Floçka: Favole e fiabe albanesi
Di Gino Luka
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È così, vi dico, le vostre fate, i vostri animali
Ancora i miei compagni fanno sognare
E a mio nonno, il poeta, offrono ali
Quando mano nella mano andiamo a camminare.
Leggete il libro di Gino LUKA e vedrete che il racconto non ha perso nulla della sua attualità ed è in grado di soddisfare tutti i gusti e tutte le generazioni. L'adulto vi ritrova intatte le sue ragioni per vivere o per disperarsi e il bambino, colmando la sua immaginazione, può imparare ancora molto sul mondo in cui vive.
Coordinatrice Area “Interculturalità – Diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza" - COSPE.
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Anteprima del libro
Floçka - Gino Luka
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Prefazione
Cresciuto alla scuola del racconto per vocazione ancestrale e memoria famigliare, Gino LUKA ne ha continuato la ricca tradizione permettendo così a noi lettori di immergerci nel suo mondo fantastico.
Se il racconto ci ha abituati a navigare nelle acque agitate e complesse delle passioni umane, in cui il meraviglioso possiede a volte una grazia dal gusto troppo dolce, qui il fiabesco assume la funzione di travestimento del reale, facendolo indossare a individui che ci assomigliano — siano essi animali o creature dotate di magiche virtù — abiti e ruoli dove il buon senso e la moralità sono messe a dura prova. Incontriamo animali alle prese con le difficoltà degli umani, come quel lupo affamato che perde la sua capacità di giudizio, il topo indebitato che manca alla parola data, il leone preoccupato del suo rango e dei suoi privilegi, o quel ragazzo, infine, che vuole uscire dalla sua condizione. Troviamo re, principesse, pastori, e anche — ma com’è possibile stupirci, non siamo forse in Albania? — personaggi totalmente sconosciuti nelle nostre contee, nel nostro immaginario tradizionale: il Div e il Vigan, (uomini possenti dotati, il primo di forza sovrumana, il secondo di forza sovrannaturale), la hije (ombra, indica in genere l’anima di un defunto) o il Kreshnik (eroe popolare, forte come una roccia
) e anche quel personaggio dal nome impossibile, il Shtatëpëllëmbëmjekëretripëllëmbështati(letteralmente sette-palmi-barba-e-tre-palmi-alto
, figura maschile delle fiabe popolari albanesi). E che dire ancora della Fati (dea del destino), del Harap (un essere dalla pelle nere, figura del folclore) e della Floçka (la figura mitologica dell’ eterno femminino
)? Tutti sembrano dirci che il racconto — per quanto universale esso sia — rivela e custodisce quell’impronta specifica e originale che è propria di ogni popolo.
Il lettore rimane affascinato e coinvolto in prima persona nelle storie raccontate e la morale che accompagna ogni racconto, non è imposizione ma semplice raccomandazione, naturale conclusione della vicenda. Di frequente è il personaggio stesso, testimone o vittima di una disavventura, che tira le conseguenze di quello che ha vissuto: è così che il lupo affamato si fa raggirare dall’astuzia di due montoni e scopre, con amarezza, che «chi vuole maneggiare l’ascia al posto del falegname finisce col tagliarsi le dita». In un altro racconto (Il lupo e la cavalla), un altro lupo, conclude quasi con malinconia: «Mio nonno era macellaio, mio padre brigante e io volevo diventare maniscalco, non ho ancora capito perché». Sono molti i racconti in cui i personaggi sono la causa della loro stessa sfortuna, perché non sanno come collocarsi nel mondo, perché ne dimenticano le regole o se ne vogliono sottrarre. Così quel re che vuole sbarazzarsi di tutti i vecchi, o l’avido cuculo, o ancora, il giovane che ha bisogno di confrontarsi con gli altri per scoprire chi è davvero...
Ma l’autore non vuole impartire una lezione a tutti i costi. La lezione è passaggio obbligatorio, ma viene dopo... dopo l’incontro con i personaggi impegnati con la propria storia. E questa storia spesso non manca di umorismo, come nel racconto dal titolo Il re e il vecchio, dove il senso di frasi enigmatiche ci è rivelato solo alla fine, o nell’altra in cui il Div arriva a sconfiggere il suo avversario, quel famoso Shtatëpëllëmbëmjekëretripëllëmbështati, — che dà il titolo al racconto — perché un abitante del villaggio, durante il combattimento, gli offre sei spuntini giganti che ha preparato con sei forme di formaggio.
«Da bambino ascoltavo le fiabe che mi raccontavano i grandi....», scrive Gino LUKA nel suo epilogo, e aggiunge: «Da grande, poi, ho volato veramente in una palla di ferro (l’aereo), ho percorso davvero lunghe distanze in poco tempo con il mio carro incantato (la Mini), ho visto tante ragazze e ragazzi immergersi e muoversi sottacqua grazie ai loro vestiti magici (le mute da sub), ho sentito quello che succedeva nei paesi lontani (con il telefono e la radio) ho visto il mondo tramite il mio specchio fatato (il televisore) e da grande ho anche capito com’è riuscito un mago
chiamato Fleming a fare miracoli guarendo migliaia di persone con un piccolo fungo (la penicillina). Ecco perché non ho mai smesso di credere alle fiabe». Come dice il poeta Georges Jean:
Je vous le dis, vos fées, vos bêtes,
Font encore rêver mes copains
Et mon grand-père, le poète
Quand nous marchons main dans la main
È così, vi dico, le vostre fate, i vostri animali
Ancora i miei compagni fanno sognare
E a mio nonno, il poeta, offrono ali
Quando mano nella mano andiamo a camminare(1).
Leggete il libro di Gino LUKA e vedrete che il racconto non ha perso nulla della sua attualità ed è in