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I colori raccontano la scienza
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E-book279 pagine3 ore

I colori raccontano la scienza

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Info su questo ebook

Questo libro ha il ritmo lento di una passeggiata dove i colori guidano, come un filo di Arianna, nel labirinto di fenomeni naturali che ci sono consueti, ma che qui vengono indagati con gli occhiali che oggi la scienza ci offre. 
Ogni capitolo, dedicato a un colore, si apre con una immagine pittorica da cui prendono le mosse suggestivi percorsi di conoscenza. Così, il bianco della perla del famoso quadro di Vermeer diventa occasione per una riflessione sulla natura chimica della calcite, e sul modo in cui si sono formate nei tempi geologici le montagne calcaree; il verde di Parigi dei paesaggi di Cezanne apre il discorso sugli effetti tossici dell’arsenico e dei suoi derivati; il blu egizio della Galatea di Raffaello spalanca lo sguardo sul meraviglioso mondo dei minerali…
 Accostando temi diversi guardati attraverso un caleidoscopio multiforme, l’intento è quello di mostrare come la cultura umanistica e quella scientifica rappresentino due volti inseparabili della stessa medaglia e come le conoscenze scientifiche siano ai giorni nostri fondamentali per una comprensione più profonda dell’ambiente e di noi stessi che lo abitiamo.

Nadia Bonaldo e Roberta Lenzi si sono laureate in Scienze Biologiche rispettivamente alle Università di Padova e di Bologna. Ottenuta la cattedra delle Scienze Naturali da concorso ordinario, si sono poi entrambe trasferite in provincia di Vicenza dove hanno svolto gran parte della loro carriera di docenti nello stesso Istituto liceale.
Accomunate da una identica passione per l’insegnamento delle Scienze, hanno avuto perciò l’opportunità di tessere tra loro un intenso dialogo, maturato in molti anni di lavoro didattico svolto fianco a fianco negli stessi indirizzi, classici e scientifici, e talora nelle stesse classi.
Si sono impegnate a favorire la diffusione della cultura scientifica attuando corsi extracurriculari rivolti agli studenti e si sono occupate di divulgazione scientifica con conferenze aperte alla cittadinanza. 
Nadia coltiva da sempre la sua passione per i viaggi alla scoperta degli aspetti naturalistici e antropici dei paesaggi della Terra.
Roberta, invece, ha sviluppato fin da giovane la passione per la fotografia e la pittura, per la quale ha tenuto mostre personali e continua a partecipare a rassegne collettive.
LinguaItaliano
Data di uscita12 lug 2023
ISBN9788830686601
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    I colori raccontano la scienza - nadia bonaldo

    piatto.jpg

    Nadia Bonaldo e Roberta Lenzi

    I COLORI

    Raccontano

    la scienza

    © 2023 Gruppo Albatros Il Filo S.r.l., Roma

    www.gruppoalbatros.com - info@gruppoalbatros.com

    ISBN 978-88-306-8092-0

    I edizione giugno 2023

    Finito di stampare nel mese di giugno 2023

    presso Rotomail Italia S.p.A. - Vignate (MI)

    Distribuzione per le librerie Messaggerie Libri Spa

    Ai nostri studenti,

    per tutto quello che ci hanno insegnato…

    PREFAZIONE

    Dalla nostra più che trentennale esperienza di didattica delle scienze al liceo abbiamo maturato la profonda convinzione in due valori fondamentali. Il primo è che gli argomenti scientifici possono apparire ostici solo quando non proposti con la dovuta chiarezza e semplicità. Semplicità, però, che non intende celare la complessità del reale, ma all’interno di essa indicare solo alcune possibili mappe di orientamento.

    Il secondo è che lo scambio di idee, la discussione, l’incontro con studenti, ma anche con insegnanti della stessa o di altre discipline, sono i fondamenti su cui si basa la grande opera comune di costruzione di conoscenze e competenze scientifiche.

    Perciò anche l’intenso dialogo che si è stabilito tra noi due, docenti di scienze, che abbiamo avuto la fortuna di insegnare per circa trent’anni nella stessa scuola, e allo stesso tempo di rimanere legate da profondi vincoli di amicizia, ci ha portato all’idea di elaborare un percorso di temi e conoscenze non rigidamente strutturato, ma aperto a suggestioni provenienti anche da altri ambiti di saperi, per offrire uno sguardo più ampio sulla realtà che tutti noi in modi diversi interroghiamo.

    L’esigenza di un simile lavoro ci è venuta anche dalla constatazione di quanto le conoscenze scientifiche, e il metodo stesso della scienza, trovano un interesse via via crescente nell’ambito della cultura contemporanea. Cultura che, pure nella migliore delle ipotesi, sa orientarsi egregiamente nel campo delle discipline storiche e umanistiche, ma con qualche difficoltà in quello delle scienze della Natura.

    Eppure, come diceva Primo Levi, chimico e scrittore, La cultura è una e le discipline umanistiche e quelle scientifiche rappresentano solo due facce della stessa medaglia, che poi è quella del tentativo di comprendere qualcosa dell’Universo e di noi stessi che lo abitiamo.

    Con questo intento, perciò, abbiamo iniziato il nostro lavoro, una vera sfida che ci ha stimolato a intraprendere percorsi non ancora esplorati, lasciandoci guidare, da un lato, dalla nostra esperienza didattica e, dall’altro, dal nostro entusiasmo nei confronti di un modo nuovo per raccontare le scienze.

    Questo libro, infatti, attraverso una forma narrativa, piana e semplice nella sua struttura, ma rigorosa nell’esposizione dei contenuti, vuole servire alla divulgazione della cultura scientifica rivolgendosi particolarmente a quel lettore che, pur avendo completato un ciclo di studi di buon livello, avverte però una mancanza di contenuti scientifici necessari alla comprensione di una realtà contemporanea altamente complessa.

    Abbiamo perciò scelto di addentrarci in alcuni sentieri della conoscenza seguendo il filo dei colori, un espediente che offre molte suggestioni e che apre ad una infinità di temi diversi, dal momento che tutto ciò che ci circonda assorbe e irradia luce.

    Tra questi temi ne abbiamo individuati alcuni, che abbiamo proposto poi in modo articolato, ma fluido e consequenziale, cercando di superare la tradizionale distinzione tra diverse discipline e seguendo solo il piacere dell’approfondimento.

    Pur nella estrema libertà di scelta, abbiamo però organizzato le tematiche all’interno di una struttura nella quale il lettore potrà orientarsi. Per ogni colore viene presentata una mappa tripartita di temi, che si apre con una immagine visiva, cromatica appunto, che spesso si riferisce a opere pittoriche, per poi addentrarsi su concetti che spaziano dalla geologia alla chimica alla biologia fino a giungere all’astronomia nell’ultimo paragrafo di ogni colore.

    La narrazione procede per anelli concatenati, o piuttosto per spirali aperte, visto che ogni ritorno al tema di partenza risulterà arricchito di una nuova e più ampia comprensione.

    Questa comprensione inevitabilmente si apre ad una riflessione, che potremmo definire filosofica, del nostro essere nel Mondo e della interpretazione che vogliamo darne.

    Per ogni tema trattato abbiamo cercato il più possibile di intrecciare la narrazione alle storie delle persone, donne e uomini, che hanno segnato il cammino della scienza.

    Il linguaggio usato è semplice, ricco di metafore ed esempi, talvolta anche colloquiale, ma rispettoso della correttezza semantica e concettuale che l’approccio scientifico impone.

    Consapevoli che spesso formule chimiche e diagrammi lungo il testo ne appesantiscono la lettura, ma anche che la loro presenza può contribuire ad una migliore comprensione dei fenomeni, li abbiamo voluti concentrare in alcune lavagne, poste alla fine del testo, alla cui visualizzazione di volta in volta rimandiamo. L’avere inserito foto di lavagne con disegni fatti con il gesso è stato un vezzo, a cui da insegnanti non abbiamo saputo rinunciare.

    Da ultimo qualche suggerimento di lettura.

    Il libro può essere letto così come scritto dalla prima all’ultima riga, seguendo il filo del discorso che ci ha guidato. Ma può anche essere letto a salti, preferendo un colore ad un altro, oppure scegliendo uno dei tre temi proposti per ogni colore.

    La lettura può concentrarsi su note e digressioni esplicative di approfondimento scientifico poste nel glossario al termine del testo, oppure, più semplicemente, scorrere liscia come un piacevole racconto.

    Tutto è grazia! potremmo dire, come nella conclusione del celebre libro di G. Bernanos. O, se vogliamo, tutto è conoscenza!

    Se siamo riuscite nel nostro intento di coniugare i due volti della conoscenza, cioè l’approccio scientifico e quello umanistico, anche solo per alcuni temi, e di risvegliare curiosità e domande, ci dirà il lettore.

    Introduzione

    Viaggiatore sono le tue orme

    il sentiero e null’altro;

    viaggiatore non c’è un sentiero

    il sentiero si fa camminando.

    Dalla poesia Caminante no hay camino di Antonio Machado

    Abbiamo ideato questo percorso come un viaggio, che, pur non essendo esaustivo nei confronti dei temi trattati, propone connessioni di idee e conoscenze tra diverse discipline.

    Come filo per percorrere questi sentieri di scienza abbiamo scelto il tema dei colori, che ha appassionato, coinvolto e affascinato artisti e scienziati di molte epoche.

    Perché i colori?

    Perché siamo immersi nella luce che ci proviene dal Sole e che, variamente assorbita, riflessa e diffusa, genera le immagini nel nostro occhio e nel nostro cervello, da cui prende forma la nostra idea del Mondo.

    Partiremo quindi dal nero perché il nero è il colore che comprende tutti gli altri o, piuttosto, che li azzera tutti.

    Prima però dobbiamo capire qualcosa sulla natura sorprendente della luce e sul suo comportamento.

    Fin dall’antichità ci si è chiesti che cosa fosse la luce, da sempre simbolo del Divino, come testimonia, ad esempio, il fondo in oro dei quadri del Trecento.

    I tentativi di risposte scientifiche vennero però soltanto nel XVII secolo con Newton e Huygens.

    Il primo era convinto che la luce fosse costituita da particelle, il secondo invece che fosse fatta da onde, simili a quelle che increspano l’acqua del mare.

    Chi aveva ragione?

    Il bello della scienza è che non fa vincitori o vinti, ma è un edificio che si costruisce pian piano, con il contributo di molti.

    Infatti, sia Newton che Huygens avevano carpito un pezzetto di verità.

    La fisica del ‘900 ci ha aiutato a guardare il mondo con due occhi, per così dire, invece che con uno solo, a guardare la realtà da diverse angolature.

    Attualmente gli scienziati accettano l’idea che la luce ha una duplice natura: è corpuscolare, cioè è fatta di particelle discrete che chiamiamo fotoni, e ondulatoria insieme, cioè viaggia come le onde.

    Il modo in cui si manifesta dipende dal tipo di osservazione che facciamo.

    Cominceremo quindi a dire qualcosa sul comportamento ondulatorio della luce e sui fenomeni ad esso correlati.

    Tutti noi sappiamo come viaggiano le onde nell’ acqua, in un susseguirsi di creste e cavi.

    Ci sono onde lunghe, come quelle che sembrano muovere grandi quantità di acqua in alto mare, e onde brevi e veloci come quelle che increspano la superficie sotto la brezza. È così anche per le onde elettromagnetiche, quelle che costituiscono la luce visibile.

    In realtà non tutte le onde elettromagnetiche che provengono dal Sole possono essere viste dai nostri occhi, i quali sono in grado di rilevare solo un gruppo di radiazioni entro un ristretto intervallo di lunghezza d’ onda. Questo intervallo costituisce perciò lo spettro del visibile. Le onde infatti sono caratterizzate proprio dalla lunghezza, cioè dalla distanza tra una cresta e una successiva, e dalla frequenza, che rappresenta il numero di creste che passano per una fenditura in un intervallo di tempo.

    Le due grandezze sono inversamente proporzionali. In altre parole: tanto più un’onda è lunga, tanto minore sarà la sua frequenza e maggiore la sua energia.

    L’insieme di tutte le radiazioni che ci arrivano dal Sole, ma anche, in misura minore, dagli altri corpi celesti, costituisce lo spettro delle onde elettromagnetiche. Questo comprende, nell’ordine, radiazioni di alta frequenza e lunghezza d’onda piccolissima come i raggi gamma e i raggi X, poi i raggi ultravioletti, quindi la zona del visibile le cui lunghezze d’onda vanno dai 0,7 a 0,4 micrometri (millesimi di millimetri), e infine, a lunghezza maggiore, i raggi infrarossi, le microonde e le onde radio.

    L’intero spettro delle radiazioni elettromagnetiche è rappresentato nella lavagna n. 1

    Ma i colori che cosa sono?

    Un fascio di luce che entra da una finestra ci pare bianco. Ma se dentro la stanza ci fosse un lampadario con gocce di cristallo, come quelli in uso fino anni settanta, cosa vedremmo?

    Ebbene, quel fascio di luce bianca produrrebbe sulle pareti un arcobaleno di tutti i colori sfumati, dal rosso intenso all’ arancione, al giallo, al verde, all’azzurro, all’ indaco, fino al violetto. Così come dopo un temporale vediamo stendersi nel cielo la stessa tavolozza multicolore.

    Questo accade per il fenomeno fisico della dispersione della luce, che in laboratorio viene dimostrato facendo passare un fascio di luce bianca attraverso un prisma di vetro.

    La ragione è semplice: quando la luce bianca, che è l’insieme di tutte le onde con lunghezza e frequenza della zona del visibile, attraversa mezzi trasparenti con densità diversa - ad esempio passa dall’aria al cristallo o al vetro - viene deviata per il fenomeno della rifrazione. Lo stesso che ci fa apparire piegato il manico di un cucchiaino, quando lo vediamo immerso nell’acqua di un bicchiere!

    Ma l’angolo con cui vengono rifratti i raggi luminosi è proporzionale alla loro frequenza. Le radiazioni rosse, ad esempio, che hanno una lunghezza maggiore e minore frequenza, subiscono una deviazione più piccola rispetto alla luce blu che possiede lunghezza minore e frequenza più alta.

    Quindi, i colori corrispondono a lunghezze d’onda diverse, che vengono deviate con angoli diversi.

    È per questo che un fascio di luce bianca, policromatico in quanto costituito da molte radiazioni, viene scomposto dal prisma di vetro in singoli fasci di luce monocromatici, come avviene nel cielo durante un arcobaleno.

    Ecco svelata la natura dei colori: il rosso, il giallo, il verde, il blu, e tutte le altre sfumature cromatiche che ci incantano, non sono che fasci di onde, ciascuno con una propria lunghezza e una propria frequenza.

    Certo è che, se non ci fossero i nostri occhi e il nostro cervello a decodificarli, essi potrebbero rimanere del tutto muti e silenziosi, come sono per noi i raggi gamma o gli ultravioletti, che hanno lunghezze di onda troppo brevi per poter essere visti da noi.

    E, tuttavia, anche tali radiazioni, che si trovano fuori dalla zona del visibile dello spettro, influenzano la nostra vita, seppure in modi molto diversi…

    Osservato e osservatore, insomma, devono interagire e, per così dire, intendersi!

    In che modo i nostri occhi a dire al cervello che quella particolare lunghezza d’onda è… rosso? E quell’altra un po’ più breve è blu, e un’altra è gialla, o verde, o…?

    Il meccanismo della visione ha avuto una lunga e complicata evoluzione biologica.

    Qui ci basterà dire che all’interno del nostro occhio, nel fondo posteriore, c’è un tessuto molto specializzato che chiamiamo rètina, dove si trovano due tipi di cellule: i coni e i bastoncelli, chiamati così proprio per la loro forma.

    I bastoncelli sono responsabili della visione in bianco e nero a bassa intensità luminosa, quale è quella che si verifica di notte (visione scotopica).

    La visione dei colori, invece, la si deve ai coni, che si attivano solo ad illuminazione piuttosto intensa (visione fotopica).

    All’interno di queste cellule della rètina ci sono dei pigmenti, cioè delle particolari molecole che assorbono selettivamente alcune onde elettromagnetiche luminose.

    Mentre i bastoncelli sono tutti uguali e contengono un solo tipo di pigmento, ci sono tre gruppi di coni, ciascuno dei quali presenta un pigmento diverso, sensibile solo nei confronti di uno di questi colori: il blu, il verde e il rosso. Per questo, il nostro meccanismo di visione viene definito tricromatico.

    Quando sulla retina giungono le onde elettromagnetiche della luce visibile, le molecole dei pigmenti si deformano. A seguito del cambiamento tridimensionale della molecola del pigmento sollecitata, si genera un’onda elettrica sulla membrana della cellula, che si propaga poi, attraverso il nervo ottico (una sorta di cavo di connessione elettrica), fino alla corteccia occipitale del cervello.

    Ed è in questa sede che, sulla base dei rapporti quantitativi dei diversi pigmenti sollecitati, l’immagine viene elaborata e decodificata.

    Ad esempio, una luce monocromatica di una specifica lunghezza d’onda, che avrà stimolato solo uno dei differenti gruppi di coni, verrà associata ad un solo colore, mentre la stimolazione simultanea di uguale intensità di tutti e tre gruppi di coni, darà origine alla sensazione cromatica del bianco, che corrisponde ad una combinazione di tutte le lunghezze d’onda dello spettro. Lo stimolo contemporaneo in diverse percentuali dei tre tipi di coni ci darà infine la percezione di tutte le altre molteplici sfumature cromatiche, che nell’ insieme ci possono regalare la magnificenza di un arcobaleno o di un tramonto sul mare!

    I colori dunque sono dovuti ai pigmenti. Pigmenti sono quelli della nostra retina, ma anche quelli presenti in molti oggetti colorati che vediamo, naturali e non.

    Ad esempio: le foglie sono verdi perché contengono un pigmento che si chiama clorofilla, il sangue è rosso perché ha un pigmento che si chiama emoglobina, la carota è arancione perché c’è un pigmento che si chiama beta carotene, ecc.

    Dal punto di vista chimico i pigmenti sono delle sostanze, inorganiche oppure organiche, che assorbono selettivamente alcune lunghezze d’onda del visibile rimandandone altre.

    Quando un pigmento assorbe luce ad una certa lunghezza d’onda, rimanda quella dell’altro estremo dello spettro. Ad esempio: uno che assorbe nella gamma dei rossi apparirà di un colore compreso tra l’azzurro e il violetto, quello che assorbe nella zona del verde e del blu, ci invierà invece luce rossa.

    Insomma, ogni pigmento assorbe determinate lunghezze d’onda e ne diffonde altre, che sono appunto quelle che vanno a colpire i nostri occhi.

    Cappella Rothko (1971). Houston, Texas

    NERO

    Dove c’è molta luce,

    l’ombra è più nera.

    Goethe

    Nero come l’inchiostro

    Forse nessun altro colore quanto il nero è capace di evocare una esperienza di sacralità, proprio per il fatto di essere l’insieme di ogni altro colore e, contemporaneamente, di rappresentarne l’assenza.

    Una superficie infatti ci appare nera quando assorbe tutte le radiazioni nella zona del visibile e non ce ne invia alcuna.

    Per questo i quattordici pannelli neri di grandi dimensioni, dipinti da Mark Rothko per la cappella di Houston, attraggono e sospendono lo spettatore sull’orlo di un abisso, che allo stesso tempo affascina e conturba, in una sensazione di totalità che è la vera essenza dell’esperienza religiosa di ogni uomo.

    Infatti la Rothko Chapel, voluta dai coniugi De Menil e inaugurata nel 1971, nasce proprio con lo scopo di diventare il luogo di culto ideale, dove persone di ogni fede e di ogni cultura abbiano accesso a quel sentimento profondo di umanità che tutti accomuna. Utopia ecumenica di un dialogo interreligioso e aconfessionale, dove le radici delle diverse fedi possano finalmente intrecciarsi e riconoscersi!

    Così come si intrecciano e sovrappongono le tante sfumature cromatiche che nell’insieme compongono il nero dei pannelli di Rothko, che si aprono, come grandiose finestre sul Cosmo, lungo le otto pareti della cappella, rischiarata solo da un lucernario in alto da cui filtra la luce naturale.

    Soltanto quando l’osservazione si fa più intensa cominciano ad apparire i veli di colore sovrapposti, con cui Rothko componeva i suoi neri, che mostrano gradualmente tutta la loro natura cangiante e misteriosa.

    Che il nero sia l’insieme di tanti colori ce lo dimostra anche l’inchiostro.

    L’inchiostro ha cominciato a essere usato per la scrittura a mano e poi per la stampa, consentendo il fiorire dell’industria libraria.

    L’inizio di questa storia è affascinante, ed è avvenuto in Cina molti secoli fa. Però si deve a Gutenberg, a metà del XV secolo, avere modificato la composizione dell’inchiostro da una base di acqua, come era quello usato in Cina, a una di olio. Questo accorgimento decretò il successo dell’invenzione, grazie proprio al carattere idrofobo dell’olio, termine che in chimica significa che rifugge l’acqua o anche che non si scioglie in acqua. L’inchiostro a base di olio risultò infatti molto più efficace per inchiostrare i caratteri metallici, mentre le altre parti venivano bagnate con l’acqua in modo che l’inchiostro non vi aderisse e permettesse una maggiore precisione di stampa.

    Nacque così l’industria libraria e la cultura non fu più solo un affare per pochi.

    Il primo testo pubblicato ad avere grande successo fu proprio la Bibbia: il primo best seller d’Europa!

    Una dopo l’altra, in tutte le principali città europee nacquero delle officine di stampa. Nella seconda metà del 1400 fiorirono stamperie in oltre quaranta città di Germania e Italia, i principali centri editoriali europei in termini di quantità e qualità. Nei primi cinquant’anni dopo l’invenzione di Gutenberg furono stampati milioni di libri nelle diverse lingue europee. Dai torchi uscirono volumi in latino e in volgare delle più svariate tipologie: diritto, medicina, libri liturgici, classici della letteratura.

    Alla fine del XV secolo i libri cominciarono a circolare così tanto in tutta l’Europa occidentale che anche grandi scienziati come Copernico poterono affidare le loro idee alla carta stampata.

    L’inchiostro divenne così veicolo di conoscenze, opinioni, dibattito: in definitiva, di cultura.

    Che l’inchiostro sia costituito da un miscuglio di sostanze diverse colorate

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