Ferro: Vita ribelle di Luciano "Mirko" Gianello, partigiano
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Anteprima del libro
Ferro - Piermichele Pollutri
INTRODUZIONE E RINGRAZIAMENTI
Premessa d’obbligo: questo non è un libro di storia, ma un romanzo storico che si basa su fatti veri, circostanziati, provati e testimoniati. Ho voluto dare a questo scritto la forma del romanzo perché la vita di Mirko è un romanzo. La si poteva cantare solo con le parole lievi del racconto, della narrazione per bocca di una grande donna che, nel corso degli anni, mi ha concesso il privilegio di ascoltare per poi raccontare una storia toccante, parte della più grande vicenda che è stata la Resistenza italiana.
Ho avuto il privilegio di raccogliere e conservare le memorie di un uomo, un gentiluomo, che muore saltando in aria a vent’anni mentre smina un ponte armato dai tedeschi in ritirata, quando la Liberazione si affaccia alle porte. Mirko, il suo nome di battaglia, fiero, teso, nervoso, gentile, affascinante, pieno di ardore e di poesia. Mirko, partigiano del Picelli che ha rubato cuori e donato la sua vita alle montagne e al Vento del Nord.
La signora Lia Cavatorta in Gianello mi ha concesso di entrare nella sua vita e nei suoi ideali, nella consapevolezza che la storia la si può vivere non solo sfogliando libri, ma anche partecipando e toccando da vicino il corso degli eventi. Lei mi ha raccontato la storia con gli occhi, con la dignità e con la compostezza che le grandi persone riserbano.
Questo testo cerca di raccontare, entusiasmo dell’autore a parte, la brevissima ma intensa vita del partigiano Luciano Gianello seguendo, in parte, lo schema narrativo tracciato dallo storico Giulivo Ricci nella Storia della Brigata Matteotti-Picelli. Brigate partigiane della IV zona operativa, testo fondamentale e completo della brigata partigiana nella quale militò Luciano.
Nel testo di Ricci, uno dei primi pubblicati sull’argomento, si delinea la figura di Mirko quale personaggio non secondario legato a doppio filo a Dante Castellucci, nome di battaglia Facio, soprattutto nell’impresa eroica della Battaglia del Lago Santo, già precedentemente citata da Alfonso Mugerli in Un leggendario episodio della Resistenza. 19 Marzo 1944. La battaglia del Lago Santo, edito a cura dell’Anpi Pontremoli nell’immediato dopoguerra. In alcuni passaggi nel testo ho riportato brani tratti dai libri di questi autori cercando di tenere fede alla loro ricostruzione. Non so se sono riuscito nell’intento.
A conferma dell’attività di Mirko nel 2014, dal Mulino, è stato edito il ricco e completo libro dello storico Luca Madrignani, Il caso Facio: eroi e traditori della Resistenza, dove si ripercorre la storia complessa di Facio e del Picelli e, in diversi punti, vengono affrontate le vicende di Mirko, alcune delle quali utilizzate in questo testo per ricostruire le imprese di Mirko e Facio da un punto di vista storico. Stesso discorso vale per il lavoro dello storico Carlo Spartaco Capogreco, Il Piombo e l’argento. La vera storia del partigiano Facio, edito nel 2007.
Testi fondamentali di confronto, inoltre, sono stati quelli di Antonio Bianchi, La Spezia e Lunigiana: società e politica dal 1861 al 1945 e Storia del movimento operaio di La Spezia e Lunigiana 1861-1945, che mi hanno permesso di costruire un quadro d’insieme della realtà spezzino-lunigianese. Poi ci sono diversi articoli pubblicati dal «Corriere Apuano», tra tutti quelli Armando Chiodi, a partire da Una leggendaria figura della Resistenza. Nel 50º anniversario della morte di Luciano Gianello, scritto nel 1995.
Di notevole spessore il testo di Maurizio Fiorillo, Uomini alla macchia, bande partigiane e guerra civile. Lunigiana 1943-45, del quale ho riportato la descrizione del battaglione Picelli nella sua struttura operativa e in cui traspare l’umanità e gli ideali egualitari die partigiani.
Sono orgoglioso di avere usato e citato anche documenti originali, trovati tra archivi privati e pubblici, che mi hanno permesso di avere una visione diretta e chiara delle azioni di Mirko. Tra questi documenti, la dichiarazione del partigiano Lino Veroni, rilasciata nel 1946, che si riferisce a Gianello come l’eroe e protagonista della Battaglia del Lago Santo.
Tra le testimonianze dirette, voglio ricordare quella relativa a uno scambio epistolare con Sergio Paglieri su Silvano Bardini, sodale di Mirko, che mi ha aperto un mondo sui corpi di imboscamento e renitenti alla leva, molti dei quali passati tra le file partigiane. In modo particolare, Paglieri mi ha raccontato della celebre Banda d’Affori e delle imprese compiute al teatro di Pontremoli. Importante l’incontro con Laura Seghettini in un’osteria di Pontremoli, nel dicembre 2012 e nel maggio 2013, assieme a Lia Gianello, due maestre che non hanno bisogno di cattedre per insegnare. Mentre Lia raccontava e mi mostrava lettere, distintivi, divise, foto, racconti, sono riapparse dopo più di mezzo secolo armi e munizioni appartenute a Mirko. Ho potuto vedere, toccare il ferro: freddo, statico, immodificabile, impenetrabile, duro. Ho visto il ferro che probabilmente non ha risparmiato vite, purtroppo. Ho sentito la perentorietà di quei ferri arrugginiti dal tempo e il loro essere giudicati, se ferri maledetti o ferri redentori, a seconda della mano che li ha impugnati. Avere sotto gli occhi tutti quei freddi metalli, un tempo incandescenti nell’uso, non è roba di tutti i giorni, soprattutto se corrosi dal sudore delle mani che li hanno stretti e dalla tensione che li ha quasi deformati. Acciai marchiati da speranze per il ritorno, da frasi nascoste dagli anni per un pensiero all’amata, chiamata Elsa, Elisa ma anche Libertà.
La storia di Mirko è una storia d’amore, d’amore per la sua terra e per il suo istinto di libertà, amore per la sua dignità emersa a poco a poco, piano piano, quasi a volersi iscrivere delicatamente nel corso della storia. Si sono intrecciate lettere di spasimanti, bellissime donne che hanno lasciato al terribile Mirko, bello e partigiano, la loro foto da conservare nel portafogli: ritratti, racconti di compagne di scuola che, dopo oltre cinquant’anni, scrivono di lui. Poesie lasciate sulla lapide che a Pontremoli lo ricorda, corrispondenze capaci di dispensare lacrime sulla carta, come quella di Gino Beer che integralmente ho riportato nel testo.
Si troveranno, all’interno, quattro tavole disegnate dall’amico Gianluca Foglia, in arte Fogliazza, abile matita, che hanno lo scopo di fermare alcuni attimi importanti, di cristallizzare i momenti o le scene salienti di questa storia vissuta, e aprire alcuni