Cinque pezzi: Scritti su Wackenroder, Berlioz, Liszt, Wagner, Debussy, Heine, Nietzsche e Satie
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Anteprima del libro
Cinque pezzi - Lorenzo Leone
Musikgeist e redenzione
L’estetica musicale di Wackenroder
Nel Berglinger di Wackenroder, come nel Kreisler di Hoffmann, ritrovo qualcosa del Rousseau musicista: sprovvedutezza, sovreccitabilità, misantropia e certa fierezza testarda. Tuttavia, al contrario di Jean-Jacques, i due bizzarri personaggi non sono dei grimpeurs del mondo musicale. (Kreisler somiglia anche al vecchio Rameau che si contorce sulla sedia durante l’audizione di Les muses galantes del ginevrino). E sono terribilmente scontenti della propria opera creativa – un’opera manchevole di equilibrio, compromessa dalla fantasia sbrigliata, o dall’idealismo sconclusionato – e per ciò stesso destinati al fallimento. Ecco il Kreisler di Hoffmann: «Gli amici ritenevano che la natura formando il suo organismo avesse voluto sperimentare una nuova ricetta, e che il tentativo non fosse riuscito in quanto che col suo animo sovreccitato e colla sua fantasia ardente di un fuoco estenuante, era stata mescolata troppa poca flemma ed era stato così distrutto quell’equilibrio che all’artista è indispensabile per vivere in armonia con il mondo».¹ Ed ecco il Berglinger di Wackenroder:
«Ah forse fu proprio la sua alta fantasia a logorarlo? O devo dire che egli era fatto più per godere l’arte che per crearla? Sono forse formati in una maniera più felice quegli artisti nei quali l’arte lavora quieta e segreta come un genio velato, e non li disturba nel loro operare sulla terra?».²
L’irresoluto e squilibrato Kreisler è però figlio dell’irresoluto e squilibrato Berglinger che lo precede; ed entrambi sono (forse) figli di Rousseau – e non soltanto per la banale ragione che ho esposto sopra. Berglinger è un po’ un archetipo: il primo di una discendenza nutrita che avrà fra i suoi campioni l’Adrian Leverkuhn di
Thomas Mann – non è poi così singolare che l’antenato si raccomandi a Santa Cecilia e il secondo al diavolo. Il suo quasi e più notorio doppio, Johannes Kreisler, infiammerà i musici in carne e ossa: Robert Schumann (autore della stranota raccolta pianistica intitolata Kreisleriana) e il giovane, non ancora barbato, Johannes Brahms, che amerà firmarsi col nome del personaggio hoffmanniano.
Ho detto che l’eroe di Wackenroder somiglia a Jean-Jacques Rousseau. Rammenta altresì Wolfgang Amadeus Mozart. E non solo per il difficile rapporto, che è anche del personaggio hoffmanniano, con l’aristocrazia gaudente, ma anche perché, per entrambi, la dico con von Balthasar,
«tutto termina [...] nel brivido del Requiem».³ Per la stessa ragione rammenta il nostro Pergolesi sul punto di spegnersi al tempo della stesura dello Stabat Mater – forse, ma guarda un po’, il medesimo che Berglinger ragazzo ascolta commovendosi moltissimo.
Tutti questi ascendenti e discendenti letterari o in carne e ossa che cosa ci dicono del Berglinger di Wackenroder? Quantunque molto ci dicano della Musikanschauung di Wackenroder, non spiegano la recisa rottura con il passato, il cambiamento di paradigma. Queste pagine sono in effetti, come scrive il bravo Marco di Manno, un manifesto del romanticismo musicale: contengono la prima esatta celebrazione della musica come arte metafisica par excellence.⁴ Che cosa produceva quella rottura con le estetiche settecentesche, con quelle estetiche, cioè, che relegavano la musica nell’agréable?⁵
Se interroghiamo i testi di Wackenroder sulla musica, la biografia immaginaria di Joseph Berglinger (ultimo capitolo delle Herzensergießungen eines kunstliebenden Klosterbruders) e le pagine a questi attribuite nella finzione, le Phantasien über die Kunst, ci accorgiamo subito di una certa scarsità di rifermenti storico-estetici e della mancanza di nomi o numi tutelari. E se è vero che Wackenroder aveva seriamente studiato la musica con Karl Friedrich Christian Fasch,