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Jamilah
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E-book62 pagine42 minuti

Jamilah

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La storia di due giovani universitari al loro primo anno, diversi ma inseparabili: Matteo, figlio di genitori separati, e Jamilah, italonigeriana con la passione della fotografia. Un racconto sulle avversità, l'amore, i sogni di una generazione in continua evoluzione, e nello stesso tempo un dialogo interiore. Matteo e Jamilah si incontrano durante una lezione di diritto pubblico e quel che nascerà tra loro li segnerà indelebilmente.
Vincitore Premio Peppe Renzi (2018)
LinguaItaliano
EditoreStreet Lib
Data di uscita2 mag 2024
ISBN9791223035849
Jamilah

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    Anteprima del libro

    Jamilah - Davide Napolitano

    PROLOGO

    La stazione ferroviaria

    Ricordo ogni dettaglio. È il lunedì mattina del 28 gennaio 2019. Il cielo è basso e plumbeo, le nuvole minacciano pioggia. Un vento freddo si insinua tra gli edifici della città pungendo la pelle del viso come l’aculeo di una vespa. Ho appena infilato il cappello di lana e annodata la sciarpa al collo, quando inizia a cadere la pioggia, una pioggia leggera ma fastidiosa. Percorro a grandi falcate il tratto di strada che da casa mi separa all’edicola di via Monte Sabotino. È una piccola, storica, edicola dal tetto spiovente e le saracinesche verde scuro.

    «Sono passate poche persone» sento dire dall'edicolante affaccendato a sistemare le riviste.

    «È colpa di internet» afferma un signore che mi dà le spalle, «ormai leggono tutto lì sopra» e fa un cenno con il capo alla pensilina dell'autobus, dove alcuni ragazzi hanno i cellulari in mano.

    S pulcio le prime pagine dei giornali e leggo il titolo di un articolo pubblicato su La Repubblica, il quale recita pressappoco così: Non solo il ‘Deserto dei Tartari’. Ecco perché rileggere Dino Buzzati. È il quarantasettesimo anniversario della morte dello scrittore, uno dei miei preferiti. Compro il giornale e mi incammino lungo viale Venezia, dove gli edifici ottocenteschi dalle facciate in mattoni a vista, le alte finestre ad arco e i balconi con i parapetti in ferro mi riparano un poco dalla pioggia, dopodiché svolto a sinistra per via Tr ento e trovo la stazione ferroviaria dall'altra parte della strada. Per un soffio non vengo investito da un'automobile, il conducente suona il clacson e leva un braccio fuori dal finestrino. «Guarda la strada, ragazzo!». Mi intrufolo dentro la stazione. Come accade spesso il lunedì mattina, l’ingresso è talmente affollato che le voci dei pendolari si accavallano le une sulle altre.

    Lancio un'occhiata all'orologio centrale della stazione, le lancette segnano cinque minuti alle nove e trenta. Mi avvicino ai monitor degli arrivi e delle partenze e apprendo che il mio intercity annuncia ben mezz’ora di ritardo a causa di un guasto elettrico della linea ferroviaria. Sbuffo e mi vado a sedere sulla panchina libera più lontana, così da leggere il giornale in tranquillità.

    Nel paragrafo in cui si accenna ai racconti pubblicati nella raccolta La boutique del mistero, e della protagonista che continua a precipitare dal palazzo e sente stringersi il cuore, accendo una sigaretta, nonostante sia severamente vietato fumare. Il tempo di due, tre boccate alla sigaretta e un ragazzo sui venticinque anni con in testa una zazzera di capelli neri arruffati sguscia sulla banchina . Cammina con passo svelto e scruta i pendolari con aria confusa, come se stesse cercando qualcuno. O qualcosa. Per un momento fruga nelle tasche della giacca, una giacca pesante, marrone, fuori moda, sicuramente comprata in un negozio dell'usato di via Caprioli, poi scrolla le spalle rassegnato, mentre io abbasso lo sguardo sul giornale e riprendo a leggere.

    «Hai da accendere?». È una voce maschile a interrompermi. È leggera, calda, avvolgente. Sollevo lo sguardo e i nostri occhi si incontrano. Sono duri come i sampietrini delle vie del centro e malinconici come le foglie dopo un acquazzone.

    «Hai da accendere?» ripete, e io annuisco porgendogli l'accendino.

    «Grazie» dice, «m i chiamo Matteo» e mi porge la mano. Ha una presa salda, nonostante le dita lunghe, sottili, affusolate. «Aspetti qualcuno?» domanda, e io rispondo dicendo che no, non sto aspettando proprio nessuno. A parte il treno per Pescara, che è in ritardo. Lui sorride e si siede sulla panchina accanto a me. «Una volta ho conosciuto un ragazzo che

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