Siculo Babbìo: Fantasie, “discursi di cafè”, miniracconti e persino minigialli (tutti con il tempo di lettura: così in bagno, in metro o in sala d’attesa vi regolate)
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Anteprima del libro
Siculo Babbìo - Carlo Barbieri
Guido Clericetti, che di umorismo
se ne intende, dice…
…Essendo io milanese, anche se con un antico zio acquisito di Piazza Armerina e un caro indimenticato amico ennese, per parlare di un testo che ha vinto contemporaneamente il Premio Umberto Domina per la letteratura umoristica e il premio speciale della giuria per la migliore opera ad ambientazione siciliana ho voluto documentarmi. Così, indagando con l’imprescindibile Google, ho scoperto il Wikizziunariu, dizziunariu ’n sicilianu, dal quale apprendo che il verbo siculo babbiari (= burlare, prendere in giro, scherzare) nasce dall’aggettivo babbu, dal latino volgare babbius (= sciocco) che è all’origine anche dei termini italiani babbione e babbeo. Quindi ora posso forse riuscire a intravvedere il significato di Babbiando babbiando, il fin qui per me misterioso titolo di questo libro.
Una raccolta di miniracconti, fantasie e discursi di cafè, tutti con il tempo di lettura così in bagno, in metro o in sala d’attesa vi regolate
lo sottotitola con volutamente frivola leggerezza Carlo Barbieri, ma è l’ironico ammiccare dell’autore che in realtà sa bene che nel suo lavoro c’è molto di più, come noi lettori scopriamo con divertito godimento e – perché no? – inaspettato arricchimento culturale. Senza peraltro riuscire a tener conto degli scherzosi tempi di lettura suggeriti, perché qui ogni pagina tira l’altra, come le ciliegie: proprio come le ciliegie tutte sono deliziose, ma ognuna è diversa dall’altra e il susseguirsi di tante sottili differenze di sapore è una sfida a cui ci arrendiamo volentieri.
Fantasia, autoironia, disincantata osservazione della realtà, satira, misurata passione civile, buon ragionamento, tanta affettuosa ed equilibrata sicilianità e anche qualche canzonatoria staffilata, il tutto impreziosito da una scrittura stimolante, ma babbiando babbiando… avete fra le mani il lavoro di un raccontatore intelligente e colto e arguto. Il che, di questi tempi, è davvero aver trovato un tesoretto!
In più c’è questa invidiabile dote della scrittura di Carlo Barbieri: ci fa diventare dei vecchi amici che lo stanno ad ascoltare mentre, con la levità e l’umorismo che gli conosciamo, divaga per noi fra ricordi, invenzioni e allegorie. Per usare le sue parole, quelle con cui quasi chiude l’ultima pagina, come questa chiacchierata che sto facendo con voi, che se fossimo davanti a una tazza di caffè sarebbe un discursu di cafè perfetto
.
Autore televisivo, scrittore e disegnatore, Guido Clericetti è stato allievo di Marcello Marchesi. Ha collaborato con RAI e Mediaset firmando per diversi anni programmi di successo come Unomattina, Domenica In, Premiatissima. Ha pubblicato diversi libri umoristici, fra i quali Contraddizionario, Il primo Pinocchio, Clericettario e centinaia di vignette sulle riviste Epoca, Avvenire e Tempi. È stato premiato per le sue creazioni in diverse manifestazioni, fra le quali il Salone Internazionale dell’umorismo di Bordighera, il Premio Forte dei Marmi e Umoristi a Marostica, dove ha vinto il Gran Premio Internazionale Scacchiera. Gli sono state dedicate mostre a Sestri Levante e Leggiuno.
Prendiamola a ridere, dai:
babbiando babbiando.
Il controllino
(6 min)
– Barbieri!
– Eccomi.
Posai la rivista vecchia di due anni, mi alzai passando davanti alla graziosa assistente che mi incoraggiò con un sorriso e mi diressi verso la sala tortura. La strada la sapevo.
Il dentista, in camice bianco abbottonato fino al collo e mascherina, mi accolse sulla porta a mano tesa.
– Carissimo! Come sta?
– Bene, dottore. Ma è lei?
– In che senso?
– Eh la volta scorsa dietro la mascherina c’era un suo collega.
– Sarò stato in ferie. Certo, se lei mi viene a trovare mentre sono in vacanza...
La risposta era decisamente assurda ma mi limitai a sorridere. Mai innervosire il dentista che sta per metterti le mani in bocca. Soprattutto se è un dentista siciliano geloso del collega di Roma con il quale, causa il mio pendolarismo, è costretto a dividere il paziente.
– Allora, carissimo, che abbiamo che non va?
– Niente, dottore, solo un controllino generale.
– Come si dice: prevenire è meglio che reprimere. Si accomodi, il tempo di cambiare i guanti.
Mi stesi sulla maledetta poltrona con gli occhi al soffitto.
– Che si dice a Roma, la fanno sempre buona l’amatriciana?
– Tutto a posto e amatriciana ottima.
In genere mi chiedeva della carbonara.
– Com’è che non se l’è fatto fare a Roma, il controllino?
La domanda non era innocente. Gli avevo spiegato che abitavo parte del tempo a Roma e parte a Palermo, e quindi ero costretto ad avere qualche specialista in doppio, come nel suo caso. Ma questa cosa non gli andava giù.
– Per la par condicio dottore. Toccava a lei.
– Apra la bocca per favore.
Mi mise sotto la lingua quel tubicino che succhia la saliva e cercai di scacciare l’idea che l’aveva messo in bocca a chissà chi fino a un minuto prima. Sapevo che non doveva fare nulla di doloroso, ma mi ritrovai teso e aggrappato ai braccioli come sull’aereo quando c’è turbolenza.
– Vediamo... vediamo... ben aperta la boooccaaa... mmm... c’è un po’ di tartaro. Quando l’ha fatta l’ultima pulizia?
– L’a-o sco-o.
– Gliel’ho fatta io?
– O.
– Mi pareva. Aaaaah! Ecco qua.
– Eh-è?
– Una cariettuccia.
– Ah.
Ispezionò per un altro paio di minuti, poi tolse il tubicino.
– Finito.
– Dov’è questa carie?
– Sul molare accanto al dente del giudizio qui a destra. Ma quando l’ha fatto l’ultimo controllo?
– Dunque, è stato a Roma, l’ho fatto prima di andare a Bologna, che è stato all’inizio di marzo... mi pare intorno a metà febbraio.
– Perciò meno di sei mesi fa. Questa non è carie che si sviluppa in sei mesi, sa?
– E quindi?
– E quindi a febbraio sicuramente c’era già ma il collega non se n’è accorto. Per la verità non era facile da vedere, ci vuole esperienza. Quanto rimane a Palermo?
– Tutta l’estate.
– Allora prenda appuntamento che la eliminiamo e facciamo l’otturazione.
– Cosa dolorosa?
– Non dovrebbe, pare una carietta superficiale. Piuttosto quando viene per l’otturazione vediamo di fare anche una pulizia del tartaro come si deve.
– Va bene.
– E ora parliamo di cose serie.
Ebbi un tuffo al cuore. – Che c’è?
– Le sue gengive non mi piacciono. Il collega non gliel’ha detto?
Lo maledissi dentro di me, mi aveva spaventato.
– Sì.
– E che le ha consigliato?
– Spazzolino elettrico...
– Stupidaggine.
– …Da utilizzare dopo ogni pasto.
– E lei lo fa?
– Mattina e sera sì, a pranzo no perché spesso sono fuori, ma lui mi ha consigliato un chewing gum speciale.
– Che lei usa regolarmente quando non può lavarsi i denti.
– Sempre.
– Altra stupidaggine. Non funziona. E come se li spazzola lei i denti? Con che movimento?
Lì non mi poteva fregare. Usavo scrupolosamente il metodo che mi avevano raccomandato sia lui che il dentista di Roma.
– Dall’alto in basso l’arcata superiore, dal basso in alto quella inferiore, un minuto per arcata.
– Sbagliato.
– Pure questo? Ma se me l’avete detto tutti e due di fare così, lei e il suo collega di Roma?
– Quand’è venuto da me l’ultima volta?
– A dicembre, per un principio di mal di denti che se ne è andato subito con un antiinfiammatorio. Ma mi ha visto il collega mascherato, non lei.
– A gennaio c’è stato un congresso da cui è emerso un nuovo orientamento. Ora si preferisce un movimento diverso che coinvolge le due arcate contemporaneamente. Mi dia la mano. Tiri fuori il dito indice e faccia finta che sia lo spazzolino.
Mi prese il dito e me lo pilotò sulla guancia in un movimento ellittico.
– Così.
– E lo spazzolino elettrico?
– Uno spazzolino manuale correttamente usato è più che sufficiente. E poi se lo immagina se la testina di quello elettrico si sgancia e va a finire nella trachea?
– Oddio, ma perché, è successo?
– Non mi risulta, ma non si sa mai. Sempre cose meccaniche sono.
– E il chewing gum perché non funziona?
– Non funziona perché non massaggia come si deve. Piuttosto, lei mangia dolci, non è vero?
– No.
– Come no
? Mi dica la verità.
– Insomma... pochi.
– E lo scorso Natale?
– Che c’entra, Natale non conta... e poi a Palermo è impossibile non mangiarli.
– Perfetto. Ed ecco la carie. Certo, se io le dico di non mangiare dolci e lei sta a sentire il collega di Roma...
– Ma il dentista di Roma non mi ha detto di mangiare dolci.
– Le ha detto certamente quando mangia i dolci, dopo usi il chewing gum che è come se si pulisse i denti
. E questo è il risultato.
– Onestamente non mi pare che mi abbia detto...
Mi interruppe alzando la mano.
– Guardi, il novanta per cento dei dentisti lo dice. A Roma poi non ne parliamo, l’hanno per abitudine. Forse per fare contento qualche informatore scientifico, non lo so. E poi ecco qua che succede.
Mi arresi.
– Allora proprio niente dolci?
– Soprattutto a pranzo, che è il momento critico perché nessuno si pulisce i denti. Guardi, neanche io mi lavo i denti a pranzo, ma non mangio dolci e sto tranquillo.
Mi alzai.
– Grazie, dottore. Eseguirò. Allora pago la visita alla signorina e prenoto la prossima.
Guardò l’orologio. – A quest’ora è in pausa pranzo, lei era l’ultimo paziente della mattinata. E comunque per pagare che fretta c’è, deve tornare per l’otturazione, no? Per l’appuntamento invece può chiamare anche fra un’oretta e trova sicuramente la ragazza.
Si tolse il camice e la mascherina.
– È proprio lei, dottore.
– In che senso?
– Sotto la mascherina.
Mi sorrise solo per cortesia.
Uscimmo insieme e arrivati in strada ci separammo con una stretta di mano.
Avevo parcheggiato vicinissimo, in pochi minuti sarei stato a casa. Solo che accanto alla mia auto adesso ce n’era un’altra piazzata in doppia fila.
Suonai il clacson, chiesi nei negozi e nelle portinerie vicine, ma non ci fu niente da fare.
Dopo una ventina di minuti, durante i quali mi ero immaginato le vendette più feroci, chiamai mia moglie, le dissi com’era andata dal dentista e la informai che ero bloccato e che avrei mangiato un panino in attesa che un ignoto figlio o figlia di puttana mi consentisse di tornare a casa. Mi avviai verso il bar all’angolo, entrai e mi diressi verso il banco rosticceria. La vetrina accanto era un trionfo di cannoli, iris, sfince di S. Giuseppe, bignè con la panna e con la crema di ricotta, setteveli al cioccolato e croccantini con panna e fragole.
E davanti, con un vassoietto in mano pieno di dolci, c’era il dentista che si strafotteva un enorme cannolo.
***
Adesso ho due nuovi dentisti, uno a Roma e uno a Palermo. Questi fra di loro non si contraddicono mai, perché sono due fratelli e si mettono d’accordo per telefono.
Ora mi mancano due cardiologi e due urologi, uno a Palermo e uno a Roma, massimo cugini di secondo grado e in buoni rapporti. Mi date una mano a trovarli?
Dimenticavo, importantissimo: pure due barbieri. Grazie.
Forbici, tinture e gossip
(4 minuti)
Signora 1, sotto il casco, posando la rivista: – Non se ne può più.
Giggì, parrucchiere simpatico e gay con due sopracciglia disegnate ad accento circonflesso più baffetto identico, armeggiando con pettine e forbici attorno alla testa della Signora 2: – Di che cosa, signora?
Signora 1: – Charlotte Elizabeth Diana, la figlia del principe William. Da quando è nata, sempre sui giornali è. Ma con tutte le tragedie che ci sono in circolazione, può essere mai che non si parla d’altro?
Signora 2, con la testa tipo Guerre Stellari per via dei capelli incartati nella stagnola: – Ragione ha, signora. Ma queste notizie da perderci tempo appresso, sono? Pensassero ai disoccupati di casa nostra, o a questi che sbarcano a migliaia, o ai bambini che muoiono di fame in India. La gente di queste cose vuole essere informata, altro che principessine! I giornalisti si dovrebbero vergognare.
Signora 3, facendo sventolare le mani causa vernice fresca
alle unghie, con accento palermitano doc: – Ma viiero…! Giornaali, televisioone, tutti a parlare di fesserie! E che è ’sta schifìa? Comunque, a proposito di Sciallot Elisabet Diana, a me quella che mi fa impressiooone è ’a nonna, la reggina.