Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Imperfetti sconosciuti
Imperfetti sconosciuti
Imperfetti sconosciuti
E-book311 pagine4 ore

Imperfetti sconosciuti

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Preparatevi a sognare

Autrice del bestseller Buonanotte amore mio

Sabina Valli ha trent’anni, fa due lavori per pagare il mutuo e coltiva una grande passione: la scrittura. I libri che pubblica sono il suo orgoglio. Mette se stessa nelle storie che scrive, perché sa bene quanto le parole abbiano il potere di far emozionare. Un giorno, alla ricerca di informazioni per il suo romanzo, scrive un post sui social in un gruppo di appassionati di moto. L’unico a risponderle è un certo Jacopo, che la contatta sulla chat privata e si dimostra disponibile ad aiutarla. Con il tempo i messaggi tra i due diventano sempre più assidui, costellati di battibecchi, battute al vetriolo, ma anche di piccole confidenze e consigli. Ma chi è davvero Jacopo? E perché si è lasciato coinvolgere così da una conversazione virtuale cominciata per caso? La curiosità per un possibile incontro è forte, ma Sabina sa bene che non basta qualche battuta dietro a uno schermo a rendere un rapporto sincero. E allora, come è possibile che quando legge quei messaggi le batta così forte il cuore?

Un'autrice ai primi posti delle classifiche italiane

Hanno scritto dei suoi libri:
«Un’altra storia di successo nata dal selfpublishing.»
Il Corriere della Sera

«Una storia davvero molto bella ed emozionante, che mi è entrata subito nel cuore.»

«Daniela Volonté, un nome, una garanzia!»
Daniela Volonté
è nata a Como, ha una laurea in Economia e Commercio e una in Scienze della Comunicazione, e tra l’una e l’altra ha lavorato come impiegata. Scrive per passione, ma lo fa a tempo pieno, perché vi dedica ogni minuto libero della giornata. Con la Newton Compton ha pubblicato Buonanotte amore mio, diventato subito un bestseller ai primi posti delle classifiche, L’amore è uno sbaglio straordinario, Non chiamarmi di lunedì, La meraviglia di essere simili, Non basta dirmi ti amo, Sei l'aria che respiro e La dolcezza può far male.
LinguaItaliano
Data di uscita6 nov 2018
ISBN9788822727121
Imperfetti sconosciuti

Correlato a Imperfetti sconosciuti

Titoli di questa serie (100)

Visualizza altri

Ebook correlati

Narrativa romantica contemporanea per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Imperfetti sconosciuti

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Imperfetti sconosciuti - Daniela Volonté

    Capitolo 1

    Sabina

    Entro a casa di mia sorella sbuffando, seguita da Mattia che mi trotterella alle spalle come un pony.

    «Ti ha fatto disperare?», mi domanda Serena, mentre mette una teglia in forno. Mi accorgo solo ora del profumino di rosmarino e arrosto che aleggia in cucina.

    «No, Matti è stato un angelo oggi. Sono nervosa, perché da tre giorni non riesco ad andare avanti con il libro», rispondo sedendomi davanti alla grande penisola, mentre mia sorella sta strapazzando di baci e coccole il mio nipotino.

    «Per quella scena della motocicletta?»

    «Sì! Non potevi sposare un uomo con la passione per le moto?», chiedo esasperata.

    «Mi pare di esserti stato utile anche come informatico, quando il tuo computer ha beccato tutti quei virus», esordisce mio cognato, appena entrato nella stanza.

    «Luigi, dovresti imparare a essere più duttile», lo schernisco, perché in verità è una persona che si dà sempre un gran da fare in tutto. Oltre ad avere un interesse per i computer e il giardinaggio, sa cucinare e perfino stirare meglio di me.

    «Sei sempre la gentilezza fatta persona, Sabina», sentenzia sorridendo, poi afferra il figlio di tre anni che gli corre incontro e se lo carica sulle spalle. Si avvicina a mia sorella, indaffarata davanti al lavello e le stampa un bacio sulle labbra. Che cliché! Be’, un bellissimo cliché… Che io non vivrò mai, lo sento!

    «Bleah», strilliamo in coro io e Mattia.

    «Falla finita!», mi ammonisce Serena, puntandomi contro una carota.

    Scendo dal mio trespolo e, rubandogliela, inizio a sgranocchiarla, intanto cammino su e giù per la loro grande cucina.

    «Anche se non lo meriteresti, ho una notizia positiva per te», annuncia Luigi. Mi fermo a guardarlo nei suoi occhi scuri, in netto contrasto con i capelli biondissimi, e resto in attesa. «Un mio collega mi ha dato il nome di un gruppo italiano su Facebook il cui argomento principale sono le moto».

    Mio cognato fa scendere a terra la piccola peste, che alla parola moto incomincia a correre per tutta la casa, facendo finta di impennare.

    «Lu, sono quasi tutti gruppi chiusi dove devi chiedere l’iscrizione e di solito c’è un regolamento: devi entrare, presentarti e poi chiedere e blablabla… Insomma, un vero stress».

    «In questo mi ha assicurato di no. Si chiama: Moto, che passione! ed è pubblico», ribatte mio cognato.

    «Siamo sicuri?»

    «Controlla tu stessa», mi sfida.

    Prendo lo smartphone dalla tasca della felpa ed entro nell’applicazione, poi cerco il gruppo a cui si riferisce.

    «Hai ragione!», esclamo con entusiasmo, mentre mi sto già incamminando verso la porta.

    «Ehi, dove scappi?», strilla mia sorella ormai alle mie spalle.

    «A fare un paio di domande a un branco di centauri».

    «Mamma, dove va la zia?», chiede Mattia.

    «A far visita al suo migliore amico… il computer», riassume mio cognato.

    «Ricordami di non farti nemmeno un regalo quando diventerò ricca e famosa, dopo che faranno una trasposizione cinematografica dei miei libri», lo rimprovero prima di uscire da casa loro, attraversare il giardino e salire nella mansarda della villetta adiacente, dove vivo da sola.

    Entro nel mio appartamento come un fulmine, mi siedo e accendo subito il portatile che staziona sul tavolo della cucina già da qualche mese. Accedo a Facebook e scrivo un post nel gruppo che ha suggerito il collega di mio cognato. Fatto! Mi appoggio allo schienale della sedia e non mi resta che attendere una risposta. Spero che qualcuno si faccia vivo presto, perché questa scena è cruciale per l’intero romanzo e il mio editore mi sta con il fiato sul collo. Maledetto il giorno che gli ho accennato che stavo per finire un altro romanzo, da allora non fa che stressarmi perché gli mandi una bozza, però lui non sa che sono a malapena a metà libro.

    Mi metto a sistemare il caos che Mattia ha lasciato nel mio appartamento. Per fortuna si tratta di una mansarda di sessanta metri quadrati, così la superficie a disposizione di mio nipote è piuttosto limitata. È una casa piccola, però l’architetto l’ha progettata e arredata proprio come ho voluto io, con il pavimento di legno chiaro abbinato alle travi a vista e tutti i mobili di colore bianco, divano compreso. L’unica spruzzata di colore è data dal rosso dei cuscini, dei tappeti e degli oggetti disposti ovunque.

    Sbircio il notebook pregando che qualcuno mi abbia già risposto, poi l’occhio mi scivola sull’ora, e mi ridesto in fretta. Mi preparo un panino al volo e non ho nemmeno il tempo di mettere a posto tutto il disastro sparso sul pavimento, sono già in ritardo. Chiudo l’uscio di casa a chiave e, mentre passo davanti alla porta dei miei, busso con un po’ troppa forza.

    «Sei in ritardo?», domanda sorridendo mia madre.

    «E dove sarebbe la novità?», commento, dandole un bacio sulla guancia. «Ci vediamo domani», aggiungo.

    «Stai attenta a tornare stanotte e vedi di…».

    «Di parcheggiare la macchina vicino al pub», anticipo le sue parole e intanto cammino all’indietro verso la mia auto. «Dopo tre anni non sei stanca di farmi ancora le stesse raccomandazioni?»

    «No, finché non ti deciderai a smettere di fare la cameriera in quel pub di notte», brontola, e io mi fermo vicino alla mia macchina.

    «Mamma, se l’agenzia non fosse stata in crisi, mi sarei risparmiata volentieri un secondo impiego, però la situazione è questa, e finché non estinguerò il mutuo ho bisogno di questo lavoro».

    «Lo so bene, però sono tua madre ed è normale che mi preoccupi per te», borbotta.

    «Dai la buonanotte a papà da parte mia», la saluto senza attendere che aggiunga altro.

    E detto ciò salgo sulla piccola auto rossa e parto per tornare a Milano. Per fortuna Liscate è alle porte della metropoli, se abitassi più lontano, sarei già nauseata di fare avanti e indietro anche durante i weekend. In fondo non mi dispiace lavorare al Black Crow nel fine settimana, ormai conosco tutti i clienti abituali e i colleghi non sono male. Inoltre ci lavora anche Karin, la mia migliore amica, ed è bello condividere con lei quello che capita al pub.

    Dopo trenta minuti arrivo davanti all’ingresso secondario del Black Crow, a pochi passi dal Duomo, e suono il campanello.

    «Sei in ritardo», mi urla Karin dal videocitofono, e posso sentire il sottofondo di musica e chiacchiericcio che mi attende all’interno del locale.

    «Mancano dieci minuti alle nove», strillo per sovrastare il chiasso, intanto il portone si apre sul cortile interno in cui noi dipendenti parcheggiamo le auto.

    «Appunto! Conoscendoti, impiegherai almeno un quarto d’ora per riuscire a parcheggiare».

    Sbuffo, anche se lei ha già chiuso la comunicazione. So che ha ragione. Uso l’auto solo se devo coprire il turno serale dalle nove all’una, invece, se finisco alle undici, preferisco prendere i mezzi pubblici per tornare a casa, così come faccio dal lunedì al venerdì per andare in ufficio, presso un’importante agenzia di comunicazione situata anch’essa in centro.

    Dopo mille manovre per far stare la mia macchina tra il pickup di Luca e il suv di Dina, entro finalmente dall’ingresso secondario e a passo celere vado nel retro, strisciando in fretta il badge. Ho già addosso la maglietta verde con lo stemma e il nome del locale, perciò non mi resta che togliermi la felpa e appenderla nel mio armadietto. Prendo la trousse dalla borsa e corro allo specchio del piccolo bagno dello staff. Sembra che un gatto abbia appena finito di giocare con i miei capelli come farebbe con un gomitolo di lana marrone. I ricci hanno perso il loro volume naturale e sono pieni di nodi. So chi devo ringraziare per questo bel regalo: Mattia. Oggi, dopo che sono andata a prenderlo alla scuola materna, ha voluto giocare a fare il parrucchiere. Ho tentato di rimediare, ma ero in ritardo e il risultato è stato disastroso.

    Prendo la spazzola e un elastico e improvviso uno chignon scomposto. Poi do un rapido ritocco alle ciglia con il mascara, in modo che i miei occhi grigi appaiano meno spenti, per via della stanchezza causata dalla notte insonne. Dopo una passata veloce di lucidalabbra color ciliegia, sono pronta. Allaccio in vita il grembiule che contiene tutto il necessario e vado in sala. Saluto Luca, il proprietario del pub, con un sorriso imbarazzato e lui ricambia senza dire nulla. Quest’uomo ha delle fossette stupende quando sorride… Non che il resto sia da meno, anzi, è un metro e ottanta di muscoli ben scolpiti, con un viso reso angelico dai lineamenti delicati, i capelli biondo cenere e gli occhi grigi. Fisicamente mi ricorda un po’ Nico… Pensare a lui mi fa ancora male, anche se sono passati ben undici anni.

    «Te l’avevo detto che avresti fatto tardi», sussurra una voce femminile alle mie spalle.

    «Per tua informazione ho timbrato in perfetto orario», controbatto, voltandomi verso Karin.

    «Cielo, che faccia! Hai passato di nuovo la notte in bianco per scrivere?»

    «Sì! E speravo di avere qualche ora per continuare, dopo essere tornata dall’ufficio, però mia madre mi ha chiesto di badare a Mattia, perché lei doveva andare al supermercato con mio padre».

    «Immagino che sia il piccolino l’artefice di quel nido che hai in testa», afferma sghignazzando la mia collega.

    «Vedessi quanti capelli defunti giacciono sul pavimento di casa mia, in questo momento».

    Karin mi sorride prima di dire: «Forza, smettila di fare gli occhi dolci al capo e mettiamoci al lavoro».

    Do un rapido sguardo in giro. «C’è più gente del solito o è una mia impressione?»

    «L’ho notato anch’io. Per essere i primi giorni di ottobre, il locale è pieno», risponde la mia collega, passandosi una mano tra i capelli cortissimi color biondo platino. È già stanca, proprio come me.

    «Mi pare che ci sia più caos del weekend scorso, quando eravamo nel pieno della settimana della moda».

    «Sarà il clima mite che invoglia le persone a uscire da casa», commenta.

    «Beati loro! Io non ho nemmeno il tempo di farmi una passeggiata in mezzo ai boschi», dichiaro con rammarico.

    «Tesoro, tu hai solo bisogno di lavorare meno. Fai tre mestieri in contemporanea».

    «Due, non tre!», la correggo.

    «Sei tappata in quell’agenzia di comunicazione durante i giorni feriali, nei weekend sei qui e nei ritagli liberi è facile trovarti incollata al computer… E ti lamenti di non avere tempo? Amica mia, è già un miracolo che ti ricordi di mangiare…».

    «Dai, Karin, non esagerare. Da come mi descrivi sembra che io non abbia una vita», borbotto, prendendo il tablet per le mie ordinazioni.

    «Da quanto non esci con qualcuno?»

    «Mhmm, non lo so di preciso, ma non da molto», mento spudoratamente, perché me lo ricordo eccome.

    «Te lo dico io: da quando è finita con quello stronzo di Eugenio».

    Lo ammetto, è la verità, però mi secca un po’ che Karin sottolinei il fallimento della mia vita sentimentale.

    «Quando avrò finito questo romanzo e sarò più libera, ti prometto che mi cercherò un fidanzato. Sei contenta ora?».

    Fidanzato? Per carità! Dopo Eugenio, e soprattutto dopo Nico, preferisco stare da sola. Anche se ammetto che per una scrittrice di rosa è un controsenso però, siamo sinceri, la vita vera fa schifo, mentre i romanzi non ti tradiscono mai. Non ti feriscono e anche se ti fanno passare pene atroci, sai che è per una giusta causa… A maggior ragione se sei tu a scriverli!

    «Dai, Sabi… quand’è che la smetterai di essere sempre tanto controllata e ti scioglierai un po’? Il prossimo con cui uscirai, non deve essere per forza quello con cui farai dei figli e andrai a convivere», dice ad alta voce, mentre ci muoviamo tra i tavoli sotto lo sguardo vigile di Luca che si sta avvicinando alle spalle di Karin per parlare con noi. «Basta che sia un tipo figo e gentile. Insomma, uno che ti piace e che sia altamente scopabile… come Luca!», aggiunge, mentre il capo è proprio dietro di lei.

    Voglio morire in questo istante.

    «Grazie per il complimento, dolcezza», afferma lui e io abbasso immediatamente gli occhi, mentre Karin si volta.

    «Non potrebbe scapparci un piccolo aumento per il gentile apprezzamento?», domanda lei con una faccia di bronzo che le invidio tantissimo.

    Luca scoppia a ridere, poi dice: «Ho sempre pensato che ti mancasse qualche rotella e questa è la conferma». Sentendo il tono leggero che ha usato, ho il coraggio di guardarlo. Grave errore perché le sue fossette mi uccidono all’istante. «E per quanto riguarda te, angelo, mi pare strano che tu non sia ancora sposata. Ero convinto che fossi fidanzata con quel tizio incravattato che ti è venuto a prendere un paio di volte».

    Mi piace molto quando mi chiama angelo, un po’ meno quando usa il termine dolcezza, però so che non mi devo illudere, ci chiama tutte in questo modo affettuoso. So di essere contraddittoria, e visti i precedenti sono consapevole che l’amore, quello vero, non busserà mai alla mia porta… però continuo a crederci. Voglio disperatamente perdermi in questa illusione che renderebbe la mia esistenza un po’ meno… Non riesco a trovare un termine esatto. Vuota? Triste? Oh, accidenti, meglio lasciar perdere questi discorsi! Torno al presente e a Luca.

    «Mhmm, no, con Eugenio è finita da parecchi mesi», commento titubante, stringendo il mio tablet tra le mani.

    «È stato un vero idiota a lasciarti», sentenzia, passandomi accanto e andando verso il bancone.

    «Come fai a dire che è stato lui? Forse sono stata io a lasciarlo», riesco a ribattere.

    Luca si ferma e si gira verso di me.

    «Perché nessun uomo sano di mente si farebbe scappare una donna come te».

    Sorride e se ne va.

    E mi uccide con le sue parole.

    Sono ancora lì a fissare la sua scia, quando Karin inizia a scuotermi e a tempestarmi di frasi senza senso.

    «Devi uscire con lui».

    «Ma figurati! È molto carino, ma non ho intenzione di sprecare altro tempo con gli uomini».

    «Oh, santo cielo, Sabi! È l’unico ragazzo che non ti ho ancora visto mandare a quel paese nell’ultimo anno. Ti piace e si vede», afferma Karin.

    «Non l’ho ancora trattato male solo per due motivi: primo, è sempre gentile con me; secondo, è il mio capo».

    «Cavolate! Secondo me ti piace e basta», sentenzia. È vero, mi piace, almeno un pochino, ma non voglio che il mio cuore si sciolga mai più per un uomo. «Dovremmo inventare qualcosa per farvi stare soli, magari dopo l’orario di chiusura del pub…», continua a blaterare Karin mordicchiandosi un’unghia, e non è una buona cosa, perché significa che la sua testa sta viaggiando più veloce di un Frecciarossa. «Idea! Una sera faremo in modo che ti si rompa la macchina, così sarà costretto a darti un passaggio fino a casa».

    «Ti stai per caso dimenticando che tu e io facciamo lo stesso turno? Potresti darmi tu un passaggio, non credi?»

    «Accidenti!», esclama, ed ecco che l’unghia ritorna tra le sue labbra. «Ho trovato! Potreste rimanere accidentalmente chiusi nella cantina del vino».

    Oh, cielo, che qualcuno mi aiuti!

    La guardo e non ho nemmeno la forza di risponderle. Mi dirigo verso uno dei miei tavoli, ridacchiando per le sue idee malsane. Devo appuntarmi anche questa sua uscita tra tutte le altre, potrebbe tornare utile in uno dei miei romanzi.

    Capitolo 2

    Jacopo

    Adam entra in salotto vestito di tutto punto per andare in tribunale e mentre mi passa accanto, sbuffa e scuote la testa. So che non dirà nulla, perché quello che gli passa per la mente è solo un lungo elenco di imprecazioni.

    Meglio tornare a fissare il televisore e lo scarso palinsesto delle otto del mattino.

    «Hai fatto colazione?», mi chiede, infilandosi l’impermeabile.

    «No, ho l’intera mattina per farla. Che fretta c’è?».

    Adam sospira in modo rumoroso e prima che apra bocca, lo anticipo: «Torni per pranzo?»

    «Devo essere allo studio per le due. Mangerò un panino dopo l’udienza. Se vuoi, possiamo incontrarci al Magenta per un aperitivo».

    «Oggi ho da fare», affermo e con la coda dell’occhio lo vedo animarsi.

    «Davvero?»

    «Certo! Ho intenzione di vedermi tutti gli episodi di Grey’s Anatomy».

    «Jaki…», tenta di dire, ma lo interrompo sul nascere.

    «Adam, sto bene. Vai a lavorare sereno, al tuo ritorno mi ritroverai qui».

    «È proprio questo che mi preoccupa», ribatte lui senza ironia nella voce.

    «Falla finita! Non sto facendo nulla di male. In fondo mi sto riprendendo un po’ del mio tempo. Da anni mi ammonisci perché lavoro troppo… Be’, ora ti sto dando retta, perciò vai a difendere i poveri e gli oppressi e lasciami guardare in pace un po’ di tv».

    Mio fratello si passa una mano tra i folti capelli biondi con un gesto spazientito e, afferrando la sua ventiquattrore, va verso la porta.

    «Chiamami se cambi idea», dice, e prima di uscire aggiunge: «Ti prometto che troveremo il modo di dimostrare la tua innocenza».

    Mi volto perché pronuncia quelle parole con una certa solennità. Lo fisso prima di aprire bocca.

    «Non l’ho dubitato neanche per un istante».

    Fa un cenno con la testa e sparisce oltre l’uscio.

    Torno a osservare lo schermo, poi spengo il televisore e lancio il telecomando sul divano. Mi alzo e scruto fuori dalla finestra. Milano a quest’ora del mattino è già in pieno fermento e, nonostante sia ottobre, si preannuncia una giornata più calda della media stagionale. Potrei fare una passeggiata fino al mio appartamento e vedere com’è la situazione.

    L’idea mi attira parecchio, così vado nella camera degli ospiti e indosso un paio di jeans e una felpa. Mi metto le Converse e solo quando ho la mano sulla maniglia, mi rendo conto che forse sarà meglio prendere un paio di occhiali da sole e un cappellino da baseball. Rubo il necessario dall’armadio di Adam e una volta uscito, senza troppa fretta, inforco la strada per via Confalonieri. Dopo un quarto d’ora vedo il mio palazzo, nella tasca dei jeans stringo le chiavi di casa. Rimango sul lato opposto del marciapiedi e appena vedo alcuni giornalisti ancora appostati nei paraggi, mi blocco seduta stante. Che palle! Cazzo, anche per oggi non potrò tornare alla mia vita.

    Continuo a camminare facendo il giro dell’edificio di fronte al mio, poi a testa bassa mi dirigo verso l’appartamento di mio fratello.

    Quando rincaso, tolgo occhiali e cappello e li abbandono sul tavolo, afferro il cellulare e digito il mio cognome su Google.

    Ed ecco le ultime notizie che mi riguardano. La mia esistenza sbattuta in prima pagina, infangata, e il mio cognome associato ad azioni tremende.

    Irritato chiudo l’applicazione e apro Facebook. Non l’avessi mai fatto! Più di cinquecento notifiche, messaggi privati di cui non voglio neanche approfondire il contenuto. Se il tono è lo stesso delle settimane precedenti, preferisco far finta di non aver visto nulla. Disinstallo dal cellulare ogni applicazione social.

    Spero che il mondo si scordi della mia esistenza, non voglio essere rintracciato da nessuno. Il telefono che uso per lavoro è rimasto in un cassetto del mio studio. Ho pregato Adam di portarmelo, però lui ha insistito sul fatto che non fosse una buona idea e così, alla fine, ho dato retta a mio fratello, ossia uno dei miei avvocati.

    Che cosa posso fare se non fidarmi di loro? Adam continua a ripetermi che andrà tutto bene, anche se in verità sta andando tutto a rotoli.

    Dopo essermi trascinato per l’appartamento come uno zombie ed essermi preparato un panino per pranzo, mi rimprovero mentalmente per come ho preso questa faccenda della denuncia. È arrivata l’ora di tirare fuori gli attributi. Mi sono sempre lamentato che, per via del mio lavoro, ho dovuto rinunciare a moltissime altre passioni, be’, ora ho l’occasione di recuperare il tempo perduto… Chi voglio prendere in giro? Non ci credo veramente, è solo per dare il contentino a mio fratello.

    Mi sarebbe piaciuto viaggiare di più per svago, ma pensarci adesso è inutile, per via delle indagini a mio carico. Mi diletto a giocare a scacchi, però da solo è piuttosto noioso. Non disdegno di andare a teatro, tuttavia Adam lo detesta, quindi dovrò attendere che Lucrezia mi raggiunga in Italia tra qualche settimana e trovare uno spettacolo che possa interessare a una diciassettenne.

    Alla fine non mi resta molto da fare, se non leggere. Purtroppo mio fratello ha gusti molto lontani dai miei e la sua biblioteca non ha nemmeno un classico, solo thriller e manuali su moto o libri fotografici. Che palle!

    Agguanto il suo computer e mi connetto al solito store online da cui, come d’abitudine, acquisto gli ebook. Trovo un paio di classici che ben si adattano al mio umore, ma prima di spegnere cedo e, mandando a farsi benedire i miei buoni propositi, entro in Facebook.

    Appena si apre la schermata iniziale capisco che mio fratello deve avere salvato le sue credenziali, infatti, ecco una sventola bionda in sella a una moto blu che spunta dalla foto del profilo di Adam.

    Incuriosito dalla vita del mio fratellino, clicco sulle poche notifiche che ha. Che invidia! Non ha nessuno che in questo momento gli stia rompendo i coglioni, come invece capita al sottoscritto.

    Fa parte di un gruppo chiamato: Moto, che passione!. Che titolo fantasioso! E non mi pare neanche molto attivo, il post più recente risale a cinque giorni fa. Lo leggo, è di una ragazza che sta scrivendo un libro e chiede dei dettagli su una moto. Non ha ottenuto la considerazione di nessuno… Che maleducati! Almeno un saluto avrebbero potuto scriverglielo. Quasi quasi commento il suo post. Sì, bravo, e per dirle cosa? Io di moto non ci capisco niente. Mi dispiace per lei, in fondo ha chiesto gentilmente un’informazione ed è brutto che nessuno le abbia risposto…

    Ho un’idea, le scriverò in privato, però prima clicco sulla foto del suo profilo. Ha messo l’immagine di una tazza con una parola scritta a caratteri cubitali: booklover. Abbastanza scontata come cosa, visto che nella biografia ha già dichiarato di essere una lettrice compulsiva oltre che una scrittrice. Controllo il suo profilo, che risulta blindato, e non mostra nessuna notizia in più.

    Apro la chat e digito il suo nome. Noto subito che è online proprio in questo istante.

    Io le scrivo… In fondo cos’ho da perdere?

    Capitolo 3

    Sabina

    E che stress! Accidenti, oggi la giornata è partita storta, infatti, appena arrivo in agenzia, mi rovescio il caffè addosso. Colpa mia, stanotte sono andata a dormire tardi per finire un capitolo e adesso sono rintronata. A peggiorare la mattinata c’è l’incontro con Eugenio, che avviene proprio mentre esco dal bagno con la camicia bagnata dopo aver tentato di pulirmi via le chiazze marroni. Il mio ex mi guarda dall’alto in basso, alzando il sopracciglio con la solita

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1