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Poison Fairies: La Guerra della Discarica
Poison Fairies: La Guerra della Discarica
Poison Fairies: La Guerra della Discarica
E-book214 pagine3 ore

Poison Fairies: La Guerra della Discarica

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Info su questo ebook

La vita nella discarica è dura, tra il pericolo mortale e onnipresente dei gabbiani, la difficoltà di procacciarsi il cibo e le faide con le altre tribù, come gli spaventosi Boggarts.
Ma Cruna ha deciso che le cose devono cambiare: convince i suoi amici Verderame e Disgelo a rubare la batteria di una macchina, in modo che il suo acido possa fornire energia alla sua gente, visto che l'inverno è alle porte. Come reagirà però il Re Albedo, fratello di Cruna, alla missione non autorizzata? Che cosa sta complottando Waspider, re dei Boggarts? E chi è il misterioso nuovo arrivato, dotato di un Glamour diverso da qualsiasi altro tipo di magia conosciuta?
La Guerra della Discarica è il primo capitolo di una trilogia che descrive la vita delle più feroci creature del mondo: LE FATE!

LinguaItaliano
Data di uscita14 dic 2014
ISBN9788899216047
Poison Fairies: La Guerra della Discarica
Autore

Luca Tarenzi

Luca Tarenzi was born in 1976. He has a degree in History of Religions and was an editor and a tourism journalist before discovering his true calling as a fully committed daydreamer. Today he lives in Arona, Piedmont (Italy), with a veterinarian wife and numerous animals on a lakeshore infested with feral-looking swans and adorable river rats. He is a part-time writer, part-time translator, part-time literature and religion lecturer, and full-time geek as well as an avid roleplayer and a shamanic practitioner. His novels are among the most acclaimed urban fantasy books in Italy, and some have been published in other countries. In 2012, his novel Quando il diavolo ti accarezza (“When the Devil Strokes You”) won Italy’s prestigious Premio Italia fantasy and SF literature prize in the "Best Fantasy Novel" category.

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    Poison Fairies - Luca Tarenzi

    Poison Fairies - La guerra della discarica

    Luca Tarenzi

    Acheron Books n.4

    Direttore Editoriale: Adriano Barone

    ISBN epub: 9788899216047

    ISBN mobi: 9788899216054

    Editing: Adriano Barone

    Impaginazione a cura di Antonino Lo Iacono

    Illustrazione di copertina di -Rom-

    Opera protetta da copyright. Ogni riproduzione anche parziale, se non autorizzata dall’autore, sarà perseguita a norma di legge.

    Copyright Poison Fairies - La guerra della discarica © 2014 Acheron Books

    All rights reserved

    Acheron Books – www.acheronbooks.com

    Luca Tarenzi è autore dei romanzi Il sentiero di legno e sangue (Asengard), Quando il diavolo ti accarezza (Salani, vincitore del Premio Italia 2012 nella categoria Miglior romanzo fantasy) e Godbreaker (Salani)

    Acheron Books

    Website: www.acheronbooks.com

    Luca Tarenzi

    POISON FAIRIES

    La guerra della discarica

    1

    Abbiamo compagnia.

    Cruna alzò la testa dal cannocchiale e strinse gli occhi. Cosa?

    La mano di Verderame scivolò fuori dal mantello di plastica e un lungo dito azzurrino indicò il crinale davanti a loro. Lassù.

    Cruna sollevò di nuovo il cannocchiale, un aggeggio ingombrante che le occupava entrambe le mani, poi storse la bocca e lo accantonò.

    Non funzionava. Lo aveva fabbricato con tre pezzi di lente di dimensioni diverse – materiale raro a trovarsi nella Discarica – montate su una cannuccia tagliata in orizzontale per poterle regolare spostandole avanti o indietro. Ma non si riusciva mai a mettere bene a fuoco.

    Si sporse un po’ dalla lattina rugginosa dietro cui era nascosta e fece correre lo sguardo sul paesaggio.

    La montagna di spazzatura di fronte era più alta di quella su cui stavano: una muraglia di almeno quattro metri, gibbosa, coloratissima, con il sole d’autunno che scintillava sulle superfici di metallo e i lembi dei sacchetti di plastica che sventolavano nella brezza come tante bandiere.

    Il crinale frastagliato tagliava il bianco del cielo, e subito al di sopra, urlanti e gigantesche, volteggiavano le Pallide Morti.

    Cruna strinse i denti ed esalò dal naso un altro po’ di Glamour, a rafforzare la nube che la nascondeva alla vista di qualunque creatura non avesse sangue fatato.

    Troppi gabbiani lassù. Uno stormo intero. Chi era così pazzo da camminare allo scoperto sotto quel tappeto volante di morte?

    Chi sono? sibilò. Boggart?

    Verderame si sporse al suo fianco e tirò indietro il cappuccio trasparente del mantello. Sul viso azzurro circondato di riccioli color dell’erba gli occhi si spalancarono, neri e lucenti, e Cruna avvertì il Glamour che si irradiava dalla sua compagna come un basso ronzio, un frinire di insetti lontani che aveva quasi lo stesso odore di un barattolo di frutta candita.

    Non lo so. Verderame scosse piano la testa. Non li vedo più. Ma ci sono. E sono più di uno. Li ho visti muoversi.

    Cruna fissò di nuovo la montagna e poi i gabbiani. Tecnicamente quello era territorio dei Boggart, la tribù rivale. Il confine passava proprio nella valle tra le due pareti di spazzatura, due metri e mezzo sotto di lei, che le piogge degli ultimi giorni avevano riempito con un torrentello che aveva la tinta del brodo andato a male.

    E questo piazzava in territorio nemico la ragione per cui lei e i suoi compagni erano venuti di nascosto fin lì: la batteria.

    Disgelo scivolò accanto a lei, dal lato opposto a Verderame. La slitta è in posizione. Indicò con il pollice verso valle.

    Cruna si sporse di nuovo e guardò giù, ma non riuscì a vederla.

    È sotto quel sacco nero. Disgelo si spostò per indicare un punto sulla destra. Il più grosso. Ma dobbiamo fare in fretta: Stilo dice che i ratti diventano nervosi a restare immobili. Non sa per quanto riuscirà a tenerli buoni. Si ritirò dietro la lattina. Sono sceso fino al torrente. Non è profondo: cinque o sei centimetri al massimo.

    Verderame mandò un sibilo. Basta anche meno per annegarci.

    Disgelo aprì le labbra in un ghigno e il sole brillò sulle sue guance, rivelando per un attimo la miriade di squamette che le ricoprivano come un velo di minuscole perle. L’eredità più evidente lasciatagli da sua madre, la sirena.

    Se non hai voglia di bagnarti puoi restare quassù. Indicò ancora una volta in basso, verso un asse di legno inzuppato di pioggia, il fondo di un cassetto o qualcosa di simile, in bilico sul bordo del torrente. Se facciamo cadere quello sull’acqua, possiamo trascinarci sopra la batteria e portarla da questa parte senza che si bagni. L’ho visto da vicino: è compensato, spesso quanto il mio braccio. Reggerà.

    Cruna si scostò una ciocca nera dalla fronte e tentò di ragionare in fretta. Non siamo soli. C’è qualcuno lassù.

    Disgelo fissò il crinale. Dove? Non vedo nessuno.

    Verderame li ha visti.

    Disgelo lanciò un’occhiata di traverso alla Goblin dalla pelle azzurra, ma non disse nulla, e Cruna non se ne meravigliò: nemmeno un contestatore nato come Disgelo metteva in dubbio il Glamour di una Sluagh, una veggente morta alla nascita.

    Sono Boggart?

    Probabile.

    Disgelo scoprì i denti, candidi e aguzzi come una chiostra di spilli. Quanti?

    Non sono riuscita a contarli sussurrò Verderame. Li ho visti solo per un attimo.

    Sono qui anche loro per la dannata batteria. Disgelo scandagliò il crinale con gli occhi ridotti a due fessure. Ma se escono allo scoperto lassù le Pallide Morti se li portano via in un secondo.

    E lo stesso vale per noi ritorse Cruna.

    Disgelo si fissò una mano e soffiò fuori un po’ di Glamour. L’aria tremolò come per un’ondata di calore e per un attimo la mano scomparve. I gabbiani non ci vedranno. Il nostro Glamour è migliore di quello dei Boggart. Sempre stato.

    "E allora com’è che noi non riusciamo a vedere loro?"

    Forse perché non ci sono. Forse la fatina blu qui ha le allucinazioni.

    Verderame si rivoltò come un serpente facendo balenare i denti e Disgelo di riflesso si contrasse, pronto a scattare.

    Piantatela! Cruna diede uno spintone sul petto a Verderame e la tenne indietro. Tentò di fare lo stesso con Disgelo, ma quello guizzò fuori dalla sua portata.

    Li fissò entrambi negli occhi, prima uno e poi l’altra, esalando un soffio rabbioso di Glamour che odorava di scintille elettriche, e solo quando fu certa che non stessero per saltarsi alla gola riportò la sua attenzione sulla montagna.

    La batteria era più o meno a metà del pendio dalla parte dei Boggart, appoggiata di sbieco tra i rifiuti: di plastica bianca e azzurra, più alta di un Goblin e lunga più del doppio, aveva un’aria mastodontica e pesantissima, e per l’ennesima volta Cruna si chiese se una slitta fatta con lo schienale di una sedia e tirata da otto ratti sarebbe bastata a trascinarla via. Non ne aveva mai vista prima una dal vero, solo in fotografia: non aveva idea di quanto potesse pesare.

    Ma valeva la pena tentare.

    Quella batteria veniva dritta dal motore di un’auto. Era un rifiuto speciale, che andava smaltito altrove: doveva essere finita nella Discarica per errore. Ed era piena fino all’orlo di acido solforico.

    Quanto veleno si poteva distillare da lì? Cruna strinse le labbra. Tanto da avvelenare almeno cento armi Goblin. Tanto da vincere solo con quello una battaglia. E non una piccola.

    Fissò ancora una volta il crinale, chiuse gli occhi e ascoltò, lasciando che il suo Glamour sondasse l’etere come un ventaglio di invisibili antenne. Onde radio, frammenti di conversazione dai cellulari degli esseri umani, nulla di fuori dal normale. Ma nessun rumore dai nemici nascosti.

    Prese un lungo respiro e guardò Verderame. Fai vedere anche me.

    L’altra esitò, ma solo per un istante. Poi alzò la mano, aprì le labbra e si conficcò i denti aguzzi nel polso. Il sangue le scorse giù lungo il braccio e sembrò nero contro l’azzurro della pelle.

    Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma Verderame non mandò un suono. Con dita che tremavano si sfiorò la guancia bagnata, tese la mano e toccò gli occhi di Cruna, prima uno e poi l’altro.

    Cruna sentì un pizzicore forte, le si riempirono le narici dell’odore dolciastro del Glamour della Sluagh, ma resistette all’impulso di strofinarsi gli occhi. Poi la vista le tornò a fuoco.

    Guardò il crinale, e qualcosa si mosse.

    Li vedo!

    Verderame annuì, gli occhi puntati nella stessa direzione.

    Cosa vedete? sibilò Disgelo.

    Da un sacchetto squarciato sulla sommità della montagna fuoriusciva una piccola valanga di cartoncini del latte vuoti. E da là dietro ora spuntavano profili di teste, immobili, nitide contro il bianco del cielo.

    Cruna non riusciva a vederle bene in volto, erano troppo in controluce, ma distinse pelli dipinte di nero e grandi occhi.

    Boggart. Almeno cinque. Forse sei.

    Sentì Disgelo ridacchiare. Sei li possiamo affrontare. O battere in velocità.

    Verderame prese fiato, di certo per protestare, ma Cruna azzittì entrambi con un gesto secco.

    I Boggart erano immobili. Li avevano visti?

    Cruna spostò gli occhi sui gabbiani che volteggiavano sopra le teste dei nemici, a volte paurosamente vicini ma senza dar segno di percepire in alcun modo la loro presenza. Proprio come non li avevano visti lei e Disgelo.

    Ingoiò un’imprecazione. Quello non era comune Glamour, che veniva naturale come il respiro a qualunque creatura fatata: quello era Gramarye. Un incantesimo vero e proprio.

    Capace di accecare anche occhi fatati, tranne quelli di un veggente.

    Hanno addosso un sortilegio. I gabbiani non li vedranno nemmeno se si mettono a ballare. Ma possono sempre vedere noi se non stiamo attenti.

    Verderame scosse la testa. Sono in vantaggio. Non ce la possiamo fare in queste condizioni. Andiamocene, Cruna.

    Disgelo sputò un sibilo di Glamour che puzzava di bruciato. "E molliamo la batteria ai Boggart?"

    Hai visto quanti gabbiani ci sono lassù? Verderame indicò il cielo con uno scatto della testa. E i Boggart sono molto più vicini di noi. È un suicidio.

    No ritorse Disgelo. È un piano. Lo abbiamo preparato per bene, e ora lo mettiamo in atto. Boggart o non Boggart.

    "Abbiamo preparato un’azione di recupero ringhiò sottovoce Verderame. Non una battaglia di confine, con le Pallide Morti che ci volano sopra".

    Sei una smidollata.

    E tu sei un pazzo e un idiota.

    Per tutta risposta Disgelo rise, un suono che a Cruna ricordò una lamiera fatta a pezzi.

    Cruna. Nella voce di Verderame c’era un’urgenza nuova. Tuo fratello non sa che siamo qui, e già questo basterà a farlo uscire dai gangheri. Se attacchiamo briga coi Boggart senza il suo permesso ci spellerà vivi tutti e quattro.

    Solo se torniamo a mani vuote. Disgelo ora non rideva più. Quell’acido è un tesoro. E io non lo regalo ai Boggart.

    Cruna chiuse gli occhi per un istante.

    Avevano ragione tutti e due. Se volevano che suo fratello non sapesse nulla di quella piccola missione senza permesso, dovevano ritirarsi subito e in perfetto silenzio. E lasciare al nemico una scorta di veleno come non se vedevano da anni.

    Riaprì gli occhi e fissò la batteria. Stilo non può portare la slitta fin lassù senza che i Boggart gli arrivino addosso.

    Cruna… Verderame scosse forte la testa.

    Allora portiamo la batteria giù fino al torrente fece Disgelo.

    E come? Non la sposteremmo nemmeno spingendola tutti e tre.

    Noi tre no. Il sorriso di Disgelo scintillò come una scheggia di vetro. Una valanga sì.

    Cruna e Verderame aprirono la bocca all’unisono, ma era già troppo tardi.

    Il corpo di Disgelo irradiò una ventata di Glamour che Cruna si sentì addosso come una pioggia di spilli. Si tese per afferrargli un braccio, ma l’altro era già partito in corsa giù per il crinale.

    Cruna imprecò e scavalcò il barattolo.

    Va’ da Stilo! urlò a Verderame. Digli di star pronto!

    L’altra annuì con un’espressione per nulla convinta, ma saltò anche lei al di là del barattolo e corse giù a zigzag tra i rifiuti, col mantello di plastica trasparente che le svolazzava dietro.

    Cruna si voltò e seguì a precipizio Disgelo, che era già molto più avanti di lei. Lo aveva già visto correre e sapeva quant’era veloce, ma stavolta la distanza che si era aperta tra loro in due secondi le fece sgranare gli occhi.

    Disgelo era già un metro più in basso e puntava dritto al torrente putrido. Cruna saltò tra scatole di cartone fradicio e bottiglie di plastica, inciampò su qualcosa, ruzzolò contro il quadrante di una sveglia ammaccata, si rimise in piedi con lo stesso movimento e continuò a correre.

    E poi sotto di lei, a meno di un metro dall’acqua, Disgelo saltò.

    Un salto terrificante di almeno sessanta centimetri, assurdo persino per lui. Per un attimo Cruna lo vide stagliato contro la superficie del torrente, un Goblin basso e snello dalla pelle color perla, vestito di poche strisce di cuoio, con le orecchie a punta e la lunghissima treccia corvina che frustava l’aria.

    Poi atterrò sull’altra sponda in una piccola esplosione di rifiuti e continuò a correre verso l’alto, in direzione della batteria.

    Cruna accelerò e alzò lo sguardo: i Boggart stavano sciamando fuori dalla loro barriera di cartoni. Erano sei, tutti armati, a neanche due metri da Disgelo. E lui non poteva vederli.

    Attirati dal trambusto, due gabbiani lasciarono il crinale e piombarono giù verso il torrente.

    Cruna sentì il cuore che le saliva in gola e corse a testa bassa, esalando sbuffi di Glamour finché la sua nube fu talmente densa che se la sentì addosso come una coltre di gommapiuma.

    L’ombra di un gabbiano la sorvolò, vicina, e il suo stridio spaccatimpani la investì e la fece quasi tremare. Poi la Pallida Morte passò oltre e volò di nuovo verso l’alto, distratta da qualcos’altro.

    Cruna si precipitò verso il torrente e quando lo raggiunse non si fermò. Non c’era tempo di attraversare a nuoto.

    Spostò in basso tutto il Glamour che aveva, pregando che fosse sufficiente, sentì l’aria che si addensava sotto i suoi piedi e, quando saltò oltre la sponda, l’aria la sostenne. Saettò sulla superficie dell’acqua lasciandosi dietro una scia di spruzzi e in un attimo fu dall’altra parte.

    Alzò gli occhi proprio nell’istante in cui Disgelo raggiungeva la batteria e andava a schiantarsi con tutto il suo peso tra l’immondizia appena sotto l’enorme oggetto.

    Qualche rifiuto rotolò via. La batteria si mosse un po’, ma niente di più.

    Cruna corse con tutto il fiato che le rimaneva, mentre Disgelo scavava come una furia tra i rifiuti. Il primo dei Boggart ormai era vicinissimo e per intercettarlo Cruna non poté fare altro che saltare sulla batteria e rotolare al di là. Atterrò sulla superficie curva di un sacco rigonfio di spazzatura, si rialzò, sfoderò la sua spada di lamiera e fronteggiò il Boggart che le veniva addosso.

    Era alto quasi sei centimetri, un centimetro intero più di lei, e aveva braccia larghe come le sue cosce. La pelle tinta con la fuliggine pareva assorbire la luce del sole, e sotto il cranio rasato gli occhi d’argento lucidi come specchi, tipici della sua tribù, non tradivano nessuna emozione. Portava una corazza fatta di rondelle di plastica e carapaci d’insetto, ma fu la vista della sua spada che fece perdere un battito al cuore di Cruna: era una lama vera, un coltello a serramanico spezzato a metà, talmente grande che persino il Boggart lo impugnava a due mani.

    Cruna lanciò un’occhiata alla propria spada, una striscia di lamiera affilata e montata su un mozzicone di matita, ma non ebbe neanche il tempo di formulare un pensiero. Il Boggart le sferrò un fendente e lei rotolò di lato per schivarlo, la lama del serramanico squarciò la plastica tesa del sacco e il fondo sotto i loro piedi si spostò di scatto. Il Boggart barcollò e Cruna, che era già a terra, ne approfittò per

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