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Sei occhi, tre prospettive, un posto vuoto: 631
Sei occhi, tre prospettive, un posto vuoto: 631
Sei occhi, tre prospettive, un posto vuoto: 631
E-book286 pagine3 ore

Sei occhi, tre prospettive, un posto vuoto: 631

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Info su questo ebook

Quando il corpo di una ragazza, brutalmente uccisa, viene ritrovato in una fredda mattina d'autunno, in una Milano degli anni 80, si pensa all'opera di uno squilibrato. 
L'ispettore Maffei, giovane funzionario della questura meneghina, si occuperà del caso. Saranno la sua caparbia volontà, la sua intuizione e un pizzico di fortuna a portarlo a collegare quell'omicidio ad altre morti irrisolte, legate tutte da un unico e inspiegabile filo comune: la vicinanza con uno dei più importanti e famosi complessi musicali italiani. 
I Pooh diventano così oggetto d'indagine. Tra canzoni, concerti e curiosi personaggi, si dipana una storia unica, sorprendente e coraggiosa.

Leggendo 631, ovvero "Sei occhi, tre prospettive, un posto vuoto", ci si ritroverà dietro le quinte, insieme ai componenti di uno dei più longevi complessi italiani. Si scopriranno i retroscena e le motivazioni di alcune canzoni, si capirà cosa è davvero la macchina Pooh, quella "macchina della musica" che da più di cinquant'anni accompagna le nostre vite. 

"Sei occhi, tre prospettive, un posto vuoto" è il biglietto per assistere
a uno spettacolo e a una storia indimenticabile.

L'idea e la costruzione della storia rendono questo thriller, unico.
Nessuno ha mai osato tanto. L'ambientazione e i personaggi fanno tutti parte dì una scenografia sulla quale si dipana il racconto in cui lo stile dell'autore, pragmatico e coinvolgente, si manifesta compiutamente. Gli ingredienti classici del giallo ci sono tutti ma quello che davvero qui appassiona è la piacevole scrittura, lo scorrere veloce della storia e la geniale idea, ossatura di una trama, che viene plasmata come conseguenza di una realtà che l'autore interpreta, modella e fa combaciare alla perfezione in un avvincente, e assai sorprendente, meccanismo narrativo.
LinguaItaliano
Data di uscita18 ott 2023
ISBN9791222469317
Sei occhi, tre prospettive, un posto vuoto: 631

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    Anteprima del libro

    Sei occhi, tre prospettive, un posto vuoto - Cristiano De Liberato

    © Cristiano De Liberato 2016-2023

    www.cristianodeliberato.it

    631 | Sei occhi, tre prospettive, un posto vuoto

    terza edizione - ottobre 2023

    Descrizione: Logo

    Indice

    Copyright

    A luci spente

    Inca

    Capitolo primo / quarto

    Capitolo quinto / ottavo

    Dove sono gli altri tre?

    Capitolo nono

    Senza musica e senza parole

    Capitolo decimo / quattordicesimo

    Capitolo quindicesimo / diciottesimo

    Gatto di strada

    Capitolo diciannovesimo

    Capitolo ventesimo / ventiquattresimo

    Capitolo venticinquesimo / ventinovesimo

    Capitolo trentesimo / trentaquattresimo

    Capitolo trentacinquesimo / trentanovesimo

    Capitolo quarantesimo / quarantaquattresimo

    Capitolo quarantacinquesimo / quarantaseiesimo

    Rubiamo un’isola

    Capitolo quarantasettesimo

    L’ultimo concerto

    Epilogo

    Ringraziamenti, scuse e altro

    L’autore

    Bibliografia

    Altre storie

    Dedicato a tutti quelli che,

    sentendosi persi,

    si ritrovano in una canzone.

    A luci spente

    Ciò che stai per leggere è opera di fantasia.

    Alcuni riferimenti, a fatti realmente

    accaduti, sono dovuti esclusivamente

    per ragioni di finzione scenica.

    I personaggi invece, be’, qualcuno di loro

    esiste veramente…

    …sì, esiste davvero quanto esisti tu.

    Con loro mi scuserò più tardi,

    ma tu perdonami adesso:

    ti sto invitando a uno spettacolo che

    nemmeno lontanamente puoi immaginare.

    Se rimarrai, il tuo posto sarà in fianco al mio.

    Ora però non pensare alla fantasia e al caso,

    diventa anche tu parte dello spettacolo.

    Adesso credici…

    …ecco, le luci si stanno già spegnendo

    il grido della folla sale, sale ancora,

    l'attesa è terminata.

    Il sipario tra qualche secondo s'aprirà.

    Sulla tastiera di un organo scorrono agili

    dita capaci. Si diffondono i primi accordi.

    L'urlo della folla adesso è un grido solo.

    Uno speaker annuncia il solito messaggio.

    È il segnale, il concerto inizia:

    Signore e Signori…

    Palalido di Milano

    25 novembre 1981 - ore 21:04

    …i Pooh.

    L'urlo della folla sovrastò per un istante i quarantamila watt dell'impianto d'amplificazione.

    Per questo concerto l'entrata del gruppo era stata studiata scegliendo come primo brano, Canterò per te.

    I primi accordi suonati da Camillo, ancora celato da un sipario scuro, preparavano e proiettavano gli animi del pubblico verso un apice, un culmine che poteva essere passato esclusivamente con l'aiuto, o meglio, con la spinta che solo una sonorità coinvolgente sarebbe riuscita a dare. Un orgasmo emozionale raggiunto con luci, suoni e una presenza sul palco riempita e completata da quattro persone e i loro strumenti.

    Quattro artisti che per la musica avevano dato tutto di loro e che solo il contatto con il pubblico riusciva a compensare ciò che dalla vita non avevano potuto avere. Quello era il momento in cui il bilancio tra il dare e l'avere tentava, in parte, di uniformarsi.

    Il successo visto dalla loro angolazione non era poi così allettante. Anni di rinunce, notti poco dedicate al riposo, batticuori dolorosi, tante storie e nessun amore, nessuna vera casa e tante stanze diverse, biglietti aerei, chilometri d'autostrade, pochi amici, molte strette di mano e una solitudine inconcepibile e lacerante.

    In un mondo illuminato da laser e luci penetranti, respirando nebbie scenografiche e assordati da una musica ascoltata tante di quelle volte da non poterne più, può succedere che qualcuno si perda. Non capita spesso. Ma può succedere.

    Può succedere che qualcuno si trovi circondato dalle storie raccontate in musica. Ossessionato, può succedere ricerchi una normalità, oramai sfuggita.

    ***

    Quando sei famoso, molto famoso, il piano su cui metti la tua normalità non è lo stesso degli altri. Il problema, se vogliamo dirla tutta, sta solo nel limite che vuoi darti per raggiungerla.

    631 è la storia di quel limite.

    Tu, reggendo tra le mani questo libro è come se avessi acquistato il biglietto e adesso fai parte dell'azione. Non ti resta che ammirare lo spettacolo. Devo metterti in guardia però, ciò che ti aspetta è ansia, dolore e la più sconvolgente delle storie.

    Puoi ancora uscire, alzarti e lasciare la tua poltrona, la tua sedia, insomma, puoi lasciare il tuo posto vuoto. Per farlo chiudi questo libro e non aprirlo più. Ma se continui, dal prossimo capitolo, non potrai più tornare indietro… disturberesti gli altri e, uscire al buio sarà molto più difficile.

    Questo è il tuo limite.

    Io, per quanto mi riguarda, sono andato oltre. Molto. Ho superato le barriere oltre le quali vi è un altro mondo. Se verrai con me percorrerai la mia stessa strada e soffrirai come ho fatto io, superando il confine. Io ho osato, ho superato il valico che non bisognerebbe passare mai.

    Questo è stato il mio limite.

    Cristiano De Liberato

    Sei occhi,

    tre prospettive,

    un posto vuoto

    Disse il soldato al suo re:

    nuovo mondo tu avrai, dammi tempo e vedrai

    (estratto da Inca di Facchinetti/Negrini)

    Capitolo primo

    illu1_cmyk

    Milano,

    26 novembre 1981 - ore 10:12

    Il suo corpo fu ritrovato da un ragazzo che, facendo jogging, percorreva quella strada alberata. Nella pausa dedicata allo stretching, le transenne sbilenche, a recintare uno scavo che un'altra volta martoriava la città, gli erano sembrate un buon punto d'appoggio. D'acchito gli era parso un ammasso di stracci, senza alcuna possibilità d'interesse ulteriore a quello che già, quella semplice occhiata, gli aveva di fatto dedicato.

    Il sudore, copioso fino a quell'istante, era stato il sottofondo d'una energia che colorando di scuro la sua maglietta grigia dimostrava tutto il suo impegno. Nella frazione di quel maledetto istante in cui il cervello aveva correttamente interpretato l'immagine ricevuta, tutto s'era arrestato. Fiato, cuore, rumori e anche le goccioline salate e calde, ora erano in attesa di una smentita.

    Smentita che non sarebbe mai potuta arrivare.

    Non era stata violentata. Era stata semplicemente uccisa, ma in un modo che ricordava più l'attacco di una belva che quello di un umano.

    La violenza era stata tale che il medico legale, giunto per i rilievi del caso, non aveva saputo dare nessuna indicazione preliminare sulle cause della morte. Non sapeva se era dovuta allo sfondamento dello sterno con conseguente danneggiamento dei polmoni, oppure alla rottura delle vertebre del collo o ancora all'emorragia provocata dalla profonda ferita, uno squarcio localizzato nella coscia destra e che di certo aveva interessato l'arteria femorale. La forza brutale rivolta verso quella povera ragazza era statabestiale.

    Adesso se ne stava sdraiata e scomposta in quel luogo, come una bambola di pezza travolta da un treno. Le facevano compagnia uomini con guanti e mascherine. Intorno, supporti di cartone giallo con lettere 'A', 'B', 'C' e così via, indicavano cose o punti ritenuti salienti dagli investigatori. Il silenzio artificiale della strada, reso tale da un cordone impenetrabile di polizia, ogni tanto veniva interrotto dal rumore dei clic e dei flash delle macchine fotografiche della Scientifica. L'aria era leggera quella mattina di fine autunno ma l'atmosfera non poteva apparire più pesante e insopportabile. Non si deve morire giovani. E non in quel modo.

    «È un brutto spettacolo» L'agente scelto Francesco Merisi non sapeva cosa dire. In quei casi non lo sai mai. E forse lo disse più per sé stesso che per il suo capo, l'ispettore Augusto Maffei, appena lo vide arrivare.

    Maffei da lontano aveva intuito dove potesse essere il corpo della ragazza. Era bastato notare l'invisibile cerchio che i tecnici della Scientifica non oltrepassavano mentre, chinati in osservazione, eseguivano il loro difficile lavoro.

    Affacciatosi allo scavo l'aveva vista. La ragazza appariva come un ammasso di tessuti, un agglomerato di indumenti dimenticato. Avvicinandosi di più, Maffei aveva notato una mano della vittima, un punto rosa, delicato, che stonava in quel quadro astratto che purtroppo diventava un'altra immagine da aggiungere alla sua personale pinacoteca degli orrori.

    Senza avvicinarsi troppo, non era ancora il momento, con uno sguardo invitò Merisi a comunicargli tutto quanto avesse avuto modo di sapere. Merisi pareva recitare un copione mandato giù a memoria ma che avrebbe volentieri vomitato da qualche parte per liberarsi dallo schifo di quella consapevolezza: gli uomini possono essere molto cattivi e spesso lo sono per motivazioni incomprensibili, aliene ai più. Ma Francesco Merisi sapeva altrettanto bene che il destino e la voglia di giustizia avevano scelto proprio lui, insieme a tanti altri poliziotti, per manifestarsi e in qualche modo riscattare le anime, le storie e la dignità di coloro che costituivano la parte più tragica, difficile e dolorosa del suo lavoro.

    «È una ragazza, sui vent'anni, ben vestitanon abbiamo trovato documenti.» Maffei gli lanciò la solita occhiata. Merisi capì al volo: «No, non dovrebbe essere una prostituta. Comunque ho già mandato una polaroid alla 'buon costume'.»

    «Oggetti personali?»

    «Se ne è occupato Ganzerli» L'agente Merisi lanciò rapide occhiate a destra e a sinistra.

    «Ganz, puoi venire qui? L'ispettore vuole parlarti.» Ganzerli, vice commissario della questura di via Fatebenefratelli sembrò dare alcune disposizioni ai due poliziotti con i quali stava parlando, prima che l'urlo di Merisi lo facesse voltare. Si incamminò poi verso Maffei.

    «Ciao, Augusto» scambiati gli stringati convenevoli passò diretto ai fatti, «guarda la ragazza aveva con sé le solite cose da ragazzina: qualche trucco, un accendino Bic e altri oggetti di poco conto, ma non abbiamo trovato sigarette. Purtroppo né negli indumenti né nella borsetta ci sono documentisarà un po' più difficile, ma non dispero di risalire presto all'identità. Non abbiamo trovato preservativi quindi io escluderei trattarsi di una puttana.»

    Maffei inarcò un sopracciglio e Ganzerli comprese d'aver usato un termine che la bambola di pezza non meritava affatto.

    «C'è altro? Bigliettini, o che so… caramelle, soldi, medicineGanz, qualsiasi cosa possa aiutarmi?»

    Ganzerli annuiva.

    «Stavo per dirtelo: sette mila lire, due gettoni telefonici, un biglietto del tram e un biglietto per un concerto.»

    «Concerto? Quale concerto?»

    «Sì un concerto di quel complessonon mi ricordo mai il nomeaspetta.» S'allontanò dirigendosi verso un’auto che con il portellone aperto offriva ai poliziotti della Scientifica supporto e attrezzature d'ogni tipo. Poco prima di raggiungere l'automobile, s'arrestò di colpo, come fosse stato folgorato da un'intuizione rivelatrice. Si voltò verso Maffei, e ad alta voce disse: «Pooh, si chiamano Pooh» poi gli indicò con il braccio teso, una direzione verso un muro che recintava e nel contempo, seguiva sinuoso la strada a doppia carreggiata. Un cartellone mezzo strappato mostrava ancora il proprio messaggio.

    In alto: Tour 1981 - Pooh.

    Più sotto si leggeva un incompleto Palasp e poi ilano 25 Nov.

    Tornò sui propri passi con la busta di cellophane in cui era stato riposto il biglietto in questione. Raggiunse nuovamente Maffei.

    «Poohecco come diavolo si chiamanoli conosci no?»

    Maffei prese in mano il sacchetto e guardò Ganzerli.

    «Il biglietto è integro: non è stato usato e la data risale a ieriPalalidoma non è»

    «Sì è quello lì» Ganzerli aveva indicato la costruzione che si trovava sulla destra a circa duecento metri da loro, «la ragazza però a quel concerto non ci è mai andataAh, e la morte, ho sentito già Briante, dovrebbe essere avvenuta proprio ieriQuesto potrebbe aiutarci, no?»

    «È un punto di partenza. Non abbiamo altro» Maffei vide che il medico legale, il dottor Briante, stava caricando sulla propria auto le attrezzature. Si congedò brevemente da Ganzerli e si diresse verso il medico.

    «Ciao dottore…»

    «Buongiorno Augustobrutta storia, sai? Adesso non posso essere molto preciso ma una cosa posso già dirtela: è una belva. Chi ha compiuto questo» indicò il punto in cui la ragazza era stata trovata, «può essere solo e nient'altro che un animale.»

    «Uomo o donna?»

    «Guarda, inizialmente l'assenza di violenza sessuale mi aveva fatto supporre che poteva anche essere l'opera di una donna mala brutalità e la forza che sono state inferte su quel giovane corpo me la fanno escludere. Uomo al novantanove per cento.»

    L'ispettore s'avvicinò all'agente Merisi: «Francesco, senti se ci sono state segnalazioni di persone scomparse e poi fammi sapere qualcosa di quel concerto.»

    «Be’, qualcosa la so anch'io sa? I Pooh sono il mio complesso preferitoli conosce anche lei, vero?»

    Maffei bofonchiò qualcosa d'indefinito dopo di che l'agente si sentì autorizzato a proseguire: «Sono quelli di Piccola Katy» intonò così, «Oh, oh piccola Katy…» S'interruppe immediatamente, accorgendosi in un colpo di quanto quella canzone stridesse nei confronti della ragazza lì per terra e allo stesso modo, come fosse così adatta.

    «Sì li conoscoMa visto che l'esperto sei tutrovami qualcosa: che so, un fan club in cui qualcuno potrebbe conoscere la ragazzaAh, e penso che la ricerca potrebbe anche estendersi al di fuori di Milano.» Ripensò a qualche tempo addietro quando con alcuni amici avevano raggiunto Torino per un epico concerto, - unica performance italiana -, degli Yes.

    «Se ieri c'era questo concerto» con un cenno della testa indicò verso il Palalido, «qui ci deve essere stata parecchia gente. Qualcuno potrebbe aver visto o sentito qualcosa.»

    Merisi annuì, completò la stesura dell'appunto sul blocco note, e si diresse poi, verso la propria FIAT Ritmo.

    Capitolo secondo

    Milano,

    25 novembre 1981 - ore 18:49

    Loredana era strafelice, al settimo cielo. Il sogno di una vita o perlomeno quello che per lei era tale, stava per avverarsi. Il suo era stato proprio un colpo di fortuna: aveva conosciuto uno di loro! Ora sarebbe stato tutto più facile. Non vedeva l'ora d'arrivare, quella sera stessa, e incontrarsi con le altre ragazze per mostrare loro gli autografi e magari una fotografia a colori… lei, tra loro, con un sorriso abbagliante… Chissà poi a quante domande avrebbe dovuto rispondere. Una parte di queste già le conosceva: "è bello Bruno?, gli occhi di Camillo come sono?, Donato è fidanzato?, e Stefano, è dolce e sbarazzino come i suoi riccioli?".

    Mentre lo aspettava, tremava dall'emozione. Quello era il momento giusto in cui ci sarebbe voluta una Muratti. Fumare la calmava ma aveva terminato il pacchetto comprato due giorni prima e proprio non se la sentiva di bucare l'appuntamento mentre si distraeva cercando un tabaccaio nelle vicinanze. E comunque ormai non avrebbe fatto più in tempo.

    Lui a momenti sarebbe arrivato. L'appuntamento era stato fissato per le sette meno un quarto. Già nove minuti erano volati via. Lui tardava. Chissà quanti impegni: quella era la sera del concerto. Sì, doveva calmarsi, aspettare.

    Lui sarebbe arrivato.

    Il buio l'aveva celato fino a quando il cono luminoso d'un lampione s'era impadronito del suo volto. Loredana si era avvicinata, andandogli incontro, armata d'un sorriso semplice, pulito e vero. Lui aveva ricambiato con una stretta di mano piuttosto fredda, che la ragazza si era motivata, attribuendola alle particolari circostanze del caso. Loredana avrebbe giustificato qualsiasi gesto di quell'uomo: si sentiva troppo in debito.

    Lui, indicando con un cenno del capo nella direzione del Palasport, le aveva detto: «Allora, sei pronta? Andiamo?» Quelle domande sornione non necessitavano di risposte. Bastava guardare la ragazza per capire tutto. Lei comunque, prendendo fiato per farsi coraggio, gli aveva risposto: «Sì.»

    Le gambe di Loredana tremavano.

    La ragazza domandò: «Ma è da qui che si entra?»

    Lui le chiese, come se non avesse minimamente sentito la ragazza: «E qual è la canzone che ti piace di più?»

    Loredana fino a quel momento lo sapeva molto bene qual era ma certo non s'aspettava quella richiesta. Si sentì spiazzata. Ripensò a Pensiero a Tanta voglia di lei o a quelle più recenti. Come poteva preferirne una a discapito di altre? Erano tutte belle.

    «Ma, forse» pensò all'ultimo album Buona fortuna, «Dove sto domani

    Nell'area dov'erano parcheggiati gli autotreni, abbastanza distanti dal Mobil One, lo studio di registrazione mobile, l'illuminazione era scarsa. A meno di due ore dall'inizio del concerto il via vai di tecnici e operai da e verso i TIR del gruppo s'era ormai completamente arrestato. Del lavoro fatto rimanevano come tangibili evidenze, fasci di cavi di diversi diametri che, sdraiati per terra, si dipanavano da diverse sorgenti verso un'unica direzione.

    L'unico movimento umano, adesso, avveniva nelle vicinanze del Mobil One ma, era abbastanza distante e lui sapeva benissimo che tutte le attenzioni in quei minuti erano rivolte ad altro.

    Dove sto domani, dove sto domani… dove sto domani.

    Lui le faceva strada e continuava a sentire come una nenia disarticolata, noiosa e tentatrice quelle parole.

    Fortunatamente, pensò, nessuno li aveva visti. Passando dietro i grandi camion, con la complicità dell'oscurità, si erano nuovamente diretti verso l'uscita del parcheggio. La ragazza, troppo eccitata da quello che le stava accadendo, non si era accorta che quella direzione era sbagliata. Lui poi, con l'intenzione di tarparle qualsiasi volontà di sapere, di chiedere dove stessero andando, si era voltato verso lei e dopo essersi portato l'indice in verticale sulle labbra le aveva imposto un silenzio complice. Loredana aveva annuito sorridendo, interpretando il gesto come un gioco.

    «Dove sto domani, eh?»

    Perché aveva rotto il silenzio?

    Loredana, prima di riuscire a convincersi che adesso poteva parlare, fu investita da una inconcepibile furia dell'uomo.

    Il sorriso di lei divenne, prima sorpresa e subito dopo, terrore. Paura che durò un attimo, giusto il tempo di realizzare e di comprendere appena, ciò che su di lei stava abbattendosi.

    «Domani? Vuoi sapere dove sarai domani? Domani sarai morta, bella mia»

    Capitolo terzo

    Il giorno era sfilato via nella solita concitata lentezza. Maffei faticava sempre più ad accettare quel suo lavoro. Ogni volta che la tragicità degli eventi pareva scuoterlo dal torpore in cui lui voleva rimanere immerso, ripensava a sua moglie.

    Lara da tempo ormai viveva in ansia. In bilico su di un baratro in fondo al quale, ne era certa, prima o poi Augusto sarebbe precipitato. Il lavoro del marito in quegli anni s'era fatto troppo pericoloso. Quando la mattina si salutavano, lei non sapeva se la sera l'avrebbe veramente rivisto. C'erano le Brigate Rosse, Prima Linea, i NAR, Potere Operaio per non parlare poi dei vari gruppuscoli che nascevano ogni giorno, il cui loro unico intento e obiettivo era colpire quanto più profondamente lo Stato e i loro rappresentanti. E tra questi ultimi c'era Augusto Maffei, ispettore di polizia giudiziaria del commissariato di via Fatebenefratelli.

    Le differenze però tra le considerazioni dei due coniugi erano sostanziali.

    Maffei aveva iniziato a nutrire un senso di fastidio in una legge che sembrava fatta apposta per far sviluppare e prolificare attività illecite contro le quali non opponeva, a parere suo e di altri suoi colleghi, la dovuta fermezza. Troppo spesso indagini durate mesi, se non addirittura anni, nelle quali le ore di lavoro, la fatica e i rischi parevano non interessare nessuno, venivano vanificate per un cavillo a merito d'un avvocato funambolo, in grado di camminare sul bordo del codice penale. Per non parlare poi di scarcerazioni eseguite da

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