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Diario di un Head-hunter
Diario di un Head-hunter
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E-book455 pagine6 ore

Diario di un Head-hunter

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Info su questo ebook

Una serie di omicidi irrisolti sconvolge la città di Milano. 
Nessun indizio, nessun motivo, nessuna arma del delitto: la Polizia indaga basandosi solamente sul ritrovamento dei corpi di alcune donne orribilmente decapitate. 
Tutte le vittime hanno però in comune un appuntamento, un colloquio di lavoro con un head-hunter e un fotografo, che si trova sempre sulla scena del crimine. 
Il caso sembra essere senza soluzione e la carriera dell’ispettore Pontremoli è a un bivio: meglio affidarsi all’istinto o tentare di entrare nella mente dell’head-hunter per pensare e agire come se fosse lui il killer? 
Thriller psicologico, emotivo, ambientato tra il mondo del business e i luoghi noti della metropoli milanese, torinese e romana; riesce con i suoi continui colpi di scena a tenere con il fiato sospeso il lettore, e a sfidarlo nella ricerca costante del movente e dell’assassino.
Il frequente cambio di prospettiva e le atmosfere noir delle ambientazioni portano il lettore a condividere stati emotivi, pensieri e sensazioni della vittima, dell’assassino e dell’ispettore, facendolo sentire parte integrante della storia. Il finale, per nulla scontato, ci riporta ai classici del genere, dove niente è come sembra.
LinguaItaliano
EditoreBookness
Data di uscita31 mag 2023
ISBN9791254892473
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    Anteprima del libro

    Diario di un Head-hunter - Massimiliano Maini

    PROLOGO

    Milano è sempre stata una città dagli umori contorti, la capitale degli umori variabili: puoi amarla o puoi odiarla semplicemente girando l’angolo di una strada, guardando le sue architetture barocche e liberty, o sorseggiando un aperitivo all’Ambrosiano, mentre ti specchi negli obiettivi dei turisti che schiamazzano in piazza Duomo.

    Se c’è una persona che conosce molto bene tutte le sfumature comportamentali della metropoli lombarda, questa è sicuramente Valerio Capelli, 37 anni, fisico appesantito dalla pigrizia e dalle birre, barba poco curata, come il suo futuro. Valerio è il giovane responsabile di una agenzia di pubbliche relazioni ed eventi, aperta con i risparmi del padre, che con il suo dignitoso stipendio da operaio della Magneti Marelli, ha lavorato tutta la vita per farlo laureare e sperare nel miracolo di vederlo con un contratto a tempo indeterminato in banca. Il suo sogno di dargli un lavoro sicuro, però, si scontra quotidianamente con le richieste economiche di Valerio e il suo desiderio di diventare qualcuno nella Milano che conta.

    Ciao Gianni, il solito grazie la voce di Valerio è brusca, secca e dura mentre entra nel bar dove fa colazione tutte le mattine.

    Ciao Valerio, cappuccio alla cannella e brioche alla crema in arrivo, ma sei di cattivo umore stamattina?

    Gianni, fa questo lavoro da sempre, sua madre dice di averlo concepito sul bancone di un bar e di averlo partorito nel retro, su un ripiano destinato alle bibite. E da sempre sa riconoscere gli stati d’animo dei suoi clienti abituali.

    Il racconto della notte precedente di Valerio comincia con lo stesso tono di voce del suo saluto, Sono andato al Tocqueville ieri sera, per incontrare il responsabile di quella società di cui ti avevo parlato….

    Quello che produce yacht a Genova?

    Sì proprio lui, mi ha fatto aspettare due ore con un bicchiere di Margarita in mano, poi è tornato ubriaco duro con due cubiste sotto al braccio, mi ha lasciato il conto da pagare di 250 euro e mi ha detto di chiamarlo la prossima settimana, mio padre questa volta mi taglia i fondi davvero.

    Dovresti pensare seriamente a quel posto in banca, dare ascolto tuo padre e guadagnare due soldi per il tuo futuro.

    Il futuro non è stare chiuso dietro uno sportello a contare i soldi che gli altri fanno, il futuro è fare i soldi e farli contare agli altri.

    Valerio sa che la giornata è iniziata male, lo sa dal momento in cui ha aperto gli occhi nel suo letto. A Milano piove a dirotto e quando piove la città si blocca. E quando si blocca la città, è impossibile muoversi, la gente è nervosa e non si arriva mai puntuali agli appuntamenti. Ma stamattina non ci sono appuntamenti, il lavoro non va bene ormai da un pezzo, o forse non è mai andato bene. Due mesi fa l’agenzia era stata contattata per un grosso lavoro per una multinazionale francese: la produzione di un catalogo di moda. Valerio aveva pensato a tutto, fotografo, location, passaggi in tv e una sfilata all’interno dell’unione industriali, nel salotto buono della società. Si era fidato sulla parola, aveva preso contatti, pagato caparre senza avere ancora firmato il contratto, se lo sentiva che quello era il suo trampolino di lancio.

    Ci aveva investito tutto quello che aveva, per poi sentirsi dire che il lavoro non si poteva più fare, problemi di bilancio e budget zero per queste iniziative, questa la risposta ufficiale. Invece aveva saputo dal direttore commerciale che il lavoro era stato affidato al figlio di un noto parlamentare, il quale, in qualità di consigliere di amministrazione della società, aveva voluto accontentare i capricci di quello che lui stesso considerava un insignificante figlio di papà. Ogni tentativo fatto per recuperare almeno parte dell’investimento è risultato inutile, non aveva nulla di scritto, nessun impegno formale da parte della società, anche una causa in tribunale avrebbe portato solo costi senza nessuna garanzia di successo.

    Una laurea in Psicologia conseguita all’Università Cattolica di Milano e un master in Marketing e Pubbliche Relazioni presso la Luiss di Roma: se guardiamo solo i voti non certo un brillantissimo curriculum universitario per Valerio, ma d’altronde entrambe le scelte forse si sono rivelate sbagliate sin dall’inizio. Si era iscritto a psicologia perché la considerava un buon modo per trovare una risposta incerta alla sua curiosità di scoprire le ragioni più inutili dei dilemmi umani. Il Master in Marketing invece, è stato il mezzo attraverso cui arrivare a esprimere la sua creatività, la sua indipendenza intellettuale ed economica, un capriccio esistenziale, come ama definirlo lui.

    La sua vera passione, però, è la storia. Valerio ha girato mezzo mondo per appagare la sua curiosità di esplorare i luoghi che ha trovato sui libri, che hanno tramandato tradizioni millenarie, o che sono i soggetti di leggende di mitici cavalieri o santoni.

    E questo pensa ogni volta che camminando, calpesta con fretta il marciapiede verso il suo ufficio e ogni volta che aprendo la porta del suo studio, incrocia lo sguardo della sua segretaria, che sembra sia apposta lì a guardare l’uscio, come un cagnolino in attesa del padrone.

    Ciao Chiara, telefonate per me oggi?

    No Valerio, nulla di nuovo, tranne tuo padre che vuole sapere se ti ricordi di portarlo dalla zia stasera.

    Lo avevo dimenticato, possibile che debba sempre fare da autista, poi piove e stasera ho una cena di lavoro, chiamalo e digli che non posso.

    Chiara è più di una segretaria, è una mamma, è un’amica, una sorella, in realtà è forse l’unica persona che si può permettere di dirgli tutto ciò che pensa di lui, è anche l’unica che crede ancora nei suoi sogni.

    Valerio, lo sai che ormai gli è rimasta solo tua zia, non dovresti trattarlo così.

    Era una giornata come questa, anche quella di alcuni anni prima: pioveva a dirotto a Milano, faceva freddo e tutto era grigio. Era una giornata come tante, ma diversa per la madre di Valerio. Un’automobile a tutta velocità, con alla guida un uomo di trent’anni, aveva superato un autobus fermo al semaforo. Il tentativo di frenata era stato inutile: la donna era stata investita in pieno e scaraventata dall'altro lato della strada, proprio mentre passava il tram. Il corpo era rimasto immobile, per terra, mentre la testa rotolava fino al marciapiede, con gli occhi aperti, fissi verso il nulla. A Valerio, di sua madre era rimasto solo un lungo processo in tribunale e l’amaro in bocca, oltre alla solitudine di suo padre. Disperazione e solitudine, neanche lui conosce più la differenza.

    Dimenticavo ha chiamato un certo dottor Renzi, del Centro per la ricerca di non ricordo più cosa continua Chiara, distogliendolo dai propri pensieri.

    Sarà un altro creditore, se richiama digli che non ci sono.

    Ha detto che è una cosa importante, mi ha lasciato il suo numero.

    Se richiama digli che non ci sono.

    CAPITOLO 1

    Il sogno

    Buon giorno con radio Record. Sono le 7 e anche oggi un cielo grigio e nuvoloso ci dà il benvenuto con le ultime hit del momento, ma prima un aggiornamento dalla cronaca; le forze di polizia hanno rinvenuto nella notte il corpo di...

    La radio, quando la spegni, fa sempre lo stesso rumore, un click che impari a memoria e che senti anche quando, in mezzo al buio, il silenzio copre ogni rumore. Giulia lo fa ogni mattina, per sette giorni alla settimana la sveglia suona e lei allunga la mano nel buio per cercare il tasto che la può definitivamente ammutolire. Anche nel fine settimana quando invece potrebbe godersi il silenzio della domenica, la sveglia suona per ricordarle che non è ancora arrivato il momento di riposare.

    Non la sopporto più questa radio! Il modo peggiore per svegliarmi! E pensare che avrà fatto un corso di comunicazione per dare il buongiorno così! pensò Giulia.

    Giulia sei sveglia?

    Si mamma, che palle, non ti ci mettere pure tu.

    Oggi è una giornata speciale, c’è la presentazione della nuova campagna stampa, erano mesi che ci si dedicava giorno e notte, e finalmente il giorno del successo era arrivato. Lo sognava fin da quando era ancora sui banchi di scuola. Giulia non è una ragazza come tutte le altre, è stata una studentessa modello durante i suoi anni al liceo e poi successivamente all’università. In ogni cosa, lei doveva essere sempre la prima, la migliore. Ad esempio, nello sport, tennis e golf, il primo per passione e il secondo, imposto invece dai genitori per poter frequentare i circoli più esclusivi; sport nei quali si è sempre imposta, doveva sempre vincere sia che fosse un piccolo torneo di scuola, sia che fosse la gara del suo circolo sportivo. Il suo carattere orgoglioso le ha sempre imposto un unico obiettivo, essere la prima ovunque e comunque.

    Realizzare un progetto unico, innovativo, una idea geniale che merita i complimenti di tutto il consiglio di amministrazione, la pagina centrale del corriere economia, questo renderà la sua giornata veramente importante. La presentazione sulla quale ha riposto tutte le sue convinzioni, le sue energie. Questa sarà la sua opportunità, sarà il momento dove potrà finalmente essere vista è riconosciuta come un capolavoro, il suo capolavoro.

    Giulia arrivi o no? Il tuo caffè si raffredda e tuo padre deve uscire tra cinque minuti.

    Arrivo, arrivo subito, lasciami il tempo di asciugarmi i capelli e mettermi qualcosa addosso.

    Aveva preparato quel giorno ormai da tempo, tailleur blu di Armani, camicia bianca di Burberry, scarpe dei Fratelli Rossetti. Le era sempre piaciuto distinguersi dalla massa, fare sentire il suo senso di superiorità anche attraverso l’ostentazione della sua immagine. Era bella e lo sapeva, occhi grigi, capelli neri con una piccola frangetta a dare un’aria più dinamica a un viso serio, naso e bocca ben proporzionati, un fisico snello, modellato dai tanti anni di danza classica, che oltre al corpo hanno saputo modellarle anche il carattere con una severità ossessiva verso sé stessa.

    Sei bellissima oggi, a cosa dobbiamo tutta questa eleganza e bellezza?

    Grazie papà, oggi ho una riunione importante alla quale parteciperanno i membri del consiglio di amministrazione e non si sa mai che qualcuno decida anche di rivolgermi la parola.

    Allora oggi vedrai il dottor Pirelli, salutamelo e digli che lo aspetto domenica alle 10 al campo di golf.

    Telefonagli e diglielo tu se ci tieni tanto.

    Giulia, anche oggi ti vedo molto nervosa, se è una di quelle giornate in cui sei intrattabile, ti saluto e ci vediamo stasera, in ogni caso visto che è un giorno importante forse faresti bene a calmarti un po’.

    Il dottor Pirelli era un vecchio amico di papà, compagni di università, entrambi di ottima famiglia, nipote di un cardinale, avevano condiviso buona parte della loro vita a divertirsi, fino a quando l’età e la mancanza di ulteriori scuse non li aveva costretti a lavorare. Suo padre era entrato nell’azienda di famiglia e Pirelli, grazie a una raccomandazione, in banca. Nel giro di qualche anno era il responsabile del controllo di gestione, ci erano voluti altri cinque anni per arrivare a essere il Finance Vice President e ancora dieci per arrivare alla carica di Amministratore Delegato. Oltre a tutto questo era anche membro del consiglio di amministrazione di una quindicina di società, che, per un motivo o per l’altro, avevano interessi con la sua banca.

    Era lui che aveva portato Giulia presso la Anton Walker Media Corporation, una delle migliori aziende al mondo nel settore dei media, della pubblicità e delle tecnologie informatiche. Aveva seguito Giulia fin dal suo inserimento, le aveva presentato i vertici dell’azienda e le aveva spianato la strada per una brillante carriera. Si era sempre dimostrato molto affezionato a lei, come una figlia da crescere, accudire e coccolare, soprattutto nei momenti in cui l’adolescenziale orgoglio di lei la portava a essere poco riconoscente e scontrosa.

    Il tragitto tra casa sua e l’ufficio era di circa 7 km, che nel traffico di Milano diventano circa 40 minuti. In questo modo Giulia ha tutto il tempo necessario per ripassare mentalmente il suo discorso di ringraziamento: il suo capo, che le ha permesso di lavorare su un progetto così importante, i colleghi per il supporto e gli azionisti per l’investimento economico, oltre ovviamente al management e ai membri del consiglio di amministrazione. Non doveva dimenticare nessuno, perché sapeva bene che un errore avrebbe potuto generare gelosie e invidie che avrebbero potuto rallentare la sua ascesa verso la carica di direttore commerciale della filiale italiana. Guardandosi nello specchietto cercava di avere una faccia credibile mentre ripeteva le stesse frasi, gli stessi ringraziamenti che il suo capo aveva ripetuto due anni prima, mentre gli consegnavano il riconoscimento di Best Employer dell’anno. Un premio che lo aveva portato nell’olimpo degli high flyer, i tre migliori talenti al mondo predestinati a un futuro dorato in azienda.

    Era euforica o forse tesa, uno stato d’animo indecifrabile ma non nuovo, lo sapeva riconoscere e le dava la giusta dose di adrenalina per affrontare qualsiasi situazione e isolarsi da tutto ciò che non serviva al suo scopo. Non le importava neanche del cielo grigio e della leggera pioggerellina che le aveva bagnato le scarpe e il soprabito quando era scesa per prendere la macchina, si sentiva pronta per prendere quello che considerava suo: il rispetto e il potere.

    Egregi colleghi, vi ringrazio per il supporto, e la vostra stima… ma che cavolo sto dicendo, che schifo!

    Cari amici e colleghi non mi aspettavo questo importante riconoscimento e il mio ringraziamento va a tutti quelli che mi hanno sostenuto in questa iniziativa. Fece un lungo sospiro, si riguardò ancora nello specchietto mentre si accingeva a entrare nel parcheggio posteriore dell’azienda, salutò la guardia all’entrata e lentamente, con la sua consueta eleganza, si diresse verso il suo ufficio.

    CAPITOLO 2

    Il demone

    La notte è il momento migliore o forse peggiore di tutta l’esistenza, il buio e il silenzio permettono al corpo e alla mente di trovare il giusto riposo, così come ci possono togliere quelle energie che il giorno ci ha lasciato.

    La notte è il momento in cui si può pensare, si può fantasticare e si può viaggiare con la mente ovunque si voglia, non ha limiti e non ha confini a meno che non si abbia paura della notte e del suo buio. Sin da quando era adolescente la notte si manifestava come un demone capace di tenergli gli occhi ben aperti e succhiargli ogni residuo di linfa, fino all’ultima goccia di energia, ma gli regalava anche le intuizioni più geniali, le idee migliori quegli sprazzi di sereno che durante il giorno non voleva che ci fossero. Lo sa perfettamente che la notte è il suo momento, nel silenzio il suo emisfero destro comincia a creare, a muoversi e pulsare, lo sente gridare come un felino incatenato che cerca di liberarsi e di dare sfogo a tutta la sua aggressività creando, partorendo, dando forma a quei capolavori di marketing che gli hanno permesso di vincere le sue prime borse di studio e numerosi premi fotografici. La fotografia, una passione che ha saputo fare diventare parte integrante del suo essere, attraverso il gioco e la capacità di migliorare sempre di più la tecnica, inventando soluzioni uniche, ai limiti della sopportazione per i puritani di quest’arte che lo hanno sempre snobbato ed emarginato da qualsiasi tipo di raduno, confronto o community. Ma Valerio aveva saputo andare oltre, non ha mai limitato la sua creatività a una sola delle specializzazioni che la fotografia impone, ma ha saputo essere versatile come nessun altro, come quando vinse il concorso Human Trade Picture from the Hell della Zurich Arts Accademy con una foto che ritraeva un mercante di bimbi in Tanzania, seduto sul letto di una camera dell’orfanotrofio di Arusha con il sigaro in bocca, mentre con aria soddisfatta contava i soldi del suo ultimo affare. Questo scatto lo costrinse a vivere tre giorni chiuso in un villaggio masai per sfuggire alla ricerca dei mercenari che lo avrebbero dato volentieri in pasto ai coccodrilli. O quando per vincere il ben più prestigioso Colours and Lifes Award decise di buttare secchiellate di tempera sulla scalinata del santuario della Verna, fotografando le impronte dei pellegrini che come formiche si rincorrono e sovrappongono in una frenesia irrefrenabile dando vita a inestricabili percorsi, che nella sua creazione rappresentavano le vie della fede, incerte e incoerenti.

    Ciao Chiara, come stai? Hai iniziato bene la giornata?

    Buongiorno Valerio, l’ho iniziata esattamente come l’ho finita ieri, non so dirti però se meglio oppure peggio. Prima che ti chiuda nel tuo ufficio ti volevo avvisare che ha chiamato di nuovo il dottor Renzi, quello della agenzia di promozione turistica, per il servizio fotografico sugli antichi mestieri e le botteghe milanesi, per farti sapere che il finanziamento è stato sbloccato e che puoi iniziare il lavoro.

    Ma chi, l’assessore al turismo?

    Sì proprio lui in persona, mi ha detto che le foto gli serviranno per un libro che sta scrivendo lui stesso.

    Una buona notizia! Almeno questo mese il tuo stipendio non sarà a rischio ritardi, sempre che non sia una delle sue solite palle per farmi fare un lavoro che non ha intenzione di pagare. Fatti mandare la dichiarazione della provincia di avvenuta erogazione del fondo.

    Ok capo! Stavo dimenticando di dirti che si è premurato di ricordarti che il lavoro deve essere tassativamente consegnato entro otto settimane altrimenti non riescono a mandarlo in stampa in tempo.

    Se non ci avesse impiegato due mesi prima di darmi una risposta forse avremmo anche guadagnato tempo, comunque, puoi rispondergli che entro la data indicata avrà il suo materiale, comprensivo di foto e di progetto definitivo sulla campagna di comunicazione.

    Davvero una buona notizia in un momento come questo, considerando che ormai l’affare per la società di yacht è sfumato, questo lavoro gli avrebbe permesso un paio di mesi di ossigeno. Milano non è la sua città, ma è il riflesso della sua anima, grigia, frenetica spavalda e menefreghista, per certi versi ancora più stronza verso di lui più di quanto sperasse o immaginasse.  Ma è anche la sua compagna che sa dosargli gioie e dolori come una sapiente infermiera al capezzale di un morente, che somministra illusioni di vita a seconda della medicina o della droga che gli intende inoculare. Questo è un lavoro facile, conosce Milano come le sue tasche, sempre vuote ma piene delle sue mani quando cercano riparo, sa dove trovare le botteghe di una volta e sa dove sono nascosti i luoghi dimenticati dal ritmo e dalla frenesia di una metropoli che muta pelle a ogni stagione come il serpente disegnato nel suo simbolo.

    Valerio ti ricordi che oggi pomeriggio devi fare il servizio fotografico alla premiazione di quella multinazionale? Aggiunse Chiara trasformando il suo sorriso in una smorfia.

    "Me ne ero dimenticato, per favore fammi un biglietto con il nome l’indirizzo e l’orario, che nel frattempo preparo l’attrezzatura.

    CAPITOLO 3

    A walk on the moon

    Dottoressa Giulia Siniscalchi? Buongiorno, sono la segretaria del dottor Pirelli, mi ha raccomandato di avvisarla che la stanno aspettando nella Board Room al settimo piano.

    Grazie Signora, salgo subito.

    I tre piani che dividono il suo ufficio dalla board room erano più che sufficienti per ripassare tutto il suo breve discorso e sperimentare ancora il suo sorriso sullo specchio dell’ascensore. Sentiva il cuore battere, scandire i secondi come un tamburo di guerra, sapeva che doveva controllare l’emozione per non dare l’idea di essere una debole davanti ai membri del management.

    Ciao Giulia. la salutò il suo capo subito dopo avere fatto il suo ingresso nella sala della riunione.

    Ciao Carlo, hai messo lo stesso vestito di quando ti hanno dato il riconoscimento di Best Employer dell’anno, scommetto che non lo hai neanche lavato da quel giorno, il sorriso con il quale pronunciava queste frasi non nascondeva l’acidità che provava nei confronti del suo diretto responsabile, ma non riusciva a trattenersi ogni qualvolta aveva la possibilità di punzecchiarlo e di fargli sentire il peso della sua estrazione alto borghese.

    Invece tu hai un look alla Mary Poppins, davvero niente male se fossi alla prima di un film della Disney. Comunque oggi sarà il giorno della consacrazione per il nostro dipartimento, la nostra campagna pubblicitaria diventerà la nuova punta di diamante dell’azienda in tutto il mondo, devi esser fiera di aver partecipato anche tu.

    Partecipato? Carlo, scusa la mia franchezza ma l’ho creata io dall’inizio alla fine, ci ho dedicato intere notti e tutti i week end e mi sembra davvero riduttivo usare il termine partecipare.

    Giulia, sappiamo tutti qual è il tuo valore, quanto hai fatto e quanto certamente farai ancora per la nostra azienda, ma noi siamo una squadra, un team che lavora insieme con l’unico obiettivo di portare la nostra azienda sempre più in alto, i risultati sono del gruppo e mai del singolo, il termine partecipare è il più appropriato in questo caso.

    Quante volte aveva letto quella frase sui libri dell’università, sulle riviste di management, nelle interviste dei guru della finanza e nei discorsi degli amministratori delegati delle più grandi multinazionali del mondo. Il team, il gruppo, la squadra, i risultati che sono di tutti, ma il potere e il prestigio solo di pochi. Le aveva sempre trovate ipocrite queste finte esternazioni di perbenismo, era fermamente convinta che il 90% dei manager avesse fatto carriera per raccomandazioni o abilità nel sapersi ingraziare il potente di turno. Oppure per la loro abilità nell’esaudire qualunque desidero lecito o non lecito, moralmente onesto o meglio ancora disonesto, che il politico, l’imprenditore o il direttore del momento erano sempre pronti a chiedere. L’altro 10%, invece, era composto da manager che avessero la capacità di fare il proprio lavoro e raggiungere i risultati con le proprie doti, ma questi stavano zitti, senza sognarsi di condividere i propri successi con i propri collaboratori.

    A questa classe di manager Giulia faceva riferimento quando pensava a sé stessa, alle sue capacità e alla sua carriera, e sentiva che questo era il momento giusto per confermare la sua teoria: era arrivato il suo tempo, anche per lei c’era spazio nel gotha della Anton Walker Media Corporation.

    Bene Carlo, allora brinderemo al risultato del team quando gli azionisti vedranno il risultato del nostro lavoro.

    Contaci mia cara Giulia! Ma adesso è il nostro momento, è arrivato anche il CEO da New York solo per vedere il frutto delle nostre fatiche

    Mr. Frank John Hurkwoticz, CEO da due anni e nipote del fondatore della società, rappresentava il nonno nelle occasioni ufficiali distanti dal quartier generale della azienda. Spesso era lui il portavoce dello Steering Committee, il consiglio di amministrazione con sede negli USA, quando era necessario prendere decisioni rilevanti o dare nuovi incarichi internazionali. La sua presenza era giustificata sia dal valore del progetto, sia dai conseguenti riconoscimenti che saranno attribuiti ai membri della squadra.

    Carlo, credi che la presenza di Mr. Hurkwoticz porti anche qualche cambiamento nella organizzazione dei nostri uffici? chiese Giulia.

    Certo non aveva mai veramente pensato a un incarico internazionale, ma a questo punto cominciava a considerarlo come giusta ricompensa, così come la nomina a Direttore Commerciale presso la sede di Londra o di Parigi. La domanda a Carlo aveva il solo obiettivo di conoscere in anticipo quello che tra pochi minuti avrebbe sentito direttamente.

    Non saprei, non mi hanno comunicato nulla in anticipo, anche se la sua presenza potrebbe essere motivata solo dalla presentazione della nostra campagna stampa, comunque, tra poco lo sapremo le rispose a bassa voce.

    Signore e Signori, a nome di tutto il board vi ringrazio di essere venuti qui oggi. Il mio nome è Frank John Hurkwoticz e oggi avremo il privilegio di assistere in anteprima alla visione della nuova campagna pubblicitaria della nostra grande azienda, il suo fortissimo accento americano tradiva un italiano quasi perfetto, lingua che ha sempre amato e ascoltato sin da bambino, quando insieme alla nonna guardava i film in bianco e nero che avevano come soggetto la Dolce Vita e tutti i segreti di Roma.

    Pertanto, prima di procedere con i consueti ringraziamenti, invito tutti a visionare il lavoro dei nostri colleghi e a vivere insieme a noi l’emozione di questi momenti. Prego i tecnici di spegnere le luci e iniziare la presentazione, grazie.

    I tecnici obbedirono immediatamente, mentre il buio si impadronì velocemente della sala. Una musica hip hop in sottofondo si diffondeva in crescendo dagli altoparlanti, fino a quando ad uno ad uno tutti gli slogan, le foto e i video che fanno parte della campagna pubblicitaria apparivano e scomparivano davanti agli occhi e alle orecchie dei partecipanti, lasciando nelle loro menti, quasi fosse un impercettibile messaggio subliminale, lo slang della campagna don’t dream to be a moonwalker, only Walker can bring you to the moon! e la foto della prima impronta lasciata dall’ uomo sulla luna. Tanto semplice quanto geniale. Un ritornello e una immagine che rimanevano ben impressi nella mente e che rullavano come un ritornello sulla fronte!

    Signore e Signori, questo farà la nostra azienda per i nostri dipendenti e per i nostri clienti, vi porterà sulla luna! il sorriso sulle labbra del CEO e il veloce sguardo di soddisfazione scambiato con Giulia le diedero quell’iniezione di adrenalina che le serviva per il grande annuncio.

    Adesso, dopo avere ammirato il futuro della nostra azienda, vorrei invitare qui al mio fianco gli autori di questo capolavoro, per ringraziarli personalmente e congratularmi a nome di tutti noi. Quanto stonava il suo continuo ed arrogante accento americano, adesso, sembrava quasi ostentarlo come un simbolo di superiorità, sciogliendo le vocali con le consonanti.

    Da manager navigato quale era, Frank John Hurkwoticz sapeva bene che le persone in quel momento erano concentrate sulle sue parole e non sulle sue mani, che abilmente inserì nelle tasche, per estrarre un foglietto con indicati tutti i membri del team di progetto e i loro ruoli, facendo credere di conoscerli personalmente uno per uno. Con estrema naturalezza lo appoggiò davanti a sé, come se fosse un insignificante scontrino della spesa e riprese il discorso: Vorrei iniziare con il dottor Fraschi, bravo product manager che ha saputo catalizzare le esigenze dei nostri clienti e trasferirle al nostro ufficio marketing, un applauso al nostro collega.

    Signor Fraschi, sono il fotografo, guardi verso me e sorrida, ecco così grazie.

    Quegli infiniti attimi erano noiosi, ma anche eccitanti e interminabili per Giulia, in attesa del momento della sua consacrazione, e gli applausi, che lunghi e falsi accompagnavano l’attimo di gloria dei suoi colleghi, le sembravano sempre più forti e vigorosi man mano che si avvicinava il suo nome. Aveva ripercorso mille volte con la mente quel momento, istante per istante, secondo per secondo, e il ritmo del suo respiro aumentava sempre di più, come se avesse la capacità di accelerare il tempo e di accorciare la distanza.

    E adesso è arrivato il momento di Giulia Siniscalchi, la nostra creativa, quello che voi italiani chiamereste il genio e la sregolatezza, mentre noi americani con molta meno flessibilità la definiremmo genius and intemperance, e sono certo che Giulia sarà d’accordo con me nel riconoscersi nella versione italiana del termine. Un grande applauso al nostro genio e per te Giulia tutti i nostri più calorosi ringraziamenti. Finalmente il momento era arrivato, mentre si alzava dalla sua sedia per camminare in direzione di Frank sentiva il cuore batte forte, fortissimo, così impetuoso da spingere fuori con forza quella lacrima di gioia che non si addice ad un carattere duro e orgoglioso come il suo.

    Giulia, fai un bel sorriso verso la camera, ecco un altro ancora così, bene!

    Posso avere una copia di queste foto, dove posso trovarle?

    Sì certo, mi chiamo Valerio Capelli ecco il mio biglietto da visita, mi scriva una mail che gliele mando, è davvero una bellissima ragazza, se vuole gliele stampo e ci possiamo vedere di persona per un caffè così le può incorniciare più velocemente.

    Riusciva a stento a trattenere l’emozione, mentre guardava nell’obiettivo del fotografo intento a immortalare ogni istante. Nella sua mente l’immagine di quella foto avrebbe padroneggiato la parete più grande di casa, proprio lì in bella mostra, visibile a tutti quelli che entrano.

    Scusi come dice? No, non credo proprio, sono troppo impegnata e penso che il primo giorno libero sia forse tra un anno.

    Un modo non troppo gentile per rifiutare l’invito, d’altronde, lei è abituata così, dalla vita deve avere tutto, ma solo ciò che lei desidera.

    And now the last but not the least, Carlo! O se preferite da oggi potete anche chiamarlo signor France country manager! Grazie Carlo per lo splendido lavoro e per avere contribuito, attraverso la tua fantastica intuizione, a disegnare il futuro della nostra azienda con la campagna promozionale che avete appena visto e ovviamente congratulazioni per il tuo nuovo incarico che sono certo sarà solo l’inizio della tua carriera internazionale. Signori facciamo un applauso a Carlo e poi tutti a festeggiare al ristorante!

    Il buio, il silenzio, l’angoscia, la rabbia, la delusione, tutti questi sentimenti queste emozioni gelarono il sangue di Giulia. Come era possibile che il suo sogno di avere la pagina centrale del corriere economia, la nomina a direttore, la fama e la gloria fossero svaniti e crollati in un solo attimo per colpa del suo capo, che le aveva rubato il progetto e i meriti? Invece era andata proprio così e la realtà era decisamente peggio di come lei l’aveva immaginata e preparata per tutto questo tempo, ripercorrendola ogni giorno, ogni notte passata a inventarsi lo slogan della campagna, ogni week end speso a rivedere le immagini del video pubblicitario, a tagliarne ogni singolo fotogramma e cercare la perfetta sincronia con la musica.

    Carlo, sei davvero uno stronzo e sono sicura che non te la prenderai se mi prendo qualche giorno di ferie a partire da ora Giulia era furiosa, talmente arrabbiata da non rendersi conto che il suo tono di voce era diventato acuto e tremolante, il respiro era affannoso, come dopo una corsa ad ostacoli corsa tutta in apnea. Il corpo proteso in avanti, le labbra strette, tirate e gli occhi profondi e sottili, non aveva mai avuto uno sguardo così arrabbiato prima d’ora.

    Giulia non capisco a cosa ti riferisci, è stato un grande successo per tutta la squadra.

    Ma i meriti li hai presi solo tu, così come nomine e ringraziamenti vari, mentre tutto il lavoro è stato fatto da me e tu non ci hai messo proprio niente di tuo! Ho sempre pensato che tu non fossi un esempio di gratitudine, ma non avrei ma creduto che tu fossi un bastardo della peggior specie!

    Cosa stai dicendo? Sei impazzita? Tutta la campagna è frutto della mia creatività e della mia esperienza e credo che tu abbia bisogno di più di qualche giorno di ferie, stai pure a casa fino a quando non avrai deciso di chiedere scusa a me e a tutti i tuoi colleghi

    "Non ti scomodare Carlo, piuttosto che chiederti scusa preferirei morire. E adesso, se permetti, me ne vado, sono certa che saprai motivare

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