure. In realtà, secondo la Legenda Aurea, proprio vicino a Betania si ergeva il Castello di Magdalon, che apparteneva alla Maddalena, che sarebbe dunque sia di Magdalon che di Betania. Una lettera di San Girolamo testimonia e condivide un’altra suggestiva interpretazione secondo cui Maria per il suo zelo e per l’ardore della sua fede ricevette il nome di turrita ed ebbe il privilegio di vedere Cristo risorto prima degli apostoli [4] . L’appellativo Migdal , in questa interpretazione, sarebbe quindi collegato, non alla città d’origine della Maddalena (o forse non solo), bensì alla sua fede, alta e forte come una torre, tanto da poter definire la Maddalena come turrita , come una fortezza inespugnabile di fede, così luminosa da ricevere il privilegio di essere la prima testimone della Risurrezione. Maria di Betania e Maria Maddalena potrebbero quindi ragionevolmente coincidere in un’unica persona, ovvero Maria di Betania detta la Maddalena, la Migdal , la Turrita. Questa corrispondenza di figure renderebbe anche particolare onore e ideale continuità al simbolo dell’unguento, che così fortemente caratterizza l’iconografia della Maddalena, poiché lei sarebbe la donna che, ancor prima di ungere il corpo del Signore deposto dalla croce, lo avrebbe già cosparso con oli profumati, mentre questi era ancora in vita. Ed è proprio Gesù che nel Vangelo sottolinea l’uso dell’unguento come anticipazione della sua morte: Lasciala fare, perché lo conservi per il giorno della mia sepoltura , dice in Giovanni 12,7, e ancora Versando questo olio sul mio corpo, lo ha fatto in vista della mia sepoltura , dice in Matteo 26,12, onorando ancora il gesto di una donna che versa un olio molto prezioso sulla sua testa. I due evangelisti sono in disaccordo sul preciso luogo dove si trova Gesù (a casa di Lazzaro per Giovanni e a casa di Simone per Matteo), ma entrambi concordano sul fatto che si trovi a Betania e le parole di Gesù sembrano fare riferimento alla medesima situazione e allo stesso significato. In particolare, Giovanni lascerebbe intendere una piena continuità di gesti, come se Maria di Betania fosse la predestinata a ungere il corpo di Cristo una volta trapassato. Inoltre, se Maria di Betania e Maria Maddalena fossero la stessa persona, questo giustificherebbe i lunghissimi capelli dell’iconografia di quest’ultima, che non sarebbero il segno della vanità e del peccato (Maddalena fu a volte identificata anche con la peccatrice penitente presente in Luca 7,37), ma sarebbero i lunghi capelli con cui Maria di Betania aveva asciugato i piedi di Gesù, dopo averli cosparsi di unguenti profumati, a casa di suo fratello Lazzaro. In realtà, l’identificazione di Maria di Betania con la Maddalena non è assolutamente nuova e già sostenuta, ad esempio, da Papa Gregorio Magno. Se Maddalena coincidesse infine, davvero, anche con la peccatrice penitente, non toglierebbe alcunché alla grandezza della figura della Santa e all’incredibile svolta che la fede diede alla sua vita. Non dovrebbe infatti troppo sorprenderci se proprio una peccatrice redenta avesse ricevuto la grazia di vedere per prima Gesù risorto, prima di tutti gli Apostoli, poiché molte volte i Vangeli riportano le intenzioni di Cristo: Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori (Matteo 9,13). Restando comunque sul focus della possibile identificazione di Maria Maddalena con Maria di Betania, è lecito chiedersi se questo riconoscimento di fede così profonda e radicata, tanto da valerle l’appellativo di turrita, non fosse in qualche modo legato anche a un ruolo particolarmente importante o di rilievo che Maddalena avrebbe potuto svolgere tra gli Apostoli o nella vita di Gesù stesso. La stessa Torre Maddalena nel cuore di Villa Bethania potrebbe essere un riferimento alla Maddalena quale novella Migdal David , la nuova Torre di Davide, Torre della stirpe di Davide o, ancora, di Gesù, della stirpe di Davide.

    Per meglio comprendere l’identità di Maddalena, ci vengono in aiuto anche i Vangeli Apocrifi, ovvero quelli non riconosciuti dalla Chiesa. Nel Vangelo di Filippo, leggiamo al versetto 32:

    Tre persone camminavano sempre con il Signore: Maria sua madre, la sorella di lei, e la Maddalena, detta la sua compagna. Sua madre, sua sorella e la sua compagna erano ognuna Maria.

    Questo versetto offre due fondamentali informazioni sul ruolo e sull’identità di Maddalena, in primis presentandola come la compagna di Gesù e infine come una delle tre Marie che la accompagnavano. Miriam era un nome, non solo ampiamente diffuso ai tempi di Gesù, bensì, almeno secondo alcuni, un appellativo di origine egizia, che sarebbe stato conferito alle mogli, madri e sorelle dei sovrani. Esso deriverebbe da Meryet-Amon, ovvero amata da Amon [5], divinità spesso fusa con il solare dio Ra. Maria Maddalena, Maria madre di Gesù e Maria di Cleofa sarebbero state in questo senso amate da Dio e da suo figlio Gesù. Forse a causa stessa del Vangelo di Filippo, le sovrapposizioni tra le tre Marie raggiunsero un’apice, in alcuni frammenti copti attribuiti a Cirillo di Gerusalemme, Demetrio di Antiochia e Cirillo di Alessandria, che sembrano giungere a identificare la Maddalena con Maria madre di Gesù nonché con Maria di Cleofa, in un intreccio di parentele che tanto ricorda le divine mogli/sorelle degli dèi Osiride e Ra, ovvero Iside e Hathor:

    Io sono stata una bambina promessa da Dio e offerta a lui dai miei genitori prima ancora ch’io nascessi. I miei genitori erano della tribù di Giudea e della stirpe di David. Mio padre si chiamava Gioacchino, cioè Cleofa. Mia madre si chiamava Anna, ma era detta comunemente Mariham. Io mi chiamo Maria Maddalena dal nome del villaggio in cui sono nata, Magdala. Il mio nome è però Maria di Cleofa. Sono la Maria di Giacomo figlio di Giuseppe, il falegname [6].

    Il Vangelo di Filippo testimonia come Gesù

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