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Tra poesia e physiologia.:  Il sublime e la scienza della natura
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E-book70 pagine53 minuti

Tra poesia e physiologia.: Il sublime e la scienza della natura

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Uno schema storiografico piuttosto frequente tende a distinguere il sublime degli antichi, che ha un accento prevalentemente retorico inteso a definire una certa istanza di grandezza per entro al discorso letterario, dal sublime dei moderni, che ha invece un accento prevalentemente filosofico, volto a definire un certo tipo di rapporto tra l'uomo e la natura. Gli studi più recenti hanno però dimostrato che, nella cultura greca e latina, l'idea di un sublime naturale non era ignorata e si esprimeva soprattutto attraverso una sensibilità cosmologica cui dava voce la poesia ispirata dalla physiologia, cioè dalla scienza della natura. Lungi dal riuscire occasionale, l'interesse degli antichi per il sublime della natura non era meno importante dell'interesse per il sublime dello stile.

GIOVANNI LOMBARDO, insegna Estetica presso il Dipartimento di Scienze Cognitive, della Formazione e degli Studi Culturali dell’Università di Messina. Tra le sue pubblicazioni: Hypsegoria. Studi sulla retorica del sublime (Mucchi, 1988), L’estetica antica (il Mulino, 2002), La pietra di Eraclea. Tre saggi sulla poetica antica (Quodlibet, 2006), La traduzione della poesia. Studi e prove (Editori Riuniti, 2009), L’esthétique antique en 50 questions (Klincksieck, 2011). Ha inoltre tradotto e commentato: Ps. Longino, Il Sublime (Aesthetica, 2007, terza ed.), Demetrio, Lo Stile (Aesthetica, 1999) e ha curato l’ed. ital. di W.J. Verdenius, I principi della critica letteraria greca (Mucchi, 2003).
Cura per Mucchi la collana CapitoloUnico.
LinguaItaliano
Data di uscita4 set 2014
ISBN9788870006407
Tra poesia e physiologia.:  Il sublime e la scienza della natura

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    Anteprima del libro

    Tra poesia e physiologia. - Giovanni Lombardo

    CapitoloUnico

    collezione di saggi brevi

    diretta da Giovanni Lombardo e Antonino Pennisi

    1

    Giovanni Lombardo

    Tra poesia e physiología

    Il sublime e la scienza della natura

    Mucchi Editore 2011

    © STEM Mucchi Editore s.r.l.

    Via Emilia Est, 1741 - 41122 Modena

    www.mucchieditore.it

    info@mucchieditore.it

    facebook.com/mucchieditore

    twitter.com/mucchieditore

    pinterest.com/mucchieditore

    Edizione digitale: agosto 2014

    ISBN: 9788870006407


    Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl


    Sommario

    Avvertenza

     1. Un giudizio di Galilei su Dante

     2. Sublime degli antichi e sublime dei moderni

     3. Poesia e physiología

     4. Il sublime fra terra e cielo

     5. La critica sferopoietica

     6. Grandezza dell’ingegno e grandezza del cosmo

     7. Extra moenia mundi

     8. La períodos e lo stile sublime

     9. Ordine cosmico e ordine frastico

     10. Oltre il celeste confine

    Note

    Bibliografia

    Avvertenza

    Convergono in questo opuscolo, in una forma ampliata e un po’ rielaborata, i seguenti tre scritti:

    1. G. Lombardo, Extra moenia mundi. Il sublime e gl’intervalli del cosmo , in: «Studî di Estetica», terza serie, xxxii/29, 2004, pp.107-32.

    2. G. Lombardo, Il sublime e la poetica cosmologica , in: Studî in onore di Girolamo Cotroneo , iv. Filosofia e Scienze , a cura di G. Gembillo, Rubbettino ed., Soveria Mannelli (Cz) 2005, pp.319-41.

    3. G. Lombardo, Le sublime et la poétique cosmologique , in: J. Dhombre, (éd.), La poésie scientifique de Lucrèce à nos jours. (Actes du Colloque de Peyresq, Haute Provence, 14-19 juin 2008) , in corso di stampa.

    1. Un giudizio di Galilei su Dante

    Nel 1588, invitato a pronunciarsi sulla questione del sito, della forma e della misura dell’Inferno dantesco, il giovane – ma scientificamente già piuttosto rinomato – Galileo Galilei scrive:

    Se è stata cosa difficile e mirabile l’aver potuto gli uomini per lunghe osservazioni, con vigilie continue, per perigliose navigazioni, misurare e determinare gl’intervalli dei cieli, i moti veloci e i tardi, e le loro proporzioni, le grandezze delle stelle, non meno delle vicine che delle lontane ancora, i siti della terra e dei mari, cose che, o in tutto o nella maggior parte, sotto il senso ci caggiono; quanto piú maravigliosa deviamo noi stimare l’investigazione e descrizione del sito e della figura dell’Inferno, il quale sepolto nelle viscere della terra, nascoso a tutti i sensi, è da nessuno per niuna esperienza conosciuto, dove se bene è facile il discendere, è però tanto difficile l’uscirne [...] che dal mancamento dell’altrui relazione viene sommamente accresciuta la difficultà della sua descrizione. Per lo che era necessario allo spiegamento di questo infernal teatro corografo e architetto di piú sublime giudizio, quale finalmente è stato il nostro Dante¹.

    Questo Galilei ventriquattrenne che chiama sublime la costruzione dell’aldilà dantesco perché vi coglie il frutto di «una mens al tempo stesso poetica e matematica»² ovvero di un ingegno capace di fondere rigore e fantasia (non solo nel descrivere «gl’intervalli dei cieli» ma anche nell’escogitare il cono rovesciato dell’oltretomba sottostante alla crosta terrestre) è ancora uno scienziato tolemaico, fedele alla cosmologia tradizionale e pronto a celebrare il «divino» Platone che, nel Fedone e nel Timeo, «sí accortamente svelò la mirabil fabbrica del cielo e sí esquisitamente disegnò il sito della terra»³. Sottolineando l’interesse storico-critico dell’esegesi galileiana di Dante, Franco Brioschi ha recentemente ricordato che il Galilei maturo avrebbe riconsiderato la concezione pitagorica e platonica del numero come principio ordinatore del mondo su basi sperimentali lontane dalla metafisica antica e dal simbolismo medievale. E tuttavia l’ammirazione per il lascito dell’antica cosmologia si radicava in una vocazione umanistica che nemmeno il rigore dello scienziato sperimentale sarebbe riuscito a scalfire: «Il fatto è», spiega Brioschi, «che la misurazione matematica rivela proporzioni, corrispondenze, simmetrie celate nelle cose che misura: per dirla con una parola sola, l’armonia dell’universo. È questo tema, la fiducia in un rapporto di reciproca implicazione tra numero e armonia, ciò che accomuna il rinascimentale Galileo al gotico Dante, e che impronterà i suoi gusti letterarî, nel pieno trionfo dello sperimentalismo barocco, a una tenace fede classicistica»⁴.

    La pagina dantesca di Galileo era un esempio di quella critica topografica che Benedetto Croce avrebbe poi giudicato subalterna e ancillare rispetto alla critica estetica⁵. Lungi dal separare l’arte dalla scienza, la lettura di Galileo intendeva infatti custodire, come sottolinea Brioschi⁶, l’unità del sapere tipica del Cinquecento. Non solo: ma quella lettura veniva anche a stabilire – aggiungiamo noi – un collegamento ideale con una curiosità cosmologica assai diffusa nella critica letteraria antica

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