La ricompensa del capo: Harmony Collezione
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Cristiano si lascia sedurre dall'innocenza e dalla bellezza di Julienne, convinto che quella follia non avrà alcuna conseguenza. Ma si sbaglia di grosso...
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La ricompensa del capo - Caitlin Crews
successivo.
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Monaco. Di nuovo.
Era giusto così. Non c'erano dubbi.
Julienne Boucher si era preparata a quel momento con strenua passione e ferrea determinazione per dieci, lunghi anni e ora sentiva che aveva perfettamente senso che il cerchio si chiudesse proprio lì: al Grand Hotel di Monte Carlo, dove tutto era cominciato. Dov'era stata per la prima volta esattamente dieci anni prima.
Per vendersi.
Camminò con passo deciso facendo ticchettare i vertiginosi tacchi a spillo sull'elegante pavimento di marmo, e mentre passava accanto alle decorazioni floreali, che all'epoca erano parse così sfarzose ed esotiche ai suoi occhi inesperti, Julienne si rese conto di avere già vissuto quella scena. La hall era sontuosa esattamente come allora. Non era cambiato pressoché nulla se non il fatto che, all'epoca, lei aveva avuto il terrore che le persone, guardandola, capissero per quale ragione si trovava lì. Che vedessero sul suo volto il panico e la vergogna ma, soprattutto, la sua ferma volontà di andare fino in fondo, a qualunque costo.
Era stato terribile. Purtroppo non aveva avuto alternative.
Si era chiesta se gli uomini orribili del suo paesino da cui era scappata poco prima, quello stesso giorno, avessero avuto ragione quando le avevano detto che le donne Boucher erano adatte a fare una sola cosa: le prostitute.
Se era davvero così, aveva pensato, chiunque osservandola avrebbe potuto capire la verità. Forse era un po' come avere addosso un cattivo odore, in un ambiente che profumava di eleganza, di agiatezza e di raffinatezza. Non c'era modo di farla franca.
Ora, invece, non aveva più nulla da temere, poiché sapeva che se qualcuno l'avesse guardata, avrebbe visto la donna elegante e sicura di sé che era riuscita a diventare facendo tanti sacrifici. Giorno dopo giorno. Anno dopo anno. Una donna che non solo era raffinata, ma che pareva anche appartenere in tutto e per tutto a quel mondo patinato e poteva permettersi di camminare a testa alta in un hotel che sembrava una reggia, tanto appariva maestoso.
Non era stato facile, ma alla fine era riuscita a raggiungere il proprio obiettivo.
Volgendo lo sguardo verso le superfici lucide e splendenti che la circondavano, Julienne ebbe l'impressione di vedere se stessa dieci anni prima, quando era passata accanto a quelle meravigliose orchidee e sotto quei lampadari arzigogolati, tutta timorosa.
Ora era una persona diversa. Era ricca e ben vestita. La sedicenne disperata che non aveva un soldo né un tetto sotto cui dormire non esisteva più. Soprattutto non esisteva più la ragazzina spaventata che per salvare la sua sorellina sarebbe stata disposta a tutto. Compreso, appunto, vendersi.
Ripensando a Fleurette, venne catapultata indietro nel tempo e si bloccò di colpo davanti all'ingresso del lussuoso lounge bar, che era sempre stato frequentato dagli uomini più ricchi del mondo. All'epoca lei aveva sospettato che fosse così, ma ora ne aveva la certezza.
Anche Fleurette ovviamente era cresciuta e non era più la bambina esile, fragile e malaticcia di allora. Ormai era diventata una forza della natura e con i suoi numerosi tatuaggi e i capelli di vari colori, rigorosamente corti, non aveva timore a dire e a dimostrare con i fatti che non intendeva mai più essere disperata. Per nessun motivo al mondo.
«Ce l'hai fatta, finalmente» le aveva detto con il suo solito tono pungente quando Julienne l'aveva chiamata, poco prima. «L'ultimo affare da solo immagino sia valso milioni. Credo dunque che entrambe possiamo concordare sul fatto che tu abbia più che ripagato la gentilezza di quell'uomo.»
Julienne aveva emesso una specie di verso di approvazione, ma in realtà non era così sicura come sua sorella. In effetti non lo era in generale. E in particolare non lo era riguardo a quell'argomento.
Perché Cristiano Cassara le aveva salvate. E non in senso metaforico. Lui aveva salvato le loro vite quella sera di dieci anni prima, quando avrebbe potuto accelerare la loro caduta negli inferi o semplicemente infischiarsene, e invece aveva evitato che entrassero in una spirale che le avrebbe portate di certo a fare una tragica fine. Poiché questo era il destino delle persone che s'incamminavano su quella maledetta strada. Julienne lo sapeva bene, purtroppo, dato che lo aveva visto succedere con i propri occhi.
Cristiano però le aveva portate via da quell'hotel, regalando a entrambe una nuova vita, senza chiedere nulla in cambio, senza mai interferire.
E da allora Julienne si era ripromessa che avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per sdebitarsi con lui.
Ora in effetti si trovava lì proprio per incontrare il suo benefattore. Sapeva infatti che il signor Cassara una volta l'anno si ritirava a Monte Carlo per rilassarsi, anche se a dire il vero Julienne non riusciva a immaginare l'inflessibile capo della Cassara Corporation che si rilassava, considerando che nei dieci anni in cui aveva lavorato per lui non lo aveva mai visto nemmeno abbozzare un sorriso.
Julienne respirò a fondo, quindi si guardò per l'ennesima volta in uno degli splendenti specchi che impreziosivano pressoché ogni parete e superficie dell'hotel, riflettendo l'immagine preferita dei ricchi e famosi clienti, vale a dire quella di loro stessi.
Ecco un'altra cosa che aveva imparato con il passare degli anni. Che chi frequentava ambienti come quello non si curava di osservare le altre persone, perché troppo concentrato ad ammirare se stesso.
Per quanto la riguardava, comunque, sapeva già di non avere un capello fuori posto, considerando che si era preparata con grande cura, come peraltro aveva sempre fatto da quando aveva cominciato a lavorare per il signor Cassara. Non che lui lo avesse mai preteso, anzi probabilmente non lo aveva nemmeno notato.
Lei però aveva sentito di doverlo fare come segno di rispetto nei suoi confronti, non avendo mai dimenticato quello che era successo.
Ancora adesso, in effetti, Julienne aveva un ricordo nitidissimo di quel terribile giorno di dieci anni prima, quando aveva preso sua sorella ed erano fuggite dal paesino in cui erano cresciute e dove erano state abbandonate e tradite dai pochi familiari che avevano, dai finti amici e dai vendicativi vicini di casa, che avevano saputo quale sarebbe stato il loro futuro da quando erano venute al mondo e le avevano sempre trattate di conseguenza.
Julienne aveva speso i suoi ultimi soldi per comprare i biglietti dell'autobus e poter partire, insieme a Fleurette, e una volta arrivata a destinazione aveva rubato un abito da una rastrelliera che si trovava all'esterno di una boutique di un centro commerciale, si era intrufolata in un bagno per signore e lì si era preparata per affrontare il suo destino.
Dopo avere indossato quel grazioso abito, aveva infilato le scarpe con i tacchi, messo il rossetto, che era uno dei pochi ricordi rimastole della sua defunta madre, infine si era truccata gli occhi, per camuffare la vergogna. E possibilmente la paura, anche se aveva avuto il timore che quella non si potesse tenere nascosta, poiché emanava un odore tutto suo. Acre. Pungente. Evidente.
Era andata poi al Grand Hotel, dove aveva lasciato Fleurette in un angolo nascosto, in un corridoio, per poi dirigersi verso il lounge bar, come stava facendo ora, avendo il terrore che qualcuno trovasse la sua sorellina e la portasse via.
Rammentava che si era sentita spaesata in quell'ambiente così elegante, con i pavimenti e le pareti di legno lucido e pregiato. Si era fatta coraggio, però, perché si era resa conto di avere trovato esattamente il tipo di persone che stava cercando.
Uomini ricchi.
Uomini che, come si sapeva, sarebbero stati pronti a comprare tutto.
Compreso una ragazzina di sedici anni, che aveva un disperato bisogno di soldi.
Julienne lo aveva imparato molto presto al paese, dove aveva rifiutato l'offerta del macellaio, che le aveva promesso di darle qualche moneta se lo avesse fatto divertire un po'. Non gli aveva risposto di no per via dei suoi denti guasti o della sua puzza di sangue, ma perché sapeva bene quale fine facevano le ragazzine che ascoltavano le promesse degli uomini di quella città. Lei era il risultato delle pessime decisioni che aveva preso sua madre, e aveva imparato la lezione. Le ragazze che si incamminavano su quella strada erano spacciate. C'era chi diventava dipendente dalla droga e chi moriva, lasciando magari sole due figlie.
Se quello doveva essere il suo destino, s'era detta Julienne, lo avrebbe affrontato, ma non in quel paesino sperduto e gelido, in cui le persone avevano visto sua madre cadere in disgrazia, senza alzare un dito per aiutarla. Sarebbe partita con Fleurette per la sfavillante Monaco, dove, se non altro, avrebbe svolto la propria... professione in un ambiente più gradevole.
Per fortuna poi la loro vita aveva preso un corso del tutto diverso e quella sera Julienne non somigliava affatto alla ragazzina scheletrica e spaurita di allora. I capelli ramati erano raccolti in un raffinato chignon. Non indossava un abito rubato; tra l'altro, anni dopo, aveva lasciato in quella stessa boutique una somma di denaro corrispondente appunto al prezzo del vestito, con una nota per scusarsi. Era una donna affermata ed elegante, che amava sfoggiare tailleur eleganti e camicette di seta, come si addiceva appunto a una manager di una famosa multinazionale. Prediligeva inoltre i tacchi alti, le perle e aveva sempre al polso un orologio d'oro.
Era tutto merito di Cristiano Cassara se lei era giunta in vetta, perché lui le aveva dato la possibilità di dare una svolta alla propria esistenza.
E adesso era arrivato il momento di chiudere un capitolo per cominciarne uno nuovo.
Julienne si fermò sull'ingresso del locale e si guardò intorno, notando che tutti quegli uomini ricchi e un po' annoiati potevano essere gli stessi che aveva incontrato tanti anni prima. Poi si voltò, ed ebbe la sensazione che lui avesse programmato ogni cosa.
Che ricordasse tutto.
Perché Cristiano Cassara era seduto esattamente nello stesso punto di allora, a quel bancone imponente davanti a cui la ragazzina di sedici anni era rimasta impietrita, avendo la sensazione che tutte quelle bottiglie pregiate fossero gioielli.
Proprio come allora, anche adesso Julienne sentì il cuore rimbombare nel petto. Questa volta, però, non perché fosse terrorizzata. Provava piuttosto un misto di orgoglio e rimpianto, e anche una grande impazienza.
Si era preparata a lungo per quel momento e ora era ansiosa di viverlo.
Rammentava che dieci anni prima era rimasta subito colpita dalla bellezza di Cristiano. In effetti, quando lo aveva visto, con quella sua aria altera, aveva pensato che somigliasse alle imponenti statue di marmo che abbellivano la hall e i corridoi dell'hotel. Elegantissimo, dall'aspetto fiero e sicuro, aveva il tipico atteggiamento di chi sapeva di avere il mondo ai suoi piedi.
Ovviamente all'epoca lei ignorava che Cristiano era l'erede della fortuna dei Cassara, i proprietari della famosa cioccolateria. Aveva solo capito che era ricco, e questo le era bastato.
E ora, dieci anni dopo, eccolo di nuovo lì, affascinante proprio come allora. Anzi, forse anche di più.
Julienne lo studiò per un attimo, perché quella non era una delle sale riunioni della Cassara Corporation durante le quali lei era troppo impegnata a cercare di fare bella figura per soffermarsi a osservare un uomo a cui, evidentemente, interessavano solo i numeri, i profitti e le eventuali perdite.