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I successi amorosi e stravaganti
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I successi amorosi e stravaganti
E-book142 pagine2 ore

I successi amorosi e stravaganti

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Info su questo ebook

Romance - romanzo (101 pagine) - La giovane Rina si trova coinvolta in una commedia teatrale del ‘600, commissionata dal regista Gianandrea Raffo. La storia si complica quando lei lo ospita in casa sua. La convivenza si rivela difficile, poiché lui vede il sesso come passatempo, ma tutto cambia quando si innamora...


A Genova, nella compagnia de l’Invexendo, ovvero della confusione, fra gli altri ragazzi appassionati di teatro che operano con la guida di un vecchio attore c’è anche Rina. Un regista giovane, ma già famoso, Gianandrea Raffo, li contatta per una commedia del ‘600 a cui tiene molto, scritta per la scuola da sua nonna. Le circostanze obbligano Rina a ospitarlo. La convivenza è difficile: lei non vuole essere il giocattolo di nessuno, e lui ha sempre considerato il sesso un piacevole passatempo, e passa senza problemi da una donna all’altra. Finché non si innamora, e capisce che sta rischiando di perdere la donna che ama.


Laila Cresta ha trascorso 42 anni con i bambini, di cui la prima metà con gli handicappati psicofisici. Per anni ha scritto quasi solo per i suoi ragazzi (testi di storia, di grammatica, di geografia): essendo partita, nell’insegnamento, dai portatori di handicap (pardon: disabili) arrivando solo dopo molti anni ai normodotati, i libri di testo ufficiali le sono sempre sembrati troppo poveri! Ha pubblicato (per Delos Digital) il testo La nebulosa grammatica, fatto coi bambini, e (per quegli adulti che, poverini, non sono mai partiti per il Pianeta dei Grafemi) La Grammatica fondamentale. Per Delos Digital ha pubblicato anche altri saggi: sulla poesia e sugli Haiku, per esempio, oltre a diversi romanzi, specie in ebook.

LinguaItaliano
Data di uscita23 gen 2024
ISBN9788825427592
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    Anteprima del libro

    I successi amorosi e stravaganti - Laila Cresta

    Prologo

    Davanti a quel tempio della musica, contento dello spettacolo di danza cui aveva appena assistito e orgoglioso del suo gemello che ne era stato il protagonista, Andrea guardò qualche momento la folla elegante che usciva dalla Scala (anche quello era teatro, magari a braccio!), poi si avviò all’uscita degli artisti.

    Il brusio non era molto intenso: ballerini e ballerine erano stanchi. Quando uscì dal teatro, Angelo si lasciò andare fra le braccia del fratello quasi a peso morto:

    – Ah, sei stato un dio, ragazzo! – gli disse Andrea, dandogli una scoppola affettuosa. – Andiamo a mangiare, vieni.

    L’altro gli sorrise:

    – Ma va’! Per te io lo sono sempre, un dio!

    Si erano avviati verso il ristorante. Andrea si guardò in giro un attimo, ridacchiando, poi si inchinò, con un gesto ampio come di chi sventoli un cappello piumato, a una signora troppo elegante per non essere appena uscita dal prestigioso teatro:

    – Chiedo venia, bella e misericordiosa signora, ma secondo il vostro illuminato e insindacabile giudizio, il qui presente Angelo Raffo, la nostra étoile, è stato o no un dio?

    La signora si fermò, e rise:

    – Ho l’impressione che sia facile essere un dio, per i fratelli Raffo! Ma, per curiosità, è vero che siete gemelli?

    Fu Angelo a rispondere, contento che la signora avesse riconosciuto anche Andrea che, naturalmente, come regista, stava dietro le quinte:

    – Sì, siamo uguali uguali, eh? Oddio, quasi uguali: io sono quello bello, lui è quello intelligente.

    Tirò al fratello uno scenografico pugno su una spalla, e poi rise, mentre Andrea assumeva l’espressione oltraggiata della vittima. Poi, scappellandosi enfaticamente, ambedue salutarono la donna che rideva, molto gratificata dello scambio scherzoso di parole che aveva appena avuto coi famosi gemelli. Chissà come ne avrebbe parlato con le amiche:

    Non potete immaginare chi ho visto ieri sera, uscendo da teatro: Angelo e Gianandrea Raffo! Abbiamo chiacchierato tanto. Diversi come sono, hanno un fascino incredibile, tutti e due, e un grande savoir faire! E il regista, Andrea, nonostante sia abituato a stare in mezzo alle belle donne, mi ha chiamata bella e misericordiosa signora. E mi ha perfino chiesto un parere sulla performance di suo fratello Angelo, che naturalmente è stata magistrale come sempre.

    Angelo disse al fratello di aver prenotato da don Lisander, che era a poco più di duecento metri da lì, ma di non aver assolutamente voglia di fermarsi, dopo cena: ed era un po’ insolito, per lui. Quando arrivarono al ristorante, il ballerino si accomodò con un sospiro. Pur essendo gemelli, Andrea era più forte e robusto, e persino più alto. Da bambino poi, Angelo era stato anche delicato di salute, mentre Andrea, diceva la nonna, era un orsotto: aveva perfino instaurato con suo fratello un rapporto quasi da fratello maggiore. Sì, era stanco davvero, pensò adesso Andrea, guardando Angelo: non gli avrebbe chiesto a che ora si fosse ritirato, la sera prima, ma certo, pensò, quel Casanova avrebbe anche potuto starsene un po’ più, come dire, un po’ più tranquillo, almeno prima di uno spettacolo. Con tutte le storie che aveva sempre in giro, finiva che, o prima o poi, ne avrebbe risentito anche il livello delle sue performances. Certo che, per quanto diversi fossero nell’aspetto, in questo erano davvero identici, si disse Andrea con l’ombra di un sorriso sulle labbra, ma il lavoro di un ballerino era certamente fisicamente più faticoso di quello di un regista.

    I due gustarono un ottimo risotto alla zucca e un goloso ossobuco: anche Angelo che, una volta la settimana, si concedeva uno strappo (ma senza esagerare) alla ferrea dieta cui la sua professione lo costringeva. Nel frattempo, chiacchierarono dei loro progetti, e scherzarono fra loro.

    – Di’ un po’, Casanova, stavolta chi era? – chiese Andrea al fratello, e lui sorrise: – La nuova costumista… e un suo amico, che oggi doveva partire.

    – Capisco benissimo, ma non puoi rischiare di non lavorare al tuo livello, perché sei troppo stanco.

    – Lo so, hai ragione, e la danza è molto più importante di qualche scopata – ridacchiò. – Ti prometto che mi concentrerò di più sul lavoro: almeno per un po’.

    Finita la cena, Andrea tolse dalla borsa un copione, ammirò soddisfatto l’effetto che faceva su di esso il titolo antico, e lo mostrò al fratello:

    – Guarda cosa voglio fare!

    Angelo lesse:

    I Successi Amorosi e Stravaganti

    Comedia Nova e Ridicolosa del Signor Raffo Gianandrea

    Spalancò gli occhi, guardando il fratello con stupore:

    – Ma! Vuoi davvero allestire questa commedia? A giudicare dal titolo, potrebbe perfino essere del ‘600! Sarà magari una comedia ridicolosa, e quindi sregolata, vivace, bizzarra, ma è anche una commedia più che datata! Chi accetterà di fartela?

    Guardò il fratello, interrogativo, e questi assentì enfaticamente:

    – Sì, Angelo: hai indovinato. È ispirata a I successi stravaganti, una commedia del ‘600 scritta da un certo frate Maidalchini Giacinto, un domenicano di nobile stirpe.

    Angelo rise:

    – Aspetta! Di nobile stirpe? Papale, addirittura, se non mi sbaglio.

    – Bravo! Sì, il mio Giacinto era della stessa famiglia della Pimpaccia. Olim pia, nunc impia: Già pia, adesso empia! Olimpia Maidalchini– Pamphili, la belle amie di Innocenzo X.

    Angelo rise:

    Belle amie? Neanche uno come Velasquez c’è riuscito, a farla bella, Olimpia!

    I due fratelli risero insieme, e Andrea riprese:

    – Sì, Angelo, ma io la voglio proprio fare, questa commedia, assolutamente! Capisci, mi piace l’idea della teatralizzazione della vita e delle passioni, l’idea del theatrum mundi in cui l’uomo recita il proprio ruolo di attore barcamenandosi ipocritamente tra l’idea del mondo come vano caos, contrapposta a quella di un fantomatico ordine ultraterreno! Per me, è la vita che è un vero e proprio jeu du théȃtre, ed è proprio questo gioco che io voglio mettere in scena! Capisci, non si tratta, propriamente, di allestire I Successi Amorosi e Stravaganti: l’opera di Maidalchini è solo un pretesto, un punto di partenza. Ciò che voglio davvero, è far giocare gli attori a metterlo in scena! Capisci bene che non è la stessa cosa: e sarò un deus ex machina capriccioso ed esigente, te l’assicuro – ridacchiò. – Credo anche di aver trovato la compagnia che potrebbe farla con me: ti ricordi di Scheggia, vero? Roberto Scaglia, il marito della Nora? Bene! A sessantanove anni, ormai più che lavorare, gioca: adesso, a Genova, si sta occupando di un gruppo di ragazzi appassionati di teatro: A Compagnia de l’Invexendo .STILESCONOSCIUTOr. A Cumpagnia de l’invejendu : La Compagnia della Confusione. Li ho contattati per la commedia della nonna, e intanto vedrò se fossero adatti anche a fare questo divertissement. Naturalmente, è molto difficile che non siano all’altezza di fare una commedia come Il Tesoro Perduto delle Streghe, nata a scuola per dei ragazzini, anche perché Scheggia è certamente un vero Maestro, ma la mia, mah, è sicuramente meno semplice – fece una piccola smorfia. – Vedremo! Devo conoscerli un po’, i ragazzi di Scheggia, per capire se sono in grado di farla. Parto per Genova domani.

    Angelo sorrise e scosse il capo, chiaramente contento: – La commedia della nonna! Fammi sapere le date, e al più presto, perché vorrei poterla incastrare fra i miei impegni di lavoro. Mi piacerebbe addirittura venire alla Prima! E poi, rivedrei Genova davvero volentieri: ormai, manco da troppo tempo, lo sai.

    E i due fratelli si separarono con un abbraccio affettuoso, com’era loro abitudine. Dopo tutto, benché non lo sembrassero per niente, erano davvero gemelli, quei due.

    Capitolo I

    Caterina era una sognatrice e leggeva volentieri ancor prima di andare a scuola: aveva la testa piena di storie e di fantasie.

    Il guaio era che i suoi venticinque anni non fossero più un’età da fiabe: bisognava lavorare. Sua nonna, ancora così battagliera, punita al concorso magistrale per il suo ’68, era riuscita a passare di ruolo solo a trent’anni, e sua mamma (in altro momento storico) c’era riuscita a ventiquattro: comunque, si diceva Caterina, la loro vita e la loro carriera se le erano fatte entrambe, mentre a lei non riusciva neanche di cominciarle. Aveva fatto domande, aveva superato concorsi, ma niente sembrava servire: se andava bene, i posti erano quaranta (di cui la metà riservati) e le domande duemila.

    In realtà, la ragazza un impegno lo aveva: il teatro.

    A Genova la passione per il teatro è diffusa, e di vecchia data. La Scuola di Recitazione del Teatro Stabile è sempre stata prestigiosa, e le compagnie amatoriali sono numerose e di buon livello.

    Certo, oggi che il Teatro Stabile è diventato Teatro Nazionale, probabilmente non è più gestito allo stesso modo, ma i genovesi speravano proprio che la nuova gestione non influisse più di tanto sulla qualità dell’attività teatrale: non a Genova, dove il teatro è sempre stata un’eccellenza.

    Già, gli artisti genovesi apprezzati in tutta Italia, e non solo, sono sempre stati veramente numerosi: il teatro, e la musica cantautorale, sono un vanto della città. I nomi noti del teatro genovese sono davvero molti, e sono diventati ancora più noti dopo la diffusione della TV e del cinema. Per esempio, ci sono stati lo spezzino Eros Pagni, che ha studiato a Roma ma ha avuto una lunghissima carriera allo Stabile di Genova, e poi Tullio Solenghi (Premio Croce di San Giorgio 2023, della Regione Liguria), Maurizio Crozza, Luca Bizzarri, Paolo Kessisoglu, Elisabetta Pozzi. Anche Vittorio Gassman era genovese (e infatti amava il teatro più del cinema), anche se poi la vita lo aveva portato a stabilirsi e a studiare a Roma. Soprattutto poi, c’erano stati due grandi attori meravigliosi come Gilberto Govi e Lina Volonghi.

    Sì: era proprio il teatro la passione di Caterina, che, a Letterature Moderne e Spettacolo dell’UNIGE, aveva fatto anche drammaturgia. La sua Elementare conoscenza della storia del teatro, considerata prerequisito indispensabile al corso (magari, doveva anche misurare la passione che dovrebbe stare dietro alla voglia di fare teatro!) era stata giudicata davvero notevole. Dopo la laurea poi, Caterina, anzi, Rina, e altri compagni e compagne dell’UNIGE, avevano dato vita a una loro compagnia teatrale: peccato solo che, per definizione, le attività amatoriali non siano remunerative.

    Ormai, la ragazza sentiva l’esigenza di una maggior indipendenza, anche economica: e invece viveva ancora con i genitori.

    In quel momento, Rina e i

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